Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9835 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9835 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/04/2024
Oggetto: II.DD. IVA -accertamento induttivo operazioni sogg. e ogg. inesistenti
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20305/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL), domiciliata presso la Cancelleria della Corte di cassazione;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, n.249/7/2016 depositata il 1° febbraio 2016, non notificata. Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 26 gennaio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, è stato rigettato l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 476/15/14 della Commissione Tributaria Provinciale di Bari, che aveva rigettato il ricorso proposto dalla contribuente, avverso l’ avviso di accertamento per II.DD., IVA e accessori relativo a ll’ anno di imposta 2008 notificatole dall’ RAGIONE_SOCIALE delle Entrate.
A seguito della contestazione di operazioni soggettivamente ed oggettivamente inesistenti poste in essere dalla contribuente con la RAGIONE_SOCIALE, venivano disconosciuti costi portati dalla contribuente in deduzione dalla base imponibile quali componenti negative di reddito e la relativa IVA in detrazione.
La Commissione Tributaria Provinciale riteneva legittimo e adeguatamente motivato ai fini dell’art.7 della legge n.212/2000 l’accertamento dell’RAGIONE_SOCIALE, condotto ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. c) del d.P.R. n. 600/1973.
Il giudice di secondo grado respingeva l’appello del contribuente ritenendo a sua volta che l’avviso di accertamento emesso dall’Ufficio fosse sufficientemente motivato, pur non essendo stato allegato all’avviso di accertamento il p.v.c. elevato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE.
Avverso la sentenza della CTR propone ricorso il contribuente, affidato a tre motivi, che illustra con memoria, cui replica l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo parte ricorrente – ai fini dell’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. -lamenta la violazione degli artt. 39 comma 1 lett. c), 42 del d.P.R. n. 600/1973, 56 comma 4 del d.P.R. n. 633/1972 e 7 del d.lgs. n. 212/2000 per non aver la CTR tenuto conto della mancata allegazione del p.v.c. richiamato ne ll’atto impositivo, o riproduzione del suo contenuto essenziale e, dunque, la nullità dell’avviso per insufficiente motivazione.
Il motivo non può trovare ingresso. Va data continuità anche in questa sede al principio di diritto (cfr. Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 36852 del 15/12/2022) secondo il quale, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, il diritto di accesso alle informazioni sottostanti l’emissione dell’atto impugnato può essere esercitato solo se, e nella misura in cui, sia strumentale all’esercizio del diritto di difesa. Questo può dirsi violato ove il contribuente illustri come ed in che termini la tempestiva ostensione degli elementi di fatto a lui favorevoli, e non contenuti negli atti impositivi impugnati, avrebbe potuto influenzare l’esito dell’accertamento nei propri confronti. Nel caso di specie la società ricorrente non chiarisce in alcun modo come la mancata esibizione in fase amministrativa del p.v.c. non allegato all’avviso avrebbe leso il diritto di difesa, onere che sarebbe stato agevole assolvere -in caso di positiva lesione -perché il documento è poi stato prodotto nel corso del giudizio dall’RAGIONE_SOCIALE.
Con il secondo motivo la società ricorrente -in relazione a ll’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. -deduce la violazione da parte della sentenza impugnata dell’art. 2697, comma 1, cod. civ., con riferimento agli artt. 39 e 40 del d.P.R. n. 600/1973 e 54 del d.P.R. n. 633/1972, nonché agli artt.115 e 116 cod. proc. civ.. 8. Il motivo è infondato.
8.1. Premesso che nel caso di specie alla contribuente sono state contestate sia operazioni oggettivamente sia soggettivamente inesistenti, come si legge a pag.5 della sentenza impugnata, circa l’onere
della prova in caso di riprese per operazioni soggettivamente inesistenti, va reiterato il principio di diritto in tema di IVA (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 9851 del 20/04/2018; conforme Sez. 5 – , Ordinanza n. 27555 del 30/10/2018) secondo il quale l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi.
8.2. Diversamente da quanto sopra invece, quando le riprese sono per operazioni oggettivamente inesistenti, una volta assolta da parte dell’Amministrazione finanziaria la prova (ad esempio, mediante la dimostrazione che l’emittente è una “cartiera” o una società “fantasma”) dell’oggettiva inesistenza delle operazioni, la giurisprudenza (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 17619 del 05/07/2018) afferma che spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, senza che, tuttavia, tale onere possa ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, che vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia.
8.3. Orbene l’accertamento fattuale condotto dalla CTR alle pagg.46 della sentenza impugnata segue i principi di diritto che precedono, avendo il giudice accertato sia la natura di cartiera della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per l’ « oggettiva impossibilità che la suddetta RAGIONE_SOCIALE fornitrice potesse assolvere a forniture di tale rilevanza » (cfr. p.5 sentenza d’appello) , sia la conoscibilità (« non potesse essere a conoscenza », ibidem) della partecipazione alla frode fiscale da parte della contribuente, attraverso un’articolata motivazione in cui – tra l’altro – vengono considerati irrilevanti i pagamenti, conformemente alla giurisprudenza citata. Tale accertamento non è utilmente censurato con il presente mezzo di impugnazione, che sostanzialmente chiede una rivalutazione della prova preclusa in sede di legittimità.
Con il terzo motivo del ricorso principale -in relazione a ll’art.360 primo comma n.5 cod. proc. civ. -si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in quanto la contestazione della falsità delle operazioni contestate sarebbe stata smentita sia dalla maggiore produzione delle cassette di legno, parte delle quali aveva costituito oggetto dell’acquisto da RAGIONE_SOCIALE, sia dall’appostazione in bilancio delle rimanenze dei fondi.
La censura è inammissibile per doppia conforme con riferimento al paradigma del prospettato vizio motivazionale alla luce del doppio rigetto della prospettazione di parte contribuente sia in primo sia secondo grado. Infatti, l’abrogazione dell’art. 348-ter cod. proc. civ., già prevista dalla legge delega n.206/2021 attuata per quanto qui interessa dal d.lgs. n.149/2022, ha comportato il collocamento all’interno dell’art. 360 cod. proc. civ. di un terzo comma, con il connesso adeguamento dei richiami, il quale ripropone la disposizione dei commi quarto e quinto dell’articolo abrogato e prevede l’inammissibilità del ricorso per cassazione per il motivo previsto dal n. 5 dell’art. 360 citato, ossia per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La contribuente non
11. Il ricorso è conclusivamente rigettato. Le spese di lite sono regolate come da dispositivo e seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 4.300 per compensi, oltre Spese prenotate a debito.
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso il 26.1.2024