Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22510 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22510 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 1674/2024 R.G. proposto da
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa d all’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio n. 3675/04/2023, depositata il 20.06.2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 maggio 2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La CTP di Roma rigettava il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso un avviso di accertamento, relativo ad IVA ed altro, per l’anno d’imposta 2014, a seguito d ell’indebito utilizzo di fatture per operazioni ritenute soggettivamente inesistenti;
Oggetto: Tributi —
Contraddittorio preventivo Fatture per operazioni soggettivamente inesistenti
-secondo l’Agenzia delle entrate la contribuente aveva acquistato dalla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE autovetture provenienti dall’estero ; la RAGIONE_SOCIALE, che svolgeva il ruolo di società -filtro, aveva acquistato tali autovetture da alcune società fittizie, formalmente interposte tra la stessa e il soggetto estero, al solo fine di vendere a prezzi inferiori a quelli di mercato, sicchè la RAGIONE_SOCIALE rivendeva poi solo cartolarmente ai concessionari, fra cui la contribuente;
con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio accoglieva l’appello della contribuente osservando, per quanto qui ancora rileva, che:
era fondata la censura relativa alla violazione del principio del contraddittorio preventivo, in quanto la società contribuente avrebbe potuto provare in tale sede la propria buona fede, anche mediante la documentazione prodotta in giudizio, riguardante i prezzi della auto commercializzate ed il mancato profitto conseguito dalla frode IVA, posta in essere dal suo fornitore;
era fondato anche il terzo motivo di appello, avendo la contribuente fornito la prova della sua buona fede, dimostrando la congruità dei prezzi di acquisto dei veicoli, che erano in linea con i prezzi di listino ufficiali, indicati nell’Euro Tax ; in ogni caso non erano stati offerti indizi che dimostrassero la partecipazione della contribuente alla frode, quali, ad esempio, la restituzione in contanti del prezzo corrisposto o simili;
era da ritenersi assorbita la censura relativa all’omessa motivazione in ordine al rigetto del motivo di impugnazione, sollevato nel ricorso introduttivo e riguardante l’insussistenza della responsabilità solidale ex art. 60-bis, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972;
l ‘Agenzia delle entrate impugnava la sentenza con ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
la società contribuente rimaneva intimata;
il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale Dott. NOME COGNOME ha depositato le proprie conclusioni scritte con le quali ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo l’Agenzia denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere la CGT-2 ritenuto che l’Ufficio avesse dovuto attivare i l contraddittorio preventivo, senza considerare che il contraddittorio era stato rispettato, avendo la contribuente presentato osservazioni entro il termine di 60 giorni dalla notifica del PVC; in ogni caso, la contribuente non aveva fornito la cd. prova di resistenza e non aveva dimostrato di avere subito una concreta lesione alle proprie esigenze difensive, avendo presentato in giudizio la stessa documentazione esibita nella fase amministrativa;
il motivo è fondato;
-come si evince dall’avviso di accertamento, allegato al ricorso per cassazione e nello stesso richiamato, il contraddittorio preventivo era stato assolto, dato che la contribuente aveva presentato osservazioni difensive in data 4.01.2017, dopo la notifica del PVC in data 14.12.2016 ; l’avviso di accertamento era stato emesso in data 8.05.2017 e, quindi, diversi mesi dopo la notifica del PVC, sicchè il termine dilatorio previsto dall’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 è stato rispettato;
con il secondo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 2729 cod. civ. e 54, comma 2, d.P.R. n. 633/1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere i giudici di appello omesso di esplicitare le ragioni dell’esclusione degli elementi indiziari offerti dall’Amministrazione finanziaria – quali, fra gli altri, la falsità degli F/24 prodotti, dei contratti, delle dichiarazioni
di conformità, delle dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà e della comunicazione al Dipartimento dei trasporti, nonché le dichiarazioni rese ai verificatori, la circostanza che il trasporto delle autovetture era effettuato direttamente dal fornitore straniero alla contribuente concessionaria, le visure ACI attestanti l’avvenuta immatricolazione direttamente ad opera dei clienti della contribuente, i contatti diretti tra il fornitore estero e la contribuente, ecc. (cfr. pp. 7 e ss. del ricorso per cassazione) – e per avere ritenuto raggiunta la prova della buona fede della contribuente, in mancanza dei relativi presupposti, essendosi la contribuente limitata a dedurre di avere acquistato le autovetture ad un prezzo in linea con quello di mercato producendo i listini Euro Tax Blu, relativi ad un numero limitato di autovetture;
– il motivo è fondato;
-al riguardo occorre ribadire che, nel caso di operazione soggettivamente inesistente, l’IVA non è, in linea di principio, detraibile, perché è stata versata ad un soggetto non legittimato alla rivalsa e non assoggettato all’obbligo di pagamento dell’imposta, in quanto la fattura è emessa da un soggetto che non è stato controparte nel rapporto relativo alle operazioni fatturate, da ritenersi “inesistenti” (Cass. 30.10.2013, n. 24426);
poiché il diniego del diritto di detrazione costituisce un’eccezione al principio di neutralità dell’IVA che tale diritto costituisce, incombe sull’Amministrazione finanziaria provare, anche sulla base di presunzioni, che, a fronte dell’esibizione del titolo, difettano, le condizioni, oggettive e soggettive, per la detrazione (e segnatamente: che il soggetto emittente non era il reale cedente e che il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che l’operazione si inseriva in un’evasione d’imposta), mentre spetterà al contribuente, una volta raggiunta
questa prova, fornire la prova contraria, ossia di aver svolto le trattative in buona fede, ritenendo incolpevolmente che le merci acquistate fossero effettivamente rifornite dalla società cedente (Cass. 20.04.2018, n. 9851);
per quanto riguarda la consapevolezza del cessionario, invece, si deve evidenziare che, se a quest’ultimo non compete, di norma, conoscere la struttura e le condizioni di operatività del proprio fornitore, sorge, tuttavia, un obbligo di verifica, nei limiti dell’esigibile, in presenza di indici personali od operativi anomali dell’operazione commerciale, tali da evidenziare irregolarità e ingenerare dubbi di una potenziale evasione (Cass. 2.12.2015, n. 24490);
-con riferimento al tipo di prova incombente sull’Amministrazione, è stato poi condivisibilmente affermato che può trattarsi sia di prova logica (o indiretta) sia di prova storica (o diretta), consistente anche in indizi integranti una presunzione semplice (Cass. n. 28246 del 2020), potendo essere valorizzati, quali elementi sintomatici della mancata esecuzione dell’operazione da parte del fatturante, l’assenza della minima dotazione personale e strumentale adeguata alla predetta esecuzione, l’immediatezza dei rapporti fra cedente/prestatore fatturante interposto e cessionario/committente, la conclamata inidoneità allo svolgimento dell’attività economica e la non corrispondenza tra i cedenti e la società coinvolta nell’operazione (Cass. n. 5339 del 2020);
anche di recente è stato ribadito che, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, anche in via indiziaria, non solo che il fornitore era fittizio, ma anche che il destinatario era consapevole, disponendo di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto, che l’operazione era finalizzata all’evasione
dell’imposta, essendo sostanzialmente inesistente il contraente; incombe, invece, sul contribuente la prova contraria di aver agito nell’assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (Cass. n. 24471 del 2022);
il contenuto della massima diligenza esigibile nei confronti di un accorto operatore, al fine di non essere parte di una frode IVA, si incentra sulle opportune informazioni circa l’effettiva esistenza del fornitore, da acquisirsi direttamente (in relazione alla struttura organizzativa dello stesso), sia indirettamente, attraverso l’esame delle modalità con le quali si è estrinsecato il rapporto commerciale con l’emittente (Cass. n. 28165 del 2022);
in tema di evasione IVA a mezzo di frodi carosello, quando l’operazione soggettivamente inesistente è di tipo triangolare, poco complessa e caratterizzata dalla interposizione fittizia di un soggetto terzo tra il cedente comunitario ed il cessionario italiano, questa Corte ha precisato che l’onere probatorio a carico dell’Amministrazione finanziaria, sulla consapevolezza da parte del cessionario che il corrispettivo della cessione sia versato al soggetto terzo non legittimato alla rivalsa né assoggettato all’obbligo del pagamento dell’imposta, è soddisfatto dalla dimostrazione che l’interposto sia privo di dotazione personale e strumentale adeguata alla prestazione fatturata, mentre spetta al contribuente-cessionario fornire la prova contraria della buona fede con cui ha svolto le trattative ed acquistato la merce, ritenendo incolpevolmente che essa fosse realmente fornita
dalla persona interposta (Cass. n. 10120/2017; Cass. n. 35591 del 2023);
il giudice di appello non ha seguito i principi sopra indicati, in quanto non solo non ha considerato il valore sintomatico dei numerosi elementi indicati dall’Amministrazione finanziaria nell’atto impositivo, richiamati nel dettaglio, in ossequio al principio di autosufficienza, nel testo del ricorso per cassazione (quali, a titolo meramente esemplificativo, la fittizietà delle società interposte, i contatti diretti tra la contribuente e il fornitore estero, la falsità dei documenti relativi alla vendita delle autovetture), ma ha anche alterato le regole di ripartizione dell’onere probatorio gravanti sulle parti, in quanto non ha analizzato in concreto gli elementi indicati dall’Amministrazione, confrontandoli poi con quelli prodotti dalla contribuente;
in conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata per nuovo esame e per la liquidazione delle spese, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per la liquidazione delle spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 2 8 maggio 2025