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Fatture inesistenti: onere della prova e Cassazione

Una società vinicola si vedeva contestare la detrazione IVA per costi derivanti da fatture inesistenti emesse da ‘società cartiere’. La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha annullato la decisione di merito, chiarendo la fondamentale distinzione tra inesistenza oggettiva e soggettiva delle operazioni. La Corte ha ribadito come cambia l’onere della prova a carico del Fisco e del contribuente a seconda della natura della contestazione, rinviando il caso per un nuovo esame basato su questi principi.

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Pubblicato il 30 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Fatture Inesistenti: La Cassazione e la Distinzione Cruciale sull’Onere della Prova

L’utilizzo di fatture inesistenti rappresenta una delle più comuni forme di frode fiscale, con conseguenze significative sia per le casse dello Stato sia per le imprese coinvolte, anche inconsapevolmente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha nuovamente posto l’accento sulla distinzione fondamentale tra inesistenza ‘oggettiva’ e ‘soggettiva’ di un’operazione, chiarendo in modo definitivo come si distribuisce l’onere della prova tra Amministrazione Finanziaria e contribuente. Analizziamo il caso di un’azienda vinicola per comprendere i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore vinicolo riceveva un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate recuperava oltre 350.000 euro di IVA, indebitamente detratti nell’anno d’imposta 2007. La contestazione si basava sul fatto che le fatture, relative all’acquisto di mosto, provenivano da imprese qualificabili come ‘cartiere’ o ‘missing traders’, ovvero soggetti economici privi di una reale struttura operativa e creati al solo fine di emettere documenti per operazioni fittizie.

Il contenzioso attraversava tutti i gradi di giudizio, con decisioni altalenanti. Inizialmente, le commissioni tributarie davano ragione al Fisco. Successivamente, la Corte di Cassazione annullava una prima volta la sentenza d’appello per motivazione apparente, incaricando la commissione regionale di riesaminare il caso applicando correttamente i principi di diritto. Tuttavia, anche la nuova sentenza veniva impugnata, portando la questione di nuovo dinanzi alla Suprema Corte.

La Questione Giuridica: Inesistenza Oggettiva vs. Soggettiva

Il cuore della controversia, e il punto focale dell’ordinanza della Cassazione, risiede nella distinzione tra due tipi di inesistenza delle operazioni fatturate.

Inesistenza Oggettiva

Si parla di inesistenza oggettiva quando la transazione descritta in fattura non è mai avvenuta nella realtà. L’operazione è una pura invenzione documentale, senza alcun scambio di beni o servizi.

Inesistenza Soggettiva

L’inesistenza è invece soggettiva quando l’operazione commerciale è effettivamente avvenuta, ma ha coinvolto soggetti diversi da quelli indicati formalmente nella fattura. Ad esempio, l’azienda acquista merce da un fornitore ‘A’ (spesso irregolare o ‘in nero’), ma riceve la fattura da una società ‘cartiera’ ‘B’ per dare una veste legale all’acquisto.

Fatture Inesistenti e la Ripartizione dell’Onere della Prova

La qualificazione dell’inesistenza come oggettiva o soggettiva non è un mero esercizio teorico, ma ha conseguenze pratiche decisive sulla ripartizione dell’onere della prova tra le parti.

* In caso di inesistenza oggettiva, all’Amministrazione Finanziaria è sufficiente dimostrare, anche tramite elementi presuntivi (gravi, precisi e concordanti), che l’operazione non si è mai verificata. Una volta fornita questa prova, spetta al contribuente dimostrare il contrario, ossia che la prestazione è stata realmente eseguita come descritto in fattura.
* In caso di inesistenza soggettiva, il compito del Fisco è più complesso. Non basta provare che il fornitore indicato in fattura è una ‘cartiera’, ma deve anche dimostrare che il contribuente-acquirente era consapevole della frode o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza professionale. Solo a questo punto l’onere si sposta sul contribuente, che dovrà provare la propria buona fede e l’incolpevole affidamento.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, censurando la sentenza del giudice di rinvio. Secondo i giudici supremi, la commissione tributaria regionale non aveva rispettato il mandato ricevuto, omettendo di compiere l’analisi preliminare fondamentale: qualificare la natura, oggettiva o soggettiva, delle operazioni contestate.

Il giudice di merito aveva erroneamente desunto la natura ‘soggettiva’ della frode basandosi unicamente sul ruolo di interposizione di un’altra società, senza però esaminare le prove relative alle specifiche fatture. In questo modo, aveva invertito l’onere probatorio in modo scorretto.

La Cassazione ha chiarito che, di fronte a solidi elementi indiziari forniti dall’Amministrazione sulla fittizietà delle società fornitrici (le ‘cartiere’) e delle operazioni, sarebbe stato onere del contribuente fornire una prova ‘rigorosa e piena’ dell’effettività di tali operazioni. La Corte ha inoltre specificato che la regolarità formale delle scritture contabili o la tracciabilità dei pagamenti non costituiscono una prova sufficiente, poiché nelle frodi fiscali questi elementi vengono spesso creati ad arte proprio per far apparire reale un’operazione fittizia.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale in materia di fatture inesistenti: la diligenza richiesta al contribuente non si ferma alla forma, ma deve estendersi alla sostanza dei rapporti commerciali. Quando l’Amministrazione Finanziaria fornisce elementi presuntivi solidi che indicano il coinvolgimento di ‘società cartiere’, non è più sufficiente per l’impresa dimostrare di aver pagato e registrato le fatture. Diventa necessario provare in modo inconfutabile che la prestazione è stata realmente eseguita. Questa pronuncia serve da monito per tutte le imprese, sottolineando l’importanza di attuare procedure di controllo e due diligence sui propri partner commerciali per evitare di essere coinvolti, anche involontariamente, in complesse frodi IVA.

Qual è la differenza tra inesistenza oggettiva e soggettiva di una fattura?
L’inesistenza è ‘oggettiva’ quando l’operazione economica descritta nel documento fiscale non è mai avvenuta. È invece ‘soggettiva’ quando l’operazione si è realmente verificata, ma ha coinvolto soggetti diversi da quelli indicati in fattura.

Come si distribuisce l’onere della prova in caso di fatture inesistenti?
Se l’inesistenza è oggettiva, al Fisco basta provare con indizi che l’operazione non è avvenuta; spetta poi al contribuente dimostrare il contrario. Se è soggettiva, il Fisco deve provare che il contribuente sapeva o doveva sapere della frode; a quel punto il contribuente deve provare la sua buona fede.

Il pagamento della fattura e la sua corretta registrazione contabile sono sufficienti a provare l’effettività di un’operazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, in un contesto di presunta frode, la regolarità formale dei pagamenti e delle scritture non è una prova sufficiente, poiché tali elementi vengono spesso utilizzati proprio per mascherare la natura fittizia dell’operazione. È richiesta una prova rigorosa e piena dell’effettiva esecuzione della prestazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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