Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21160 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21160 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 695/2023 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso per cassazione
(PEC: EMAIL;
EMAIL😉
Contro
Agenzia delle Entrate
-intimata – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, n. 2483/18/2022, depositata il 30.05.2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La CTP di Frosinone rigettava, a seguito di riunione, i ricorsi proposti dalla RAGIONE_SOCIALE, già operante nel settore dell’estrusione delle leghe di alluminio e della finitura dei profilati, avverso due avvisi di
Oggetto:
Tributi
-ricorrente –
accertamento, relativi ad imposte dirette ed IVA, per gli anni d’imposta 2003 e 2004;
-la CTR del Lazio, con sentenza n. 19/39/2012, accoglieva l’appello della contribuente e annullava gli atti impositivi;
-proposto ricorso per Cassazione dall’Agenzia delle entrate, questa Corte, con ordinanza n. 27112 del 2020, lo accoglieva e cassava con rinvio la sentenza impugnata;
a seguito del ricorso in riassunzione, proposto dalla contribuente, con la sentenza in epigrafe indicata, la CTR del Lazio, quale giudice di rinvio, rigettava l’appello proposto dalla contribuente osservando, per quanto qui ancora rileva, che:
erano state operate ‘ sostituzioni in ordine all’esatta documentazione con altra contenente dati completamente errati ‘ per cui in contabilità risultava ‘ un materiale di crediti I.V.A. completamente inesistente ‘ ;
le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE erano strutture prive di sede e ‘ di una struttura organizzativa fondata ‘ ;
-le fatture indicavano merce differente da quella oggetto dell’effettivo scambio per cui era lecito parlare di inesistenza oggettiva;
le fatture erano riferibili ad operazioni inesistenti sotto il profilo soggettivo, in quanto emesse da una cartiera, e sotto il profilo oggettivo, in quanto rappresentavano una operazione mai avvenuta;
il fallimento della RAGIONE_SOCIALE impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
-l’Agenzia delle entrate rimaneva intimata.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 111 Cost., 112, 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., 36, comma 2, n. 4 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. , per
non avere la CTR motivato o per avere comunque motivato in modo apparente sia in ordine alla contestazione di ‘inesistenza oggettiva e soggettiva’ delle operazioni contestate, sia in ordine alla prova della conoscenza da parte della società contribuente che le operazioni di acquisto si inserivano in un’evasione dell’imposta ; osserva, in particolare, che il giudice del rinvio si è limitato ad alcune semplici asserzioni, prive di riferimenti ai fatti e alle circostanze attinenti al caso concreto, non avendo effettuato nessuna delle verifiche indicate dalla Corte di cassazione, non avendo appurato, in particolare, se: ‘ -in base agli accertamenti compiuti dai verificatori, fosse ipotizzabile che le operazioni documentate in fattura celassero in realtà la cessione di beni diversi e, nel caso, se il contribuente avesse fornito adeguata prova contraria (cfr. punto 30 dell’ordinanza); – se i dati forniti dall’Ufficio fossero sufficienti a dimostrare la qualifica o meno di ‘cartiere’ dei propri danti causa (punto 37 dell’ordinanza); – se, fatte le precedenti valutazioni, fosse possibile, sulla base di esse, stabilire che la Società fosse o meno a conoscenza che le operazioni di acquisto si inserivano in una evasione d’imposta, atteso che quando viene contestata l’inesistenza delle operazioni (punti 40 e 42 dell’ordinanza)’ , e non avendo esaminato né le doglianze mosse dalla contribuente nel ricorso in riassunzione né le circostanze ivi dedotte e dalla stessa ampiamente provate (quali l’infondatezza delle contestazioni in ordine alla oggettiva e soggettiva inesistenza delle operazioni contestate, l’inesistenza di vantaggi economici per la contribuente, l’illegittimità del disconoscimento della detrazione dell’IVA, quale conseguenza delle supposte irregolarità del fornitore, anche alla luce della giurisprudenza unionale, e la buona fede della contribuente, la sussistenza dell’onere posto a carico dell’Ufficio di provare l’inesistenza delle operazioni, l’inconferenza delle asserite anomalie, evidenziate nel PVC, ai fini della dimostrazione della
inesistenza soggettiva e oggettiva delle operazioni e il riconoscimento dei costi);
il motivo è infondato;
come hanno sottolineato le Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 8053 del 7.04.2014), l’anomalia motivazionale denunciabile in Cassazione è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali;
-deve trattarsi, dunque, di un’anomalia che si esaurisce nella mancanza assoluta di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico, ma anche nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, non essendo più ammissibili mere censure di contraddittorietà ed insufficienza motivazionale (Cass. n. 23940 del 12/10/2017);
solo in tali casi la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo” , in quanto, benchè graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. S.U. 3.11.2016, n. 22232);
la sentenza impugnata non è affetta da tale grave vizio, in quanto presenta una motivazione che, a prescindere dalla sua correttezza o meno, palesa l’ iter logico seguito dai giudici di appello, i quali hanno spiegato, seppure sinteticamente, che l’Amministrazione finanziaria aveva fornito idonea prova presuntiva sulla inesistenza non solo soggettiva delle fatture contestate (essendo state emesse da società
cd. cartiere), ma anche oggettiva, in quanto i dati indicati non erano corretti per effetto della sostituzione della documentazione;
-la CTR ha poi spiegato che l’inesistenza oggettiva era ravvisabile nella indicazione in fattura di merce diversa da quella oggetto di effettivo scambio;
le argomentazioni svolte esplicitano le ragioni della decisione, per cui eventuali profili di insufficienza della motivazione, anche se sussistenti, non la viziano in modo così radicale da renderla meramente apparente, dovendosi ritenere che il giudice tributario di appello abbia assolto il proprio obbligo motivazionale al di sopra del “minimo costituzionale” (Cass. Sez. U. 7.04.2014, n. 8053);
con il secondo motivo, deduce la nullità della sentenza per la violazione de ll’ art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per omessa pronuncia in ordine a tutte le doglianze specifiche, prospettate dalla contribuente nel proprio ricorso in riassunzione, richiamate e trascritte nel primo motivo di ricorso;
il motivo è infondato;
poiché la CTR si è espressa in ordine alla pretesa, ritenendola fondata, ha implicitamente rigettato tutte le doglianze prospettate nel ricorso in riassunzione, che attengono sostanzialmente al merito del recupero fiscale e di cui la contribuente lamenta l’omessa pronuncia cercando di ottenere, in realtà, una inammissibile rivalutazione dei fatti ed un nuovo apprezzamento delle prove;
per completezza va ribadito che, essendo stata ravvisata nel caso in esame l’inesistenza anche oggettiva delle operazioni fatturate, la consapevolezza di tale inesistenza è desumibile dalla stessa divergenza riscontrata tra la merce consegnata e quella documentata nelle fatture, a prescindere dal fatto che le fatture siano state emesse da società non operative o cartiere, posto che l’Amministrazione
finanziaria, nel caso di contestazione di operazioni oggettivamente inesistenti, ha l’onere di provare che l’operazione non è stata mai posta in essere, indicandone i relativi elementi, anche in via indiziaria o presuntiva, ma non anche quello di dimostrare la mala fede del contribuente, atteso che, una volta accertata l’assenza dell’operazione, non è configurabile la buona fede di quest’ultimo, che sa certamente se ed in quale misura ha effettivamente ricevuto il bene o la prestazione per la quale ha versato il corrispettivo ( ex multis , Cass. n. 28628 del 2021);
-va infine precisato che la censura, laddove lamenta l’omessa pronuncia in ordine all’applicazione dell’art. 14, comma 4 -bis, della l. n. 537 del 1993, come modif. dall’art. 8, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, conv., con modif., nella l. n. 44 del 2012, è comunque inconferente, in quanto la richiamata disposizione si applica solo ai costi riguardanti le operazioni soggettivamente inesistenti, mentre le fatture contestate, come ha precisato la sentenza impugnata, riguardano anche l’oggettiva inesistenza delle operazioni;
in conclusione, il ricorso va rigettato e nulla va disposto sulle spese, non avendo la parte intimata svolto alcuna difesa.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
dà atto, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 14 maggio 2025