Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30025 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30025 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22996 -20 23 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, già RAGIONE_SOCIALE, e NOME COGNOME , rappresentati e difesi, per procura speciale in calce al ricorso, dall’ AVV_NOTAIO, con domicilio digitale come in atti;
– ricorrenti –
contro
Oggetto:
Tributi –
opposizione PDA
RAGIONE_SOCIALE , in persona del AVV_NOTAIO pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO, domicilia;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 328/06/2023 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della TOSCANA, depositata in data 07/04/2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18 settembre 2024 dal AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
L’RAGIONE_SOCIALE emise due avvisi di accertamento di un maggior reddito d’impresa ai fini IVA ed IRAP per l’anno d’imposta 20 15 nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, nonché un avviso di accertamento nei confronti di ciascuno dei soci, NOME e NOME COGNOME, per i redditi di partecipazione nella predetta società di persone, ex art. 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, contestando alla società l’utilizzo di due fatture (la fattura n. 127, del 02/07/2015 per ‘ Acconto – Nostre prestazioni per ricerche di mercato e applicativo software mese di aprile’ , e la fattura n. 151, del 20/07/2015, per ‘ Saldo – Nostre prestazioni per ricerche di mercato e applicativo software mese di maggio’ ) emesse dalla RAGIONE_SOCIALE che l’amministrazione finanziaria riteneva essere relative ad operazioni soggettivamente inesistenti sulla scorta RAGIONE_SOCIALE risultanze di un p.v.c. redatto a carico della società emittente da cui emergeva che la stessa era una società cd. cartiera.
I soci e la società contribuente impugnarono gli atti impositivi dinanzi alla CTP di Massa Carrara che rigettava i ricorsi.
Con la sentenza in epigrafe indicata la CGT2 della Toscana rigettava l’appello proposto dai contribuenti.
3.1. I giudici di appello ritenevano di confermare «la ricostruzione operata dal giudice di prime cure della vicenda» perché «puntuale ed
esaustiva». Sostenevano che dalle indagini condotte sulla società emittente era emerso che quest’ultima era una mera cartiera, «quindi un soggetto privo di alcuna struttura produttiva, creato al solo fine di emettere documenti di spesa per operazioni fittizie» e che la società destinataria RAGIONE_SOCIALE fatture contestate non aveva provato l’effettività RAGIONE_SOCIALE prestazioni di servizio dedotte in tali fatture.
3.2. Rigettava l’eccezione di legittimazione passiva del socio accomandante NOME COGNOME in quanto il reddito prodotto dalla società di persone, ai sensi dell’art. 5 TUIR va tassato, ai fini IRPEF, per trasparenza in capo a tutti i soci, peraltro litisconsorti necessari.
3.3. Rigettava, inoltre, l’eccezione di illegittimità dell’atto impositivo per omessa redazione del PVC che era attività non prevista da alcuna disposizione in caso di accertamento condotto, come nella specie, ‘a tavolino’.
3.4. Rigettava, infine, il motivo posto con riferimento alla sottoscrizione degli avvisi d’accertamento sul rilievo che i provvedimenti impositivi notificati risultavano firmati dal AVV_NOTAIO Ufficio Controlli, AVV_NOTAIO, su specifica delega conferita dal AVV_NOTAIO Provinciale pro tempore, AVV_NOTAIO, a mezzo disposizione di servizio n. 47 del 01/07/2019.
Avverso la sentenza d’appello la società e i soci proponevano ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui replicava l’intimata con controricorso.
Formulata proposta di definizione accelerata del ricorso, ex art. 380 bis c.p.c., in data 31/01/2024, in considerazione della rilevata inammissibilità e infondatezza dei motivi proposti, i ricorrenti con atto depositato il 14/03/2024 hanno chiesto la decisione del ricorso e, quindi, ai sensi degli artt. 380 bis e 380-bis.1 c.p.c. è stata disposta la trattazione della causa per l’odierna camera di consiglio.
I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta, senza indicazione del relativo paradigma normativo, la « violazione ed errata applicazione della legge n. 130/2022 ed omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, per mancata valutazione della documentazione depositata dalla ricorrente con la memoria illustrativa in appello, nei termini di legge », comprovante l’effettività RAGIONE_SOCIALE prestazioni ricevute.
1.1. Si sostiene che da quella documentazione emergeva che « la RAGIONE_SOCIALE, interrotto ogni rapporto con RAGIONE_SOCIALE, ha cercato di gestire le risorse umane all’interno del proprio studio acquisendo il software dalla RAGIONE_SOCIALE invero dalla comparazione dei due contratti evince chiaramente che il contratto stipulato con quest’ultima (DAF) ha ad oggetto un software capace di svolgere le medesime prestazioni svolte da RAGIONE_SOCIALE ».
1.2. Con riferimento alla dedotta violazione della legge n. 130 del 2022, i ricorrenti sostengono che il Legislatore con la riforma della giustizia e del processo tributario operato con detta legge « ha introdotto un nuovo onere probatorio contenuto nel nuovo art. 7, comma 5 bis, D.Lgs. 546/1992 in virtù del quale l’amministrazione finanziaria prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato dal contribuente ».
Con il secondo motivo di ricorso viene dedotta, senza indicazione del relativo paradigma normativo, la « violazione di una norma di diritto. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2729 e 2697, c.c. per avere la CTR rilevato erroneamente che, a fronte degli elementi indiziari offerti dall’Ufficio, non vi fosse documentazione del contribuente idonea ad ass olvere l’onere probatorio richiesto ».
2.1. In particolare, richiamando quanto si legge nella proposta formulata ex art. 380bis 1 cod. proc. civ., la società deduce l’ erroneità della sentenza per non avere correttamente evidenziato l’assenza di un
corredo indiziario a sostegno della inesistenza oggettiva RAGIONE_SOCIALE operazioni (fondata su mancata presentazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni fiscali, omesso deposito dei bilanci, assenza di dichiarazioni fiscali dei soci, oggetto sociale del tutto eterogeneo ed esteso al commercio di materiali ferrosi e non ferrosi, assenza di sede fisica rilevata nel 2018) e per avere accertato il mancato assolvimento della prova contraria (secondo cui il fornitore era dotato di struttura organizzativa nel 2015, periodo di imposta acc ertato, laddove l’accertamento dell’inesistenza della sede fisica sarebbe stato effettuato tre anni dopo).
I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto tra loro strettamente connessi, sono infondati in tutte le loro articolazioni e vanno, pertanto, rigettati.
3.1. Invero, la circostanza che nessuna argomentazione è rinvenibile nella sentenza impugnata in ordine alla documentazione prodotta dai contribuenti, non è circostanza di per sé indicativa che quella ed i fatti emergenti dalla stessa non siano stati oggetto di valutazione da parte dei giudici di appello. E ciò si desume dal principio giurisprudenziale citato nella proposta di definizione del giudizio, secondo cui « la giurisprudenza di questa Corte è infatti ormai consolidata (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053; Cass., Sez. Un., 18 aprile 2018, n. 9558; Cass., Sez. Un., 31 dicembre 2018, n. 33679) nell’affermare che il novellato testo dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, oltre ad avere carattere decisivo; l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; neppure il cattivo esercizio del potere di apprezzamento RAGIONE_SOCIALE prove
non legali da parte del giudice di merito dà luogo ad un vizio rilevante ai sensi della predetta norma » (Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476).
3.2. Peraltro, a riprova di quanto sopra si è detto, si pone il rilievo che i giudici di appello hanno confermato l’accertamento e ritenuto inesistenti le operazioni descritte nelle fatture contestate non solo e non tanto per non avere i contribuenti offerto la prova dell’effettività RAGIONE_SOCIALE prestazioni ivi descritte, ma anche per il fatto che la società emittente era « soggetto privo di alcuna struttura produttiva », come tale impossibilitata ad effettuare qualsiasi tipo di prestazione, ma anche per non avere fornito la prova, come era loro onere, dell’effettività del prestatore.
La seconda censura del primo motivo, incentrata sulla violazione dell’art. 7, comma 5 -bis , d. lgs. n. 546/1992, è infondata.
4.1. L ‘orientamento giurisprudenziale che il Collegio condivide è nel senso che « In materia di giudizio tributario, il nuovo comma 5-bis dell’art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto dall’art. 6 della l. n. 130 del 2022, essendo una norma di natura sostanziale e non processuale, si applica ai giudizi introdotti successivamente al 16 settembre 2022, data di entrata in vigore della legge predetta » (Cass. n. 20816/2024) e nella specie è pacifico che la disposizione in esame è inapplicabile già sul solo ri lievo che l’appello venne introdotto con atto depositato il 24/09/2021.
4.2. Peraltro, « il nuovo comma 5-bis dell’art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto dall’art. 6 della l. n. 130 del 2022, secondo cui il giudice deve valutare la prova “comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale”, non si pone in contrasto con la persistente applicabilità RAGIONE_SOCIALE presunzioni legali che, nella normativa tributaria sostanziale, impongano al contribuente l’onere della prova contraria » (Cass. n. 2746/2024), sicché le regole sul riparto dell’onere della prova in fattispecie di operazioni inesistenti non sono in alcun modo mutate
per effetto dell’art. 7, comma 5-bis, del d.lgs. n. 546 del 1992, nel testo introdotto dall’art. 6 della legge n. 130 del 2022, che non comporta alcuna inversione della normale ripartizione del suddetto onere secondo i noti principi giurisprudenziali in materia.
Con il terzo motivo di ricorso viene dedotta, senza indicazione del relativo paradigma normativo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2313 cod. civ. per avere i giudici di appello erroneamente ritenuto sussistente la responsabilità del socio NOME COGNOME il quale, alla data di pagamento RAGIONE_SOCIALE due fatture contestate, era un mero socio senza alcuna responsabilità gestoria della società, peraltro a tale data già trasformata in RAGIONE_SOCIALE, avendo cessato la carica di socio accomandante il 16/04/2014.
Richiamando Cass. n. 1671/2013, si sostiene che il socio accomandante non può essere destinatario della pretesa fiscale essendo privo di legittimazione passiva.
6.1. Si sostiene, inoltre, che entrambi gli avvisi di addebito notificati all’ex socio accomandante NOME COGNOME sono stati recapitati presso la sua residenza, e quindi sono da ritenersi illegittimi in quanto la notifica doveva essere fatta presso la sede legale della società ovvero al socio accomandatario.
Il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio della decisione impugnata in cui si afferma chiaramente che il socio NOME COGNOME è chiamato a rispondere di un debito suo proprio, per la maggiore IRPEF accertata ed al medesimo imputata ex art. 5 TUIR in misura corrispondente alla sua quota di partecipazione nella società di persone, la quale, per come risultante dall’avviso di accertamento allegato al ricorso, aveva provveduto -in data 31/07/2015 – alla contabilizzazione RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, sicché è priva di fondamento anche la tesi, pure sostenuta dai ricorrenti, secondo cui le operazioni andavano attribuite alla RAGIONE_SOCIALE
7.1. Quanto detto fa perdere rilevanza anche alla questione della notifica dell’avviso di accertamento correttamente emesso nei confronti del socio NOME COGNOME e allo stesso altrettanto correttamente indirizzato.
Manifestamente infondato è il quarto motivo di ricorso con cui i ricorrenti deducono, senza indicazione del relativo paradigma normativo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 4, della legge 24 novembre 1981 n. 689 e art. 91 e 92 cod. proc. civ., per avere la CTR liquidato e spese legali a favore dell’RAGIONE_SOCIALE rappresentata da un proprio funzionario.
La tesi sostenuta nel motivo in esame si pone in evidente contrasto con quanto espressamente previsto dall’art. 15, comma 2 -sexies, del d.lgs. n. 546 del 1992, il cui ‘incipit’, «Nella liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese a favore dell’ente impositore, dell’agente della riscossione e dei soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, se assistiti da propri funzionari, », rende di immediata evidenza l’infondatezza della censura.
9.1. Peraltro, secondo la giurisprudenza di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità, « Nel processo tributario, all’Amministrazione finanziaria che sia stata assistita in giudizio da propri funzionari o da propri dipendenti, in caso di vittoria della lite, spetta la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese, la quale deve essere effettuata mediante applicazione della tariffa ovvero dei parametri vigenti per gli avvocati, con la riduzione del venti per cento dei compensi ad essi spettanti, atteso che l’espresso riferimento ai compensi per l’attività difensiva svolta, ora contenuto nell’art. 15, comma 2-bis, del d.lgs. n. 546 del 1992, ma comunque da sempre previsto da detto articolo, conferma il diritto dell’ente alla rifusione dei costi sostenuti e dei compensi per l’assistenza tecnica fornita dai propri dipendenti che siano legittimati a svolgere attività difensiva nel processo » (così, da ultimo, Cass. n. 1019 del 10/01/2024). Ne consegue che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
dogane e dei monopoli ha diritto alla refusione RAGIONE_SOCIALE spese anche quando si difende con un proprio funzionario.
Conclusivamente, il ricorso va rigettato ed i ricorrenti condannati al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali nonché, ai sensi del terzo comma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., RAGIONE_SOCIALE somme di cui ai commi terzo e quarto dell’art. 96 cod. proc. civ., liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 6.000,00 per compensi oltre spese prenotate a debito. Condanna i ricorrenti a pagare in favore della controricorrente l’ulteriore importo di euro 3.000,00 ai sensi dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ. nonché l’ importo di euro 1.500,00 in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 18 settembre 2025
Il Presidente NOME COGNOME