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Fatture gonfiate: onere della prova e presunzioni

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di presunte fatture gonfiate contestate dall’Agenzia delle Entrate a una società di motorsport. L’ordinanza chiarisce che l’Amministrazione Finanziaria può basare le sue contestazioni su presunzioni gravi, precise e concordanti. In tal caso, l’onere della prova si sposta sul contribuente, che deve dimostrare in modo rigoroso l’effettività e la congruità delle prestazioni ricevute, non bastando la mera esibizione di contratti e pagamenti. La Corte ha cassato la precedente sentenza, rinviando la causa per un nuovo esame che applichi correttamente questo principio.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Fatture Gonfiate: La Cassazione Chiarisce l’Onere della Prova

L’utilizzo di fatture gonfiate, note anche come sovrafatturazioni, rappresenta una pratica illecita con gravi conseguenze fiscali. Questa consiste nell’emettere una fattura per un importo superiore al valore effettivo della prestazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sulla ripartizione dell’onere della prova tra Fisco e contribuente in questi casi, sottolineando come la sola documentazione formale possa non essere sufficiente a superare le contestazioni dell’Amministrazione Finanziaria.

Il Caso: Sponsorizzazioni nel Mondo del Motorsport

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a una società operante nel settore del motorsport. L’Ufficio contestava la deducibilità di costi e la detrazione dell’IVA relative a fatture emesse da una società fornitrice, ritenute parzialmente inesistenti, ovvero “gonfiate”. Secondo l’accusa, la società fornitrice faceva parte di un più ampio schema fraudolento, finalizzato a emettere fatture per importi maggiorati, consentendo ai clienti di abbattere il proprio carico fiscale.

La società contribuente si era difesa sostenendo la legittimità delle operazioni, provando l’esistenza di un contratto regolare, delle relative fatture e dei pagamenti effettuati. Sia in primo che in secondo grado, i giudici tributari avevano dato ragione alla società, ritenendo che avesse fornito prove sufficienti a dimostrare l’effettività delle prestazioni ricevute e che l’Agenzia delle Entrate non avesse dimostrato con certezza il suo coinvolgimento nel presunto disegno fraudolento.

L’Onere della Prova nelle Fatture Gonfiate: La Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha ribaltato la decisione dei giudici di merito, delineando un principio fondamentale in materia di onere della prova per le fatture gonfiate. La Suprema Corte ha stabilito che l’Amministrazione Finanziaria può legittimamente basare la propria contestazione su presunzioni, a condizione che queste siano gravi, precise e concordanti.

Nel momento in cui l’Ufficio fornisce un quadro indiziario solido che suggerisce la natura fraudolenta e la parziale inesistenza delle operazioni (come, ad esempio, il coinvolgimento del fornitore in noti schemi fraudolenti), l’onere della prova si inverte e passa al contribuente. A questo punto, non è più sufficiente per l’azienda limitarsi a produrre la documentazione formale (contratto, fatture, evidenza dei pagamenti), poiché tali elementi sono facilmente falsificabili.

Il contribuente ha il dovere di fornire una “prova contraria rigorosa” circa l’effettività e la congruità di tutto quanto esposto in fattura. Deve dimostrare, in sostanza, che la prestazione ricevuta corrispondeva integralmente all’importo pagato.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione evidenziando l’errore commesso dalla Commissione Tributaria Regionale. Quest’ultima aveva omesso di valutare criticamente l’intero quadro indiziario presentato dall’Agenzia delle Entrate, declassandolo a mere presunzioni non sufficienti. In particolare, i giudici di merito non avevano considerato adeguatamente il fatto che il fornitore fosse inserito in un sistema fraudolento basato sull’emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti o, come in questo caso, sovrafatturate per circa l’80% del loro valore.

Secondo la Cassazione, il giudice tributario ha l’obbligo di analizzare singolarmente e complessivamente tutti gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione. Solo dopo averne accertato la gravità, precisione e concordanza, può procedere a valutare la prova contraria offerta dal contribuente. Nel caso di specie, la CTR aveva mancato questo primo, fondamentale passaggio, accogliendo acriticamente la difesa formale della società senza metterla in relazione con il solido quadro indiziario della frode.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza un principio cardine del diritto tributario: la prevalenza della sostanza sulla forma. Di fronte a solidi indizi di frode fiscale e di utilizzo di fatture gonfiate, la regolarità formale dei documenti contabili non è uno scudo sufficiente per il contribuente. Quest’ultimo è chiamato a un onere probatorio aggravato, dovendo dimostrare con elementi concreti e inequivocabili che il costo sostenuto è stato interamente giustificato da una prestazione reale e congrua. La Corte ha quindi cassato la sentenza e rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria per un nuovo giudizio, che dovrà attenersi a questo rigoroso principio interpretativo.

In caso di contestazione di fatture gonfiate, a chi spetta l’onere della prova?
Inizialmente, spetta all’Amministrazione Finanziaria fornire un quadro probatorio, anche basato su presunzioni gravi, precise e concordanti, che indichi la parziale inesistenza dell’operazione. Una volta fornita questa prova, l’onere si sposta sul contribuente, che deve dimostrare rigorosamente l’effettività e la congruità della prestazione fatturata.

L’Agenzia delle Entrate può usare solo presunzioni per dimostrare l’esistenza di fatture gonfiate?
Sì, la legge tributaria (art. 39 del d.P.R. n. 600/1973 e art. 54 del d.P.R. n. 633/1972) consente di desumere l’inesistenza di passività o le false indicazioni sulla base di presunzioni semplici, purché siano gravi, precise e concordanti, senza necessità di fornire prove ‘certe’.

Cosa deve fare il contribuente per difendersi dall’accusa di aver utilizzato fatture gonfiate?
Non è sufficiente presentare la documentazione formalmente corretta come contratti, fatture e prove di pagamento. Il contribuente deve fornire una prova rigorosa e sostanziale che la prestazione è stata effettivamente e integralmente eseguita per il valore indicato in fattura, dimostrandone l’effettiva esistenza e la congruità economica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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