LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Fatture inesistenti: onere della prova e difesa

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5189/2024, ha rigettato il ricorso di un agente di commercio contro un avviso di accertamento per costi indeducibili derivanti da fatture inesistenti. La Corte ha ribadito che spetta all’Amministrazione Finanziaria fornire prove presuntive della fittizietà delle operazioni, dopodiché l’onere di dimostrare l’effettività della prestazione si sposta sul contribuente. La sola esibizione di fatture e pagamenti non è sufficiente a superare un quadro indiziario grave, preciso e concordante.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Fatture Inesistenti: L’Onere della Prova tra Fisco e Contribuente

La gestione dei costi aziendali e la loro deducibilità fiscale rappresentano un aspetto cruciale per ogni impresa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 5189 del 27 febbraio 2024) ha fatto luce su un tema particolarmente delicato: la contestazione di costi derivanti da fatture inesistenti. Questa pronuncia offre importanti chiarimenti sulla ripartizione dell’onere della prova tra Amministrazione Finanziaria e contribuente, delineando i confini entro cui una difesa può essere considerata efficace.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un agente di commercio che aveva impugnato un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate. L’Ufficio contestava la deducibilità di alcuni costi relativi a fatture emesse da una collaboratrice per una presunta attività di “segnalazione clienti” e telemarketing. Secondo il Fisco, tali operazioni erano oggettivamente inesistenti, e il maggior reddito imponibile veniva accertato per oltre 32.000 euro.

Il contribuente, dal canto suo, sosteneva l’effettività delle prestazioni, affermando di essersi avvalso della collaboratrice per adempimenti burocratici e attività di supporto. Tuttavia, sia in primo che in secondo grado, le sue ragioni non sono state accolte.

L’onere probatorio in caso di fatture inesistenti

La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia di onere della prova. Quando l’Amministrazione Finanziaria contesta costi basati su fatture inesistenti, essa ha il compito di dimostrare, anche tramite presunzioni, che l’operazione non è mai avvenuta. Non è necessario che fornisca una prova diretta e inconfutabile, ma è sufficiente che presenti un quadro di elementi gravi, precisi e concordanti.

Nel caso specifico, l’Agenzia delle Entrate aveva raccolto una serie di indizi schiaccianti:
* La collaboratrice era sfornita di qualsiasi organizzazione aziendale, priva di sede e uffici.
* Era irreperibile all’indirizzo indicato in fattura.
* La sua contabilità era inesaminabile.
* Le dichiarazioni IVA presentavano gravi incongruenze rispetto ai dati comunicati.
* I pagamenti tracciabili ricevuti venivano immediatamente prelevati in contanti, suggerendo una possibile retrocessione delle somme.
* La stessa collaboratrice aveva emesso fatture analoghe per altri contribuenti.

La Difesa Insufficiente del Contribuente

Di fronte a un quadro probatorio così solido da parte del Fisco, l’onere della prova si inverte e passa al contribuente. A quest’ultimo spetta il compito di dimostrare in modo concreto e inequivocabile l’effettiva esistenza delle operazioni contestate.

La Cassazione ha sottolineato che, in questi contesti, non è sufficiente esibire le fatture, la regolarità formale delle scritture contabili o i mezzi di pagamento utilizzati. Questi elementi, infatti, sono spesso creati ad arte proprio per dare un’apparenza di realtà a operazioni fittizie.

Il contribuente, nel caso di specie, non è riuscito a fornire alcuna prova contraria valida. Le sue giustificazioni sono state ritenute “scarsamente verosimili”, e i report prodotti a sostegno della sua tesi sono stati giudicati privi di data certa e di elementi che potessero ricondurli alle prestazioni fatturate nell’anno di accertamento.

Le Motivazioni della Decisione

Sulla base di queste considerazioni, la Corte ha rigettato il ricorso. I giudici hanno ritenuto che la Commissione Tributaria Regionale avesse correttamente applicato i principi sull’onere della prova. L’insieme degli indizi raccolti dall’Agenzia delle Entrate costituiva un sistema di presunzioni gravi, precise e concordanti, idoneo a dimostrare l’inesistenza delle operazioni. Di contro, il contribuente non ha fornito la “valida prova contraria” richiesta per superare tale quadro presuntivo.

La Corte ha inoltre respinto le altre doglianze del ricorrente, tra cui la presunta violazione del contraddittorio preventivo, chiarendo che, per i tributi “non armonizzati” e per le indagini “a tavolino”, non sussiste un obbligo generale di instaurare un confronto prima dell’emissione dell’avviso di accertamento. È stato anche ritenuto inammissibile il motivo relativo alla violazione delle regole sulle presunzioni, ribadendo che il principio del “divieto di doppie presunzioni” non trova fondamento nel nostro ordinamento.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di fatture inesistenti. Il messaggio per i contribuenti è chiaro: la forma non può prevalere sulla sostanza. Di fronte a una contestazione ben argomentata dall’Amministrazione Finanziaria, basata su un solido impianto presuntivo, la semplice esibizione di documenti formali non è sufficiente. È indispensabile essere in grado di fornire prove concrete e tangibili (come contratti dettagliati, corrispondenza, reportistica datata, testimonianze attendibili) che dimostrino senza ombra di dubbio che la prestazione è stata realmente eseguita e ha prodotto un’utilità economica per l’impresa.

A chi spetta l’onere di provare che le fatture sono relative a operazioni inesistenti?
Inizialmente, spetta all’Amministrazione Finanziaria l’onere di provare, anche tramite presunzioni gravi, precise e concordanti, che l’operazione non è mai stata posta in essere. Una volta che l’Ufficio ha fornito questo quadro indiziario (ad esempio, dimostrando che l’emittente è una società ‘cartiera’ o priva di struttura), l’onere si sposta sul contribuente.

È sufficiente per il contribuente esibire la fattura e la prova del pagamento per dedurre il costo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’esibizione della fattura o la dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili e dei pagamenti non sono sufficienti per vincere la presunzione di inesistenza dell’operazione, poiché questi elementi sono tipicamente utilizzati proprio per mascherare la fittizietà.

Cosa deve fare il contribuente per dimostrare che l’operazione è reale?
Il contribuente deve fornire una prova contraria concreta e sostanziale dell’effettività della prestazione ricevuta. Deve dimostrare che il servizio è stato realmente eseguito e che ha avuto una reale utilità per la sua attività economica, superando il quadro indiziario presentato dall’Agenzia delle Entrate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati