Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4700 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4700 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/02/2024
Oggetto: iva – operazioni
sogg.
te
inesistenti
–
provia
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 16262/2022 proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIOCOGNOMEAVV_NOTAIO (PEC EMAIL) congiuntamente e disgiuntamente con l’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL) in virtù di procura speciale in atti;
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE (PEC: EMAIL)
-ricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 8643/11/21 depositata in data 13/12/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/01/2024 dal Consigliere Relatore NOME COGNOME;
Rilevato che:
-la RAGIONE_SOCIALE esercente attività all’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ha impugnato l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO per l’anno di imposta 2013 notificato in data 21.12.2018 dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con il quale, sulla base della segnalazione della Direzione Provinciale di Como redatta a carico di vari soggetti, tra i quali la RAGIONE_SOCIALE era stato rettificato l’ammontare degli acquisti imponibili ai fini IVA da Euro 125.545,00 ad Euro 83.053,00 per effetto del disconoscimento dell’importo di Euro 42.492,00 relativo ad operazioni soggettivamente inesistenti con conseguente IVA indebitamente detratta di Euro 8.952,00;
-la CTP accoglieva il ricorso;
-appellava l’Ufficio;
-con la sentenza gravata la CTR campana ha accolto l’impugnazione, in quanto ha ritenuto comprovata la frode posta in essere mediante l’interposizione fittizia della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e la consapevolezza nella RAGIONE_SOCIALE della simulazione posta in essere nelle operazioni commerciali oggetto di rilievo;
-ricorre a questa Corte la RAGIONE_SOCIALE contribuente con atto affidato a due motivi, contenenti plurimi profili di censura;
-resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE;
-depositata la proposta di definizione accelerata del giudizio da parte del Consigliere delegato, la RAGIONE_SOCIALE contribuente ha chiesto la decisione del Collegio ex art. 380 bis comma secondo c.p.c.;
Considerato che:
-il primo motivo di ricorso lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 19, primo comma, e 54 secondo
comma, del d.p.r. n. 633 del 1972, nonché dei principi indicati nelle sentenze della Corte di Giustizia, nonché degli artt. 2697 c.c. , 115 c.p.c., 1 comma, 112 c.p.c. comma 2, corrispondenza tra chiesto e pronunciato, vizio di ultra petizione, in relazione all’articolo 360 , comma 1°, n. 3 e 4, c.p.c. per avere la CTR erroneamente applicato i principi in materia di onere della prova, senza provare l’esistenza di elementi indiziari in ordine alla inesistenza soggettiva RAGIONE_SOCIALE operazioni a fronte di elementi indiziari favorevoli al contribuente e non contestati dall’Ufficio; la sentenza impugnata, inoltre, avrebbe, secondo parte ricorrente, trasformato una contestazione di operazione soggettivamente inesistente in operazione oggettivamente inesistente;
-il motivo è infondato;
-va premesso che la censura, sia pur diretta principalmente a contestare le affermazioni dell’avviso di accertamento, contiene anche critiche alle affermazioni svolte dalla pronuncia impugnata (sia pure sinteticamente espresse e con passaggi molto limitati nel contenuto censorio, alle pag. 14, 17 e 21 dell’atto);
-venendo al contesto della doglianza, quanto ai principi applicati in tema di onere della prova, invero, la CTR ha rilevato dapprima come ‘ oltre ad una conclamata inidoneità allo svolgimento dell’attività economica della RAGIONE_SOCIALE e ad una non corrispondenza tra la RAGIONE_SOCIALE cedente e la RAGIONE_SOCIALE coinvolta nell’operazione, l’Amministrazione finanziaria ha provato che il legale rappresentante dell’appellata non conosceva il legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE e che la RAGIONE_SOCIALE, prima di instaurare rapporti commerciali con la RAGIONE_SOCIALE non aveva acquisito informazioni sulla stessa a mezzo stampe, materiale pubblicitario, sito internet, articoli o riviste, prassi e comportamenti questi estranei al mercato e contrari alla logica
commerciale, per la quale vengono prese informazioni commerciali sulle RAGIONE_SOCIALE con le quali si instaurano per la prima volta rapporti economici. Pertanto, l”Ufficio ha dimostrato in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta e che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente’. Ritenuto quindi correttamente -sussistenti elementi presuntivi idonei in ordine alla prova della inesistenza soggettiva dell’operazione, la sentenza di appello ha esaminato gli elementi dedotti dal contribuente al fine di verificare se la sua condotta fosse stata o meno adeguatamente diligente. E sul punto, la CTR ha osservato come ‘la RAGIONE_SOCIALE appellata ha opposto di essersi recata in un Centro all’RAGIONE_SOCIALE nella zona di Osmannoro di Sesto Fiorentino e di essersi relazionato per gli acquisti con la segretaria della RAGIONE_SOCIALE e con tale NOME, del quale non ha saputo indicare il cognome, aggiungendo che il trasporto era avvenuto con gli automezzi di proprietà della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Tale prospettazione è priva di fondamento e di valenza probatoria, essendosi il legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE limitato ad indicare due nominativi senza fornire alcun cognome, né recapito telefonico che valesse ad individuarli, sì che detti nominativi appaiono essere espressione di un escamotage difensivo e sono inidonei a dimostrare l’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni e la buona fede dell’appellata. Anche la circostanza che le forniture fossero avvenute a mezzo di automezzi della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è rimasta sfornita di prova e l’indicazione del centro di vendita all’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE sito in Osmannoro, centro realmente esistente, quale punto di acquisto RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è in realtà una mera enunciazione, in quanto non è
stata fornita alcuna prova della presenza della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in detto centro vendite, né di contatti con detta RAGIONE_SOCIALE, anche a mezzo mail, con la conseguenza che sarebbe stato equivalente l’indicazione di altro centro di vendita all’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in Toscana e di altri due nominativi di una fantomatica segretaria e di un dipendente. E ciò specie se si consideri che la RAGIONE_SOCIALE è una RAGIONE_SOCIALE a socio unico, che non ha un grosso volume di affari e un considerevole numero di fornitori. Resta da aggiungere che l’appellata ha depositato una foto estratta da Google rappresentate l’ingresso del centro di vendita di Osmannoro mentre avrebbe dovuto produrre una foto RAGIONE_SOCIALE stand della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in detto centro di vendita all’RAGIONE_SOCIALE, posto che è stato accertato, come sopra detto, che la RAGIONE_SOCIALE non ha mai avuto attrezzature e dipendenti’;
-tale andamento ragionativo e argomentativo, è del tutto incentrato -diversamente da quanto sostiene il ricorrente -sul piano della prova della inesistenza soggettiva e non oggettiva RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, la cui materiale esistenza non viene mai in rilievo; la sentenza impugnata affronta unicamente il tema della prova indiziaria di elementi di inesistenza soggettiva (ritenendola fornita dall’Ufficio, il quale ne era onerato) e RAGIONE_SOCIALE speculare e connesso tema della prova della diligenza in capo al contribuente (ritenendo che questi non l’abbia fornita, essendone onerato alla luce dell’esistenza degli elementi di cui appena sopra si è detto);
-così procedendo, il giudice dell’appello ha correttamente applicato la costante giurisprudenza di questo Giudice della Legittimità (in ultimo, tra molte, Cass. Sez.5, Sentenza n. 24471 del 09/08/2022) in tema di detrazione dell’IVA, in caso di operazioni che siano qualificate e contestate come soggettivamente inesistenti, l’ Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, anche in via indiziaria, non solo che il
fornitore era fittizio, ma anche che il destinatario era consapevole, disponendo di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto, che l’operazione era finalizzata all’evasione dell’imposta, essendo sostanzialmente inesistente il contraente;
-incombe, invece, sul contribuente la prova contraria di aver agito nell’assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita RAGIONE_SOCIALE merci odei servizi;
-la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha ispirato e confermato tali conclusioni, sia pure sottolineando che il contribuente non può soffrire conseguente pregiudizievoli dal comportamento fiscale del terzo (CGUE, sentenza del 21.6.2012, causa C-80/11); nondimeno, sul piano probatorio, la giurisprudenza di questa Corte, in tema di detrazione iva correlata ad operazioni ritenute inesistenti, in coerenza con la Corte dell’Unione afferma che la prova che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che la cessione dei RAGIONE_SOCIALE si iscriveva in un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto, può essere fornita dall’Amministrazione anche mediante presunzioni – come espressamente prevede l’art. 54, comma 2, d.P.R. 633 del 1972 – valorizzando, nel quadro indiziario, quali elementi sintomatici della mancata esecuzione della prestazione dal fatturante, l’assenza della minima dotazione personale e strumentale adeguata alla predetta esecuzione, l’immediatezza e la scarsità documentale in ordine ai rapporti con la RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE, una conclamata inidoneità allo svolgimento
dell’attività economica in capo alla stessa e la non corrispondenza tra il cedente e la RAGIONE_SOCIALE coinvolta nell’operazione, (così Cass. sez. V, n. 5339 del 2020);
-in ultimo, quanto alla denunciata violazione dell’art. 112 c.p.c., il motivo risulta inammissibile in quanto propone una questione del tutto estranea alla sentenza oggetto di ricorso;
-il secondo motivo di impugnazione denuncia la violazione dell’art. 36 d. Lgs 546 del 1992 e 132 c.p.c., 115 e 116 c.p.c., per motivazione apparente e/o motivazione perplessa o incomprensibile e/o errata in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 4, cod. proc. civ., per avere la CTR reso motivazione meramente assertiva; la sentenza di appello -secondo la prospettazione della ricorrente -avrebbe taciuto completamente, in termini di adeguata verifica giuridica conforme agli orientamenti giurisprudenziali, sulla alterità tra soggetto formale e soggetto materiale ed ha taciuto sugli indizi oggettivi che, sussistendo al momento dell’acquisto, dovevano insospettire il contribuente, e tanto non ha fatto, in assenza di una pedissequa allegazione e prova da parte dell’RAGIONE_SOCIALE;
-il motivo è manifestamente infondato;
-come si è illustrato in sede di decisione del primo motivo, la pronuncia gravata in realtà è ampiamente sufficiente ad evidenziare il percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione; e come è noto, ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. n. 9105 del 2017; Cass. n. 25456 del
2018; n. 22949 del 2018; Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., sez. 6-5, 28829 del 2021);
-il motivo contiene poi un ulteriore profilo di censura, con il quale ci si duole dell’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’articolo 360 c.p.c. , comma 1, n. 5; ritiene la ricorrente che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha acquistato la merce in un centro RAGIONE_SOCIALE, situato in Osmannoro, INDIRIZZO FiorentinoINDIRIZZO INDIRIZZO, luogo noto e conosciuto, e già noto anche all’amministratore, ove tra gli altri stand vi era quello della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, attrezzato, con scarpe, molte, con una segretaria ed un addetto alle vendite, signor NOME ed una addetta alla vendita e che tutto ciò non è mai stato contestato dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
-tale motivo, risulta inammissibile in quanto nel concreto ripropone questioni -relative alla prova della coincidenza tra il soggetto emittente le fatture contestate e il soggetto che effettivamente ebbe a cedere i RAGIONE_SOCIALE in parola -che costituiscono doglianze di merito, come tali precluse allo scrutinio di questa Corte; in ogni caso, poi, la parte articola la censura quale omesso esame di fatto storico senza indicare in modo analitico e chiaro la circostanza fattuale della quale la sentenza di appello avrebbe trascurato di fare precisa analisi;
-conclusivamente, il ricorso è integralmente rigettato;
-le spese sono liquidate secondo la soccombenza;
-poiché la presente decisione fa seguito ad istanza di decisione proposta al Collegio in seguito alla comunicazione di proposta di definizione accelerata del giudizio ex art. 380 bis c.p.c. va applicata la giurisprudenza recente di questa Corte (si vedano in termini Cass. Sez. U, Ordinanza n. 28540 del 13/10/2023;
Cass. Sez. U, Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023; ancora la recente Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 31839 del 15/11/2023) secondo la quale in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380-bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) -che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. – codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente;
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento in favore di parte controricorrente della somma di euro 2.400,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito; condanna parte ricorrente al pagamento dell’ulteriore somma di euro 1.200,00 ex art. 96 c. 3 c.p.c. in favore di parte controricorrente e infine dell’ulteriore somma di euro 800,00 ex art. 96 c. 4 c.p.c. in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della i. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2024.