Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20270 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20270 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8103/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in POTENZA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende (EMAIL;
-controricorrente e ricorrente incidentale-
Avverso la SENTENZA di CORTE DI RAGIONE_SOCIALE II RAGIONE_SOCIALE MOLISE n. 92/2023 depositata il 13/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/05/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Molise ( hinc: CGT2), con la sentenza n. 92/2023 depositata in data 13/03/2023, ha respinto l’appello principale proposto dall’Agenzia delle Entrate e ha accolto l’appello incidentale proposto dal contribuente contro la sentenza 215/2019, con cui la Commissione tributaria provinciale di Campobasso aveva accolto parzialmente il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE
Dagli atti di causa risulta che il contenzioso riguardasse tre avvisi di accertamento, aventi ad oggetto riprese a titolo di IRES, IVA e IRAP per gli anni 2014, 2015 e 2016 e due provvedimenti di sospensione del rimborso IVA per gli anni 2017 e 2018.
La CTR ha, in particolare, ritenuto che:
-è infondata la contestazione afferente all’ indeducibilità dei costi di carburante e lubrificanti documentati da fatture ‘ Netting’ emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE per l’anno di imposta 2014, ma prive dell ‘ indicazione dei chilometri percorsi, per un totale (IVA compresa al 22%) di € 5.596,06 . Difatti, negli anni d’imposta interessati dall’attività impositiva non vigeva più l’obbligo di indicare ad ogni rifornimento il numero dei chilometri sino allora percorsi;
-la contribuente ha risposto -mediante produzione di documentazione ex art. 32, ultimo comma, d.P.R. n. 600 del 1973, oltre che con una dettagliata memoria circa i rapporti commerciali intercorsi e oggetto di vaglio istruttorio – al questionario trasmesso dall’amministrazione finanziaria avente per oggetto l’esibizione di documentazione fiscale, contabile e contrattuale riguardante il periodo compreso tra l’anno di imposta 2013 e l’anno di imposta
2016 per i rapporti intrattenuti con la società RAGIONE_SOCIALE;
– in merito alle operazioni della società contribuente con RAGIONE_SOCIALE ha rilevato che: « gli avvisi di accertamento in contestazione scaturiscono quasi completamente dal succitato PVC n. 71/2018 redatto in seguito ad una verifica relativa agli anni dal 2013 al 2016 della sezione contrasti illeciti dell’ Agenzia delle Entrate di Roma terminata il 15/05/2018 nei confronti della ‘ RAGIONE_SOCIALE, rilevando la emissione di fatture fittizie emesse dalla stessa ed intestate alla Centrale del latte. Dallo stesso PVC ancorché in modo generico si evince che la GDO Roma non aveva dipendenti, né alcunché di strumenti operativi e strutturali e che il pagamento delle fatture fittizie avveniva tramite bonifici e comunque prove non certe circa l’ effettività delle prestazioni come agente di commercio . Dal corposo PVC di cui sopra emerge altresì che da indagini effettuate dai militari del Nucleo Investigativo dei Carabinieri, la società RAGIONE_SOCIALE Roma era gestita di fatto e ne era titolare tal COGNOME NOME dedito ad attività illecite in collaborazione con COGNOME Toni allo scopo di riciclarne i proventi. Quest’ utimo invitato a presentare idonea documentazione extracontabile ha fornito solo parte della stessa tra l’altro non idonea a giustificare le prestazioni indicate nelle fatture dirette alla Centrale dl RAGIONE_SOCIALE. Dalla documentazione in atti viceversa emerge che, un rapporto commerciale fra la Centrale del latte ed il COGNOME socio della RAGIONE_SOCIALE Roma c’è stato, in quanto la RAGIONE_SOCIALE voleva espandersi per fini commerciali nel Lazio per la vendita di prodottI caseari. In virtù di quanto sopra, qualora si ritiene come nella fattispecie in esame che le fatture intercorse fra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE Roma siano frutto di operazioni inesistenti, spetta
all’Amministrazione Finanziaria che considera tali documenti falsi, provare che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, in realtà non è mai avvenuta. (Cfr. Cass., sez. 5, sentenza n. 18710/2005 del 17/05/2005 depositata il 23/09/2005). In merito al provvedimento di sospensione relativa al rimborso Iva 3^ trimestre 2017 di cui alla Pec del 08 agosto 2018 e rimborso Iva 2^ trimetre 2018 di cui alla Pec del 25 ottobre 2018, in applicazione del DPR 633/1972 art. 38 bis e segg. L’operato del l’ufficio non è conforme alla legge e non essendo stato contestato nel presente giudizio, risulta coperto da giudicato interno. Infatti il succitato art. 38 bis, in via cautelare, in casi di importi superiori ad € 30.000,00 come nella fattispecie, prevede il rilascio di una garanzia fideiussoria o altre modalità previste nello stesso articolo ma non anche la sospensione.»
Contro la sentenza della CGT2 l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con tre motivi.
La società contribuente ha resistito con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale condizionato.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate ha denunciat o la violazione dell’art. 109 t.u.i.r., nonché dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
1.1. La parte ricorrente ha censurato con tale motivo la parte della sentenza impugnata, in cui è stato affermato che: « in data 19/12/2014 la Guardia di Finanza – Sez. polizia tributaria di Campobasso ha redatto un P.V.C. relativo agli anni 2013 e 2014, riguardante la indeducibilità dei costi di carburante e lubrificanti documentati da fatture ‘ Netting’ emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE per l’anno di imposta 2014 ma priva della indicazione dei chilometri percorsi per
un totale Iva compresa al 22% di € 5.596,06. Codesto collegio rileva che negli anni di cui sopra non vigeva più l’obbligo tra l’altro, di indicare ad ogni rifornimento il numero dei chilometri sino allora percorsi tantomeno con l’utilizzo della fattura riepilogativa mensile oggetto di verifica. Pertanto, l’impostazione dell’Ufficio non è meritevole di accoglimento. »
Tale affermazione, secondo la ricorrente, vìola la normativa di riferimento in tema di inerenza del costo e di corretto riparto probatorio. La spesa per carburante della contribuente era stata ritenuta non validamente documentata, in quanto le fatture emesse dalla Eni in regime di netting erano generiche e non era possibile, quindi, identificare esattamente gli automezzi riforniti con il carburante fatturato, verificare la strumentalità degli automezzi e riscontrare l’utilizzo del carburante solo da parte degli automezzi strumentali.
I contratti di netting sono contratti di somministrazione fra il gestore e la compagnia petrolifera, relativamente ai rifornimenti effettuati direttamente dall’utente che per il pagamento utilizza apposite ‘card aziendali’. Tali rifornimenti sono fatturati all’utente del veicolo, mentre il gestore provvede a rifatturare alla compagnia petrolifera l’operazione effettuata nei confronti del cliente. Gli utilizzatori dei veicoli della società devono compilare, mensilmente, un documento, numerato e datato, nel quale devono essere indicati anche i chilometri percorsi. Nonostante le modifiche apportate dall’art. 7, comma 2, lettera p), d.l. 13/05/2011, n. 70 (c.d. Decreto Sviluppo), con l’inserimento del comma 3bis all’articolo 1 del richiamato D.P.R. n. 444 del 1997, nell’ipotesi in cui le fatture riepilogative dei rifornimenti eseguiti con l’utilizzo di carte magnetiche non riportino il chilometraggio del mezzo rifornito oppure nel caso in cui l’indicazione dei chilometri fornisca un quadro inattendibile, l’Ufficio ne può le gittimamente disconoscere il relativo costo (Cass. 13/09/2018, n. 22344).
La parte ricorrente ha, quindi, riprodotto -a pag. 21 ss. del ricorso in cassazione – i fogli del PVC dove sono allegati e comprovati i fatti posti a base della contestazione relativa alla non inerenza dei costi, mentre, a pag. 29, ss. ha riprodotto le motivazioni dell’ avviso di accertamento.
1.2. Il motivo è fondato. Secondo questa Corte, infatti, in tema di imposte dirette ed IVA, l’acquisto di carburante effettuato a mezzo di apposite carte di credito aziendali o contratti di somministrazione (cd. “netting”) non esonera il contribuente dal comprovare, con idonea documentazione, l’inerenza dell’operazione all’attività d’impresa; ne consegue che, laddove la fatturazione sia priva degli elementi che consentano di dimostrare la riferibilità di dette spese ai mezzi strumentali impiegati per l’esercizio dell’impresa, va esclusa la deducibilità dei costi medesimi e la detraibilità dell’IVA (Cass., 22/07/2020, n. 15616).
Sul punto è bene precisare che l’esenzione dall’obbligo di tenuta della scheda carburante previsto nel comma 3bis dell’art. 1 d.P.R. n. 444 del 1997 per gli acquisti mediante carte di credito, carte di debito o carte prepagate emesse da operatori finanziari soggetti all’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, non esclude la necessità di provare e documentare appositamente l’inerenza del costo all’attività d’impresa.
Con il secondo motivo è stata denunciata la nullità della sentenza per motivazione apparente in violazione dell’articolo 132, n. 4), c.p.c. e dell’articolo 36, comma 2, n. 4), d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.
2.1. La parte ricorrente, con tale motivo, censura la sentenza impugnata nella parte in cui, pur avendo ritenuto la natura di cartiera della Roma RAGIONE_SOCIALE (e il mancato riscontro della documentazione
extracontabile richiesta da parte del sig. COGNOME, afferma che « Dalla documentazione in atti viceversa emerge che, un rapporto commerciale fra la RAGIONE_SOCIALE ed il COGNOME socio della GDO Roma c’è stato, in quanto la RAGIONE_SOCIALE voleva espandersi per fini commerciali nel Lazio per la vendita di prodotti caseari. In virtu’ di quanto sopra, qualora si ritenga come nella fattispecie in esame che le fatture intercorse fra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE Roma siano frutto di operazioni i nesistenti, spetta all’Amministrazione Finanziaria che considera tali documenti falsi, provare che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, in realtà non è mai avvenuta. »
La sentenza presenta, quindi, un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, vizio che è denunciabile in sede di legittimità ai sensi degli artt. 132 c.p.c e 36 d.lgs. n. 546 del 1992: la CGT2, infatti, da un lato riconosce la natura di cartiera della Roma GDO e la mancata allegazione della documentazione idonea a giustificare prestazioni dedotte nelle fatture rilasciate alla Centrale del Latte del Molise; dall’altro afferma, senza alcuna conseguenzialità logica, che un rapporto fra le due socie tà vi è stato e che spetta all’Agenzia dare prova della fittizietà di tale rapporto, circostanza che la stessa CGT2 ha però già ritenuto incontestabile.
2.2. Il motivo di ricorso è infondato, dal momento che la motivazione della sentenza non presenta carenze motivazionali riconducibili ad affermazioni contraddittorie. In realtà, la CGT2 ha operato una giustapposizione delle opposte risultanze istruttorie, ritenendo che nonostante i riscontri documentali forniti dall’amministrazione finanziaria, risultasse, comunque, il carattere effettivo (e non fittizio) della società contribuente con RAGIONE_SOCIALE Roma.
Con il terzo motivo è stata denunciata la violazione degli articoli 39 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 54 del D.P.R. n. 633 del 1972,
nonché dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
3.1. La ricorrente rileva che, n el caso in cui l’Amministrazione finanziaria ritenga che una fattura concerna operazioni oggettivamente inesistenti ha l’onere di provare che l’operazione fatturata non è mai stata effettuata, anche mediante elementi indiziari e presuntivi. Spetterà poi al contribuente dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, fornendo una prova che vada oltre la regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento, poiché questi sono facilmente falsificabili o vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. 21/06/2022, n. 20060 e Cass., 29/07/2021, n. 21733).
Nel caso di specie, l’Ufficio ha disconosciuto la deduzione dei costi derivanti dalle fatture contestate sulla scorta di plurimi elementi in fatto, sintomatici dell’inesistenza oggettiva delle operazioni.
In particolare, l’attività di controllo condotta nei confronti della società emittente delle fatture contestate ha evidenziato che:
la Roma RAGIONE_SOCIALE era priva di personale dipendente (fino al 2015), di mezzi operativi e di una reale organizzazione di impresa;
difettava lo svolgimento di un’attività di impresa (come appreso in sede di accesso eseguito presso la sede operativa), dichiarata solo a far data dal mese di dicembre 2015;
erano stati contabilizzati unicamente costi afferenti al pagamento di provvigioni a soggetti esercenti attività assimilabili a quelle di mediatori e di agenti di commercio;
le prestazioni dedotte in fattura non erano avvalorate da idonea documentazione comprovante l’effettività delle stesse;
le risultanze investigative penali deponevano per la ricostruzione di uno schermo societario strumentale al riciclaggio di proventi illeciti.
Era inoltre emerso che, anteriormente all’emissione delle fatture, i clienti della Roma RAGIONE_SOCIALE avevano ricevuto somme corrispondenti al quantum dovuto e successivamente il denaro era stato trasferito su c/c della società. In tal modo il denaro “pulito” rientrava nel circuito finanziario. Tale circostanza risultava dai conti correnti della società, sui quali veniva rilevato come all’incasso dei bonifici effettuati dai clienti, facesse seguito, nel breve termine, l’esecuzione di bonifici per somme equivalenti nei confronti dei fornitori.
Diversamente da quanto affermato dal giudice tributario, l’Ufficio aveva, pertanto, fornito la prova della fittizietà del fornitore.
A pag. 35 ss. del ricorso in cassazione la parte ricorrente riproduce le motivazioni degli avvisi di accertamento.
3.2. Il motivo è fondato: questa Corte ha precisato che, in tema di IVA, l’onere della prova relativa alla presenza di operazioni oggettivamente inesistenti è a carico dell’Amministrazione finanziaria e può essere assolto mediante presunzioni semplici, come l’assenza di una idonea struttura organizzativa (locali, mezzi, personale, utenze), mentre spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass., 10/04/2024, n. 9723).
Nel caso di specie, a fronte degli elementi addotti dall’amministrazione finanziaria (assenza di personale dipendente, di mezzi operativi, mancanza di documentazione idonea a provare le prestazioni dedotte in fattura) per provare il carattere oggettivamente inesistente delle operazioni, spettava al contribuente la prova contraria circa l’effettiva esistenza di quest’ultima. La CGT2 ha, invece,
ritenuto che la contribuente avesse assolto al proprio onere probatorio, limitandosi a rilevare che la RAGIONE_SOCIALE voleva espandersi per fini commerciali nel Lazio per la vendita di prodotti caseari. Non è stata, tuttavia, riscontrata la presenza di una prova contraria in relazione ai numerosi elementi con i quali l’amministrazione finanziaria aveva fornito, in via presuntiva, la prova del carattere oggettivamente inesistente delle operazioni.
La parte controricorrente nel controricorso ha proposto ricorso incidentale con un motivo, con il quale ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c.: error in procedendo , ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per omessa pronuncia in ordine all’eccezione di giudicato esterno, sollevata in grado di appello, inerente la deducibilità dei costi di carburante per autotrasporto.
4.1. Con tale motivo di ricorso incidentale la contribuente ha censurato la violazione dell’art. 112 c.p.c. in conseguenza della omessa pronuncia in merito alla questione, tempestivamente proposta in sede di controdeduzioni in appello al momento del passaggio in giudicato delle sentenze richiamate, in tema di giudicato esterno sulle questioni afferenti la deducibilità dei costi di carburante per autotrasporto. La controricorrente a pag. 30 ss. del controricorso ha riprodotto il motivo di appello incidentale incentrato sulla violazione dell’art. 112 c.p.c., con il quale è stato invocato il giudicato esterno, come formatosi sulla speculare fattispecie impositiva relativa alla richiamata annualità 2013, definitivamente decisa con sentenza n.972/1/2018 del 9 novembre 2018 -Sezione Prima -depositata in segreteria il 7 dicembre 2018, non impugnata nei termini di legge e, quindi, dotata di idonea certificazione di intervenuto passaggio in giudicato (allegato n.1).
4.2. Il motivo di ricorso incidentale -incentrato su ll’omesso rilievo dato al giudicato esterno sulla medesima questione relativa, però, a una diversa annualità d’imposta è inammissibile, considerato che si tratta di questione sulla quale la controricorrente è risultata vittoriosa davanti alla CGT2 ed evidentemente ritenuta assorbita da quest’ultima .
In particolare, questa Corte ha precisato che è inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso incidentale per cassazione della parte vittoriosa in secondo grado per le questioni, domande o eccezioni, rilevanti per la decisione, da essa prospettate e non decise, neppure implicitamente, in quanto assorbite da quelle accolte, essendo in tal caso invece necessaria la soccombenza teorica, configurabile se, accolta la domanda sotto un profilo, gli altri siano stati esaminati e respinti. Né tali questioni, domande, eccezioni, possono proporsi dalla parte vittoriosa con controricorso, non essendo applicabile l’art. 346 cod. proc. civ. in Cassazione, mentre sono riproponibili, in caso di accoglimento del ricorso principale, purché espressamente riproposte nel giudizio di appello e non travolte dalle questioni decise dalla sentenza di cassazione, nel giudizio di rinvio (Cass., 30/03/2000, n. 3908).
Spetterà, quindi, al giudice di rinvio verificare, in esito alla qualificazione delle operazioni oggetto di causa, tutte le questioni relative all’inerenza dei costi dei quali è stata chiesta la deduzione, ritenute assorbite nella decisione impugnata.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato, devono essere accolti il primo e il terzo motivo di ricorso principale, mentre deve essere rigettato il secondo motivo. Il ricorso incidentale deve essere, invece, dichiarato inammissibile.
La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Molise
che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso principale e dichiara infondato il secondo motivo;
dichiara inammissibile il ricorso incidentale;
cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Molise che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 14/05/2025.