Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27548 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27548 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 23/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25574/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIOCOGNOMEAVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE) in virtù di procura speciale allegata al ricorso, elettivamente domiciliata presso il domicilio digitale PEC del difensore
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura
Oggetto: tributi operazioni soggettivamente e oggettivamente inesistenti
Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della CGT di secondo grado del Lazio, n. 2980/01/23 depositata in data 18 maggio 2023 nella camera
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME di consiglio del l’8 ottobre 2024.
RILEVATO CHE
La società contribuente RAGIONE_SOCIALE ha separatamente impugnato due avvisi di accertamento, relativi ai periodi di imposta 2013 e 2015, con i quali -a seguito di PVC -veniva contestata alla società contribuente la partecipazione a una frode finalizzata all’evasione di imposte dirette e di IVA , con conseguente recupero di IVA, IRAP, IVA, oltre sanzioni e accessori. In particolare, l’Ufficio contestava l’esternalizzazione ( outsourcing ) del costo del lavoro a soggetti terzi, i quali venivano interposti nella catena produttiva quali soggetti privi di organizzazione (società filtro) ed emettevano fatture per operazioni soggettivamente inesistenti; l’Ufficio contestava anche il ricorso a fatture di acquisto per prestazioni oggettivamente inesistenti finalizzate ad abbattere il reddito di impresa.
La CTP di Roma ha rigettato i ricorsi riuniti.
La CGT di secondo grado del Lazio, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello della società contribuente. Ha ritenuto il giudice di appello che la società contribuente ha posto in essere un « sistema di intermediazione fittizia nella catena di fatturazione », in cui le prestazioni di lavoro erano rese da personale di fatto alle dipendenze della contribuente ma formalmente incardinato nelle società filtro. Sotto tale profilo, il giudice di appello ha anche valorizzato altra pronuncia dello stesso giudice di appello pronunciatasi su altra annualità. Ha, pertanto, ritenuto il giudice di appello che l’Ufficio ha fornito
mediante presunzioni la prova del coinvolgimento della società contribuente nella frode fiscale e che la società contribuente non ha offerto la prova contraria. Quanto alle operazioni oggettivamente inesistenti, la sentenza impugnata ha ritenuto che tale prova non potesse essere fornita attraverso il ricorso alle scritture contabili, alla documentazione contrattuale e alla regolarità dei mezzi di pagamento, atteso che tali strumenti costituiscono attuazione della frode fiscale , laddove l’Ufficio aveva fornito la prova della sovrafatturazione da parte della società contribuente.
Propone ricorso per cassazione la società contribuente, affidato a un unico motivo; resiste con controricorso l’Ufficio .
E’ stata emessa proposta di definizione accelerata, ritualmente opposta dalla ricorrente.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo si deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., del d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 1, comma 2, 36, comma 2, n. 4) e 62, comma 1, dell’art. 3, comma 1, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, dell’art. 17, primo comma, dell’ art. 18, primo comma, dell’ art. 19, primo comma del medesimo d.P.R., degli artt. 1655 e 1656 cod. civ., del d. lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 1, comma 1, lett. a), degli artt. 2727, 2729 e 2697 cod. civ., nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo del giudizio. Osserva parte ricorrente contraddittorietà della motivazione nell’avere accertato, da un lato, la natura di operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti e, dall’altro, ritenuto sussistere una sovrafatturazione degli importi. Osserva come la sentenza di primo grado avrebbe statuito che l’interposizione RAGIONE_SOCIALE società filtro sarebbe stata alla base della sovrafatturazione dei costi, affermazione di per sé contraddittoria, censurata con il primo motivo di appello. La
contraddittorietà -secondo parte ricorrente – sarebbe insita nel fatto che non possono, al contempo, dichiararsi inesistenti le operazioni sottostanti e, al contempo, dichiararsi le stesse esistenti, in considerazione della circostanza che le stesse sarebbero oggetto di mera sovrafatturazione degli importi; in questo vizio motivazionale sarebbe incorsa anche la sentenza di appello, omettendo di pronunciarsi sulla relativa contestazione contenuta nel primo motivo di appello. Deduce, inoltre, parte ricorrente che l’originaria contestazione della sovrafatturazione sarebbe estranea agli atti impositivi impugnati. Deduce, infine, omesso esame di fatto decisivo sotto il profilo di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
Va preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità del motivo per pluralità dei profili di censura, essendo gli stessi articolati sotto separati profili , così come va rigettata l’eccezione di inammissibilità per revisione dell’accertamento in fatto compiuto dal giudice del merito, posto che la censura investe la contraddittorietà della motivazione espressa e l’omessa pronuncia su specifico motivo di appello.
Il Collegio ritiene di confermare la proposta di definizione accelerata. Quanto alla dedotta nullità della sentenza in relazione alla contraddittorietà della sentenza di primo grado il ricorso si rivela inammissibile, in quanto, come indicato nella PDA, « in disparte la non censurabilità della sentenza del giudice del merito per vizio di motivazione che non impinga nella nullità della sentenza per motivazione apparente (Cass., Sez. U., n. 8053/2014), eventuali nullità della motivazione della sentenza di primo grado risultano assorbite dalla motivazione della sentenza di appello».
Quanto, poi, alla contraddittorietà della sentenza di appello, si conferma la PDA nella parte in cui ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato. La sentenza di appello, dopo avere (sia pure succintamente) descritto il meccanismo di intermediazione di manodopera finalizzato
all’emissione di fatture di acquisto per operazioni soggettivamente inesistenti (non oggetto di censura), nonché quello di ricezione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti ha concluso, richiamandosi al PVC -che « quanto alla contestata indeducibilità dei costi, l’operato dell’Ufficio sfugge alla dedotta censura, giacché come si evince dal PVC (pagg. 137 e ss) -la RAGIONE_SOCIALE, in attuazione del meccanismo fraudolento sopra analiticamente descritto, aveva potuto ‘gonfiare’ i costi contabilizzati attraverso la sovrafatturazione RAGIONE_SOCIALE prestazioni ricevute, abbattendo per tale via le basi imponibili ». Il riferimento alla sovrafatturazione non è riferito alla emissione di fatture attive, bensì alla indicazione fittizia di costi inesistenti, finalizzati a far emergere componenti negativi di reddito insussistenti, motivazione che appare coerente e compiuta.
Parimenti infondata è la censura per omessa pronuncia, posto che il giudice di appello, come indicato al punto superiore, si è espressamente pronunciato nel merito sulla questione della sovrafatturazione dei costi, così implicitamente rigettando la questione di contraddittorietà della motivazione del giudice di primo grado. Si conferma, pertanto, la PDA, ove si deduce che « n on ricorre l’omessa pronuncia, ma il rigetto implicito, posto che il giudice del merito, al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, non è tenuto ad esaminare tutte le allegazioni RAGIONE_SOCIALE parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione così da doversi ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass., n. 25509/2014), senza che sia necessaria l’analitica confutazione RAGIONE_SOCIALE tesi non accolte o la disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi (Cass., n. 7662/2020)».
Quanto, poi, alla violazione del disposto dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., il ricorso è inammissibile per effetto del principio della « doppia conforme », come inammissibile è la censura
secondo cui la questione della sovrafatturazione sarebbe estranea agli atti impugnati e, quindi, viziata da ultrapetizione, per assenza di specificità della contestazione stessa in relazione agli atti e ai documenti di causa.
7. Il ricorso va, pertanto, rigettato, confermandosi la proposta di definizione accelerata, con condanna alle spese liquidate come da dispositivo e il raddoppio del contributo unificato. La condanna alle somme di cui al terzo comma dell’art. 96 cod. proc. civ. consegue alla conferma della proposta di definizione accelerata, quantificata equitativamente in relazione alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese legali (Cass., Sez. U., 28 novembre 2022, n. 32001; Cass., n. 34693/2022, cit.), così come viene equitativamente determinata la somma di danaro di cui al quarto comma del medesimo articolo, anch’essa come da dispositivo .
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 18.000,00, oltre spese prenotate a debito; condanna, altresì, il ricorrente al pagamento dell’importo di € 9.000,00 a termini dell’art. 96, terzo comma cod. proc. civ., nonché all’importo ulteriore di € 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE Ammende; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 8 ottobre 2024