Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17539 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17539 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21063/2021 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DEL VENETO n. 84/2021 depositata il 13/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/05/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 17/10/2014 l’Agenzia delle Entrate notificava alla società RAGIONE_SOCIALE due avvisi di accertamento, recanti i nn. T6S030502031/2014 e T6S030502047/2014, rispettivamente relativi agli anni d’imposta 2007 e 2008, con i quali contestava l’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti e l’emissione di fatture di vendita in ambito UE per le quali non era dimostrata l’effettiva esportazione delle relative autovetture.
La contribuente impugnava gli avvisi di accertamento dinanzi alla CTP di Padova, che con sentenza n.325/02/2018 del 23/02/2017, accoglieva il ricorso e conseguentemente annullava gli avvisi di accertamento impugnati.
Avverso tale pronuncia, l’Ufficio proponeva appello dinanzi alla CTR del Veneto, quale, con sentenza n. 84/2021 depositata il 13/01/2021, rigettava l’appello erariale e confermava la sentenza di primo grado.
L’Ufficio propone ora ricorso per cassazione affidato a due motivi. Resiste la contribuente con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 36, secondo comma nn. 2,3 e 4) Dlgs. n. 546/92, in relazione all’art. 360 n. 4) c.p.c., per aver la CTR reso una pronuncia affetta da motivazione apparente, fondata su affermazioni apodittiche, non avendo essa preso in considerazione l’impianto istruttorio fornito dai militari della Guardia di Finanza in relazione alla contestazione
di indebita detrazione d’imposta correlata a fatture per operazioni soggettivamente inesistenti.
Con il secondo motivo di ricorso si adombra la violazione degli artt. 54, 56 e 57 D.P.R. n. 633/1972 e degli artt. 2697 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3) c.p.c., per aver la CTR fatto malgoverno dei principi in tema di ripartizione dell’onere probatorio in ipotesi di operazioni inesistenti.
Il primo motivo è infondato.
La sentenza d’appello lascia cogliere, infatti, la propria ratio decidendi.
Questa Corte ha incisivamente affermato che ‘ In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi -che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza -di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia ‘ (Cass. n. 23940 del 2017; Cass. n. 22598 del 2018; Cass. n. 7090 del 2022).
Il mezzo di ricorso è, in altri termini, infondato perché l’apparenza della motivazione postula che il fondamento della decisione appaia non percepibile, in quanto recante argomentazioni obbiettivamente
inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. n. 21302 del 2022; Cass. n. 6758 del 2022).
La decisione impugnata assolve in misura adeguata al requisito di contenuto richiesto dalle disposizioni di legge di cui il ricorso lamenta la violazione, attesa l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, sufficiente ad evidenziare il percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione Nella specie, la soglia del ‘minimo costituzionale’ richiesto ai fini della sussistenza e/o non apparenza della motivazione della sentenza non è infranta.
Il secondo motivo è, invece, fondato.
Sono del tutto obliterati, infatti, gli elementi di matrice presuntiva indicati dall’Agenzia in costanza di giudizio e riportati alle pagine da 11 a 14 del ricorso per cassazione.
Il giudice d’appello si è posto in urto frontale, in tal modo, con il quadro dei principi nomofilattici in tema di operazioni soggettivamente inesistenti.
In particolare, ad essere stato travolto è il principio ormai consolidato per cui, ove vengano contestate al contribuente operazioni soggettivamente inesistenti, l’Amministrazione finanziaria può assolvere all’onere di provare l’oggettiva fittizietà del fornitore e la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici (Cass. n. 9851 del 2018; Cass. n. 9588 del 2019; Cass. n. 24471 del 2022).
In altri termini, la prova dell’inesistenza soggettiva è suscettibile d’essere raggiunta qualora l’Amministrazione fornisca attendibili indizi, idonei ad integrare una presunzione semplice, come prevede per l’IVA l’art. 54, comma 2, d.P.R. n. 633 del 1972 (v. Cass. n.
14237 del 2017; Cass. n. 20059 del 2014; 8 Cass. n. 10414 del 2011; Corte Giust. Kittel, C-439/04; Corte Giust. COGNOME e NOME, C-80/11 e C-142/11).
Questa Corte ha osservato ancor di recente che ‘ In particolare, la mancanza di struttura e di logistica divengono profilo sintomatico della fittizietà delle operazioni sul piano soggettivo. In questo quadro, il giudice regionale ha fatto rigorosa applicazione dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità nel versante di riferimento. In tema di detrazione dell’IVA, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti l’amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, anche in via indiziaria, non solo che il fornitore era fittizio, ma anche che il destinatario era consapevole, disponendo di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto, che l’operazione era finalizzata all’evasione dell’imposta, essendo sostanzialmente inesistente il contraente; incombe, invece, sul contribuente la prova contraria di aver agito nell’assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi ‘ (Cass. n. 24471 del 2022). Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini della detrazione dell’IVA, ‘ l’Amministrazione finanziaria, la quale contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta; la prova della consapevolezza dell’evasione richiede che l’Amministrazione finanziaria dimostri, in base ad
elementi oggettivi e specifici non limitati alla mera fittizietà del fornitore, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale, ossia che egli disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente; incombe sul contribuente la prova contraria di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi’ (Cass. n. 9851 del 2018, alla cui motivazione integralmente si rimanda; conf., tra le tante, Cass. n. 11873 del 2018; Cass. n. 17619 del 2018; Cass. n. 15369 del 2020) .
Ancora, questa Corte ha condivisibilmente affermato che ‘ In tema di detrazione dell’IVA, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti l’ ‘amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, anche in via indiziaria, non solo che il fornitore era fittizio, ma anche che il destinatario era consapevole, disponendo di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto, che l’operazione era finalizzata all’evasione dell’imposta, essendo sostanzialmente inesistente il contraente; incombe, invece, sul contribuente la prova contraria di aver agito nell’assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la
mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi ‘ (Cass. n. 24471 del 2022).
In ultima analisi, va accolto il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo. La sentenza di merito va cassata e la causa rinviata, per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Veneto in diversa composizione.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo del ricorso e rigetta il primo motivo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa, per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Veneto in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 15/05/2025.