LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Fatture Inesistenti: la Cassazione sulla prova dell’IVA

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito che negava la detrazione IVA a una società immobiliare per fatture inesistenti emesse da una società interposta. L’Amministrazione Finanziaria ha fornito prove indiziarie della frode, e il contribuente non è riuscito a dimostrare l’effettività delle operazioni. Il ricorso, basato su un’errata valutazione dell’onere della prova e sull’omesso esame di un fatto, è stato rigettato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Fatture Inesistenti: Quando l’Onere della Prova Ricade sul Contribuente

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale in materia fiscale: la detrazione dell’IVA in presenza di fatture inesistenti. La decisione analizza in dettaglio la ripartizione dell’onere della prova tra Amministrazione Finanziaria e contribuente, specialmente nei casi in cui si sospetta l’utilizzo di una società schermo per realizzare una frode fiscale. Questo caso offre spunti fondamentali per comprendere i rischi e le responsabilità delle imprese nella gestione dei rapporti con i fornitori.

Il Contesto: Una Frode Fiscale nel Settore Edile

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato a una società immobiliare, con cui l’Agenzia delle Entrate recuperava l’IVA relativa all’anno d’imposta 2015. L’accusa era di aver detratto l’imposta su fatture per lavori edili emesse da un’altra società, ritenute oggettivamente inesistenti.

Secondo la ricostruzione dell’Amministrazione Finanziaria, la società fornitrice fungeva da mero “soggetto interposto” o società schermo. Questa, a sua volta, subappaltava i lavori ad altre imprese senza però pagarle. Il meccanismo fraudolento permetteva alla società immobiliare di detrarre l’IVA su prestazioni mai eseguite dalla sua diretta controparte contrattuale e, di fatto, mai pagate ai reali esecutori.

L’Agenzia ha fornito una serie di elementi indiziari a supporto della propria tesi:
* Una stretta connessione tra le due società (stessi soggetti gestori, stesso rappresentante legale, medesimi locali operativi).
* Quote sociali della società immobiliare detenute dai familiari degli amministratori di fatto.
* Omissione delle dichiarazioni fiscali da parte di entrambe le società per gli anni 2015 e 2016.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado avevano dato ragione al Fisco, confermando l’indetraibilità dell’IVA.

La Decisione della Cassazione e le Fatture Inesistenti

La società immobiliare ha impugnato la sentenza di secondo grado dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il proprio ricorso su due motivi principali, entrambi respinti dai giudici di legittimità.

Il Primo Motivo: L’Onere della Prova nelle Operazioni Inesistenti

La ricorrente lamentava una violazione di legge, sostenendo che il giudice di merito avesse erroneamente applicato le norme sulla detraibilità dell’IVA, confondendo l’inesistenza oggettiva (prestazione mai avvenuta) con quella soggettiva (prestazione avvenuta ma da un soggetto diverso da quello che ha emesso la fattura). A suo dire, non era stata valutata correttamente la ripartizione dell’onere della prova.

La Cassazione ha dichiarato questo motivo inammissibile, ribadendo un principio consolidato: una volta che l’Amministrazione Finanziaria fornisce elementi indiziari gravi, precisi e concordanti sull’inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente dimostrare l’effettiva esistenza delle stesse. Non è sufficiente, a tal fine, esibire la fattura o la prova della regolarità contabile e dei pagamenti, poiché questi elementi sono spesso utilizzati proprio per mascherare un’operazione fittizia.

Il Secondo Motivo: L’Omesso Esame di un Fatto Decisivo

Con il secondo motivo, la società denunciava l’omesso esame di presunti errori di calcolo commessi dal giudice di primo grado sull’ammontare dell’IVA detraibile. Anche questo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha applicato il principio della cosiddetta “doppia conforme”, previsto dall’art. 348-ter c.p.c. Tale norma impedisce il ricorso in Cassazione per vizi di motivazione sui fatti quando le decisioni di primo e secondo grado giungono alla medesima conclusione, a meno che il ricorrente non dimostri che le ragioni di fatto alla base delle due sentenze siano diverse. In questo caso, tale dimostrazione non è stata fornita.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha ritenuto che il giudice di appello avesse correttamente applicato i principi giuridici in materia. Ha dato rilievo agli indizi forniti dall’Ufficio, come la commistione tra le due società e il ruolo di società schermo della fornitrice, la quale non aveva mai eseguito direttamente le prestazioni né aveva rapporti con i terzi subappaltatori. Le somme versate dalla società immobiliare alla sua fornitrice non rappresentavano costi reali, ma pagamenti fittizi finalizzati all’indebita detrazione dell’IVA. Di conseguenza, l’imposta relativa a tali fatture non poteva essere detratta.

I giudici hanno chiarito che il ricorso della società, pur mascherato da denuncia di violazione di legge, mirava in realtà a ottenere una nuova e non consentita valutazione dei fatti, trasformando il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce la severità con cui l’ordinamento giuridico tratta i casi di utilizzo di fatture inesistenti. La decisione sottolinea due aspetti fondamentali per le imprese:
1. L’importanza della due diligence sui fornitori: le aziende devono prestare la massima attenzione nella scelta dei propri partner commerciali, verificandone l’effettiva struttura operativa e capacità di eseguire le prestazioni.
2. La solidità dell’onere probatorio: in caso di contestazione da parte del Fisco basata su solidi indizi di frode, non basta la documentazione formale (fatture, pagamenti) per difendersi. È necessario essere in grado di dimostrare con prove concrete e sostanziali l’effettiva esecuzione della prestazione da parte del soggetto che ha emesso la fattura. La sentenza conferma che la lotta all’evasione IVA passa anche attraverso una rigorosa valutazione della sostanza economica delle operazioni, al di là della loro apparenza formale.

Quando l’onere di provare l’esistenza di un’operazione fatturata passa al contribuente?
L’onere della prova passa al contribuente quando l’Amministrazione Finanziaria ha fornito elementi indiziari sufficienti a dimostrare l’oggettiva inesistenza delle operazioni fatturate. A quel punto, spetta al contribuente provare l’effettiva esistenza delle prestazioni ricevute.

È sufficiente esibire la fattura e la prova del pagamento per dimostrare l’effettività di un’operazione contestata dal Fisco?
No, secondo la Corte non è sufficiente. L’esibizione della fattura, la sua registrazione contabile e la dimostrazione dei mezzi di pagamento non sono considerate prove sufficienti, in quanto tali elementi vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia.

Cosa significa “doppia conforme” e come ha influito su questo caso?
La “doppia conforme” è un principio processuale che si applica quando le sentenze di primo e secondo grado arrivano alla stessa conclusione sui fatti del caso. In tale situazione, è precluso il ricorso in Cassazione per vizi di motivazione sui fatti. In questo caso, ha reso inammissibile il secondo motivo di ricorso, poiché il ricorrente non ha dimostrato che le ragioni di fatto delle due sentenze fossero diverse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati