LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Fatture false: onere della prova e diritto di difesa

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9835/2024, ha rigettato il ricorso di un’azienda a cui erano state contestate fatture false per operazioni sia soggettivamente che oggettivamente inesistenti. La Corte ha ribadito i principi sull’onere della prova: se l’Amministrazione finanziaria dimostra che il fornitore è una ‘cartiera’, spetta al contribuente provare l’effettiva esistenza delle operazioni, non essendo sufficienti fatture e pagamenti. È stato inoltre chiarito che la mancata allegazione di un atto all’avviso di accertamento non lo invalida automaticamente se non viene dimostrato un concreto pregiudizio al diritto di difesa.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Fatture False: La Cassazione chiarisce l’Onere della Prova per le Aziende

L’utilizzo di fatture false è una delle pratiche più insidiose nel panorama della fiscalità d’impresa, con gravi conseguenze sia per chi le emette sia per chi le utilizza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sulla ripartizione dell’onere della prova e sui limiti del diritto di difesa del contribuente. Vediamo nel dettaglio cosa ha stabilito la Suprema Corte.

Il Caso: Accertamento Fiscale per Operazioni Inesistenti

Una società si è vista recapitare un avviso di accertamento con cui l’Amministrazione finanziaria contestava l’indebita deduzione di costi e detrazione dell’IVA relativi a una serie di fatture. Secondo il Fisco, le operazioni erano sia soggettivamente che oggettivamente inesistenti, in quanto la ditta fornitrice era una mera “cartiera”, una società fittizia creata al solo scopo di emettere documenti fiscali.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione all’Agenzia, confermando la legittimità dell’accertamento. L’azienda ha quindi deciso di presentare ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali.

I Motivi del Ricorso e le Fatture False

L’azienda ricorrente ha lamentato:

1. Violazione del diritto di difesa: L’avviso di accertamento faceva riferimento a un processo verbale di constatazione (p.v.c.) redatto nei confronti della ditta fornitrice, ma non lo aveva allegato né ne aveva riportato il contenuto essenziale, limitando così la possibilità di difendersi adeguatamente.
2. Errata ripartizione dell’onere della prova: A dire della società, l’Amministrazione finanziaria non aveva fornito prove sufficienti a dimostrare l’inesistenza delle operazioni e la consapevolezza della frode da parte dell’azienda stessa.
3. Omesso esame di un fatto decisivo: I giudici di merito non avrebbero considerato prove cruciali fornite dall’azienda, come l’aumento della produzione che giustificava gli acquisti e le rimanenze di magazzino.

La Decisione della Corte: l’Onere della Prova su Fatture False

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti fondamentali.

Sul primo punto, i giudici hanno specificato che la mancata allegazione di un atto non rende automaticamente nullo l’avviso di accertamento. Il contribuente deve dimostrare in modo specifico come e perché la tempestiva conoscenza di quell’atto avrebbe potuto cambiare l’esito della controversia. In questo caso, l’azienda non ha fornito tale dimostrazione.

Il cuore della decisione riguarda però l’onere della prova in materia di fatture false. La Corte ha ribadito la distinzione consolidata:

* Operazioni oggettivamente inesistenti: Quando il Fisco fornisce prove sufficienti a dimostrare che le operazioni non sono mai avvenute (ad esempio, provando che il fornitore è una “cartiera” senza struttura), l’onere della prova si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, e non può farlo semplicemente esibendo la fattura o la prova del pagamento, elementi che sono tipicamente utilizzati proprio per mascherare la frode.
* Operazioni soggettivamente inesistenti: Se l’operazione è reale ma è intercorso un soggetto diverso da quello indicato in fattura, il Fisco deve provare non solo la fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza (o la colpevole ignoranza) del destinatario della fattura.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente applicato questi principi, avendo accertato sia la natura di ‘cartiera’ della ditta fornitrice, sia la conoscibilità della frode da parte della società acquirente.

Infine, il terzo motivo è stato dichiarato inammissibile per il principio della “doppia conforme”, che impedisce di contestare la valutazione dei fatti in Cassazione quando i due gradi di giudizio precedenti sono giunti alla medesima conclusione.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un orientamento giurisprudenziale consolidato. I giudici hanno sottolineato che, una volta dimostrata dall’Amministrazione finanziaria l’inconsistenza economica del fornitore (la sua natura di ‘cartiera’), diventa onere del contribuente fornire una prova rigorosa della realtà delle forniture. Le prove formali, come le fatture e i movimenti bancari, perdono di valore probatorio perché sono strumenti tipicamente usati negli schemi fraudolenti. La Corte ha inoltre evidenziato che il diritto di difesa non è leso in astratto dalla mancata allegazione di un documento, ma solo se il contribuente è in grado di dimostrare un pregiudizio concreto e specifico alla sua capacità di argomentare e provare le proprie ragioni, cosa non avvenuta nel caso di specie.

Le conclusioni

Questa ordinanza conferma la necessità per le imprese di adottare un approccio di massima diligenza nella scelta dei propri partner commerciali. Verificare la reale struttura operativa di un fornitore non è solo una buona pratica commerciale, ma una cautela indispensabile per non essere coinvolti, anche inconsapevolmente, in frodi fiscali. La decisione ribadisce che, di fronte a fatture false, la sola apparenza formale non è sufficiente a tutelare il contribuente, il quale, se le circostanze lo richiedono, deve essere in grado di provare la sostanza e la realtà delle operazioni economiche realizzate.

Quando l’Amministrazione finanziaria contesta fatture false, su chi ricade l’onere della prova?
La ripartizione dell’onere della prova dipende dal tipo di inesistenza contestata. Se l’operazione è ‘oggettivamente inesistente’ (mai avvenuta) e l’Agenzia prova che il fornitore è una ‘cartiera’, l’onere di dimostrare la realtà della transazione si sposta sul contribuente. Se è ‘soggettivamente inesistente’ (avvenuta con un soggetto diverso), l’Agenzia deve provare anche la consapevolezza della frode da parte del contribuente.

La mancata allegazione di un documento richiamato nell’avviso di accertamento lo rende sempre nullo?
No. Secondo la Corte, l’avviso non è automaticamente nullo. Il diritto di difesa è violato solo se il contribuente riesce a illustrare specificamente come la tempestiva conoscenza di quel documento avrebbe potuto influenzare positivamente l’esito dell’accertamento a suo favore.

Basta esibire fatture e pagamenti per dimostrare la realtà di un’operazione contestata come oggettivamente inesistente?
No. La Corte di Cassazione afferma che, una volta provata la natura fittizia del fornitore (es. ‘cartiera’), l’esibizione della fattura o la prova della regolarità dei pagamenti non sono sufficienti a dimostrare l’effettiva esistenza dell’operazione, poiché tali elementi formali vengono di regola utilizzati proprio per far apparire reale un’operazione fittizia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati