Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5055 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5055 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
decisivo.
COGNOME
Presidente
NOME LA ROCCA
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 1/24/01/2024 C.C. PU R.G. 6912/2016
NOME COGNOME
Consigliere – COGNOME. –
TANIA COGNOME
Consigliere
Cron. 17987/2019
R.G.N. 17987/2019
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
ha pronunciato la seguente sul ricorso n. 6912/2016 proposto da:
NOME, rappresentato e difeso dal AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, alla INDIRIZZO, giusta procura speciale a margine del ricorso per cassazione.
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO.
– resistente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA, n. 8129/01/15, depositata in data 14 settembre 2015, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria provinciale di Caserta, con sentenza n. 1662/14/14, depositata l’11 marz o 2014, aveva accolto il ricorso presentato da COGNOME NOME, esercente l’attività di lavori generali di ingegneria, avverso l’avviso di accertamento notificato il 2 settembre 2013, relativo al disconoscimento di costi relativi all’acquisto di carburante per euro 12.904,05, oltre Iva; al premio RAGIONE_SOCIALE di euro 3.584,09; all’indeducibilità di costi per spese non inerenti per un totale di euro 389,73; ai costi relativi a spese varie di euro 6.636,41; ad operazioni inesistenti per fatture ritenute fittizie per acquisti di materiali pari a euro 38.122,00, oltre Iva per euro 7.624,40.
La Commissione tributaria regionale , adita dall’Ufficio, ha accolto parzialmente l’appello , dichiarando legittimo il recupero a tassazione RAGIONE_SOCIALE operazioni inesistenti per euro 38.122,00, oltre Iva per euro 7.624,40, mentre lo ha rigettato avuto riguardo ai costi per contributi RAGIONE_SOCIALE e al consumo di carburante.
I giudici di secondo grado, in particolare, hanno rilevato che, nel caso di specie, la ditta fornitrice RAGIONE_SOCIALE, pur dichiarando nell’anno 2006 un volume d’affari di euro 3.454.455,00 ed un totale di acquisti di euro 3.530.704,00, era risultata presente nella banca dati ≪ RAGIONE_SOCIALE soltanto come fornitore e ciò stava a significare che la stessa, non avendo acquistato, non poteva vendere; inoltre rilevavano la confusa documentazione relativa ai pagamenti, la circostanza che la sede operativa della ditta era un terreno in
stato di abbandono, privo di struttura fissa; che il RAGIONE_SOCIALE era risultato privo di qualsiasi documentazione contabile e che il pagamento era avvenuto in parte a mezzo bonifici e in parte a mezzo assegni di cui non era stato dimostrato l’incasso; nella sostanza, la presunzione che si trattasse di operazioni oggettivamente inesistenti era fondata su elementi gravi, precisi e concordanti, né la regolare tenuta della contabilità poteva essere elemento sufficiente per vincere detta presunzione.
NOME NOME ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE si è costituita per l’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370, primo comma, cod. proc. civ..
CONSIDERATO CHE
Il primo mezzo deduce la violazione dell’art. 111, comma sesto, Cost., dell’ art. 36 del decreto legislativo n. 546 del 1992, dell’ art. 156, comma 2, cod. proc. civ., dell’ art. 59 del decreto legislativo n. 507 del 1993, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. L’esistenza di valide presunzioni offerte dall’RAGIONE_SOCIALE, in cui si esauriva la motivazione della sentenza impugnata, non costituiva adeguata motivazione del decisum, a fronte della contestazione e della prova offerta in ordine alla effettività RAGIONE_SOCIALE operazioni, della congruità dei costi sostenuti e della corrispondenza dei costi medesimi a quelli praticati sul mercato di riferimento.
1.1 Il motivo è infondato.
1.2 Ed invero i giudici di secondo grado hanno affermato, richiamando la giurisprudenza di questa Corte, che l’Amministrazione finanziaria aveva fornito la prova presuntiva che il contribuente avesse posto in essere operazioni oggettivamente inesistenti e che non poteva ritenersi elemento sufficiente per vincere detta prova la regolare tenuta della
contabilità e, specificamente, che: 1) la ditta fornitrice RAGIONE_SOCIALE, pur dichiarando nell’anno 2006 un volume d’affari di euro 3.454.455,00 ed un totale di acquisti di euro 3.530.704,00, era risultata presente nella banca dati ≪ RAGIONE_SOCIALE soltanto come fornitore e ciò stava a significare che la stessa, non avendo acquistato, non poteva vendere; 2) la documentazione relativa ai pagamenti era abbastanza confusa, anche alla luce della circostanza che il NOME, titolare della ditta fornitrice dei materiali, era risultato intestatario di un conto corrente bancario; 3) la sede operativa della ditta era un terreno in stato di abbandono, privo di struttura fissa; 4) il RAGIONE_SOCIALE era risultato privo di qualsiasi documentazione contabile; 5) il pagamento era avvenuto in parte a mezzo bonifici e in parte a mezzo assegni di cui non era stato dimostrato l’incasso (cfr. pagina 4 della sentenza impugnata).
1.3 Risulta, pertanto, evidente che la decisione impugnata assolve in misura adeguata al requisito di contenuto richiesto dalle disposizioni di legge di cui il ricorso lamenta la violazione, attesa l’esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto della decisione, sufficiente ad evidenziare il percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione
1.4 Va osservato, con la giurisprudenza di questa Corte, che, dovendo l’obbligo motivazionale ritenersi compiutamente adempiuto allorché per mezzo della concisa esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto della decisione venga ad essere illustrato il percorso motivazionale che ha indotto il giudice a regolare la fattispecie al suo esame mediante la norma di diritto applicata, viene al contrario meno all’obbligo in parola – e si mostra perciò viziata dal difetto di motivazione apparente o di mancanza della motivazione – la decisione nella quale il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo
sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass., 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., 5 agosto 2019, n. 20921; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105).
1.5 Più specificamente in base alla costante giurisprudenza di legittimità, la «motivazione apparente» ricorre allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente – come parte del documento in cui consiste la sentenza (o altro provvedimento giudiziale) – non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché esibisce argomentazioni obiettivamente inidonee a far riconoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento e, pertanto, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento del giudice (Cass., Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881).
1.6 Così delineati i principi statuiti da questa Corte, la censura svolta dal motivo non appare fondata, dal momento che dalla lettura della sentenza impugnata risultano chiaramente esposte le ragioni della decisione.
Il secondo mezzo deduce l’omesso esame di un fatto decisivo costituito dalla prova offerta dal contribuente in ordine all’effettività dell’operazione di acquisto di materiali di costruzione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.. Il fatto storico il cui esame era stato omesso era costituito dalla prova offerta dal contribuente in ordine alla effettiva esecuzione RAGIONE_SOCIALE operazioni considerate, suffragato da una perizia tecnica che dava conto dei cantieri sui quali i materiali acquistati erano stati impiegati, della congruità dei costi sostenuti provata dal deposito di preventivi di altre ditte per i medesimi materiali e della effettività dei pagamenti, riscontrata da documentazione bancaria. L’esistenza della contestazione relativa alla effettività RAGIONE_SOCIALE operazioni poste in essere risultava già nel ricorso introduttivo, dove il contribuente aveva chiarito che i materiali oggetto RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate erano stati utilizzati
per eseguire lavori previsti da cinque contratti ed aveva evidenziato che gli acquisti effettuati dalla ditta RAGIONE_SOCIALE erano gli unici materiali da costruzione utilizzati per eseguire i lavori indicati ed aveva rilevato che qualsiasi attività di costruzione necessitava anche e soprattutto di materiali da costruzione. L’esistenza del fatto veniva ribadita in sede di memorie ex art. 32 del decreto legislativo n. 546/1992, a cui era stata allegata la perizia tecnica giurata redatta dall’AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO COGNOME e giurata in data 4 febbraio 2014, dalla quale emergeva che i costi per acquisto di materiale edile fornito dalla ditta RAGIONE_SOCIALE negli anni 2006/2007 risultavano congrui rispetto agli stati di avanzamento lavori e che tale materiale era stato adoperato per l’esecuzione dei lavori con vari enti pubblici, nonché due preventivi di altri fornitori, che il ricorrente si era fatto rilasciare in data 5 settembre 2006 dalla ditta RAGIONE_SOCIALE di Casal di Principe ed in data 28 luglio 2006 dalla ditta RAGIONE_SOCIALE di Frignano (CE).
2.1 Il motivo è inammissibile.
2.2 La censura formulata, invero, esula dal limitato perimetro entro il quale può denunciarsi il vizio di motivazione della sentenza, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., come riformulato dall’art. 54 del decreto legge n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012, poiché con esso deve farsi riferimento all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, e che, se esaminato, avrebbe potuto determinare un esito diverso della controversia (cfr. Cass., Sez. U., 7 aprile 2014 n. 8053).
2.3 Ne deriva che il mancato esame di elementi istruttori non integra di per sé il fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
2.4 Inoltre, il vizio dedotto non può consistere in un apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, spettando soltanto al giudice di merito di individuare le fonti del proprio convincimento, controllare l’attendibilità e la concludenza RAGIONE_SOCIALE prove, scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione dando liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova (Cass., 3 ottobre 2018, n. 24035; Cass., 8 ottobre 2014, n. 21152; Cass., 23 maggio 2014, n. 11511); né la Corte di cassazione può procedere ad un’autonoma valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze degli atti di causa (Cass., 7 gennaio 2014, n. 91; Cass., Sez. U., 25 ottobre 2013, n. 24148).
2.5 Ancora, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte non è censurabile in cassazione l’omesso esame di perizia stragiudiziale di parte, che, avendo natura di mero atto difensivo, è priva di autonomo valore probatorio, essendo sufficiente, sul piano motivazionale, che il giudice di appello enunci considerazioni con essa incompatibili, senza necessità di specifica confutazione (cfr. Cass., Sez. U., 3 giugno 2013, n. 13902; Cass., 18 gennaio 2017, n. 1121; ; Cass., 9 febbraio 2018, n. 3207).
2.6 E’ utile precisare, infine, c on specifico riferimento all’ipotesi, di cui alla presente controversia, in cui l’amministrazione finanziaria contesti l’inesistenza di operazioni assunte a presupposto della deducibilità dei relativi costi e di detraibilità della relativa imposta, che questa Corte ha espresso il consolidato orientamento secondo cui la stessa ha l’onere di provare che l’operazione commerciale documentata dalla fattura non è stata in realtà mai posta in essere, indicando gli elementi presuntivi o indiziari sui quali fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, strumenti che vengono di solito
adoperati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia. Più in particolare, la dimostrazione a carico dell’amministrazione finanziaria è raggiunta qualora siano forniti validi elementi che, alla stregua dell’art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600/1973, e dell’art. art. 54, comma 2, d.P.R. n. 633/1972, possono anche assumere la consistenza di attendibili indizi, per affermare che le fatture sono state emesse per operazioni fittizie, ovvero che dimostrino in modo certo e diretto la inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati ovvero la inesattezza RAGIONE_SOCIALE indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione. Infatti, nell’ordinamento tributario, gli elementi indiziari, ove rivestano i caratteri di gravità, precisione e concordanza, danno luogo a presunzioni semplici le quali, proprio a mente degli univoci precetti dettati dalle sopra indicate previsioni normative, sono idonee, di per sé sole considerate, a fondare il convincimento del giudice. Assolto in tal guisa l’onere della prova incombente sull’amministrazione finanziaria, grava poi sul contribuente la dimostrazione dell’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate. Pertanto, il giudice tributario di merito è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’amministrazione finanziaria e solo in un secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, a tanto onerato dall’art. 2697, comma secondo, cod. civ. (Cass., 18 ottobre 2021, n. 28628).
2.7 Più in particolare, in tema di IVA, una volta che l’Amministrazione finanziaria dimostri, anche mediante presunzioni semplici, l’oggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni, spetta al contribuente provare l’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura, ovvero in ragione della regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far
apparire reale un’operazione fittizia (Cass., 18 ottobre 2021, n. 28628, in motivazione, citata; Cass., 5 luglio 2018, n. 17619).
2.8 Al fine di individuare, poi, quali elementi presuntivi possono essere forniti dall’amministrazione finanziaria per assolvere al proprio onere di prova in caso di operazioni ritenute oggettivamente inesistenti, gli stessi devono condurre a ritenere, mediante procedimento inferenziale, che l’operazione non sia mai stata posta in essere e, sotto tale profilo, costituisce valido elemento indiziario la circostanza che il soggetto che ha emesso la fattura era privo di idonea struttura organizzativa (locali, mezzi, personale, utenze), posto che è ragionevole inferire che dalla suddetta mancanza degli elementi essenziali per potere operare quale operatore commerciale possa farsi discendere la considerazione conclusiva della mancata realizzazione dell’operazione indicata in fattura (Cass. civ., 20 aprile 2018, n. 9851).
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso va rigettato.
3.1 Nessuna statuizione va assunta sulle spese, poiché l’A genzia intimata non ha svolto difese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, in data 24 gennaio 2024.