LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Fatture inesistenti: l’onere della prova del Fisco

Una società impugna un avviso di accertamento per fatture inesistenti. La Cassazione conferma che se l’Agenzia delle Entrate dimostra, anche con presunzioni, che il fornitore è una ‘cartiera’, spetta al contribuente provare l’effettiva esistenza dell’operazione, non bastando la sola fattura.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Fatture Inesistenti: Quando l’Onere della Prova Ricade sul Contribuente?

La gestione delle fatture inesistenti rappresenta una delle sfide più complesse nel diritto tributario, con importanti conseguenze per le imprese che, anche in buona fede, si trovano coinvolte. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: la ripartizione dell’onere della prova tra Fisco e contribuente quando viene contestata la realtà di un’operazione commerciale. La decisione sottolinea come, in presenza di specifici indizi, spetti all’impresa dimostrare l’effettiva esistenza della prestazione ricevuta.

Il Caso: Un Accertamento Fiscale per Operazioni Fittizie

Una società si è vista notificare un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate per il recupero di Irap e Iva relative all’anno 2010. La contestazione nasceva dal sospetto che la società avesse intrattenuto rapporti commerciali con un’impresa individuale risultata, a seguito di verifiche della Guardia di Finanza, priva di un’effettiva struttura aziendale e quindi inaffidabile.

L’Amministrazione Finanziaria ha ritenuto che le operazioni fatturate da tale fornitore fossero oggettivamente inesistenti. Dopo un iter giudiziario che ha visto inizialmente l’accoglimento del ricorso del contribuente in primo grado, la Corte Tributaria di secondo grado ha ribaltato la decisione, dando ragione all’Agenzia delle Entrate. La questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, con la società che lamentava la violazione delle norme sull’accertamento delle imposte in materia di fatture inesistenti.

La Decisione della Corte di Cassazione sulle Fatture Inesistenti

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società, confermando la legittimità dell’operato dell’Agenzia delle Entrate e della sentenza di secondo grado. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: l’inversione dell’onere della prova in presenza di indizi gravi, precisi e concordanti che suggeriscano la natura fittizia delle operazioni.

Le Motivazioni: La Ripartizione dell’Onere della Prova

Il cuore della decisione risiede nella spiegazione di come funziona l’onere della prova in questi casi. La Corte ha chiarito che l’Amministrazione Finanziaria può basare il proprio accertamento anche su prove presuntive per dimostrare che le operazioni contestate non sono mai avvenute.

Nello specifico, se il Fisco fornisce elementi oggettivi e specifici che fanno ritenere il fornitore una cosiddetta “società cartiera” (ad esempio, dimostrando l’assenza di una struttura aziendale autonoma), l’onere di provare la reale esistenza e la correttezza delle operazioni si sposta interamente sul contribuente che ha utilizzato le fatture.

La Corte ha inoltre precisato che, per assolvere a tale onere, non è sufficiente esibire la fattura formalmente corretta, né dimostrare la regolarità delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento utilizzati. Questi elementi, infatti, vengono di regola predisposti proprio per creare un’apparenza di realtà a un’operazione fittizia. Il contribuente deve quindi fornire prove concrete e sostanziali che attestino l’effettiva esecuzione della prestazione, come documenti di trasporto, stati di avanzamento lavori, corrispondenza commerciale o qualsiasi altro elemento idoneo a dimostrare che l’operazione è realmente avvenuta.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

Questa ordinanza rafforza un importante monito per tutte le imprese: la necessità di esercitare la massima diligenza nella scelta dei propri partner commerciali. Verificare l’affidabilità e la struttura operativa di un fornitore non è solo una buona pratica gestionale, ma una cautela indispensabile per proteggersi dal rischio di vedersi contestare la deducibilità dei costi e la detraibilità dell’IVA. In caso di accertamento per fatture inesistenti, la sola contabilità formalmente ineccepibile non sarà sufficiente a difendere le proprie ragioni. Sarà cruciale poter dimostrare, con prove tangibili, che dietro ogni fattura c’è stata una reale e concreta operazione economica.

Chi deve provare che le operazioni sono reali se il fornitore è una “società cartiera”?
Una volta che l’Amministrazione Finanziaria fornisce elementi presuntivi per dimostrare che il fornitore è una società fittizia (cartiera), l’onere di provare l’effettiva esistenza delle operazioni commerciali ricade interamente sul contribuente che ha registrato le fatture.

È sufficiente mostrare la fattura e la prova del pagamento per dimostrare l’esistenza di un’operazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’esibizione della fattura, la regolarità formale delle scritture contabili o i mezzi di pagamento non sono considerati prove sufficienti, in quanto questi elementi vengono tipicamente utilizzati proprio per far apparire reale un’operazione fittizia.

L’Agenzia delle Entrate deve avere la prova certa che un’operazione non è avvenuta per poterla contestare?
No, l’Agenzia delle Entrate può dimostrare l’inesistenza delle operazioni anche attraverso presunzioni semplici, purché basate su elementi oggettivi e specifici. Ad esempio, la dimostrazione che l’impresa fornitrice è priva di un’autonoma struttura aziendale è un valido elemento presuntivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati