Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1870 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1870 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 17/01/2024
Tributi – operazioni oggettivamente inesistenti – presunzioni – onere della prova
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30102/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dal l’AVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE) in virtù di procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 2266/16/22, depositata in data 24 maggio 2022 Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 22 novembre 2023.
RILEVATO CHE
La società contribuente RAGIONE_SOCIALE ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2013, con il quale -a seguito di PVC -si accertava maggiore IVA quale effetto dell’utilizzo da parte della società contribuente di una fattura per operazioni oggettivamente inesistenti emessa da RAGIONE_SOCIALE per l’importo di € 65.000,00, con conseguente maggiore imposta e irrogazione di sanzioni.
La CTP di Roma ha accolto il ricorso.
La CTR del Lazio, con sentenza in data 24 maggio 2022, ha accolto l’appello dell’Ufficio , ritenendo -sulla base del PVC -che la « società » fosse una cartiera priva di organizzazione e sconosciuta al fisco e che la contribuente non avesse assolto all’onere della prova contraria.
Ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente, affidato a quattro motivi, ulteriormente illustrati da memoria, cui ha resistito con controricorso l’Ufficio .
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per motivazione apparente. Parte ricorrente, dopo avere ripercorso l’operazione sottostante (che vede l’odierna società contribuente inserit a in un appalto di servizi), deduce come la sentenza impugnata non avrebbe attinto alle difese di parte contribuente, utilizzando solo gli argomenti dell’Ufficio , rispetto ai quali il ricorrente ritiene che questi non siano « distinguibili » da quelli utilizzati dal giudice di appello.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per motivazione apparente, per essersi il giudice di appello appiattito sulle risultanze dell’istruttoria e del conclusivo PVC, senza dare adeguato vaglio critico del materiale probatorio esaminato, nonché senza avere preso posizione sulle specifiche difese mosse in giudizio da parte contribuente.
I primi due motivi, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati. Per costante giurisprudenza, l’apparenza della motivazione può essere predicata solo ove il percorso logico seguito dal giudice non sia in alcun modo ricostruibile (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053); né, al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, il giudice di appello è tenuto ad esaminare tutte le allegazioni delle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione così da doversi ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass., Sez. VI, 2 dicembre 2014, n. 25509; Cass., Sez. III, 20 novembre 2009, n. 24542), senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi (Cass., Sez. V, 2 aprile 2020, n. 7662; Cass., Sez. V, 30 gennaio 2020, n. 2153). Nella specie, il giudice di appello ha accertato che la società contribuente ha utilizzato una fattura proveniente da soggetto privo di organizzazione e, pertanto, detraendo indebitamente l’ IVA.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 2729 cod. civ. e 54, secondo comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto integrato un adeguato quadro indiziario che facesse da fondamento all’inesistenza oggettiva dell’operazione sottostante. Osserva parte ricorrente che il giudice di
appello si è basato su elementi estrapolati dal PVC che non si sarebbero potuti qualificare come gravi, in quanto estranei all’esecuzione dell’operazione sottostante e in quanto mal si raccordavano con la documentazione prodotta dalla contribuente, né individuavano il vantaggio fiscale della contribuente, né si confrontavano con la circostanza che la contribuente aveva tenuto regolare contabilità. Deduce, inoltre, parte ricorrente come faccia difetto l’esame globale e complessivo degli indizi e se questo si raccordi con i singoli elementi indiziari esaminati.
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 19 d.P.R. n. 633/1972, 168 Dir. 2006/112/CE, nonché dell’art. 2697 cod. civ., nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto che la società contribuente non ha assolto la prova contraria. Osserva parte ricorrente che, ove il giudice ritenga assolto l’onere della prova del fatto costitutivo dell’inesistenza dell’operazione da parte dell’Ufficio, spetta al contribuente fornire la prov a dell’esistenza della stessa ossia, per quanto qui rileva, ai fini dell’esistenza dei presupposti del legittimo esercizio della detrazione.
Il terzo motivo è infondato, in quanto il giudice di appello, riformando il giudizio del giudice di primo grado, ha accertato -sulla base del PVC – che la fattura utilizzata dalla società contribuente era stata emessa da soggetto privo di organizzazione sconosciuto al fisco e, quindi, propriamente soggetto «cartiera», elementi ritenuti prove presuntive sufficienti a ricostruire il quadro indiziario circa l’inesistenza dell’operazione sottostante.
Il quarto motivo è inammissibile, avendo il giudice di appello accertato che la società contribuente non aveva assolto al proprio onere della prova. Non si tratta di violazione delle regole di riparto della prova, bensì di valutazione delle stesse; per cui il ricorrente, pur
deducendo apparentemente una violazione di norme di legge, mira in realtà alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass., Sez. VI, 4 luglio 2017, n. 8758), censurando l’apprezzamento delle prove, che è attività rimessa alla valutazione del giudice di merito (Cass., Sez. I, 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass., Sez. I, 14 gennaio 2019, n. 640; Cass., Sez. I, 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass., Sez. V, 4 aprile 2013, n. 8315). La memoria del ricorrente non aggiunge ulteriori utili argomenti di discussione.
Il ricorso va rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 4.300,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 22 novembre 2023