Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6044 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6044 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/03/2024
NOME COGNOME
Presidente
NOME LA ROCCA
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere – COGNOME.
TANIA COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 1/16/01/2024 C.C. PU R.G. 24693/2016 –
Cron. 17987/2019
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
ha pronunciato la seguente sul ricorso n. 24693/2016 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO, int. 3, in forza di procura speciale in calce al ricorso per cassazione.
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO.
– controricorrente-
R.G.N. 17987/2019
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della PUGLIA n. 708/2016, depositata in data 22 marzo 2016, non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria provinciale di Foggia, con sentenza n. 800/2014, aveva accolto i ricorsi, riuniti, proposti dalla società RAGIONE_SOCIALE (all’epoca denominata RAGIONE_SOCIALE) e dalla società RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto distinti avvisi di accertamenti (relativi agli anni 2007, 2008 e 2009 per la società RAGIONE_SOCIALE e agli anni 2007, 2008, 2009 e 2010 per la società RAGIONE_SOCIALE), con i quali, a seguito del disconoscimento di alcune fatture emesse dalle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, era stato accertato un maggior reddito ed era stata recuperata l’Iva indebitamente detratta.
La Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE sulla base RAGIONE_SOCIALE seguenti considerazioni:
-) le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, accanto a quella che era la pubblicità ordinaria, avevano acquistato servizi pubblicitari consistenti nell’invio di newsletter da società facenti capo al signor COGNOME, il quale agiva da broker dal momento che non aveva dipendenti e non provvedeva direttamente a fornire quei servizi, che dovevano essere forniti da società terze, le quali avevano subito il furto (come il signor COGNOME) della contabilità ed altro;
-) la prova piena ed indiziaria della fittizietà RAGIONE_SOCIALE operazioni emesse dalle società del signor COGNOME era data dalla dimostrazione di come le dette società avessero avuto una vita breve; avevano visto distrutta e smarrita la documentazione contabile; gli approvvigionamenti
risultavano fondati su «non ricordo»; le stesse, non avendo dipendenti per fornire i servizi fatturati alle società del gruppo RAGIONE_SOCIALE, si avvaleva di società terze quali la «RAGIONE_SOCIALE», la «RAGIONE_SOCIALE», la «RAGIONE_SOCIALE»; per il lancio di «SMS» era stato fatto il nome della «RAGIONE_SOCIALE» di Roma, che aveva smentito di aver fornito servizi al Lo COGNOME; era stato pure accertato che un altro fornitore del Lo COGNOME, la società «RAGIONE_SOCIALE» aveva curato in un’unica occasione un lancio di sms, ma non per il marchio «Euronics»;
-) il controllo sostanziale svolto sui terzi fornitori aveva chiarito che le prestazioni asseritamente acquistate, in realtà non erano mai state effettuate, dal momento che i legali rappresentanti di queste società non ricordavano, ovvero erano reticenti a fornire elementi circostanziali che potessero attestare il reale svolgimento di qualsiasi operazione; -) sulle sentenze di merito della Commissione tributaria provinciale di Roma precisamente la n. 406/33/12 ed altre, le quali avevano affermato l’effettività RAGIONE_SOCIALE operazioni, si osservava che i servizi acquisiti erano diversi da quelli riguardanti le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, per cui l’avere fornito la prova dell’effettività di quelle operazioni, nulla poteva apportare alla
presente controversia;
-) diversamente da quanto ritenuto dalla Commissione tributaria provinciale, era stato accertato dalla Commissione tributaria regionale della Puglia che le aziende del signor COGNOME erano mere cartiere e, quindi, inidonee a fornire servizi di alcun genere (sentenza n. 631/25/14, depositata il 18 marzo 2014, con riguardo alle società RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE);
-) tale decisione sulle società del signor COGNOME, che aveva impugnato gli avvisi di accertamento che avevano investito a cascata tutti i soggetti beneficiari RAGIONE_SOCIALE fatture emesse, sebbene impugnata per Cassazione da parte RAGIONE_SOCIALE stesso COGNOME, chiariva allo stato il merito della pretesa e, quindi, la natura fittizia RAGIONE_SOCIALE operazioni commerciali
da queste poste in essere nei confronti di una molteplicità di soggetti, tra cui le odierne appellate;
-) la sentenza n. 406/33/12 della Commissione tributaria provinciale di Roma sulla RAGIONE_SOCIALE era stata depositata il 27 novembre 2012, la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Foggia n. 303/01/13 su RAGIONE_SOCIALE era stata depositata il 13 dicembre 2013, mentre quella su RAGIONE_SOCIALE era del 18 marzo 2014, per cui non rileva in alcun modo il giudicato formatosi, dal momento che la chiave per la decisione risiedeva solamente nella decisione relativa alla cartiera RAGIONE_SOCIALE, assunta successivamente a quelle pronunce ed anche le ulteriori pronunce emesse dai giudici di primo grado non avevano valore di cosa passata in giudicato essendo al momento oggetto d’appello dall’Ufficio finanziario.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a quattro motivi.
L ‘RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Deve premettersi che sia nel giudizio di primo grado, che nel giudizio di secondo grado è stata parte del processo la società RAGIONE_SOCIALE, alla quale non è stato notificato né il ricorso per cassazione, né il controricorso.
1.1 Ritiene, sul punto, la Corte che, stante la decisione che segue in ordine al contenuto dell’impugnazione qui proposta , debba applicarsi la giurisprudenza di questa Corte secondo cui il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione RAGIONE_SOCIALE stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio,
da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti, con la conseguenza che in presenza di un ricorso per cassazione «prima facie» infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali RAGIONE_SOCIALE parti, in violazione dei principi del giusto processo e della durata ragionevole dei giudizi ex art. 111 Cost. e 6 CEDU (Cass., 17 giugno 2019, n. 16141; Cass., 11 marzo 2020, n. 6924; Cass., 3 luglio 2021, n. 18890; Cass., agosto 2022, n. 23832).
Tanto premesso, il primo mezzo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di fatto controverso e decisivo. La Commissione tributaria regionale aveva omesso di esaminare il fatto, dibattuto tra le parti e decisivo, che le società dirette fornitrici della ricorrente (la società RAGIONE_SOCIALE, rilevante per l’anno 2007 e la RAGIONE_SOCIALE, rilevante per tutti gli anni oggetto di causa) avevano svolto concreta attività di fornitura di servizi pubblicitari come accertato nei giudizi relativi ad altre società del gruppo cui apparteneva la ricorrente, sicché le medesime fornitrici non potevano essere qualificate come «cartiere», come si ricavava dalla sentenza (passata in giudicato) della Commissione tributaria provinciale di Roma n. 406/33/12, emessa nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e dell’RAGIONE_SOCIALE entrate, oltre che della sentenza n. 303/01/13 del 13 dicembre 2013 e della sentenza n. 4187/54/14 del 3 marzo 2014 della Commissione tributaria provinciale di R oma. L’avere ritenuto le società dirette fornitrici della ricorrente società cartiere
aveva avuto la determinante conseguenza (quanto meno) di avere mandato esente l’Ufficio dall’onere probatorio circa la effettività o meno RAGIONE_SOCIALE operazioni oggetto RAGIONE_SOCIALE fatture contestate, che, di conseguenza, la Commissione tributaria regionale aveva giudicato come non effettuate. Né vi erano altri punti della motivazione della sentenza idonei a dare sostegno alla decisione impugnata, così il riferimento alla «vita breve» RAGIONE_SOCIALE medesime società, alla «contabilità smarrita», al «non avere dipendenti», nonché il riferimento a rapporti, forse fittizi (per convenienza fiscale limitata alla sfera di interessi del Lo COGNOME), tra le società dirette fornitrici della ricorrente ed i fornitori «a monte». Il punto della qualificazione RAGIONE_SOCIALE società del COGNOME COGNOME come «cartiere» permeava l’intero tessuto motivazionale della sentenza impugnata, sicché assumeva rilevanza decisiva l’avere omesso di considerare, ai fini della stessa qualificazione, la esistenza di una effettiva operatività di quelle società (a prescindere dalla specifica tipologia RAGIONE_SOCIALE operazioni commerciali poste in essere, comunque sempre nell’ambito dei servizi pubblicitari ed a prescindere dalla organizzazione interna – dipendenti – o esterna della quale le società dirette fornitici si fossero avvalse), operatività che risultava dalle sentenze depositate ed invocate dalla società contribuente.
3. Il secondo mezzo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di fatto controverso e decisivo. La sentenza impugnata aveva omesso di pronunciarsi circa il fatto, discusso e decisivo, che le società dirette fornitrici della ricorrente erano dotate di collaboratori, come dedotto e risultante dalla ampia corrispondenza intercorsa nel tempo e dai lavori eseguiti, come attestato nelle perizie informatiche depositate e svolte una su un personal computer della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed un’altra su DVD contenenti spot pubblicitari video ed audio, depositate in primo grado in data 27 febbraio 2014.
4. Il terzo mezzo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 2909 cod. civ. e 116 cod. proc. civ.., in quanto la sentenza impugnata aveva attribuito valore di prova legale ad una sentenza resa tra soggetti terzi (società fornitrici e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE), per di più non passata in giudicato e relativa a profili diversi dalla evasione fiscale contestata alla ricorrente e, invece, riferibile unicamente ai fornitori. La Commissione tributaria regionale aveva utilizzato, ai fini del decidere, un documento (la sentenza n. 631/25/14) al quale aveva attribuito pieno valore probatorio, documento che, nel presente giudizio, non poteva averne (sia perché consistente in una sentenza resa tra soggetti terzi, sia perché, comunque, non passata in giudicato), dovendo al più essere assoggetto al «prudente apprezzamento» ex art. 116 cod. proc. civ., del quale il Giudice regionale, in coerenza con l’errata qualificazione probatoria del documento, non aveva dato conto.
5. Il quarto mezzo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza o del procedimento per violazione o falsa applicazione degli artt. 112 e 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ. e dell’art. 36, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992. La sentenza impugnata aveva una motivazione inesistente o di mera apparenza, laddove presentava argomentazioni riferibili alla (possibile) evasione fiscale RAGIONE_SOCIALE società fornitrici facendone meccanicamente derivare una evasione fiscale in capo alla ricorrente. La meccanicità del ragionamento (peraltro inespresso ed implicito) adottato dai giudici di secondo grado non rispondeva a quanto chiesto ed eccepito dalla società contribuente (art. 112 cod. proc. civ.) e, d’altro lato, non consentiva di comprendere il motivo per il quale le false fatturazioni acquisite dal COGNOME presso propri presunti fornitori «a monte» consentiva di desumere una evasione «a valle» in capo alla odierna ricorrente (art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ.).
Il quarto motivo, la cui trattazione è prioritaria, è inammissibile, oltre che infondato.
6.1 E’ inammissibile perché, secondo l’orientamento di questa Corte, il rapporto tra le istanze RAGIONE_SOCIALE parti e la pronuncia del giudice, agli effetti dell’art. 112 cod. proc. civ., può dare luogo a due diversi tipi di vizi: se il giudice omette del tutto di pronunciarsi su una domanda od un’eccezione, ricorrerà un vizio di nullità della sentenza per error in procedendo , censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.; se, invece, il giudice si pronuncia sulla domanda o sull’eccezione, ma senza prendere in esame una o più RAGIONE_SOCIALE questioni giuridiche sottoposte al suo esame nell’ambito di quella domanda o di quell’eccezione, ricorrerà un vizio di motivazione, censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ. e l’erronea sussunzione nell’uno piuttosto che nell’altro motivo di ricorso del vizio che il ricorrente intende far valere in sede di legittimità comporta l’inammissibilità del ricorso (Cass., 22 maggio 2019, n. 13743; Cass., 11 maggio 2012, n. 7268).
6.2 E’ infondato perché la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., 5 luglio 2022, n. 21302; Cass., 1 marzo 2022, n. 6758).
6.3 Nel caso in esame, la Commissione tributaria regionale, sulla premessa che la società ricorrente, accanto a quella che era la pubblicità «ordinaria» (volantini e quant’altro) aveva acquistato servizi pubblicitari consistenti nell’invio di newsletter da società facenti capo al signor COGNOME, il quale agiva da broker dal momento che non aveva
dipendenti e non provvedeva direttamente a fornire quei servizi, che dovevano essere forniti da società terze, ha affermato che la prova piena ed indiziaria della fittizietà RAGIONE_SOCIALE operazioni emesse dalle società del signor COGNOME era data: 1) dalla dimostrazione di come le dette società avessero avuto una vita breve; 2) dalla distruzione/smarrimento della documentazione contabile; 3) dagli approvvigionamenti fondati su «non ricordo»; 4) dalla circostanza che il signor COGNOME, non avendo dipendenti per fornire i servizi fatturati alle società del gruppo RAGIONE_SOCIALE, si era avvalso di società terze quali la «RAGIONE_SOCIALE», la «RAGIONE_SOCIALE», la «RAGIONE_SOCIALE»; 5) dal fatto che per il lancio di «SMS» era stato fatto il nome della «RAGIONE_SOCIALE» di Roma, che aveva smentito di aver fornito servizi al signor COGNOME; 6) dall’accertamento eseguito presso un altro fornitore del COGNOME, la società «RAGIONE_SOCIALE», che aveva curato in un’unica occasione un lancio di sms, ma non per il marchio «Euronics». I giudici di secondo grado hanno, dunque, ritenuto che il controllo sostanziale svolto sui terzi fornitori aveva chiarito che le prestazioni asseritamente acquistate, in realtà non erano mai state effettuate, dal momento che i legali rappresentanti di queste società non ricordavano, ovvero erano reticenti a fornire elementi circostanziali che potessero attestare il reale svolgimento di qualsiasi operazione.
6.4 Risulta, pertanto, evidente che la decisione impugnata assolve in misura adeguata al requisito di contenuto richiesto dalle disposizioni di legge di cui il ricorso lamenta la violazione, attesa l’esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto della decisione, sufficiente ad evidenziare il percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione.
Il primo motivo è infondato.
7.1 Non sussiste il vizio di omesso esame dedotto, in quanto la Commissione tributaria regionale ha espressamente preso in esame la sentenza (passata in giudicato) della Commissione tributaria
provinciale di Roma n. 406/33/12 e le altre sentenze, affermando che i servizi acquisiti erano diversi da quelli acquisiti dalla società RAGIONE_SOCIALE, per cui l’avere fornito la prova dell’effettività di quelle operazioni, nulla poteva apportare alla presente controversia e che, diversamente da quanto ritenuto dalla Commissione tributaria provinciale, era stato accertato dalla Commissione tributaria regionale della Puglia, con la sentenza n. 631/25/14, depositata il 18 marzo 2014, con riguardo alle società RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, che le aziende del signor COGNOME erano mere cartiere e, quindi, inidonee a fornire servizi di alcun genere.
Il secondo motivo, laddove lamenta l’omesso esame del fatto che le società dirette fornitrici della ricorrente erano dotate di collaboratori, come dedotto e risultante dalla ampia corrispondenza intercorsa nel tempo e dai lavori eseguiti e come attestato nelle perizie informatiche depositate e svolte una su un personal computer della RAGIONE_SOCIALE ed un’altra su DVD contenenti spot pubblicitari video ed audio, è inammissibile, atteso che il vizio dedotto non può consistere in un apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, spettando soltanto al giudice di merito di individuare le fonti del proprio convincimento, controllare l’attendibilità e la concludenza RAGIONE_SOCIALE prove, scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione dando liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova (Cass., 3 ottobre 2018, n. 24035; Cass., 8 ottobre 2014, n. 21152; Cass., 23 maggio 2014, n. 11511); né la Corte di cassazione può procedere ad un’autonoma valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze degli atti di causa (Cass., 7 gennaio 2014, n. 91; Cass., Sez. U., 25 ottobre 2013, n. 24148).
Il terzo motivo è pure inammissibile, perché non si confronta con il contenuto della sentenza impugnata che, lungi dall’attribuire valore legale alla sentenza n. 631/25/14, depositata il 18 marzo 2014, ha affermato, in risposta alle sentenze di merito richiamate dalla società
ricorrente al fine di riscontrare l’effettività RAGIONE_SOCIALE operazioni oggetto di accertamento, che, piuttosto, vi era altra sentenza che aveva accertato che le aziende del signor COGNOME erano mere cartiere e, dunque, inidonee a fornire servizi di alcun genere, dando peraltro atto che la sentenza risultava impugnata in Cassazione.
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere rigettato e la società ricorrente va condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, sostenute dalla RAGIONE_SOCIALE controricorrente e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.300,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, in data 16 gennaio 2024.