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Fatture Inesistenti: Cassazione sulla Prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32301/2024, ha rigettato il ricorso di una società contro un avviso di accertamento per l’utilizzo di fatture inesistenti. La Corte ha confermato importanti principi sull’onere della prova in capo all’Agenzia delle Entrate per dimostrare la consapevolezza del contribuente nella frode IVA, sulla validità della notifica di atti digitali in copia cartacea e sulla sufficienza della motivazione “per relationem” quando l’atto richiamato è già noto al contribuente.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Fatture Inesistenti: la Cassazione Definisce l’Onere della Prova

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il delicato tema delle fatture inesistenti, chiarendo aspetti cruciali riguardo la validità della notifica degli atti fiscali, la motivazione degli accertamenti e, soprattutto, l’onere della prova a carico dell’Amministrazione Finanziaria per dimostrare la frode IVA. La decisione offre importanti spunti di riflessione per imprese e professionisti sulla necessità di adottare la massima diligenza nelle operazioni commerciali per non rimanere coinvolti, anche inconsapevolmente, in meccanismi fraudolenti.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un avviso di accertamento notificato a una società, con cui l’Agenzia delle Entrate contestava, per l’anno d’imposta 2014, l’indebita detrazione IVA e l’emissione di fatture per operazioni ritenute sia soggettivamente che oggettivamente inesistenti. Secondo l’Amministrazione, la società aveva maturato un ingente credito IVA attraverso la contabilizzazione di fatture passive da un fornitore italiano e l’emissione di fatture attive verso un cliente spagnolo, tutte relative a operazioni fittizie. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano respinto i ricorsi della società, confermando la legittimità dell’accertamento. La società ha quindi proposto ricorso in Cassazione, basandolo su cinque distinti motivi.

I Motivi del Ricorso e le Fatture Inesistenti

Il contribuente ha contestato la decisione dei giudici di merito lamentando diversi vizi procedurali e di merito. In particolare:

1. Vizio di notifica: La copia cartacea dell’avviso di accertamento, estratta da un originale informatico, non specificava la qualifica del funzionario che ne attestava la conformità.
2. Violazione del contraddittorio: Si lamentava la mancata instaurazione del contraddittorio preventivo da parte dell’Ufficio.
3. Difetto di motivazione: L’accertamento era motivato per relationem con rinvio a un processo verbale di constatazione (PVC) relativo a un terzo soggetto, non allegato all’atto.
4. Errata applicazione delle presunzioni: La CTR avrebbe fatto un “malgoverno” delle norme sulle presunzioni legali.
5. Mancata prova della consapevolezza: L’Agenzia non avrebbe provato la consapevole partecipazione del contribuente al disegno fraudolento.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti su ciascuno dei punti sollevati. Per quanto riguarda la notifica, i giudici hanno ribadito che la copia analogica di un atto informatico è valida se un pubblico ufficiale ne attesta la conformità all’originale. La contestazione di tale conformità può avvenire solo tramite querela di falso.

Sul contraddittorio, è stato confermato che la sua mancata instaurazione, in tema di accertamento con adesione, non comporta la nullità dell’atto impositivo, non essendo tale sanzione prevista dalla legge.

Anche il motivo sul difetto di motivazione è stato respinto. La Corte ha precisato che la motivazione per relationem è legittima se l’atto richiamato è già noto o facilmente conoscibile dal contribuente, come nel caso di un PVC a lui notificato. L’Amministrazione non è tenuta ad allegare documenti di cui il contribuente ha già la legale conoscenza.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della decisione risiede nell’analisi sull’onere della prova in materia di fatture inesistenti. La Corte ha distinto nettamente due scenari.

Per le operazioni oggettivamente inesistenti (quelle mai avvenute), è sufficiente che l’Amministrazione Finanziaria provi, anche tramite presunzioni, che l’operazione non è mai stata posta in essere. In questo caso, non è configurabile la buona fede del contribuente, il quale sa perfettamente se ha ricevuto o meno un bene o un servizio.

Per le operazioni soggettivamente inesistenti (quelle intercorse tra soggetti diversi da quelli indicati in fattura), l’onere probatorio dell’Agenzia è più complesso. L’Ufficio deve dimostrare non solo la fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario della fattura che l’operazione si inseriva in un’evasione d’imposta. Tale prova può essere fornita attraverso elementi oggettivi e specifici, anche in via presuntiva, che dimostrino che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza, della sostanziale inesistenza della controparte.

Una volta che l’Amministrazione ha fornito tali elementi presuntivi (nel caso di specie, amministratori “prestanome”, assenza di struttura aziendale, mancate dichiarazioni fiscali), l’onere si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve provare di aver agito con la massima diligenza esigibile da un operatore accorto per non essere coinvolto nella frode, e la mera regolarità formale della contabilità e dei pagamenti non è sufficiente a tal fine.

Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un orientamento consolidato, sottolineando la centralità della diligenza dell’imprenditore. Per difendersi dalle contestazioni di utilizzo di fatture inesistenti, specialmente quelle soggettive, non basta dimostrare di aver pagato e registrato la fattura. È necessario dimostrare di aver adottato tutte le cautele ragionevoli per verificare l’affidabilità e la reale esistenza della propria controparte commerciale. La decisione serve da monito: nel dubbio, un’operazione conveniente sulla carta può trasformarsi in un contenzioso tributario oneroso se non supportata da adeguate verifiche preventive.

Quando è valida la notifica di una copia cartacea di un atto digitale?
La notifica è valida se la conformità della copia cartacea all’originale informatico è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. L’eventuale contestazione sulla conformità deve essere promossa attraverso lo strumento della querela di falso.

Cosa deve provare l’Agenzia delle Entrate in caso di fatture soggettivamente inesistenti?
L’Agenzia deve provare, anche tramite presunzioni basate su elementi oggettivi e specifici, non solo che il fornitore indicato in fattura è fittizio, ma anche che il destinatario della fattura sapeva o avrebbe dovuto sapere, usando l’ordinaria diligenza, di essere parte di un meccanismo di evasione fiscale.

Un avviso di accertamento è nullo se non allega l’atto a cui fa riferimento nella motivazione?
No, non è nullo se l’atto richiamato (ad esempio, un processo verbale di constatazione) era già stato portato a conoscenza del contribuente o era comunque a sua disposizione. La motivazione ‘per relationem’ è valida se il contribuente è già in possesso degli elementi per comprendere appieno le ragioni della pretesa fiscale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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