Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19517 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19517 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29479/2021 R.G. proposto da:
NOME DI COGNOME RAGIONE_SOCIALE, COGNOME, COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in BUSTO ARSIZIO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende (EMAIL
-ricorrenti- contro
AGENZIA delle ENTRATE, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
(ADS80224030587) che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA n. 1475/2021 depositata il 15/04/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/04/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Lombardia ( hinc: CTR), con la sentenza n. 1475/2021 depositata in data 15/04/2021, accogliendo l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 4098/2019 della Commissione tributaria provinciale di Milano, ha respinto il ricorso proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE ( hinc: RAGIONE_SOCIALE) e dai soci di essa contro l’avviso di accertamento, con il quale erano state recuperate le maggiori imposte dovute per l’anno 2002.
La CTR, dato atto che l’atto impositivo era scaturito dalla segnalazione della DP di Lecco in merito all’uso di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti (e in particolare la fattura n. 53/2012), ha ritenuto, tuttavia, che Romela non avesse fornito alcun elemento da cui desumere la prova dell’effettività delle operazioni documentate dalle fatture contestate. Non basta, infatti, avere la contabilità in ordine, la prova del trasporto e il bonifico di pagamento, trattandosi di documenti preconfezionati per far apparire come effettiva un’operazione inesistente.
2.1. La CTR ha, quindi, rilevato che non solo l’avviso di accertamento è motivato adeguatamente, ma che sia stato appurato dagli agenti verificatori che anche un’altra società fornitrice della contribuente fosse una cartiera.
2.2. Ha quindi sottolineato come un’effettiva fornitura si accompagni o sia comunque preceduta da accordi, contatti, eventuali contratti e che non si acquisti la merce da chiunque, soprattutto se di un certo valore.
Contro la sentenza della CTR la società contribuente e i soci hanno proposto ricorso in cassazione con due motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è stata denunciata la violazione di legge e/o falsa applicazione di legge, nonché il vizio di motivazione in relazione all’art. 360, primo comma, n n. 3 e 5, c.p.c.; violazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.p.c. , degli artt. 39 e 40 d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 d.P.R. n. 633 del 1972, nonché della legge n. 212 del 2000 -Motivazione apparente -Omessa o insufficiente motivazione circa i fatti controversi decisivi del giudizio -assenza totale di motivazione in ordine alle presunzioni sottese alla valutazione dell’amministrazione finanziaria, qualificate apoditticamente e senza motivazione o giustificazione come gravi, precise e concordanti.
1.1. La parte ricorrente rileva che la CTR ha riformato la sentenza di primo grado, omettendo qualsiasi riferimento e argomentazione in ordine ai presupposti induttivi e, quindi, alle presunzioni in ragione delle quali l’Agenzia Finanziaria aveva proceduto all’accertamento ritenendo inesistente l’operazione contestata.
La questione dell’infondatezza dell’accertamento induttivo per presunzioni semplici (cioè prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza) era stata, tuttavia, oggetto di ricorso ed espressamente valutata e considerata dal giudice di prime cure.
Peraltro, gli atteggiamenti fraudolenti non sono attributi alla società contribuente, ma bensì a terzi soggetti.
1.2. Inoltre, l’amministrazione finanziaria nell’appello fa riferimento all’ipotesi delle fatture oggettivamente inesistenti, per quanto non esplicitata nell’avviso di accertamento , dove si menzionavano le società cartiere (terze rispetto a RAGIONE_SOCIALE) e le operazioni inesistenti (senza precisare se l’inesistenza fosse oggettiva o soggettiva).
1.3. Nell’accertamento viene fatto, inoltre, riferimento alla società RAGIONE_SOCIALE (fornitrice di RAGIONE_SOCIALE), quale mera cartiera, circostanza dedotta dall’Agenzia delle Entrate di Lecco che, a sua volta, l’aveva recuperata da un’altra segnalazione dove veniva fatto riferimento a RAGIONE_SOCIALE (e non a RAGIONE_SOCIALE). Di conseguenza, il collegamento che porterebbe a dedurre l’inesistenza dell’operazione di fornitura tra le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE è ben lungi dal costituire una deduzione presuntiva.
1.4. Sono poi da considerare erronei i riferimenti a RAGIONE_SOCIALE che non ha mai tenuto rapporti commerciali con l’odierna parte ricorrente.
1.5. Romela , al contrario, ha provato l’esistenza dell’operazione, ( dimostrando l’assenza di evidenti vantaggi economici, fiscali e di opportunità nel porre in essere un’operazione fraudolenta per esiguità dell’importo fatturato ), la presenza di un credito IVA riconducibile agli anni pregressi, l’incremento del magazzino riconducibile alla merce (anche se non rivenduta), l’assenza di scostamenti nel calcolo della marginalità negli anni precedenti e in quelli successivi all’esercizio contestato, l’irrisoriet à del vantaggio fiscale in capo ai soci.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile, dal momento che il vizio di violazione di legge e le censure relative alla motivazione della
sentenza impugnata sottendono, in realtà, una richiesta di rivalutazione del materiale probatorio.
Secondo le Sezioni Unite di questa Corte, infatti, è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., Sez. U, 27/12/2019, n. 34476).
Nel caso di specie la sentenza impugnata, infatti, dopo avere evidenziato, quanto ai presupposti dell’accertamento, che «esso è scaturito da segnalazione della DP di Lecco» , con riguardo alla fattura n. 53/12, avente ad oggetto la cessione di 22.117 KG di Poliestere Testurizzato 150/1 , emessa dalla RAGIONE_SOCIALE, risultata essere una cartiera, ha precisato che: « il Giudice adito non può suggerire alla parte quali ulteriori prove avrebbe potuto offrire per dimostrare la bontà della fornitura, ma certamente ad una effettiva fornitura si accompagnano o meglio viene preceduta da accordi, contatti, eventuali contratti. Non si acquista ‘al buio’ merce da chicchessia, peraltro di un certo valore. Non si può considerare solo coincidenza che altra società ‘cartiera’ avesse fornito merce alla odierna contribuente» e specificando altresì che « Inoltre è stato appurato, sempre dagli Agenti verificatori, che anche un’altra societ à fornitrice della odierna contribuente fosse anch’essa una ‘cartiera’ ». A fronte di questo quadro, il giudice d’appello ha ritenuto irrilevanti le circostanze che vi fossero «la fattura regolarmente registrata, il documento di trasporto, il bonifico effettuato a saldo della fattura» , giungendo coerentemente alla conclusione che «Nel caso de quo, nessuna prova è stata fornita dell’esistenza oggettiva delle operazioni».
Il motivo, in definitiva, si traduce nell’inammissibile sindacato del peso assegnato al giudice di merito agli elementi così valorizzati.
Con il secondo motivo è stata denunciata la violazione di legge -la violazione dell’art. 7, comma 1, legge n. 212 del 2000 (recante disposizioni in materia di statuto del contribuente) in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 5, c.p.c. Vizio o carenza di motivazione -Nullità dell’avviso di accertamento per inidonea motivazione per relationem , non essendo stato allegato all’atto impositivo il PVC e gli altri atti richiamati nell’avviso di accertamento -Nullità dell’avviso di accertamento per om essa valutazione critica del PVC citato al suo interno, che non risulta né allegato, né prodotto in giudizio.
3.1. Con tale motivo la parte ricorrente denuncia che nell’avviso di accertamento siano stati richiamati PVC e dichiarazioni di terze parti estranee all’operazione contestata e sconosciut e a Romela RAGIONE_SOCIALE, di cui la ricorrente non ha conosciuto il contenuto. Non corrisponde, poi, al vero l’affermazione fatta dall’amministrazione finanziaria nell’atto di appello, secondo cui la segnalazione della DP di Lecco è l’unico atto citato nella motivazione dell’accertamento ed è regolarmente allegato, mentre non sarebbe citato alcun PVC e/o accertamento né a carico della RAGIONE_SOCIALE né della RAGIONE_SOCIALE
3.2. Ad avviso della parte ricorrente non è, quindi, condivisibile l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui l’accertamento è motivato adeguatamente e supportato dal PVC della Guardia di Finanza e che è stato appurato dagli agenti veri ficatori che anche un’altra società fornitrice dell’odierna contribuente fosse una cartiera. Infatti:
-l’accertamento non si fonda su un PVC nei confronti del contribuente, ma su una mera segnalazione interna;
i PVC e le dichiarazioni richiamati nella segnalazione interna dalla D.P. di Lecco alla D.P. di Milano sono a carico di società e soggetti totalmente estranei a RAGIONE_SOCIALE e al rapporto contestato;
nessun PVC è stato consegnato alla ricorrente, nonostante plurime richieste di accesso agli atti. Insiste, in particolare (cfr. le pagine 2627 del ricorso) sul« l’impedito accesso agli atti finanziari» .
4. Il secondo motivo è infondato: secondo questa Corte, in tema di avviso di accertamento tributario, lo stabilire se, in concreto, la sua motivazione risponda o no ai requisiti di validità -che, in generale, possono riferirsi anche ad elementi extratestuali che il contribuente sia in grado di conoscereè compito del giudice tributario e non è dato al contribuente, se la decisione è motivata, sollecitare alla Corte di cassazione una revisione critica, salvo che non vengano enunciati ed evidenziati, nel ricorso, specifici errori di diritto in cui il giudice di merito sia incorso (Cass., 19/04/2013, n. 9582; Cass., 9/7/2025, nn. 18750 e 18751). E, nel caso in esame, il giudice d’appello ha valutato l’avviso come adeguatamente motivato , facendo leva, nell’incipit della motivazione, sulla segnalazione della DP di Lecco. D’altronde, gli stessi ricorrenti riconoscono (v. pag. 28 del ricorso) che l’accertamento si fondava sulla segnalazione interna dalla DP di Lecco alla DP di Milano, la quale richiamava PVC e dichiarazioni a carico dei soggetti terzi dai quali era scaturita la verifica.
In realtà la censura rivela la confusione tra la ‘motivazione’ dell’avviso di accertamento, finalizzata alla conoscenza da parte del contribuente degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto della pretesa tributaria, e la ‘prova’ della pretesa imposi tiva (o della sua infondatezza) che va riferita al documento, quale mezzo da far valere nel processo. Questa Corte ha già sottolineato, d’altronde, che questa distinzione tra piano della motivazione e piano della prova
trova conferma normativa nel novellato art. 7 della l. n. 212 del 2000, che, mentre richiede l’allegazione dell’atto a cui l’avviso si riferisce, sempre che non sia già stato portato a conoscenza dall’interessato o l’avviso ne riproduca il contenuto essenz iale, prevede soltanto l’indicazione dei mezzi di prova, che potranno essere prodotti o acquisiti nell’eventuale processo a seguito dell’impugnazione dell’atto impositivo (Cass. 25/3/2024, n. 8016).
4.1. Quanto, poi, al profilo della censura concernente ‘l’impedimento’ all’accesso occorre richiamare quanto affermato da questa Corte (Cass., 19/07/2021, n. 20436), secondo la quale il diritto di accesso nell’ambito dei procedimenti tributari è consentito nel nostro ordinamento, al tempo dei fatti, nei limiti e alle condizioni previste dall’art. 24, comma 1, lett. b) e comma 2, della legge n. 241 del 1990, ferma la generale previsione di cui al successivo comma 7, secondo il quale: «Deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici» (l’introduzione dell’art. 6 -bis l. 212/00 si deve all’art. 1, comma 1, lett. e) del d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 219).
Sulla questione la CGUE (sentenza 04/06/ 2020, RAGIONE_SOCIALE, in causa C-430/19, § 31 ) ha rilevato che: «Benché le autorità tributarie nazionali non siano soggette ad un obbligo generale di fornire un accesso integrale al fascicolo di cui dispongono né di comunicare d’ufficio i documenti e le informazioni a sostegno della decisione prevista, ciò non toglie che, nei procedimenti amministrativi relativi alla verifica e alla determinazione della base imponibile dell’IVA, un soggetto dell’ordinamento deve avere la possibilità di ricevere in comunicazione, su sua richiesta, le informazioni e i documenti contenuti nel fascicolo amministrativo e presi in considerazione dalla pubblica autorità al fine di adottare la sua decisione, a meno che non
vi siano obiettivi di interesse generale che giustifichino la restrizione dell’accesso a dette informazioni e a detti documenti».
4.2. Come sottolineato da questa Corte (Cass. n. 20436 del 2021), la CGUE ha, tuttavia, posto in risalto che una eventuale violazione non è idonea, di per sé sola, a determinare l’ineludibile annullamento della decisione adottata poiché « il principio di effettività … non esige che una decisione contestata, in quanto adottata in violazione dei diritti della difesa, sia annullata in tutti i casi» potendo ciò derivare «soltanto se, in mancanza di detta irregolarità, il procedimento sarebbe potuto giungere a un risultato diverso » (sentenza RAGIONE_SOCIALE cit. , §§ 35 e 37). Profilo, questo, non introdotto in giudizio.
Inoltre, non può fondare una più circoscritta nozione di effettività, la decisione della CGUE 16/10/2019, RAGIONE_SOCIALE , in C-189/18, che si basa su presupposti in fatto e diritto affatto diversi da quelli qui in rilievo. Come rilevato da questa Corte (Cass., n. 20436 del 2021, cit. ): « L’affermazione della Corte, difatti, si inseriva in un contesto in cui lo stesso diritto di difesa era negato dalla disciplina nazionale in discussione, intesa a tutelare, ma con una latitudine estrema, le esigenze di certezza del diritto. La normativa ivi in giudizio (e la relativa prassi amministrativa), infatti, da un lato, vincolava l’Amministrazione finanziaria alle constatazioni di fatto e alle qualificazioni giuridiche già effettuate nell’ambito di procedimenti amministrativi connessi avviati nei confronti dei fornitori del soggetto passivo; dall’altro, esonerava la stessa dal far conoscere al soggetto passivo gli elementi di prova a suo carico, inclusi quelli tratti dai procedimenti connessi a causa del carattere definitivo delle decisioni così adottate; escludeva, infine, la possibilità per il giudice di riesaminare e mettere in discussione le prove e gli accertamenti già eseguiti. Da ciò, dunque, la necessità
per la Corte di Giustizia di stabilire con nettezza, senza accennare al temperamento della prova di resistenza (in realtà neppure pertinente alla problematica in esame), che l’Amministrazione finanziaria non può essere esonerata dall’obbligo di far conoscere al soggetto passivo gli elementi di prova, compresi quelli provenienti dai procedimenti connessi avviati nei confronti dei suoi fornitori, nonché che il soggetto passivo non può essere privato del diritto di rimettere in discussione utilmente le constatazioni di fatto e le qualificazioni giuridiche compiute dall’Amministrazione nell’ambito dei procedimenti collegati ».
Considerata l’inammissibilità del primo motivo e l’infondatezza del secondo motivo, il ricorso deve essere rigettato, con la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio in favore della controricorrente.
…
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente a pagare in favore della parte controricorrente le spese del presente giudizio, liquidate in Euro 2.410,00, oltre spese prenotate a debito;
a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 29/04/2025.