Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15263 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15263 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5541/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA n. 2947/2021 depositata il 28/07/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
1. La Commissione tributaria regionale della Lombardia ( hinc: CTR), con la sentenza n. 2947/2021 depositata in data 28/07/2021, ha accolto parzialmente l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza n. 96/2019 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Cremona e ha demandato all’amministrazione finanziaria la rideterminazione delle sanzioni, al fine di considerare anche l’annualità 2008 (oggetto di un diverso avviso di accertamento), respingendo per il resto l’appello proposto dalla società contribuente avverso l’avviso di accertamento con il quale , in relazione all’IVA per l’anno d’imposta 2009, era stata effettuata la ripresa per i costi ritenuti non deducibili, in quanto afferenti a operazioni soggettivamente inesistenti.
1.1. La CTR ha ritenuto infondato il motivo di impugnazione proposto dalla società contribuente con il quale veniva eccepita la carenza di motivazione dell’avviso di accertamento per non aver riportato le dichiarazioni dei vettori in ordine alla provenienza delle merci. Ha ritenuto, infatti, che, alla luce della giurisprudenza di legittimità, ai fini della regolarità della motivazione dell’avviso di accertamento non è necessario che siano allegati i verbali prodromici delle verifiche eseguite, a condizione che ne sia riprodotto il contenuto essenziale, come è riscontrabile nel caso in esame, dove è riportata, in modo dettagliato, la descrizione dei recuperi di imposta, con riferimento alla natura di operazioni inesistenti, ai soggetti coinvolti e alle dichiarazioni degli informatori escussi durante le indagini. Si tratta
di elementi riscontrati, sul piano probatorio, dall’amministrazione finanziaria, mediante la produzione, nel giudizio di primo grado, del PVC (con relativi allegati) regolarmente notificato a RAGIONE_SOCIALE e della comunicazione della notizia di reato che riporta le dichiarazioni rese da terzi nel corso delle indagini. Ha richiamato, poi, C. cost. n. 18 del 2000, in merito all’uso nel processo tributario delle dichiarazioni assunte con modalità procedurali definite e che rivestono particolare valore probatorio. Ha rilevato, inoltre, che sono utilizzabili anche le intercettazioni telefoniche.
2.1. La CTR ha, poi, dato riscontro degli elementi che provavano la falsità soggettiva delle fatture, dando rilievo, in particolare, all’inesistenza del fornitore presso il quale RAGIONE_SOCIALE avrebbe acquistato la merce, cioè RAGIONE_SOCIALE, non rinvenuta dalla Guardia di Finanza a seguito di un sopralluogo presso la sede. Tale società avrebbe poi cessato la propria attività sin dal 2007 e, quindi, prima del 2009 (anno interessato dall’emissione delle fatture per operazioni soggettivamente inesistenti), come confermato dal legale rappresentante e dagli ex dipendenti. Questi ultimi, peraltro, hanno anche confermato come RAGIONE_SOCIALE ( hinc: RAGIONE_SOCIALE) non avesse intrattenuto rapporti con RAGIONE_SOCIALE, dato che operava nel settore edile e non in quello del commercio di materiali ferrosi. Sono state, poi, disconosciute sia le fatture asseritamente emesse da tale società che la veridicità della sottoscrizione sulle girate degli assegni che avrebbero dovuto documentare il pagamento delle forniture. Era stato, inoltre, accertato che RAGIONE_SOCIALE non avesse la dotazione dei mezzi necessari per il trasporto del materiale, che risultava formalmente consegnato presso il magazzino di RAGIONE_SOCIALE, a Montichiari. L’amministratore di quest’ultima società aveva disconosciuto la propria sottoscrizione sui documenti di trasporto formalmente
intestati a Mediterranea . L’uso illecito della denominazione di quest’ultima era documentato anche dalle intercettazioni telefoniche nei confronti del legale rappresentante di COGNOME e dalle verifiche bancarie e contabili in atti.
2.2. La CTR ha, poi, ritenuto che l’amministrazione finanziaria avesse fornito le prove della conoscenza da parte del cessionario del carattere soggettivamente inesistente delle fatture. A tal fine ha rilevato come non solo il legale rappresentante di COGNOME RAGIONE_SOCIALE avesse cointeressenze anche in alcune delle altre società coinvolte nell’operazione, ma che anche le intercettazioni telefoniche attestassero come il sig. NOME COGNOME contattasse telefonicamente il personale dei reali fornitori e pagasse in loro favore e in contanti l’importo delle forniture, giungendo al la conclusione che l’appellante avesse direttamente partecipato al sistema simulatorio.
Contro la sentenza della RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso in cassazione con due motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., allegando due sentenze penali di assoluzione, al fine di invocare l’applicazione dell’art. 21 bis d.lgs. n. 74 del 2000.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 56 d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
1.1. La ricorrente denuncia la parte della sentenza impugnata in cui viene affermato che l’avviso di accertamento riproduce il contenuto essenziale. Tuttavia, in nessuno degli atti richiamati è indicato il contenuto delle rogatorie eseguite a San Marino o le dichiarazioni dei vettori. Poiché nell’avviso impugnato e nel PVC gli
elementi non erano riportati, ma solo menzionati, ne conseguiva che l’atto non era motivato, in quanto non riproduceva il contenuto essenziale di tali atti.
1.2. Il motivo è inammissibile, sia perché non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, sia perché tende a ottenere una rivalutazione dei fatti estranea al sindacato di legittimità. La sentenza impugnata -con una valutazione di merito, come tale non oggetto di sindacato da parte di questa Corte -ha rilevato come nel caso di specie l’amministrazione finanziaria avesse adempiuto all’onere di motivazione dell’avviso di accertamento, che riporta, in modo dettagliato, la descrizione dei recupe ri d’imposta con riferimento sia alla natura di operazion inesistenti, sia ai soggetti coinvolti, sia alle dichiarazioni assunte da alcuni soggetti escussi nell’ambito delle indagini.
Con il secondo motivo è stata denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 54 e 19 d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione agli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c.
2.1. La ricorrente evidenzia che nel caso in esame le intercettazioni richiamate, eseguite nel 2013, non provano alcunché in ordine all’anno 2009 e gli ulteriori elementi addotti dall’Agenzia delle Entrate confermavano solo che i beni esistevano e che erano stati ceduti dalla RAGIONE_SOCIALE Mancava, dunque, la prova dell’inesistenza soggettiva della RAGIONE_SOCIALE, in quanto dall’esame degli atti risultava solamente che quest’ultima avesse acquistato in nero.
2.2. Il motivo di ricorso è inammissibile, in quanto non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata che, in conformità agli orientamenti di questa Corte (Cass., 20/04/2018, n. 9851; Cass., 30/10/2018, n. 27566; Cass., 20/07/2020, n. 15369),
ha riscontrato sia il carattere soggettivamente inesistente delle fatture (v. supra, 2.1. in premessa) che della partecipazione della parte appellante, odierna parte ricorrente, al sistema simulatorio (v. supra, 2.2. in premessa).
Occorre, infine, dare atto che le sentenze penali di assoluzione prodotte dalla parte ricorrente, in allegato alla memoria ex art. 378 c.p.c., non assumono rilievo, nel caso di specie, ai sensi e per gli effetti dell’art. 21 bis d.lgs. n. 74 del 2000. Tale norma prevede, infatti, che: « 1. La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi. 2. La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio. 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, limitatamente alle ipotesi di sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, anche nei confronti della persona fisica nell’interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, ovvero nei confronti dell’ente e società, con o senza personalità giuridica, nell’interesse dei quali ha agito il rappresentante o l’amministratore anche di fatto, nonché nei confronti dei loro soci o associati .»
3.1. In particolare, nella sentenza del Tribunale di Taranto n. 977/2023 il capo di imputazione C) -che viene in rilievo in relazione all’impiego di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti in relazione all’anno d’imposta 2009, cioè quello interessato dall’avviso di accertamento impugnato -è stato oggetto di una pronuncia di non doversi procedere per estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Si tratta, quindi, di un’ipotesi non riconducibile all’art.
21 bis, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000, che menziona espressamente la sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso .
L’assoluzione pronunciata in relazione al capo A) – relativo al reato di associazione per delinquere ex art. 416 c.p.c. finalizzata al compimento dei reati indicati nei capi successivi -secondo quanto si legge a pag. 17 della sentenza n. 977/2023 cit. , non si estende ai capi della sentenza interessati dalla prescrizione, tra i quali rientra il capo C), cioè quello riferito alle condotte relative all’uso di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti emesse da RAGIONE_SOCIALE nell’anno d’imposta 2009.
3.2. Con riferimento alla sentenza del Tribunale di Taranto n. 3907/2023, occorre evidenziare come il capo d’imputazione, pur menzionando l’ipotesi delittuosa dell’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, non indica tra le emittenti delle fatture per operazioni inesistenti RAGIONE_SOCIALE e, soprattutto, riguardi una condotta realizzata negli anni 20152016, non riferibile, quindi, all’annualità interessata dall’avviso di accertamento impugnato nella presente sede (2009).
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso è infondato e deve essere rigettato, con la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore del/la controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.300,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 27/03/2025.