Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21448 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21448 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24077/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
CURATELA FALLIMENTARE AZIENDA RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna n. 277/2022, depositata il 2 marzo 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Nei confronti dell ‘ Azienda RAGIONE_SOCIALE, l’Agenzia delle entrate – Direzione provinciale di Ravenna emetteva l’avviso di accertamento parziale n. THQ033I01682/2012, relativo al l’anno di imposta 2007 e portante il recupero di IVA dalla stessa dovuta per euro 353.970,00, indebitamente detratta poiché afferente operazioni ritenute oggettivamente inesistenti, oltre interessi ed irrogazione delle conseguenti sanzioni di legge. L’atto impositivo prendeva le mosse da una verifica effettuata dalla Guardia di Finanza di Ravenna, confluita in un primo processo verbale di constatazione del 22 giugno 2012 , quest’ultimo conseguente ad indagini condotte dalla Guardia di Finanza di San Severo (FG) su delega della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari nell’ambito del procedimento penale n. 14219/09 , nonché da un successivo processo verbale di constatazione emesso in data 9 ottobre 2012 della medesima Guardia di Finanza di Ravenna. All’esito della verifica, emergeva che l’ Azienda RAGIONE_SOCIALE aveva registrato in contabilità acquisti di mosto provenienti da imprese che, in relazione alle loro caratteristiche e ai dati rilevati sul conto delle stesse, si configuravano q uali ‘cartiere’ o ‘missing traders’ .
La società impugnava l’avviso di accertamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Ravenna che, con sentenza n. 445/2014, depositata in data 12 maggio 2014, rigettava il ricorso proposto e confermava l’operato dell’Ufficio.
-Avverso tale pronuncia la società proponeva atto di appello.
La Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna , con sentenza n. 1777/2017 depositata il 27/06/2018, rigettava l’appello del contribuente.
Avverso tale pronuncia la Curatela fallimentare della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione proponeva ricorso in cassazione. La S.C., con ordinanza n. 15340/2021, cassava la sentenza impugnata per vizio di motivazione apparente e rinviava alla Commissione tributaria regionale.
La Curatela fallimentare riassumeva il giudizio dinanzi alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna che, con sentenza n. 277/2022, depositata in data 2 marzo 2022, ha annullato l’atto impugnato.
-L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
La contribuente si è costituita con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
L’Agenzia delle entrate ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-In via preliminare vanno respinte le eccezioni di improcedibilità e inammissibilità prospettate dalla controricorrente.
In merito alla questione delle improcedibilità del ricorso per violazione dell’obbligo di allegazione previsto dall’ art. 369 c.p.c., secondo la consolidata giurisprudenza di questa S.C., in tema di giudizio per cassazione, per i ricorsi avverso le sentenze delle commissioni tributarie, la indisponibilità dei fascicoli delle parti (i quali, ex art. 25, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 restano acquisiti al fascicolo d’ufficio e sono restituiti solo al termine del processo) comporta la conseguenza che la parte ricorrente non è onerata, a
pena di improcedibilità ed ex art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c., della produzione del proprio fascicolo e per esso di copia autentica degli atti e documenti ivi contenuti, poiché detto fascicolo è già acquisito a quello d’ufficio di cui abbia domandato la trasmissione alla S.C. ex art. 369, comma 3, c.p.c., a meno che la predetta parte non abbia irritualmente ottenuto la restituzione del fascicolo di parte dalla segreteria della commissione tributaria; neppure è tenuta, per la stessa ragione, alla produzione di copia degli atti e dei documenti su cui il ricorso si fonda e che siano in ipotesi contenuti nel fascicolo della controparte (Cass., Sez. V, 30 novembre 2017, n. 28695; Cass., Sez. I, 25 marzo 2015, n. 6021; Cass., Sez. VI-5, 24 luglio 2014, n. 16813; Cass., Sez. Un., 3 novembre 2011, n. 22726).
Riguardo alla eccezione di inammissibilità per violazione del principio di autosufficienza, ex art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., esso è compatibile con il principio del giusto processo di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU, qualora, in ossequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, dovendosi, di conseguenza, ritenere rispettato ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, bastando, ai fini dell’assolvimento dell’onere di deposito previsto dall’art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c., che il documento o l’atto, specificamente indicati nel ricorso, siano accompagnati da un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati (Cass., Sez. I, 19 aprile 2022, n. 12481).
Nel caso di specie, il ricorso contiene tutti gli elementi per consentire a questa SRAGIONE_SOCIALE di pronunciarsi sulle questioni prospettate.
-Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 384 e 394 c.p.c. e dell’art . 63 del d.lgs. n.
546/1992, nonché della ordinanza n. 15340/2021 della Corte di cassazione, in relazione all’art . 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per aver la Commissione tributaria regionale in sede di rinvio violato la regula juris fissata dalla S.C. e aver reso una pronuncia dalla quale non emerge in termini univoci l’accertamento, in fatto ed in diritto, in ordine alla controversa natura effettiva -oggettiva o soggettiva -dell’inesistenza delle operazioni .
Con il terzo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art . 19 del d.P.R. n. 633/1972, nonché degli artt. 2729 e 2697 c.c. , in relazione all’art . 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale fatto malgoverno dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di ripartizione dell’onere probatorio in ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti ed interposizione fittizia.
2.1. -I motivi, da trattarsi congiuntamente, sono fondati.
Con ordinanza n. 15340 del 2021, la Corte di cassazione, sesta sezione civile, accoglieva il ricorso della società contribuente, con cui era stata denunciata, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per la natura meramente apparente della sua motivazione.
La Corte di cassazione afferma che ‘ la CTR non ha preso posizione sulla questione, posta dalla contribuente, della qualificazione della natura dell’assunta inesistenza delle operazioni, non vagliandone espressamente ne l’ammissibilità processuale, né la sostanza. Non premettendo in termini univoci l’accertamento, in fatto ed in diritto, in ordine alla controversa natura effettiva oggettiva o soggettiva- dell’inesistenza delle operazioni, il giudice a quo non ha, di conseguenza, esplicitato né quali siano i parametri in base ai quali ha ritenuto che «la motivazione della sentenza» (di primo grado) fosse «suffragata solo in via presuntiva di
molteplici indizi gravi, precisi e concordanti»; né quale fosse il contenuto dell’«onere probatorio ricade sull’appellante, onere non assolutamente assolto» ‘ .
Inoltre, si precisa che ‘ Ulteriormente viziata, per mera apparenza, è poi la stessa motivazione nella parte in cui afferma che la «motivazione della sentenza» (di primo grado) sarebbe «suffragata in via presuntiva», «in virtù di indizi gravi , precisi e concordanti (cfr. sul punto la ricostruzione dei fatti operata nel PVC» ‘ .
I limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio sono diversi a seconda che la pronuncia di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per entrambe le ragioni: nella prima ipotesi, il giudice deve soltanto uniformarsi, ex art. 384, comma 1, c.p.c., al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo, mentre, nella seconda, non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in funzione della statuizione da rendere in sostituzione di quella cassata, ferme le preclusioni e decadenze già verificatesi; nella terza, infine, la sua “potestas iudicandi”, oltre ad estrinsecarsi nell’applicazione del principio di diritto, può comportare la valutazione “ex novo” dei fatti già acquisiti, nonché la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione, nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse, sia consentita in base alle direttive impartite dalla decisione di legittimità (Cass., Sez. III, 15 giugno 2023, n. 17240; Cass., Sez. II, 14 gennaio 2020, n. 448; Cass., Sez. IV, 24 ottobre 2019, n. 27337).
L ‘avviso di accertamento n. THQ033I01682/2012, emesso dalla Direzione provinciale di Ravenna dell’Agenzia delle entrate per l’anno di imposta 2007 nei riguardi della ‘RAGIONE_SOCIALE , oggetto della presente controversia, riguarda il recupero di IVA dalla stessa dovuta per euro 353.970,00, indebitamente detratta poiché afferente a operazioni ‘oggettivamente’ inesistenti, poste in essere da imprese fornitrici che si configuravano quali ‘cartiere’ o ‘missing traders’, vale a dire soggetti economici privi di qualsivoglia struttura operativa ed organizzativa, che limitano la propria attività alla sola emissione di fatture per operazioni inesistenti.
La questione controversa attiene alla qualificazione giuridica delle fatture, ossia se e quando esse siano soggettivamente od oggettivamente inesistenti e come refluisca la distinzione sull’onere della prova tra le parti (Cass., Sez. V, 11 settembre 2024, n. 24456).
In via generale, sono soggettivamente inesistenti le fatture caratterizzate dalla divergenza tra la rappresentazione documentale e la realtà attinente ad uno dei soggetti che intervengono nell’operazione, che, pur avvenuta, non è realmente intercorsa tra i soggetti che figurano quale emittente e percettore della fattura.
La diversità può riguardare chi abbia emesso il documento ma non abbia in realtà effettuato alcuna prestazione (che è stata fornita da altri), ovvero il caso in cui l’operazione sia stata effettuata non in favore di colui che risulta destinatario del documento fiscale.
Nel primo caso la diversità riguarda l’emittente; il destinatario ha ricevuto comunque la prestazione ma da un diverso soggetto e senza fattura.
Nel secondo caso la diversità riguarda il destinatario della fattura che è non è l’effettivo destinatario dell’operazione, il quale utilizza il documento (la fattura) pur non essendo committente, né beneficiario di alcuna prestazione, annotando nella contabilità i costi
sostenuti ed i crediti IVA senza che ciò corrisponda ad una operazione realmente intercorsa tra le parti.
In tale evenienza, la ricezione di una fattura cui non corrisponde alcuna prestazione mira, frequentemente, a dissimulare il compimento di acquisti effettivi ma senza fattura (cd. in nero). L’inesistenza oggettiva si realizza invece quando vi sia l’assolut a mancanza, nella realtà fenomenica, dell’operazione documentata (cd. inesistenza assoluta) oppure una divergenza in termini quantitativi tra la realtà e la rappresentazione documentale (cd. inesistenza relativa). Tale nozione va ulteriormente precisata in relazione all’attività che risulti in concreto realizzata. Rientra nell’inesistenza oggettiva, infatti, anche qualsiasi discrasia tra le dichiarazioni fattuali contenute nel documento e l’operazione effettuata, ossia con causali, modalità, oggetti e luoghi diversi da quelli indicati nelle fatture: è il caso, ad esempio, della fatturazione di opere edili che si afferma (in fattura) effettuate su un determinato immobile (ad es. presso l’impresa) e, invece, eseguite presso un altro (es. l’abitazione dell’impr enditore).
La specificazione, peraltro, è rilevante anche rispetto ad altre cessioni di beni o prestazioni di servizi: l’acquisto di una pluralità di beni ovvero di una determinata quantità di materiali non corrisponde, automaticamente, alla realizzazione di una pluralità di acquisti ove siano stati effettuati con causali, modalità e in luoghi diversi. In tali evenienze emerge una divergenza non solo soggettiva ma anche oggettiva, sicché l’operazione risulta soggettivamente ed oggettivamente inesistente (v., per una casistica, Cass. 27520 del 2022; Cass. n. 34588 del 2021; Cass. n. 12486 del 2021; v. anche per analoga prospettazione Cass. sez. 3 pen., n. 10916 del 2020).
Le fattispecie più ricorrenti nella giurisprudenza della Corte, in ispecie per le operazioni soggettivamente inesistenti, sono quelle in
cui la difformità soggettiva attiene all’emittente della fattura e non al committente: è il caso, tipico, delle frodi carosello (ad esempio nelle cessioni intraunionali di autovetture) in cui il cedente apparente è una cartiera mentre il cessionario è una impresa che ha acquistato il bene da un terzo, ossia l’effettivo vendito re, per poi rivenderlo. In questa ipotesi, non è contestata la realità dell’operazione e si pone la questione della deducibilità dei costi sostenuti. Meno frequente, invece, è l’ipotes i in cui sia il destinatario ad essere fittizio: l’emittente ha emesso la fattura, cui, però, non corrisponde il trasferimento dei beni al destinatario apparente.
In questa evenienza, occorre distinguere due ipotesi: quella in cui l’operazione sia stata realizzata dall’emittente verso un soggetto diverso da quello indicato in fattura e quella in cui, invece, l’emittente non abbia, in realtà, realizzato alcuna operaz ione.
Nel primo caso l’operazione, tanto per l’emittente quanto per il committente, sarà soggettivamente inesistente, con la differenza che per il secondo (frequentemente, una cartiera) non vi sono stati costi reali e, quindi, nulla è suscettibile di deduzione: il dato certo è che l’operazione è stata realizzata ma con un soggetto diverso e le parti hanno partecipato, con una distinzione di ruoli, alla frode.
Nel secondo caso, per l’emittente l’operazione sarà, al contempo, soggettivamente ed oggettivamente inesistente poiché alcuna transazione -e con nessuno – è stata realizzata e lo stesso esito vale anche per il committentedestinatario: l’operazione con l’ emittente non è mai stata effettuata, sicché anche nei suoi confronti essa sarà inesistente sotto entrambi i profili.
Le distinzioni sopra evidenziate spiegano il diverso atteggiarsi dell’onere della prova sulle parti.
Nelle operazioni oggettivamente inesistenti, difatti, l’Ufficio è tenuto solo a dimostrare, anche in base ad elementi indiziari, la
mancanza dell’operazione, onere che, una volta soddisfatto, genera sul contribuente l’onere di fornire la prova contraria che l’operazione, come descritta in fattura, è effettiva ed è realmente avvenuta, anche se, in ipotesi, tra soggetti diversi da quelli indicati nel documento (v. Cass. Sez. V, 18 ottobre 2021, n. 28628).
In quelle soggettivamente inesistenti l’Ufficio deve fornire, pure in base ad elementi presuntivi, l’ulteriore prova che il contribuente, a fonte dell’effettività dell’operazione descritta in fattura ma intercorsa tra soggetti diversi da quelli che risultano cartolarmente, sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale, ossia che non poteva non essere consapevole dell’alterità soggettiva.
A fronte di tale esito, conseguentemente, l’insorgere dell’onere per il contribuente di provare (oltre all’eventuale realità anche soggettiva) la propria incolpevole carenza di consapevolezza ( ex multis Cass., Sez. V, 20 luglio 2020, n. 15369).
Concettualmente più complessa è la ripartizione dell’onere della prova ove l’operazione, dal lato dell’emittente, sia soggettivamente ed oggettivamente inesistente.
Come su evidenziato, il dato obiettivo della mancanza, sul piano fenomenico, dell’attività costituisce circostanza idonea a far ritenere, anche per il destinatario, che l’operazione sia oggettivamente (oltre che soggettivamente) inesistente. Spetterà dunque alla parte, secondo gli ordinari criteri di riparto, fornire la prova che, invece, una operazione (omogenea a quella fittizia e ad essa riconducibile) è stata eseguita e che, quindi, per il contribuente l’operazione sia falsa solo sul piano soggettivo. Non va trascurato, sul punto, che la plausibile prevalente funzione di questa condotta illecita è quella di occultare acquisti in nero ricorrendo a false fatturazioni.
A tali principi non si è attenuta la Commissione tributaria regionale che ha ignorato il compito preliminare, indicato nella sentenza rescindente, di valutare la ‘ natura ‘ – inesistenza oggettiva o soggettiva – delle operazioni contestate, facendone discendere la natura ‘ soggettiva ‘ dal ruolo di ‘ società filtro ‘ attribuito alla RAGIONE_SOCIALE rispetto alle società ‘RAGIONE_SOCIALE‘. In realtà, operazioni oggettivamente inesistenti possono essere realizzate anche da una società esistente e operativa e gli elementi indiziari, richiamati nel processo verbale di constatazione e riprodotti nel ricorso, evidenziano, al contrario, la presenza di operazioni ‘oggettivamente’ inesistenti. Nulla di specifico viene in concreto rilevato rispetto alle fatture oggetto di contestazione, incentrandosi la motivazione sul ruolo di interposizione fittizia della RAGIONE_SOCIALE
In realtà, una volta accertata l’idoneità degli elementi presuntivi forniti dall’amministrazione finanziaria in ordine alla fittizietà delle società ‘cartiere’ e delle operazioni commerciali intercorse con la contribuente, avrebbe dovuto pretendere da quest’ultima la prova rigorosa e piena dell’effettività di quelle operazioni, ancorché intercorse tra soggetti diversi, ai fini della loro qualificazione come soggettivamente inesistenti, che comunque la Commissione tributaria regionale giammai poteva desumere, come invece erroneamente ha fatto, dall’intervenuto pagamento delle fatture, ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass., Sez. V, 10 aprile 2024, n. 9723; Cass., Sez. V, 18 ottobre 2021, n. 28628; Cass., Sez. V, 30 ottobre 2018, n. 27554; Cass., Sez. V, 5 luglio 2018, n. 17619; Cass., Sez. VI-5, 14 settembre 2016, n. 18118).
-L’accoglimento del primo e del terzo motivo determina l’assorbimento del secondo con cui si prospetta l’o messo esame circa i fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art . 360, n. 5, c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale omesso radicalmente di valutare il contenuto degli atti accertativi e i loro presupposti fattuali, congruentemente ritenendo esistenti le operazioni sottese alle fatture contestate.
-La sentenza impugnata dev’essere perciò cassata e, per l’effetto, va disposto il rinvio alla Corte di giustizia tributaria competente, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 aprile 2025.