Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13362 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13362 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5603/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME effettivamente domiciliata presso l’avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 5862/14/2021, depositata il 13 luglio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-In data 11 ottobre 2017, l’Agenzia delle entrate notificava alla RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento n. TF7030402090/2017 relativo all’anno 2015 , con cui accertava l’indebita detrazione di costi riferibili a fatture per operazioni inesistenti. In particolare, all’esito dell’attività d’indagine effettuata dalla Guardia di Finanza di Aversa , emergeva che le fatture emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE venivano utilizzate e contabilizzate dalla RAGIONE_SOCIALE
La società impugnava l’avviso di accertamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Caserta che, con sentenza n. 3119/18 del 26 giugno 2018, rigettava il ricorso e confermava l’operato dell’Ufficio.
-Avverso tale pronuncia la società proponeva appello.
La Commissione tributaria regionale della Campania, con sentenza n. 5862/2021 depositata il 13 luglio 2021, ha rigettato l’appello.
-La contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-In via preliminare vanno respinte le eccezioni di inammissibilità dell’intero ricorso, giacché la lettura dei motivi di impugnazione, pur non sempre agevole in ragione della tecnica espositiva, consente comunque di comprendere le questioni portate all’attenzione di questa Corte, potendo l’inosservanza dei principi di chiarezza e sinteticità espositiva condurre a una declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione soltanto quando si risolva in una esposizione oscura o lacunosa dei fatti di causa o pregiudichi
l’intelligibilità delle censure mosse alla sentenza gravata, così violando i requisiti di contenuto-forma stabiliti dai n. 3 e 4 dell’art. 366 c.p.c. (Cass., Sez. III, 13 febbraio 2023, n. 4300; Cass., Sez. Un., 30 novembre 2021, n. 37552).
2. -Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., 57 d.lgs. 546/1992 in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 4 e 5 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale qualificato come nova in appello i motivi relativi alla contestazione dei presupposti per il recupero a tassazione dei costi pur trattandosi di fatture da considerarsi soggettivamente inesistenti, motivi ritenuti inammissibili e comunque escludendone l’esame .
2.1. -Il motivo è inammissibile.
Nel giudizio tributario è inammissibile la deduzione, nella memoria ex art. 32 del d.lgs. n. 546 del 1992, di un nuovo motivo di illegittimità dell’avviso di accertamento – nella specie, relativo all’erroneo utilizzo nell’atto impositivo del metodo induttivo in luogo di quello analitico – in quanto il contenzioso tributario ha un oggetto rigidamente delimitato dai motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo dedotti col ricorso introduttivo, i quali costituiscono la “causa petendi” entro i cui confini si chiede l’annullamento dell’atto e la cui formulazione soggiace alla preclusione stabilita dall’art. 24, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 (Cass., Sez. V, 24 luglio 2018, n. 19616; Cass., Sez. V, 24 ottobre 2014, n. 22662).
Al di là del profilo dell ‘ inammissibilità della deduzione di nuovi motivi di appello non proposti col ricorso introduttivo, difettano di adeguata specificità le deduzioni in merito al richiamo ai profili riguardanti l’inesistenza soggettiva della fatturazione, in relazione agli atti difensivi in primo e in secondo grado, sia riguardo l’avviso di accertamento, avendo la Commissione tributaria regionale
escluso che l’eccezione in questione sia stata sollevata nel ricorso presentato in primo grado.
In secondo luogo, il motivo presenta una pluralità di censure non conciliabili tra loro, riguardanti sia l’omessa pronuncia sia l’omesso esame di elementi istruttori , sia la violazione di legge riguardante l’onere della prova in merito a operazioni soggettivamente inesistenti. In tema di ricorso per cassazione, i motivi d’impugnazione, se prospettano una pluralità di questioni precedute dalla elencazione unitaria delle norme violate, sono inammissibili, in quanto costituiscono una negazione della regola della chiarezza e richiedono un intervento della S.C. volto a enucleare dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate censure (Cass., Sez. V, 6 novembre 2024, n. 28541).
3. -Con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., art. 116 c.p.c. , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale valorizzato esclusivamente gli indici presuntivi forniti dall’Amministrazione, obliterando gli elementi probatori offerti dalla ricorrente specie in punto di effettività dei costi sostenuti. La sentenza, erroneamente leggendo gli atti, si appiattirebbe sugli indizi inerenti la solo attività del fornitore, facendo valere una sorta di responsabilità oggettiva, nonostante la prova data anche con la perizia e con altri documenti e sentenze relative al medesimo fornitore che i costi sono stati sostenuti in un quadro indiziario che vede la ricorrente del tutto estranea.
3.1. -Il motivo è inammissibile.
È inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità
in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass., Sez. VI3, 4 aprile 2017, n. 8758).
Nel caso di specie, a fronte di un ‘ipotesi di “doppia conforme”, pur prospettando una violazione dell’art. 2697 c.c., in realtà la parte ricorrente tende a una nuova interpretazione di questioni di mero fatto. La Commissione tributaria regionale, lungi dal richiamare semplicemente la pronuncia di prime cure, ha esaminato gli indizi gravi e concordanti che hanno condotto a ritenere inesistenti le operazioni oggetto del contenzioso (carattere fittizio della società che impediva qualunque attività d’impresa, alla luce delle indagini di polizia giudiziaria e del successivo sopralluogo; elementi tratti dalle intercettazioni penali che escludono un’ordinaria attività di impresa, riguardanti operazioni di restituzione delle somme bonificate dalle aziende, detratta la percentuale per l’operato di RAGIONE_SOCIALE; presenza di fatture successive alla verifica; assenza di rilievo di mere dichiarazioni sostitutive rese dai dipendenti della contribuente, a fronte del quadro probatorio emerso; assenza di rilievo determinante della perizia depositata in atti, non riscontrandosi in essa l’effettivo acquisto o la ricezione di materiali).
4. -Con il terzo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 109 d.P.R. 917/1986, 14, comma 4 bis, l. 537/1993, 8 d.l. 16/12, 53 Cost. in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3 e 5 c.p.c., per non aver la Commissione tributaria regionale considerato la circostanza decisiva relativa all’effettività dei costi sostenuti, escludendone la deducibilità in violazione della normativa di riferimento.
4.1. -Il motivo è inammissibile.
Nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348ter , comma 5, c.p.c., il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. è inammissibile se non indica le ragioni
di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass., Sez. III, 28 febbraio 2023, n. 5947).
Oltre ai limiti di sindacato di legittimità derivanti da una pronuncia conforme sia in primo sia in secondo grado in merito dell’accertamento compiuto (deduzione peraltro generica circa l’omesso esame del fatto costituito dall’effettivo impiego delle opere, dei materiali e dei mezzi noleggiati per la realizzazione delle opere edilizie dalle quali la ricorrente ha tratto ricavi nell’anno 2015) e dell ‘ inammissibilità dei profili concernenti il carattere soggettivamente inesistente delle operazioni, ritenuti oggetto di una nuova contestazione, come già in precedenza evidenziato, la motivazione ha ritenuto oggettivamente inesistenti i costi in questione, per cui alcuna violazione delle norme richiamate risulta compiuta.
5. -Con il quarto motivo si contesta la violazione degli artt. 132 n. 2 c.p.c., 36, comma 2, d.lgs. 546/1992, 111, comma 6, Cost., in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 4 e 5 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale reso una pronuncia con motivazione meramente apparente, che non consente di comprendere l’iter logico che ha condotto i giudici a escludere l’efficacia probatoria della perizia e della documentazione allegata dal contribuente tesa a dimostrare l’effettività dei costi sostenuti.
5.1. -Il motivo è infondato.
In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola
verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. III, 15 febbraio 2024, n. 4166; Cass., Sez. III, 3 marzo 2022, n. 7090).
Nel caso di specie, non sussiste alcuna lesione del minimo costituzionale, avendo la Commissione tributaria regionale esplicitato le ragioni che hanno condotto alla conferma della pronuncia di primo grado, come già evidenziato nell’esame dei motivi precedenti.
-Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1bis , del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.200,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 marzo 2025.