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Fatture inesistenti: onere della prova e frode IVA

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società del settore automobilistico, confermando un avviso di accertamento per l’utilizzo di fatture soggettivamente inesistenti. L’Amministrazione Finanziaria aveva dimostrato che i fornitori erano società “cartiere” e che l’acquirente era a conoscenza della frode, basandosi su indizi come l’acquisto di veicoli senza un margine di guadagno adeguato. La Corte ha stabilito che, in questi casi, la prova della regolarità dei pagamenti e della contabilità da parte del contribuente non è sufficiente a dimostrare la sua estraneità alla frode.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Fatture Inesistenti: Onere della Prova e Prova Contraria

L’utilizzo di fatture soggettivamente inesistenti rappresenta una delle più insidiose forme di frode fiscale, spesso al centro di complessi contenziosi tra contribuenti e Amministrazione finanziaria. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su come si ripartisce l’onere della prova in questi casi, specificando quali elementi il Fisco deve dimostrare e quali prove, invece, non sono sufficienti per il contribuente a dimostrare la propria buona fede.

I Fatti del Caso: L’accertamento fiscale

Una società operante nel commercio di autoveicoli si è vista notificare un avviso di accertamento con cui venivano contestate maggiori imposte (IRES, IRAP e IVA) per l’anno 2013. La contestazione derivava dal disconoscimento di costi relativi a fatture di acquisto ritenute soggettivamente inesistenti. Secondo l’Amministrazione finanziaria, le società che avevano emesso le fatture erano in realtà delle “cartiere”, ovvero soggetti interposti privi di una reale organizzazione aziendale, creati al solo fine di perpetrare una frode IVA. L’Ufficio sosteneva che la società acquirente fosse consapevole di partecipare a tale meccanismo fraudolento. La società ha impugnato l’atto, sostenendo la propria totale estraneità alla frode. Dopo il rigetto del ricorso sia in primo che in secondo grado, la questione è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte: l’onere della prova per le fatture soggettivamente inesistenti

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società, ritenendolo infondato. I giudici hanno confermato la correttezza della decisione di merito, che aveva ritenuto l’Amministrazione finanziaria avesse adeguatamente assolto al proprio onere probatorio. In materia di fatture soggettivamente inesistenti, spetta all’Ufficio dimostrare due elementi fondamentali:

1. La natura fittizia del fornitore (la sua qualifica di “cartiera”).
2. La consapevolezza o la conoscibilità della frode da parte del cessionario (l’acquirente).

Nel caso di specie, la Corte ha evidenziato come l’Ufficio avesse fornito prove solide sulla fittizietà dei fornitori e sulla partecipazione consapevole della società contribuente al meccanismo fraudolento.

La Prova della Consapevolezza della Frode

Per dimostrare che l’acquirente era a conoscenza della frode, l’Ufficio e i giudici di merito hanno valorizzato una serie di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti. Tra questi, spiccava la dinamica di formazione dei prezzi: la società acquistava autoveicoli per poi rivenderli senza un adeguato margine di guadagno. Inoltre, è emerso che le auto venivano acquistate sul mercato europeo in esenzione IVA, utilizzando false dichiarazioni di intento, per poi essere rivendute a prezzi concorrenziali proprio grazie all’indebita detrazione dell’imposta. La prossimità temporale tra l’acquisto e la rivendita è stato un altro elemento considerato significativo.

L’Irrilevanza della Prova Contraria del Contribuente

Di fronte a questo quadro probatorio, la società ricorrente ha tentato di difendersi sostenendo la tracciabilità dei pagamenti e la regolare tenuta della contabilità. Tuttavia, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: in materia di operazioni soggettivamente inesistenti, la regolarità formale delle scritture contabili e la tracciabilità dei pagamenti non sono elementi sufficienti a dimostrare la buona fede dell’acquirente. Questi elementi, infatti, non sono in grado di smentire gli indizi che provano il coinvolgimento consapevole nella frode commessa a monte nella catena distributiva.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che la sentenza di appello aveva correttamente valutato tutti gli elementi del caso. Non si trattava di una motivazione apparente, ma di una decisione che andava oltre il “minimo costituzionale”, rispondendo in modo compiuto a tutte le doglianze del ricorrente. I giudici hanno specificato che, una volta che l’Amministrazione Finanziaria ha fornito elementi indiziari sufficienti a dimostrare la partecipazione del contribuente a un’operazione fraudolenta, l’onere della prova si sposta su quest’ultimo. Tuttavia, la prova contraria non può limitarsi ad aspetti formali come la regolarità contabile, ma deve essere in grado di dimostrare concretamente l’estraneità del contribuente all’accordo fraudolento.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza l’orientamento giurisprudenziale in materia di fatture soggettivamente inesistenti. Per le imprese, la lezione è chiara: la massima diligenza nella scelta dei partner commerciali è fondamentale. Non è sufficiente verificare la regolarità formale del fornitore; è necessario prestare attenzione a campanelli d’allarme come prezzi anomali o condizioni commerciali troppo vantaggiose per essere credibili. Di fronte a indizi di una frode IVA, la semplice dimostrazione di aver pagato tramite mezzi tracciabili e di avere una contabilità in ordine non basterà a proteggere l’azienda da pesanti accertamenti fiscali.

In caso di fatture soggettivamente inesistenti, cosa deve provare l’Amministrazione finanziaria?
L’Amministrazione finanziaria deve provare due elementi: in primo luogo, che il soggetto emittente della fattura è un’entità fittizia (una cosiddetta “cartiera”); in secondo luogo, che l’acquirente era consapevole della frode o avrebbe potuto esserlo usando l’ordinaria diligenza.

La regolarità dei pagamenti e della contabilità è sufficiente per il contribuente a provare la propria buona fede?
No. Secondo la sentenza, in materia di operazioni soggettivamente inesistenti, la regolarità dei pagamenti (anche se tracciabili) e la corretta tenuta della contabilità non sono considerate prove sufficienti a dimostrare l’estraneità del contribuente alla frode, specialmente di fronte a solidi indizi di segno contrario presentati dall’Ufficio.

Quali elementi possono indicare che un’azienda è consapevole di partecipare a una frode IVA?
La sentenza evidenzia alcuni elementi indiziari rilevanti: l’acquisto di beni senza un adeguato margine di rivendita, l’utilizzo di false dichiarazioni di intento per ottenere esenzioni IVA, e la prossimità cronologica tra l’acquisto e la successiva rivendita. Questi fattori possono far presumere la consapevolezza della frode.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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