Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14979 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 14979 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME SALVATORE
Data pubblicazione: 28/05/2024
Oggetto:
Iva – Ires –
NOME
–
Ripresa.
SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 7399 del ruolo generale dell’anno 2016, proposto
da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del suo legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO nonché dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore p.t., rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, è domiciliata
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 3863/67/15, depositata il 14 settembre 2015;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME. per la ricorrente, quali delegati -rispettivamente –NOME COGNOME e dell’AVV_NOTAIO.
Udito il AVV_NOTAIO COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso. Uditi per la ricorrente gli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME dell’AVV_NOTAIO. Udita per l’RAGIONE_SOCIALE controricorrente l’Avvocatura dello RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’AVV_NOTAIO.
Fatti di causa
La Guardia di Finanza di RAGIONE_SOCIALE eseguiva una verifica nei confronti della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE corrente in Ravenna, RAGIONE_SOCIALE cessata nel 2009, la cui sede coincideva con l’abitazione privata del titolare. In esito all’attività di controllo veniva redatto il 18 giugno 2012 un processo verbale di constatazione, per il cui tramite si evidenziava la falsità oggettiva di fatture emesse dalla predetta RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Sulla scorta del menzionato processo verbale di constatazione, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Mantova emetteva nei confronti della ricorrente odierna un avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2007, con il quale disconosceva i costi documentati attraverso due fatture emesse dalla summenzionata RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Avverso l’avviso di accertamento, la contribuente proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Mantova, che con sentenza del 31 maggio 2013 lo accoglieva. L’RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, che veniva accolto dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia. Il giudice d’appello valorizzava taluni elementi che deponevano, nella sua ricostruzione, nel senso della fittizietà RAGIONE_SOCIALE fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE. Segnatamente si poneva in luce la coincidenza della sede della RAGIONE_SOCIALE con l’abitazione privata del suo titolare, la totale inadempienza agli obblighi fiscali, l’assenza in capo alla RAGIONE_SOCIALE di alcun bene strumentale necessario allo svolgimento RAGIONE_SOCIALE attività fatturate, la prosecuzione dell’attività di emissione di fatture anche dopo la formale cessazione dell’attività di impresa, le dichiarazioni confessorie rese dal titolare della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, il quale testualmente ammetteva che le fatture venivano emesse su richiesta dei clienti senza effettuare alcuna prestazione di lavoro.
Il ricorso per cassazione della contribuente RAGIONE_SOCIALE è affidata a undici motivi.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso si adombra la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., per omessa pronuncia su specifiche doglianze formulate in primo grado e riproposte in sede di gravame con riferimento al contestato difetto del contraddittorio preventivo.
Il motivo è inammissibile.
Questa Corte ha puntualizzato ancor di recente che ‘ È configurabile la decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza; ne consegue che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività ‘ (Cass. n. 12131 del 2023).
Va rammentato che non ricorre il vizio di omesso esame di un’eccezione che, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di
rigetto dell’eccezione medesima, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 cod. proc. civ.), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto di cui sarebbe stato pretermesso l’esame (Cass. n. 14486 del 2004; Cass. n. 24953 del 2020). La censura è stata formulata irritualmente nei termini di violazione del principio di corrispondenza del chiesto al pronunciato, laddove deve considerarsi che le eccezioni in questione risultano incompatibili con la decisione adottata dal giudice di merito ed il relativo percorso motivazionale.
Con il secondo motivo di ricorso, avuto riguardo all’art. 360 n. 3 c.p.c., si contesta la violazione e falsa applicazione del principio generale ed immanente del contraddittorio endoprocedimentale, discendente dagli artt. 97, comma 1, e 24, comma 2, Cost. e dall’art. 41 Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, nonché dell’art. 12, comma 7, L. n. 212 del 2000.
Il motivo è infondato.
Ha chiarito questa Corte che ‘ In RAGIONE_SOCIALE di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali c.d. a tavolino, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale con riferimento alle imposte armonizzate, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto in giudizio all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, contenuto che può essere desunto in positivo anche dal comportamento tenuto dall’Amministrazione finanziaria nel caso concreto successivamente alla notifica
dell’atto impositivo ‘ (Cass. n. 37234 del 2022).
Ancor prima il formante nomofilattico aveva esplicitato che ‘ In RAGIONE_SOCIALE di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa’ (Cass. n. 27421 del 2018 e, già in precedenza, Cass., Sez. Un., n. 24823 del 2015).
Tra l’altro, proprio con specifico riguardo alle verifiche effettuate nei confronti del terzo questa Corte ha ancora di recente significativamente sancito che ‘ In RAGIONE_SOCIALE di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’amministrazione finanziaria è tenuta a rispettare, anche nell’ambito RAGIONE_SOCIALE indagini cd. “a tavolino” effettuate nei confronti di terzi, il contraddittorio endoprocedimentale ove l’accertamento attenga a tributi “armonizzati”, ma la violazione di tale obbligo comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa ‘ (Cass. n. 20436 del 2021).
Va sottolineato, sul punto, che le modalità di realizzazione del contraddittorio non sono a forma vincolata, essendo sufficiente (e necessario) che si realizzi in modo effettivo quali siano gli strumenti in concreto adottati, siano essi il ricorso a procedure partecipative o l’impiego di altri meccanismi finalizzati all’interlocuzione preventiva, come, ad esempio, l’inoltro di questionari, il riconoscimento dell’accesso agli atti ovvero l’espletamento di altre attività che risultino funzionali a detto obbiettivo. Le forme in concreto adottate – in assenza,
come su osservato, di una disciplina che ne declini in modo specifico le conseguenze per l’inosservanza – assolvono ad una funzione solo strumentale rispetto all’obbiettivo di assicurare il contraddittorio, sicché esse, quale sia lo specifico ambito sostanziale su cui è lamentata l’intervenuta lesione del diritto di difesa, sono tutte ancorate al principio di effettività e, quindi, alla cd. prova di resistenza. Significativa sul punto è la giurisprudenza della Corte di Giustizia con riguardo all’esercizio del diritto di accesso, che, con riguardo ai procedimenti tributari, è consentito nel nostro ordinamento nei limiti e alle condizioni previste dall’art. 24, comma 1, lett. b) e comma 2, della legge n. 241 del 1990, ferma la generale previsione di cui al successivo comma 7, secondo il quale «Deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici». Sulla questione la Corte di Giustizia ha rilevato che «Benché le autorità tributarie nazionali non siano soggette ad un obbligo generale di fornire un accesso integrale al fascicolo di cui dispongono né di comunicare d’ufficio i documenti e le informazioni a sostegno della decisione prevista, ciò non toglie che, nei procedimenti amministrativi relativi alla verifica e alla determinazione della base imponibile dell’IVA, un soggetto dell’ordinamento deve avere la possibilità di ricevere in comunicazione, su sua richiesta, le informazioni e i documenti contenuti nel fascicolo amministrativo e presi in considerazione dalla pubblica autorità al fine di adottare la sua decisione, a meno che non vi siano obiettivi di interesse generale che giustifichino la restrizione dell’accesso a dette informazioni e a detti documenti» (v. sentenza 4 giugno 2020, RAGIONE_SOCIALE, in C7 430/19, punto 31; in precedenza v. già sentenza del 9 novembre 2017, RAGIONE_SOCIALE, C298/16, punti 32 e 39). Ha, tuttavia, posto in risalto che una
eventuale violazione non è idonea, di per sé sola, a determinare l’ineludibile annullamento della decisione adottata poiché «il principio di effettività … non esige che una decisione contestata, in quanto adottata in violazione dei diritti della difesa, sia annullata in tutti i casi» potendo ciò derivare «soltanto se, in mancanza di detta irregolarità, il procedimento sarebbe potuto giungere a un risultato diverso» (sentenza RAGIONE_SOCIALE C.F. SRL cit., punti 35 e 37).
Nella specie, non è dato comprendere -non avendolo parte contribuente dedotto -quali ragioni siano state conculcate o pretermesse in relazione alla mancata instaurazione del contraddittorio preventivo secondo la declinazione invocata. Nessuna violazione di legge, pertanto, è individuabile, essendo mancata la puntualizzazione del diverso (e miglior) modo in cui si sarebbe potuta atteggiare e congegnare la difesa in ipotesi in cui il contraddittorio preventivo fosse stato compiutamente avviato secondo le aspirazioni della contribuente.
La giurisprudenza unionale, peraltro, ha chiarito, a sua volta, che qualora l’Amministrazione non sia stata rispettosa dell’obbligo di contraddittorio, la violazione – in assenza di una norma specifica che ne definisca in termini puntuali le conseguenze (come pure precisato, per il nostro ordinamento, da Cass. n. 701 del 2019) – comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa (cd. prova di resistenza), ossia se, in mancanza del suddetto vizio, il procedimento si sarebbe potuto concludere in maniera diversa (Corte di Giustizia, sentenze 10 ottobre 2009, COGNOME RAGIONE_SOCIALE, in C-141/08, punto 94; 10 settembre 2013, RAGIONE_SOCIALE, in C-383/13, punto 38; 26
settembre 2013, RAGIONE_SOCIALE, in C-418/11, punto 84; 3 luglio 2014, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in C-129/13 e C-130/13, punti 79 e 79).
Il parametro di riferimento a tal fine è, dunque, costituito dal principio di effettività – per il quale le modalità procedurali interne ” non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’Ordinamento giuridico dell’Unione” – che, tuttavia, come anche recentemente ribadito dalla Corte di Giustizia, “non esige che una decisione contestata, in quanto adottata in violazione dei diritti della difesa, sia annullata in tutti i casi. Infatti, una violazione dei diritti della difesa determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di detta irregolarità, il procedimento sarebbe potuto giungere a un risultato diverso ” (Corte di Giustizia, sentenza 4 giugno 2020, RAGIONE_SOCIALE, in C-430/19, punti 35 e 37).
Nel caso che occupa, parte ricorrente non deduce (né può rilevarsi dalla sentenza) che ricorra, nella specie, un caso in cui non risulti esser stato rispettato il disposto dell’art. 12 comma 7 della L. n. 212 del 2000. Orbene, la norma ora evocata prevede che ” nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza “. Ne deriva che il contraddittorio, quanto al diritto interno, è garantito dall’esistenza di uno spatium deliberandi tra la notifica (o la
consegna) del PVC e la notifica dell’avviso di accertamento, che consente al contribuente di far valere in tal sede e con quelle modalità le proprie ragioni esercitando il diritto di esser sentito (v. Cass. n. 9076 del 2021 anche per i richiami alla giurisprudenza unionale).
Con il terzo motivo viene lamentata la nullità della sentenza per violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., per avere la CTR omesso di pronunciarsi in ordine alla censura concernente la violazione degli artt. 6 CEDU e 111 Cost. relativamente al ‘ diritto a controinterrogare il proprio delatore ‘.
Il motivo va respinto.
Questa Corte ha puntualizzato ancor di recente che ‘ È configurabile la decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza; ne consegue che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività ‘ (Cass. n. 12131 del 2023).
Va rammentato che non ricorre il vizio di omesso esame di un’eccezione che, anche se non espressamente esaminata,
risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione medesima, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 cod. proc. civ.), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto di cui sarebbe stato pretermesso l’esame (Cass. n. 14486 del 2004; Cass. n. 24953 del 2020). La censura è stata formulata irritualmente nei termini di violazione del principio di corrispondenza del chiesto al pronunciato, laddove deve considerarsi che le eccezioni in questione risultano incompatibili con la decisione adottata dal giudice di merito ed il relativo percorso motivazionale.
Con il quarto motivo di ricorso, si assume la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 CEDU e dell’art. 111 della Costituzione nonché nell’art. 8 D.L. n. 16 del 2012 conv. in L. n. 44 del 2012, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., avendo la CTR negato il diritto al ‘ controinterrogatorio del delatore ‘.
Il motivo è infondato.
Va qui richiamata la condivisibile giurisprudenza di legittimità, invero ferma nel ritenere che, nel processo tributario, le dichiarazioni rese da terzi, inserite, anche per riassunto, nel processo verbale di constatazione e recepite nell’avviso di accertamento, ben possono essere utilizzate quali elementi indiziari e non violano il divieto di prova per testi, di cui all’art. 7 comma 4 del d.lgs. n. 546 del 1992, non potendosi negare il loro valore indiziario e ben potendo esse costituire fonti di prova presuntiva, si da concorrere legittimamente alla formazione del convincimento del giudice, pur se non rese in contraddittorio con la parte ricorrente e
senza neppure la necessità che l’ufficio espleti ulteriori indagini (cfr. Cass. n. 6946 del 2015; Cass. n. 20032 del 2011; Cass. n. 9316 del 2020).
Questa Corte ha anche evidenziato che le dichiarazioni rese da terzi, testualmente riportate in un avviso di accertamento rilevano ‘ quali fonti di conoscenza, come fatti o indizi che spetta al giudice di merito valutare insieme agli altri elementi presuntivi che completano il quadro probatorio a sostegno della pretesa tributaria, al fine di decidere se l’Ufficio abbia soddisfatto l’onere della prova a suo carico, con conseguente trasferimento al contribuente dell’onere della prova contraria ‘ (Cass. n. 32024 del 2022).
Nella specie, la CTR non si è limitata a valorizzare sul piano indiziario le dichiarazioni del COGNOME, bensì le ha innestate -quale elemento di un ventaglio più ampio di elementi -in un quadro probatorio presuntivo assai dettagliato, già riportato sopra nell’esposizione dei fatti di causa, compiutamente rappresentato da alcuni convergenti profili: la coincidenza della sede della RAGIONE_SOCIALE con l’abitazione privata del suo titolare, la totale inadempienza agli obblighi fiscali, l’assenza in capo alla RAGIONE_SOCIALE di alcun bene strumentale necessario allo svolgimento RAGIONE_SOCIALE attività fatturate, la prosecuzione dell’attività di emissione di fatture anche dopo la formale cessazione dell’attività di impresa.
In tal senso, il giudice d’appello ha esercitato il proprio libero e riservato sindacato di merito. Mette in conto allora evidenziare che il giudizio di merito non può essere ulteriormente revisionato in questa sede, tenuto conto del principio di diritto secondo cui: ‘ Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di
valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione ‘ (Cass. n. 30042 del 2021). Al giudice di merito, d’altronde, ‘ spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge ‘ (Cass. n. 27197 del 2011; Cass. n. 331 del 2020).
Con il quinto motivo di ricorso si lamenta la nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., per avere la CTR trascurato di pronunciarsi sulla censura relativa alla dedotta facoltà della contribuente di dedurre i costi e detrarre l’Iva attesa la propria ‘ completa estraneità ai fatti … contestati alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Il motivo è infondato.
Quand’anche la CTR non si sia espressamente pronunciata, risulta tuttavia chiaro che ricorra, nella specie, un rigetto implicito. Al riguardo, deve darsi seguito al principio di diritto
che ‘ Non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo ‘ (v. in tal senso, tra le molte, Cass. n. 29191 del 2017).
Con il sesto motivo, avuto riguardo all’art. 360 n. 3 c.p.c., si contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 8 D.L. n. 16 del 2012, conv. in L. n. 44 del 2012, per avere la CTR omesso di pronunciarsi in punto di ‘ deducibilità dei costi da reato ‘.
Il motivo è inammissibile.
L’articolazione della censura non coglie, infatti, la ‘ratio decidendi’ della sentenza d’appello, nella quale la CTR non fa questione in merito alla non ‘ deducibilità dei costi da reato’ , né su detto profilo incentra l’ iter argomentativo della decisione; per converso, il giudice del gravame si sofferma sul dirimente aspetto costituito dall’oggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni fatturate.
Con il settimo motivo di ricorso si assume, ex art. 360 n. 4. c.p.c., la nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., per avere la CTR mancato di pronunciarsi sulla censura relativa alla denunciata violazione degli artt. 42 d.P.R: n. 600 del 1973 e 7 L. n. 212 del 2000, concernente l’omessa allegazione all’atto di accertamento del processo verbale di constatazione contenente le ‘ dichiarazioni del delatore ‘.
Il motivo è infondato.
Quand’anche la CTR non si sia espressamente pronunciata, risulta tuttavia chiaro che si tratta di un rigetto implicito. Al riguardo, deve darsi seguito al principio di diritto che ‘ Non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata
comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo ‘ (v. in tal senso, tra le molte, Cass. n. 29191 del 2017).
Con l’ottavo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, L. n. 212 del 2000, dell’art. 42, comma 2, d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 56, comma 5, d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la CTR trascurato la necessaria allegazione dell’allegato A) del processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza di RAGIONE_SOCIALE, in quanto contenente le dichiarazioni di COGNOME NOME, peraltro non fatte oggetto di ‘ riproposizione completa, esaustiva o comunque essenziale ‘.
Il motivo è infondato.
Pacifica l’avvenuta allegazione del processo verbale di constatazione all’avviso di accertamento, mette in conto richiamare il condiviso indirizzo già esplicitato da questa Corte, a tenore del quale ‘ In RAGIONE_SOCIALE di avviso di accertamento, l’onere di allegazione di cui all’art. 7 della l. n. 212 del 2000 è limitato ai documenti cui lo stesso fa riferimento, ma non si estende anche quelli cui si riferisce il processo verbale di constatazione i quali devono eventualmente essere prodotti in giudizio al fine di provare la legittimità della pretesa impositiva (Cass. n. 7278 del 2022). Questa Corte ha anche chiarito che ” in RAGIONE_SOCIALE di motivazione degli avvisi di accertamento, l’obbligo dell’Amministrazione di allegare tutti gli atti citati nell’avviso (L. 27 luglio 2000, n. 212, articolo 7,) va inteso in necessaria correlazione con la finalita’ “integrativa” RAGIONE_SOCIALE ragioni che, per l’Amministrazione emittente, sorreggono l’atto impositivo, secondo quanto dispone la L. 7 agosto 1990, n. 241, articolo 3, comma 3: il contribuente ha, infatti, diritto di conoscere tutti gli atti il cui contenuto viene richiamato per integrare tale motivazione, ma non il diritto di conoscere il contenuto di tutti quegli atti, cui si faccia, rinvio nell’atto impositivo e sol perche’
ad essi si operi un riferimento, ove la motivazione sia gia’ sufficiente (e il richiamo ad altri atti abbia, pertanto, mero valore “narrativo”), oppure se, comunque, il contenuto di tali ulteriori atti (almeno nella parte rilevante ai fini della motivazione dell’atto impositivo) sia gia’ riportato nell’atto noto. Pertanto, in caso di impugnazione dell’avviso sotto tale profilo, non basta che il contribuente dimostri l’esistenza di atti a lui sconosciuti cui l’atto impositivo faccia riferimento, occorrendo, invece, la prova che almeno una parte del contenuto di quegli atti, non riportata nell’atto impositivo, sia necessaria ad integrarne la motivazione ” (Cass. n. 2614 del 2016; Cass. n. 24417 del 2018).
Con il nono motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 56 d.P.R. n. 633 del 1972, dell’art. 39, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per essersi la CTR basata soltanto sulla ‘ dichiarazione di un terzo ‘, pur a fronte di una ‘ contabilità corretta ‘.
Il motivo non coglie nel segno e va disatteso.
Come si è già evidenziato, la CTR non si è limitata a valorizzare sul piano indiziario le dichiarazioni del COGNOME, bensì le ha innestate -quale elemento di un ventaglio più ampio di elementi -in un quadro probatorio presuntivo assai dettagliato, in tal senso esercitando il proprio libero e riservato sindacato di merito. Pertanto, la censura traligna dal paradigma dell’art. 360 n. 3 c.p.c. per invocare una rivisitazione del merito; la doglianza in parola mira ad una rivisitazione più appagante del merito. Essa, sotto l’apparente deduzione del vizio di cui al n. 3 ora richiamato, degrada, infatti, verso la sostanziale richiesta a questa Corte di una rivalutazione dei fatti storici da cui è originato l’accertamento fiscale. In breve, la complessiva censura scardina il modello
legale di denuncia di un vizio riconducibile alla rammentata norma in quanto pone a suo presupposto una diversa ricostruzione del merito degli accadimenti.
Con il decimo motivo si lamenta la violazione dell’art. 39, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 2727 c.c. e dell’art. 2729 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., sussistendo ‘ argomenti ragionevoli per dubitare della univocità del contenuto della dichiarazione da cui muove il procedimento inferenziale del giudice’.
La censura è inammissibile.
Essa, sotto l’apparente deduzione del vizio di cui al n. 3 ora richiamato, degrada, infatti, verso la sostanziale richiesta a questa Corte di una rivalutazione dei fatti storici da cui è originato l’accertamento fiscale. In breve, la complessiva censura scardina il modello legale di denuncia di un vizio riconducibile alla rammentata norma in quanto pone a suo presupposto una diversa ricostruzione del merito degli accadimenti.
Osserva, d’altronde, questa Corte che è devoluta al monopolio del giudice di merito la valutazione della ricorrenza dei requisiti enucleabili dagli artt. 2727 e 2729 c.c. Più specificamente, la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione di quest’ultima norma, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., può prospettarsi esclusivamente quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo -diversamente da quanto accaduto nella specie -può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero quando il medesimo giudice fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti -come nel caso che occupa -nella diversa ricostruzione RAGIONE_SOCIALE circostanze fattuali o nella
mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (Cass. n. 9054 del 2022).
Con l’undicesimo motivo si contesta la nullità della sentenza per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti ex art. 360 n. 5 c.p.c., per avere la CTR ‘ omesso del tutto l’esame dei fatti contestati che se fossero stati esaminati sarebbero stati decisivi … al fine di giungere ad una diversa decisione ‘.
Il motivo è inammissibile.
La motivazione resa dai giudici d’appello non scende al di sotto della soglia del c.d. ‘minimo costituzionale’, giovando allora richiamare l’orientamento di questa Corte in base al quale ‘ In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, CPC, disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali ‘ (Cass. n. 7090 del 2022; Cass. n. 22598 del 2018).
Il ricorso va, in ultima analisi, rigettato. Le spese sono regolate dalla soccombenza nella misura espressa in dispositivo.
Per questi motivi
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente a pagare all’RAGIONE_SOCIALE le spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 7650,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2022.