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Fatture false: onere della prova a carico del Fisco

Una recente ordinanza della Cassazione affronta il tema delle fatture false per operazioni soggettivamente inesistenti. Viene stabilito che spetta all’Agenzia delle Entrate dimostrare, con prove oggettive, non solo la fittizietà del fornitore ma anche la consapevolezza del contribuente di partecipare a una frode fiscale. Il ricorso dell’Agenzia è stato rigettato per mancata prova della malafede del contribuente.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Fatture False: la Cassazione conferma l’onere della prova a carico del Fisco

L’utilizzo di fatture false è una delle pratiche più insidiose nel panorama fiscale, con gravi conseguenze per le imprese coinvolte, anche inconsapevolmente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di operazioni soggettivamente inesistenti: non basta che il Fisco dimostri la fittizietà del fornitore, ma deve anche provare che l’acquirente era a conoscenza della frode. Analizziamo questa importante decisione.

I fatti del caso: la contestazione del Fisco

Una società si era vista recapitare un avviso di accertamento per IVA relativa all’anno d’imposta 2011. La contestazione dell’Agenzia delle Entrate si basava sull’utilizzo di fatture per operazioni considerate “soggettivamente inesistenti”. In pratica, secondo l’Amministrazione finanziaria, la merce era stata effettivamente consegnata, ma il soggetto che aveva emesso la fattura era un’entità fittizia, inserita in un meccanismo fraudolento.

La Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva dato ragione alla società, respingendo l’appello dell’Agenzia. I giudici di merito avevano concluso che non vi erano elementi sufficienti per dimostrare il coinvolgimento consapevole della società nella frode, data l’avvenuta consegna della merce e l’assenza di anomalie evidenti nella transazione commerciale. L’Agenzia delle Entrate, non soddisfatta, ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

L’onere della prova in caso di fatture false

Il cuore della questione giuridica ruota attorno a un concetto chiave: l’onere della prova. Chi deve dimostrare cosa in un processo tributario di questo tipo?

La posizione dell’Amministrazione Finanziaria

Secondo l’Agenzia delle Entrate, la CTR aveva errato nel ritenere che gravasse interamente sul Fisco l’onere di provare la malafede o la consapevolezza della società di partecipare a una frode. A suo avviso, una volta provata l’inesistenza soggettiva del fornitore, doveva essere il contribuente a dimostrare la sua totale estraneità e buona fede.

Il principio di diritto ribadito dalla Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando l’orientamento consolidato. I giudici hanno chiarito che, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, l’onere della prova a carico dell’Amministrazione finanziaria si articola in due passaggi fondamentali:

1. Provare l’oggettiva fittizietà del fornitore: Il Fisco deve dimostrare che il soggetto che ha emesso la fattura non è il reale venditore dei beni o prestatore dei servizi.
2. Provare la consapevolezza del destinatario: Il Fisco deve anche dimostrare, tramite elementi oggettivi e specifici (anche indiziari), che il destinatario della fattura (il contribuente) sapeva o avrebbe dovuto sapere, usando l’ordinaria diligenza di un imprenditore accorto, che l’operazione si inseriva in un’evasione fiscale.

Di contro, spetta al contribuente fornire la prova contraria, ossia di aver agito con la massima diligenza possibile per non essere coinvolto nella frode, tenendo conto delle circostanze specifiche del caso.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che la CTR aveva correttamente applicato questi principi. I giudici di secondo grado avevano infatti ritenuto che l’Agenzia delle Entrate non avesse fornito prove adeguate sulla consapevolezza della società. Il semplice fatto che il fornitore fosse una società “cartiera” non è, di per sé, sufficiente a trasferire automaticamente la colpa sull’acquirente. L’Amministrazione Finanziaria avrebbe dovuto indicare elementi indiziari concreti e diversi dalla mera fittizietà del contraente, cosa che, secondo la Corte, non è avvenuta. Inoltre, il ricorso dell’Agenzia è stato giudicato generico, in quanto non ha specificato quali elementi di prova avesse fornito nei gradi di merito per dimostrare la malafede del contribuente.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante baluardo a tutela del contribuente in buona fede. Si ribadisce che il Fisco non può basare un accertamento per fatture false su mere presunzioni di colpevolezza. L’onere di dimostrare la consapevolezza del contribuente di partecipare a una frode resta saldamente in capo all’Amministrazione finanziaria. Per le imprese, ciò significa che, pur dovendo sempre operare con la massima diligenza nella scelta dei propri partner commerciali, non possono essere ritenute responsabili per le condotte fraudolente altrui se non vi sono prove concrete del loro coinvolgimento, anche solo a titolo di colpa.

In caso di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, su chi ricade l’onere della prova?
L’onere della prova ricade sull’Amministrazione finanziaria, la quale deve dimostrare non solo la fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario della fattura che l’operazione faceva parte di un’evasione fiscale.

Cosa deve dimostrare l’Agenzia delle Entrate per provare la consapevolezza del contribuente?
L’Agenzia deve fornire elementi oggettivi e specifici, anche indiziari e non limitati alla sola fittizietà del fornitore, dai quali si possa desumere che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza, di essere parte di una frode.

È sufficiente per il contribuente esibire la fattura e dimostrare il pagamento per essere considerato in buona fede?
No. Secondo la Corte, la regolarità formale delle scritture contabili o l’esibizione dei mezzi di pagamento non sono sufficienti a dimostrare la buona fede, in quanto tali elementi vengono spesso utilizzati proprio per mascherare un’operazione fittizia. Il contribuente deve dimostrare di aver agito con la massima diligenza per non essere coinvolto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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