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Fatture inesistenti: onere della prova del contribuente

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1870/2024, ha stabilito che, in presenza di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti emesse da una società ‘cartiera’, l’Amministrazione Finanziaria può basarsi su presunzioni. Spetta poi al contribuente assolvere l’onere della prova, dimostrando l’effettività dell’operazione per poter detrarre l’IVA. Il ricorso della società è stato rigettato, confermando che il contribuente deve provare la realtà della prestazione ricevuta.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Fatture Inesistenti: la Cassazione chiarisce l’onere della prova del contribuente

L’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti è una delle pratiche più dannose per l’erario, e la giurisprudenza è costantemente chiamata a definire i confini tra la responsabilità del contribuente e l’azione accertatrice dell’Amministrazione Finanziaria. Con la recente ordinanza n. 1870 del 17 gennaio 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale: l’onere della prova che grava sul contribuente quando viene contestata la detrazione dell’IVA per una fattura emessa da una cosiddetta ‘società cartiera’. La decisione ribadisce principi fondamentali in materia di presunzioni e ripartizione delle prove nel processo tributario.

I Fatti del Caso: una Fattura Sospetta

Una società contribuente si è vista recapitare un avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2013. L’Agenzia delle Entrate contestava una maggiore IVA dovuta, derivante dall’utilizzo di una fattura per un importo di 65.000 euro, emessa da un’altra società per operazioni ritenute oggettivamente inesistenti. Secondo le indagini dell’Ufficio, la società emittente era una ‘cartiera’, ovvero un soggetto privo di una reale organizzazione aziendale, creato al solo scopo di emettere fatture false.

Il percorso giudiziario è stato altalenante:
1. In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Roma ha accolto il ricorso della società, annullando l’accertamento.
2. In secondo grado, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) del Lazio, su appello dell’Ufficio, ha ribaltato la decisione. I giudici d’appello hanno ritenuto che gli elementi raccolti (in particolare, il Processo Verbale di Constatazione – PVC) fossero sufficienti a dimostrare che la società fornitrice era fittizia e che la contribuente non aveva fornito la prova contraria sull’effettiva esecuzione della prestazione.

La società contribuente ha quindi deciso di ricorrere in Cassazione, lamentando principalmente la nullità della sentenza d’appello per motivazione apparente e la violazione delle norme sull’onere della prova e sulle presunzioni.

La Ripartizione dell’Onere della Prova secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto tutti i motivi di ricorso, confermando la sentenza di secondo grado. La decisione si fonda su principi ormai consolidati in materia di frodi IVA.

I giudici hanno chiarito che, per contestare la detrazione IVA, l’Amministrazione Finanziaria può basarsi su prove presuntive. Se l’Ufficio fornisce un quadro indiziario grave, preciso e concordante che suggerisce l’inesistenza dell’operazione (come la natura di ‘cartiera’ del fornitore), l’onere della prova si sposta sul contribuente.

L’inversione dell’onere probatorio

Nel caso specifico, la CTR aveva correttamente ritenuto che gli elementi emersi dal PVC – ovvero che la società emittente fosse priva di organizzazione e sconosciuta al fisco – costituissero prove presuntive sufficienti a dimostrare l’inesistenza dell’operazione fatturata. A questo punto, spettava alla società contribuente dimostrare non solo di aver ricevuto la fattura e di averla pagata, ma anche che l’operazione fosse stata effettivamente e realmente eseguita.

La Cassazione ha sottolineato che il tentativo del ricorrente di contestare la valutazione delle prove operata dal giudice di merito non è ammissibile in sede di legittimità. Il ricorso per Cassazione, infatti, non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti, ma serve a controllare la corretta applicazione delle norme di diritto.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha rigettato i primi due motivi, relativi alla presunta motivazione apparente, affermando che il percorso logico seguito dalla CTR era pienamente ricostruibile e fondato. Non è necessario che il giudice confuti analiticamente ogni singola argomentazione difensiva, essendo sufficiente che esponga le ragioni della sua decisione in modo da far ritenere implicitamente respinte le tesi contrarie.

Anche il terzo motivo, sulla violazione delle norme sulle presunzioni, è stato giudicato infondato. La Corte ha confermato che l’accertamento della natura di ‘cartiera’ del fornitore è un elemento presuntivo sufficiente a sostenere l’accusa di inesistenza dell’operazione.

Infine, il quarto motivo, sull’errata ripartizione dell’onere della prova, è stato dichiarato inammissibile. Secondo la Corte, il ricorrente non lamentava una violazione delle regole di riparto della prova, ma mirava a una rivalutazione dei fatti e dell’apprezzamento delle prove, attività preclusa nel giudizio di legittimità.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un orientamento consolidato e invia un messaggio chiaro ai contribuenti: la diligenza nella scelta dei propri partner commerciali è fondamentale. Quando si intrattengono rapporti con fornitori, è necessario assicurarsi della loro effettiva operatività e struttura aziendale. In caso di contestazione da parte del Fisco, basata su solidi indizi che il fornitore sia una ‘cartiera’, non basterà esibire la fattura e la prova del pagamento. Il contribuente dovrà fornire prove concrete e inequivocabili che la prestazione è stata realmente eseguita, altrimenti si vedrà negata la detrazione dell’IVA e si esporrà a pesanti sanzioni. L’onere della prova, in questi casi, diventa un ostacolo significativo da superare.

Quando l’onere della prova si sposta sul contribuente in caso di fatture per operazioni inesistenti?
L’onere della prova si sposta sul contribuente quando l’Amministrazione Finanziaria fornisce un quadro di prove presuntive, gravi, precise e concordanti, che facciano ragionevolmente dubitare dell’effettività dell’operazione. Un elemento chiave è dimostrare che la società emittente è una ‘cartiera’, cioè un soggetto fittizio privo di reale organizzazione.

Cosa deve dimostrare il contribuente per vincere la contestazione?
Il contribuente non deve solo provare di aver ricevuto la fattura e di averla pagata, ma deve fornire la prova concreta che l’operazione economica sottostante sia stata effettivamente e realmente eseguita. Deve quindi dimostrare l’esistenza della prestazione di servizi o della cessione di beni.

È possibile contestare la valutazione delle prove del giudice di merito davanti alla Corte di Cassazione?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che il suo ruolo non è quello di un terzo grado di merito. Non può rivalutare i fatti del caso o l’apprezzamento delle prove (come il contenuto di un verbale di constatazione) fatto dal giudice di appello. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di legge e la logicità della motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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