Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9595 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9595 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13653/2022 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della SICILIA-PALERMOSEZ.DIST. CATANIA n. 10074/2021 depositata il 12/11/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
In data 26/11/2012, a seguito di pvc della GdF, COGNOME NOME era attinto da avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE/2012, avente ad oggetto maggiori IRPEF, IRAP ed IVA riferite all’anno 2007, per operazioni inesistenti nell’ambito di lavori edili, relativamente ad operazioni intercorse con RAGIONE_SOCIALE di Napoli Francesco.
Il contribuente impugnava l’avviso.
La Commissione Tributaria Provinciale di Catania, con sentenza n. 6517/18, emessa il 21/05/18 e depositata il 28/05/2018, rigettava il ricorso.
Il contribuente proponeva appello, rigettato dalla CTR della Sicilia, con la sentenza in epigrafe, sulla base della seguente motivazione:
Non si ravvisano elementi tali da modificare il condivisibile giudizio già espresso dai primi Giudici che, dopo aver rilevato l’assenza di vizi procedurali dell’atto impositivo, sufficientemente motivato, conseguente a dettagliato e documentato processo verbale di constatazione, hanno rilevato la fondatezza dell’accertamento posto che la parte, a fronte di quanto contestatole, non ha fornito nessuna prova contraria rigorosa, oggettiva e concreta idonea a confutare l’accertamento operato dall’Amministrazione finanziaria.
Invero, l’atto impositivo risulta sufficientemente motivato oltre a fare riferimento al p.v.c. in cui risultano chiaramente esposti i rilievi riguardanti la contabilizzazione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti consistenti nell’imputazione, tra i componenti negativi di reddito, di costi per mano d’opera.
In effetti, da tutto quanto emerge dal p.v.c., appare abbastanza palese che la contabilizzazione in questione sia stata solo fittizia allo scopo di incrementare i costi e detrarre indebitamente l’Iva relativa.
Dagli atti emergono convincenti elementi a sostegno delle motivazioni dell’ufficio. In particolare, le fatture contestate si riferiscono a prestazioni di sola mano d’opera e già questo è un indizio importante posto che è anomala la fornitura di sola mano d’opera da parte di un’impresa edile e ciò è ulteriormente confermato dalla circostanza che non risultano dichiarati all’Inail i relativi cantieri né risultano gli adempimenti di legge relativi. Altro fattore è il presunto pagamento per cassa che, per l’ammontare delle fatture, è sicuramente una circostanza quasi impraticabile.
Peraltro, nemmeno in questo grado di giudizio, il ricorrente, a fronte di quanto motivato nella sentenza e di quanto si evince dagli atti, risulta convincente nel confutare le circostanze e le motivazioni che hanno portato all’emissione dell’atto impositivo limitandosi a fare riferimento al giudizio penale non potendo attribuirsi alla sentenza penale su reati tributari alcuna automatica autorità di cosa giudicata, attesa l’autonomia dei due giudizi, la diversità dei mezzi di prova acquisibili e dei criteri di valutazione.
Non si può, quindi, che confermare la sentenza impugnata con compensazione, per la particolarità del caso trattato, delle spese di questo grado di giudizio.
Propone ricorso per cassazione il contribuente con tre motivi; resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso. Il contribuente deposita ampia memoria telematica addì 3 -3 febbraio 2025 ad ulteriore illustrazione delle sue ragioni.
Considerato che:
Preliminarmente si rileva che, con la memoria, il difensore del contribuente deposita ‘sentenza n. 297/20 del 21/01/2020 del Tribunale Penale di Catania, Terza Sezione, che ‘assolve COGNOME NOME dal reato allo stesso ascritto perché il fatto non sussiste’ resa esecutiva -definitiva in data 27/06/2020′, sulla base della quale invoca l’applicazione del neo -introdotto art. 21 -bis D.Lgs. n. 74 del 2000, osservando che ‘il sig. COGNOME NOME in sede di proposizione dell’atto di appello ex art. 58 D.Lgs. 546/92 produceva copia delle pagine 8, 9 e 10 del verbale di udienza penale redatto da fonoregistratore con successiva trascrizione. Segnatamente, l’odierno ricorrente in seno al ricorso in appello
riportava stralci della deposizione testimoniale effettuata dal PM ad uno dei verificatori’.
Siffatta produzione è inammissibile in quanto effettuata oltre il termine di cui al comma 2 dell’art. 21 -bis D.Lgs. n. 74 del 2000.
Si procede dunque alla disamina dei motivi.
Primo motivo: ‘Violazione e falsa applicazione dall’art. 132, n. 4, c.p.c. e dell’art. 7, comma 1, della L. 212/2000 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’.
3.1. ‘Nella fattispecie le espressioni costituenti la motivazione non sono assolutamente idonee al raggiungimento dello scopo . Invero, dal p.v.c. richiamato nell’avviso di accertamento si illustrano espressamente, a pagina cinque, le ragioni in considerazione delle quali le fatture in questione sono state ritenute inesistenti. Si tratta della totale assenza di personale dipendente in capo alla società RAGIONE_SOCIALE di Napoli Francesco, dell’inesistenza di beni strumentali presenti presso l’unica sede dichiarata al fisco, della totale assenza dell’impianto contabile necessario allo svolgimento dell’attività economica dichiarata e della totale assenza di documentazione extrafiscale di supporto, quali contratti od altro. Dalla superiore motivazione si evince come l’eccezione di parte ricorrente in prime cure fosse fondata, stante che i Giudici di prime cure per motivare la legittimità dell’operato dell’Ufficio si richiamano alle violazioni riscontrate nel corso di una diversa verifica nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, della quale tuttavia il ricorrente non ha avuto alcuna contezza, con evidente compressione del proprio diritto di difesa’.
3.2. Il motivo, che non si sottrae a rilievi d’inammissibilità, è, altresì e comunque, manifestamente infondato.
Non riproducendo in alcun modo la motivazione dell’avviso di accertamento, con conseguente inammissibilità ( Cass n. 16147 del 2017: ‘In base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., nel giudizio tributario,
qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo del vizio di motivazione nel giudizio sulla congruità della motivazione dell’avviso di accertamento, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso, che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica della censura esclusivamente mediante l’esame del ricorso’), tiene in non cale che una semplice lettura della sentenza impugnata consente di rilevare come la stessa esibisca una motivazione effettiva sia dal punto di vista grafico che dal punto di vista contenutistico, in tal guisa integrando pienamente il requisito del cd. minimo costituzionale, solo violato il quale rileva il vizio denunciabile ex n. 5 e non, come nel motivo, ex n. 3 del comma 1 dell’art. 360 cod. proc. civ.: vizio, dunque, indeducibile nella specie per la preclusione della cd. doppia di conforme di merito ex art. 348 -ter cod. proc. civ. ‘ratione temporis’ vigente – di omessa od apparente motivazione (Cass., Sez. U, n. 8053 del 2014).
Invero, la CTR ha chiaramente affermato la sufficienza motivazionale dell’avviso, anche mediante il riferimento al pvc, che lo stesso motivo richiama, confermando pertanto come dalla combinazione di entrambi, secondo una formula motivazionale del tutto legittima (cfr. tra le innumerevoli Cass. n. 9323 del 2017), fosse possibile avere contezza degli elementi di fatto posti a base della contestazione. La circostanza, poi, che siffatti elementi siano emersi ‘ nel corso di una diversa verifica nei confronti della RAGIONE_SOCIALE‘ non assume rilievo, ben potendo essere utilizzati, oltreché nei confronti di quest’ultima, altresì del contribuente, giacché ‘il potere di accertamento tributario non è condizionato dall’esercizio di dirette attività di verifica dell’Amministrazione finanziaria nei confronti del contribuente rispetto al quale sia stato poi emesso un avviso, la cui legittimità non è parimenti condizionata dalla previa redazione di un processo verbale di
constatazione in contraddittorio con lo stesso’ (Cass. n. 32274 del 2024).
Secondo motivo: ‘Violazione e falsa applicazione dall’art. 132, n. 4, c.p.c. e dell’art. 36 del D.Lgs. 546/1992 e violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. Violazione e falsa applicazione degli artt. 39, comma 2, per illegittimo utilizzo delle presunzioni in relazione all’art. 360, comma l, n. 3 c.p.c.’.
4.1. ‘La sentenza impugnata è illegittima ed erronea in quanto non ha in alcun modo esplicitato le ragioni di fatto e di diritto poste a base della decisione a mente della quale il contribuente non ha fornito nessuna prova contraria rigorosa, oggettiva e concreta idonea a confutare l’accertamento operato dall’Amministrazione finanziaria e perché l’atto impositivo risulta sufficientemente motivato ‘. ‘La sentenza avrebbe dovuto statuire che l’Agenzia delle Entrate, oltre a rinviare ‘per relationem’ ad atti e documenti non allegati e ad attività di controllo su altre società assolutamente non conosciute dall’odierno ricorrente per come ampiamente esposto nei gradi precedenti, non prova in alcun modo i fatti dedotti a sostegno della pretesa inesistenza delle operazioni contestate, dando per corollario la inesistenza delle stesse. Un ulteriore profilo di illegittimità della sentenza oggetto della presente impugnazione si rinviene nella parte in cui ritiene il comportamento dell’Amministrazione corretto ed immune da censure sebbene fondi il proprio atto impositivo su mere dichiarazioni di terzo’. ‘Nel caso di specie, la Commissione, da un lato, non addossa l’onere della prova in capo all’Amministrazione Finanziaria sebbene le scritture contabili del sig. COGNOME non fossero da ritenersi inattendibili per assenza di irregolarità nella loro tenuta e, dall’altro, nulla motiva in ordine alle lamentate lacune riscontrate da parte ricorrente nell’operato della Guardia di Finanza; per di più addossando l’onere della prova in capo a parte ricorrente, non tenendo in alcun conto
della impossibilità di quest’ultimo di provare la veridicità di quanto emerso nelle fatture tacciate di inesistenza, essendo il sig. COGNOME estraneo alle contestate incongruenze della RAGIONE_SOCIALE. A tal proposito, si rileva come, successivamente alla proposizione del ricorso tributario, nel corso del procedimento penale R.G.N.R. n. 4105/14 nei confronti dello stesso COGNOME NOME, presso la Terza Sezione Penale del Tribunale di Catania, Giudice Istruttore dott.ssa NOME COGNOME all’udienza del 03/07/2015, è stata provata l’assoluta insussistenza dell’ipotesi investigativa della Guardia di Finanza, a mezzo dell’escussione del testimone COGNOME NOME, maresciallo della Guardia di Finanza che ha svolto l’attività di verifica nei confronti della RAGIONE_SOCIALE di Napoli Francesco e della stessa ditta COGNOME Giovanni. In particolare, il sig. COGNOME NOME in sede di proposizione dell’atto di appello ex art. 58 D.Lgs. 546/92 produceva copia delle pagine 8, 9 e 10 del verbale di udienza penale redatto da fonoregistratore con successiva trascrizione. Segnatamente, l’odierno ricorrente in seno al ricorso in appello riportava stralci della deposizione testimoniate effettuata dal PM ad uno dei verificatori. Ebbene, da tale testimonianza emergeva con inconfutabile certezza che il PVC era stato condotto in maniera assolutamente superficiale e che a cascata altrettanto superficiale appariva il conseguente impianto motivazionale sul quale era stato fondato l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate di Catania, esattamente ricalcato sulla scorta del PVC ‘.
4.2. Il motivo è inammissibile.
È cumulativo, senza che il successivo sviluppo illustrativo consenta di partitamente distinguere le censure, raccordandole ai singoli paradigmi evocati (cfr. ‘a contrario’ Cass., Sez. U, n. 9100 del 2015).
È privo di autosufficienza, in quanto, oltreché non riprodurre avviso e pvc, non riproduce neppure la ‘c opia delle pagine 8, 9 e
10′ di un non meglio specificato ‘verbale di udienza penale’ contenente la testimonianza di un non meglio specificato ‘verificatore’ in ordine a non meglio specificate circostanze. Per vero, neppure identifica la sentenza penale assolutoria, di cui si limita a citare alcuni stralci. Infine, sostiene che la prospettazione agenziale, in tesi acriticamente aderita dalla CTR (ciò che non è, avendo questa, come subito si vedrà, ponderato il quadro indiziario), poggi su dichiarazioni di terzi: assunto, in difetto di riproduzione dell’avviso e del pvc, solo locutorio, viepiù a fronte di riferite dichiarazioni non minimamene circostanziate e men che meno, esse pure, riprodotte.
Sotto altro profilo, non instaura alcun effettivo confronto con la sentenza impugnata. Invero, imputa a quest’ultima di aver illegittimamente sollevato l’A.F. dall’onere probatorio incombentele sull’erroneo presupposto – anticipato in apertura di ricorso e ribadito nello sviluppo argomentativo del motivo stesso – che si versi in ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti (cfr. p. 2 ric.: ‘L’avviso di accertamento traeva origine da un PVC della Guardia di Finanza nei confronti del ricorrente, esercente attività edilizia, emesso a seguito di una verifica fiscale nei confronti della RAGIONE_SOCIALE di Napoli Francesco, a conclusione della quale veniva rilevato che tutte le fatture emesse da quest’ultima erano da ritenersi soggettivamente inesistenti’; cfr. ancora p. 15: ‘Nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, la Suprema Corte ha ricordato che ‘ e p. 16 ric.: ‘D’altra parte, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta ‘), laddove, invece, la sentenza impugnata è chiarissima nel ragionare di fatture per operazioni oggettivamente (e dunque radicalmente) inesistenti.
E, a questo proposito, è altrettanto chiara nell’individuare gli indici presuntivi in forza dei quali l’A.F., lungi dall’aver disatteso il suo onere, l’ha al contrario correttamente adempiuto, senza che invece il contribuente abbia assolto l’onere della controprova: indici presuntivi, quelli introdotti dall’A.F., alla luce dei quali, per la ritenuta, dalla CTR, efficacia dimostrativa dell’assunto dell’oggettiva inesistenza delle operazioni documentate in fattura, deve essere poi letta l’affermazione della medesima di non valutabilità in senso contrario del giudicato penale assolutorio, non dotato di attitudine a soverchiare la prova a carico del contribuente.
Donde, altresì e comunque, la manifesta infondatezza del motivo, anche sotto il profilo dell’asserita violazione dell’art. 39 DPR n. 600 del 1973: invero, la fittizietà in sé delle operazioni documentate dalle fatture inficia l’attendibiltà della contabilità, pur formalmente tenuta, giacché, anzi, l’apparenza d’una regolarità formale, con puntuale osservanza dei relativi adempimenti, è di per sé funzionale al meccanismo illecito.
Terzo motivo: ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., dell’art. 36 del D.Lgs. 546/1992 e dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. per avere addossato l’onere della prova in capo al ricorrente ed averlo ritenuto peraltro non assolto’.
5.1. Reitera argomenti del motivo precedente, in punto di omessa considerazione della sentenza penale assolutoria e del radicamento dell’accertamento su dichiarazioni di terzi.
5.2. Valgono le medesime considerazioni già compiute a proposito di detto motivo.
In definitiva, il ricorso va integralmente rigettato, con le statuizioni consequenziali come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia le spese di lite, liquidate in euro 4.300, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 13 febbraio 2025.