Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6064 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6064 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 06/03/2024
Oggetto: tributi -accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1701/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale del 30 dicembre 2021 dall ‘ AVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ AVV_NOTAIO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 4806/01/2021, depositata in data 11 giugno 2021 Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 settembre 2023 dal AVV_NOTAIO Relatore NOME COGNOME .
RILEVATO CHE
La società contribuente RAGIONE_SOCIALE, operante nel settore del commercio di autoveicoli, ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2013, con il quale si accertavano maggiori IRES, IRAP e IVA quale effetto del disconoscimento di fatture di acquisto ritenute soggettivamente inesistenti. L’accertamento traeva origine da accertamenti nei confronti delle società emittenti, dai quali emergeva che gli stessi erano soggetti meramente interposti e privi di organizzazione (cartiere) e sulla base delle quali segnalazioni veniva redatto PVC a carico della contribuente. Venivano, inoltre, disconosciuti alcuni costi in quanto non inerenti. La società contribuente ha dedotto, oltre a eccezioni preliminari di merito, la propria estraneità alla frode IVA consumata a monte.
La CTP di Napoli ha rigettato il ricorso.
La CTR della Campania, con sentenza in data 11 giugno 2021, ha rigettato l’appello della società contribuente. Ha ritenuto il giudice di appello che non è stato violato il contraddittorio endoprocedimentale, non spettante per le imposte dirette e, quanto all’IVA, per non essere stata fornita la prova di resistenza. Ha, poi, ritenuto il giudice di appello congruamente motivato l’avviso per relationem in base a PVC anch’esso conosciuto dal contribuente. Nel merito, ha ritenuto il giudice di appello che l’Ufficio avesse provato sia la fittizietà del fornitore, sia la conoscenza da parte del contribuente della frode IVA consumata a monte, per avere la contribuente acquistato autoveicoli senza adeguato margine; le auto -secondo
quanto emerge dalla sentenza impugnata – venivano acquistate sul mercato europeo in esenzione di imposta con false dichiarazioni di intento, per poi essere rivendute a prezzo concorrenziale usufruendo di indebita esenzione IVA. Altro elemento valorizzato dal giudice di appello è stata « la prossimità cronologica di acquisto delle auto e rivendita ». Il giudice di appello ha, infine, rigettato l’appello in relazione ad alcuni costi asseritamente non inerenti.
Propone ricorso per cassazione la società contribuente, affidato a due motivi, ulteriormente illustrato da memoria; resiste con controricorso l’Ufficio . Il ricorrente ha formulato istanza di riunione con altri procedimenti pendenti.
CONSIDERATO CHE
Va preliminarmente rigettata l’istanza di riunione, trattandosi di diversi giudizi relativi a periodi di imposta differenti, che mantengono ciascuno la propria autonomia. Ulteriormente rigettata va la declaratoria di inammissibilità del controricorso articolata dal ricorrente in memoria. Il ricorso risulta, difatti, notificato in data 5 gennaio 2022, laddove il controricorso è stato notificato a mezzo EMAIL in data 28 gennaio 2022, nei termini di legge.
Con il primo motivo del ricorso principale si deduce diffusamente, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 e dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., nonché dell’art. 36, comma 2, d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546; il ricorrente deduce, in particolare, motivazione apparente nella parte in cui il giudice di appello ha rigettato il motivo di appello relativo alla nullità della sentenza di primo grado, nonché nella parte in cui ha rigettato gli ulteriori motivi di appello.
Il primo motivo è infondato. In disparte l’inammissibilità del motivo nella parte in cui deduce la nullità della sentenza per motivazione apparente relativa alla nullità della sentenza di primo
grado (posto che la sentenza di appello si sostituisce integralmente a quella di primo grado), la nullità della sentenza può essere predicata solo in caso di assoluta mancanza del percorso motivazionale da parte del giudice di appello o, comunque, in caso di sentenza che non sia in grado di consentire di ripercorrere l’iter argomentativo che ha condotto alla decisione (Cass., Sez. U., n. 8053/2014), così non rispettando il cd. «minimo costituzionale».
4. La sentenza impugnata va ben oltre il minimo costituzionale in quanto -come indicato in narrativa -dopo avere rimarcato il rispetto del minimo costituzionale da parte del giudice di primo grado (così rigettandosi la censura per omessa censura), ha risposto compiutamente a tutte le doglianze del ricorrente, avuto riguardo al rispetto del contraddittorio procedimentale per i tributi armonizzati (non senza rimarcare che per i tributi non armonizzati non esiste analogo obbligo dell’Amministrazione finanzia ria), al rispetto dell’obbligo di motivazione (avuto riguardo alla giurisprudenza di questa Corte, anche in relazione al contenuto di atti già conosciuti dal contribuente), alla prova della natura di cartiere dei fornitori e alla prova della non estraneità del contribuente alla frode IVA consumata a monte, dedotta da elementi indiziari attinenti alle dinamiche della formazione del prezzo di vendita degli autoveicoli, nonché all’acquisto degli stessi in virtù di false dichiarazioni di intento, al fine di lucrare una indebita esenzione IVA, nonché -infine -in relazione alla non inerenza dei costi dedotti dalla società contribuente.
5. Con il secondo motivo del ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 2697 cod. civ. e degli artt. 115, 116 e 132 cod. proc. civ., nella parte in cui il giudice di appello ha confermato la legitti mità dell’atto impositivo. Deduce parte ricorrente che sarebbe carente la prova della inesistenza soggettiva delle operazioni e che ciò contrasterebbe con la tracciabilità
dei mezzi di pagamento utilizzati. Deduce, inoltre, che il giudice di appello avrebbe fatto malgoverno degli elementi indiziari addotti dall’Ufficio, così violando le regole di riparto dell’onere della prova.
Il motivo è inammissibile nella parte in cui deduce violazione delle regole di riparto della prova, in quanto il motivo non è volto a censurare il mancato rispetto delle regole di riparto della prova, bensì la scelta e l’apprezzamento degli elementi di prova valorizzati dal giudic e di appello nell’accertare in fatto che le operazioni sottostanti fossero soggettivamente inesistenti, attività riservata al giudice del merito e non censurabile in quanto tale dal giudice di legittimità.
Il motivo è, invece, infondato nella parte in cui si deduce che non sarebbero stati valorizzati -a sostegno della prova contraria incombente sul contribuente – elementi di prova che darebbero contezza del pagamento delle prestazioni con mezzi tracciabili, posto che la regolarità dei pagamenti e la regolarità della contabilità non assumono rilievo in materia di operazioni soggettivamente inesistenti (Cass., Sez. V, 9 agosto 2022, n. 24471), in quanto oggetto della prova dell’Ufficio (e della prova contra ria del contribuente) è una frode commessa a monte della catena distributiva e non dal contribuente (Cass., Sez. V, 12 luglio 2022, n. 22018; Cass., Sez. V, 30 ottobre 2018, n. 27566; Cass., Sez. V, 24 agosto 2018, n. 21104; Cass., Sez. V, 20 aprile 2018, n. 9851). La memoria non aggiunge ulteriori utili argomenti di discussione.
Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo. Sussistono a carico del ricorrente i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese proc essuali, che liquida in complessivi € 13.200,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a
carico di parte ricorrente principale, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 14 settembre 2023