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Fatture inesistenti e onere della prova in Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21926/2024, ha chiarito la ripartizione dell’onere della prova in caso di contestazione di fatture inesistenti. L’Agenzia delle Entrate può dimostrare la fittizietà delle operazioni tramite presunzioni gravi, precise e concordanti. Una volta fornita tale prova indiziaria, spetta al contribuente dimostrare l’effettiva esistenza e inerenza delle operazioni contestate. La Corte ha cassato la decisione di merito che aveva erroneamente richiesto prove dirette, annullando la sentenza e rinviando il caso per un nuovo esame basato sulla corretta valutazione complessiva degli indizi.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Fatture Inesistenti: la Cassazione Ribadisce le Regole sull’Onere della Prova

La recente sentenza n. 21926/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla gestione e la contestazione delle fatture inesistenti in ambito tributario. Questo pronunciamento chiarisce in modo definitivo come si distribuisce l’onere della prova tra Amministrazione Finanziaria e contribuente, sottolineando la piena validità della prova presuntiva per dimostrare l’esistenza di una frode fiscale. Il caso analizzato riguarda una società vinicola a cui era stata contestata la detrazione dell’IVA su acquisti di mosto ritenuti fittizi.

I Fatti del Caso

L’Agenzia delle Entrate aveva emesso un avviso di accertamento nei confronti di un’azienda vinicola per l’anno d’imposta 2004. La contestazione riguardava la detrazione di IVA per un importo significativo, derivante da fatture per l’acquisto di mosto. Secondo l’Amministrazione, tali operazioni non erano mai avvenute. Le indagini, scaturite da un procedimento penale, avevano rivelato un complesso schema fraudolento: la società contribuente avrebbe ricevuto fatture da una ‘società filtro’, la quale a sua volta si avvaleva di ‘società cartiere’ (o ‘missing traders’) che emettevano documenti per operazioni inesistenti.

Dal Giudizio di Merito al Ricorso in Cassazione

Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale aveva respinto il ricorso dell’azienda. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva ribaltato la decisione, accogliendo l’appello della società. La motivazione della CTR si basava sulla presunta insufficienza delle prove fornite dall’Agenzia. I giudici di secondo grado ritenevano che, per dimostrare la fittizietà delle operazioni, l’Ufficio avrebbe dovuto produrre in giudizio elementi di prova diretti menzionati in un’ordinanza cautelare penale, come dichiarazioni testimoniali e intercettazioni telefoniche. In assenza di tali elementi, la CTR aveva concluso che l’impianto accusatorio si fondasse solo su una ‘verosimiglianza’, non su prove concrete.

Il Principio di Diritto sulle Fatture Inesistenti e la Prova Presuntiva

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando con rinvio la sentenza della CTR. I giudici supremi hanno ribadito un orientamento consolidato: in materia di fatture inesistenti, l’Amministrazione Finanziaria può assolvere il proprio onere probatorio anche attraverso presunzioni semplici, purché siano ‘gravi, precise e concordanti’, come previsto dall’art. 2729 del codice civile.

Questo significa che non è necessaria una prova diretta e ‘storica’ della frode. L’Ufficio può costruire la prova attraverso un insieme di elementi indiziari (ad esempio, l’assenza di una struttura operativa adeguata da parte del fornitore, le modalità di pagamento anomale, i legami tra le società coinvolte) che, valutati nel loro complesso, portano logicamente a ritenere che le operazioni non siano mai avvenute. Una volta che l’Amministrazione ha fornito questo quadro presuntivo, l’onere della prova si sposta sul contribuente. Sarà quest’ultimo a dover dimostrare, con prove concrete, l’effettiva esistenza delle operazioni e la loro inerenza all’attività d’impresa, non essendo sufficiente la mera esibizione della fattura e la prova del pagamento.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha censurato duramente l’approccio dei giudici di secondo grado. L’errore della CTR è stato quello di aver valutato gli indizi in modo ‘atomistico’ e frammentato, invece di considerarli in una prospettiva d’insieme. La CTR ha preteso una prova diretta (le dichiarazioni e le intercettazioni), declassando erroneamente tutti gli altri elementi indiziari a mera ‘verosimiglianza’. Secondo la Cassazione, il giudice di merito deve prima analizzare i singoli indizi per valutarne la potenziale rilevanza e, successivamente, procedere a una valutazione complessiva per verificare se la loro combinazione sia in grado di fornire una prova presuntiva valida e coerente. Limitarsi a negare valore agli indizi perché singolarmente non decisivi, senza considerarne la forza probatoria combinata, costituisce una violazione delle norme sulla prova presuntiva.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza riafferma che la lotta alle frodi basate su fatture inesistenti si fonda sulla validità della prova logico-indiziaria. Per l’Amministrazione Finanziaria è sufficiente presentare un quadro di indizi gravi, precisi e concordanti per dimostrare la fittizietà delle operazioni. A quel punto, la palla passa al contribuente, che non può limitarsi a difese formali ma deve fornire prove concrete e sostanziali della realtà economica delle transazioni contestate. Questa decisione serve da monito per le imprese, che devono prestare massima attenzione alla scelta dei propri partner commerciali e conservare documentazione idonea a dimostrare, al di là di ogni dubbio, la genuinità delle operazioni effettuate.

L’Amministrazione Finanziaria deve fornire prove dirette per contestare fatture inesistenti?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’Amministrazione può assolvere il proprio onere probatorio anche attraverso presunzioni semplici, ossia tramite una prova logica o indiretta, purché gli indizi siano gravi, precisi e concordanti.

Cosa deve fare il contribuente quando l’Agenzia delle Entrate presenta indizi di fatture inesistenti?
Quando l’Agenzia fornisce un quadro presuntivo solido, l’onere della prova si inverte e passa al contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare l’effettiva esistenza e l’inerenza all’attività d’impresa delle operazioni contestate. La sola esibizione della fattura e la prova del pagamento non sono considerate sufficienti.

Come deve valutare il giudice gli indizi presentati dall’Amministrazione Finanziaria?
Il giudice non deve valutare gli indizi in modo isolato o ‘atomistico’, ma deve effettuare una valutazione complessiva e sintetica di tutti gli elementi presuntivi. Deve accertare se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, anche se singolarmente potrebbero non essere decisivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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