Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3474 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3474 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9074/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della BASILICATA n. 413/2018 depositata il 10/09/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/01/2024 dal
Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE
la Commissione Tributaria Regionale della Basilicata, con la sentenza n. 413/02/2018 depositata in data 10/09/2018 e non notificata, rigettava l’ appello proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti del Comune di Montalbano Jonico avente ad oggetto la domanda di ripetizione di imposta ICI/IMU, annualità 2008-2012, indebitamente pagata nei confronti del predetto ente;
1.1. i giudici di appello confermavano la sentenza di primo grado che aveva rigetta to l’ originario ricorso sul presupposto che il terreno, pur essendo agricolo, non rientrava nella previsione dell’esenzione prevista dall’art. 2 del d.lgs. 504/1992, non risultando dimostrata la persistenza dell’ utilizzazione agricolo -silvo-pastorale;
contro
detta sentenza propongono ricorso per cassazione, affidato a due motivi, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME;
il Comune di Montalbano Jonico resiste con controricorso;
i ricorrenti hanno depositato memoria;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo i contribuenti lamentano, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 25, comma 2, d.l. 09.02.2012 n. 5 (conv. in legge 4.4.2012 n. 35) e 3, comma 1, D.M. 162/2015 nonché dell’art. 115 cod. proc. civ., anche in combinato disposto tra loro, e conseguenziale omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti rilevante ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., in relazione agli artt. 2, comma 1, lett. b) e 9, comma 1, d.lgs. 30.12.1992 n. 504;
1.1. ad avviso dei ricorrenti, sebbene le loro deduzioni fossero state supportate con la produzione del ‘fascicolo aziendale’ – pienamente idoneo a comprovare la natura agricola del terreno di loro proprietà e del conseguenziale diritto a ricevere il rimborso delle imposte ICI ed IMU, dal momento che l’art. 3, primo comma, del D.M. 162/2015 definisce il ‘fascicolo aziendale’ come ‘l’insieme delle informazioni relative ai soggetti tenuti all’iscrizione all’Anagrafe, controllate e certificate dagli Organismi pagatori con le informazioni residenti nelle banche dati della RAGIONE_SOCIALE‘ , con la importante specificazione che il fascicolo aziendale, facendo fede nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni come previsto dall’art. 25, comma 2, del decreto-legge 9 febbraio 2012 n. 5, è elemento essenziale del processo di semplificazione amministrativa per i procedimenti previsti dalla normativa dell’unione europea, nazionale e regionale’ -i giudici non avevano considerato che da tale fascicolo risultava che il terreno agricolo per cui è causa era inserito nell’elenco dettagliato dei terreni coltivati dalla RAGIONE_SOCIALE ;
1.2. a loro dire, in forza de ll’art. 25, co mma 2, d.l. 9.2.2012 n. 5 (convertito in legge 4.4.2012 n. 35), ‘i dati relativi alla azienda agricola contenuti nel fascicolo aziendale elettronico di cui all’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, e all’articolo 13, del decreto legislativo 29 marzo 2004 n. 99, fanno fede nei confronti delle pubbliche amministrazioni per i rapporti che il titolare della azienda agricola instaura ed intrattiene con esse’ , di talché, corollario necessario del dettato normativo, non poteva che essere il riscontro dell’inserimento del terreno in esame nel fascicolo aziendale di cui all’art. 9 del d.P.R. 1.12.1999 n. 503 a dover fare piena prova nei confronti del Comune di Montalbano Jonico;
1.3. evidenziano che l’ ente impositore non aveva mai contestato la valenza probatoria del ‘fascicolo aziendale’ de quo , essendosi
limitato a generiche contestazioni solo ed esclusivamente in relazione alla perizia tecnica di parte a firma dell’AVV_NOTAIO, sicchè risultava violato anche il disposto di cui all’ art.115 cod. proc. civ.;
con il secondo motivo lamentano, ex art. 360, primo comma, n. 3-4-5, cod. proc. civ. violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 276 cod. proc. civ. ed all’art. 118 cod. proc. civ. disp. att. cod. proc. civ. e, conseguenziale, nullità della sentenza o del procedimento e/o omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione al d.lgs. 30.12.1992 n. 504 nonché all’art. 1, co mma 164, legge 27.12.2006 n. 296 ed all’art. 2033 cod. civ.;
2.1. osservano che risultava palese la violazione dell’art. 276 cod. proc. civ. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., in quanto la pretesa mancanza di prova circa l’esercizio dell’attività agricola (così come evidenziato nel primo motivo di ricorso) non poteva certamente ritenersi la ‘ragione più liquida’ prescritta dall’art. 276 cod. proc. civ. per poter definire un contenzioso di tale natura, e che la Commissione Tributaria Regionale, in violazione del disposto di cui all’ art. 118 cod. proc. civ., aveva omesso di valutare le più complesse questioni portate all’attenzione dei giudicanti ed, inoltre, aveva finito per adottare una pronunzia meramente apparente su di un fatto decisivo;
2.2. rilevano, ancora, che i giudici di appello non avevano esaminato la specifica censura, avverso la sentenza di primo grado, secondo cui per l’ anno 2012 i contribuenti non erano incorsi in alcuna decadenza , avendo proposto tempestiva istanza di rimborso;
il primo motivo è privo di fondamento;
3.1. occorre ribadire che in tema di ICI (sul punto estensibile all’IMU), l’agevolazione fiscale prevista dall’art. 9 del d.lgs. n. 504 del 1992 per i terreni agricoli posseduti dai soggetti di cui all’art. 58 del d.lgs. n. 446 del 1997, è subordinata alla ricorrenza dei requisiti
della qualifica, da parte del possessore, di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale, desumibile dall’iscrizione negli appositi elenchi di cui all’art. 11 della l. n. 9 del 1963, e della conduzione effettiva dei terreni, che, invece, deve essere provata in via autonoma dal contribuente (Sez. 5, Sentenza n. 19130 del 28/09/2016), atteso che la ratio della disposizione è quella di incentivare la coltivazione della terra alleggerendo il carico tributario dei soggetti che ritraggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito (Sez. 5, Ordinanza n. 10284 del 12/04/2019). I requisiti necessari per avere accesso al regime agevolato per giurisprudenza pacifica sono: a) l’ iscrizione agli appositi elenchi; b) l’ assoggettamento agli obblighi assicurativi per invalidità, malattia e vecchiaia; c) il possesso e la conduzione diretta di terreni agricoli e/o aree edificabili; d) il carattere principale di tali attività rispetto ad altre fonti di reddito. La prova della sussistenza di tali presupposti è a carico del contribuente che chiede di avvalersi della agevolazione (cfr., ex plurimis , Cass.16.4.2010 n. 9143). Mentre l’iscrizione di cui al d.lgs. n. 446 del 1997, art. 58, è idonea a provare, al contempo, la sussistenza dei primi due requisiti, atteso che chi viene iscritto in quell’elenco svolge normalmente a titolo principale quell’attività (di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo) legata all’agricoltura, il terzo requisito, relativo alla conduzione diretta dei terreni, va provato in via autonoma, potendo ben accadere che un soggetto iscritto nel detto elenco poi non conduca direttamente il fondo per il quale chiede l’agevolazione, la quale, pertanto, non compete (vedi Cass. n. 19130 del 28/09/2016; Cass. n. 12336 del 2011; Cass. n. 214 del 2005; Cass. n. 9510 del 2008). La ratio della disposizione agevolativa, come detto, è quella di incentivare la coltivazione della terra e di alleggerire del carico tributario quei soggetti che ritraggono dal lavoro della terra la loro esclusiva ( recte , prevalente) fonte di reddito, così come richiamato dalla ordinanza della Corte Costituzionale n. 87/2005 (in termini anche ordinanza Corte Cost. n.
336/2003) che, ai fini dell’applicazione dell’Ici, pronunciandosi sulla legittimità costituzionale dell’art. 58, comma 2, d.lgs. 446/1997, nella parte in cui esclude i coltivatori diretti, titolari di pensione maturata a seguito dell’obbligatoria iscrizione alla relativa gestione previdenziale, dalle agevolazioni previste nell’art. 9 d.lgs. 504/92, ha statuito che “la giustificazione dell’agevolazione fiscale di cui si tratta risiede evidentemente in un intento di incentivazione dell’attività agricola, connesso alla finalità di razionale sfruttamento del suolo cui fa riferimento l’art. 44 della Costituzione, e in relazione alla suddetta ratio incentivante non appare manifestamente irragionevole che da tale beneficio siano esclusi coloro che – nel fatto di godere di trattamenti pensionistici – all’evidenza non traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito”;
3.2. nel caso in esame la RAGIONE_SOCIALE.T.R., con valutazione congrua e adeguata in fatto -e, pertanto, incensurabile in questa sede- ha accertato che dalla documentazione in atti non si rinveniva prova certa dell’esercizio dell’attività agricola sul fondo in questione in quanto gli elementi probatori offerti dai ricorrenti si limitavano all’esposizione di alcuni dati formali che non provavano l’esercizio di fatto della coltivazione, ulteriormente precisando che, sul punto, era ‘ utile rinviare al testo della perizia di parte ricorrente a firma il dottor NOME COGNOME il quale attesta che da un sopralluogo effettuato in data 9.2.2014 si evince che il fondo, pur essendo attualmente privo di essenze cerealicole è stato interessato da lavorazioni superficiali tali da non poter presagire (..) uno stato di totale abbandono. Infatti lo stesso risulta privo di erbe perenni e arbusti pluriennali… il fondo analizzato risulta ad indirizzo cerealicolo e quindi la superficie interessata da ritenersi indubbiamente agricola ‘. I giudici di appello hanno, ancora, correttamente rilevato che tali elementi erano stati contestati in modo puntuale dall’ente impositore, chiarendo che la circostanza dell’inserimento dei terreni nel fascicolo aziendale della società agricola costituiva ‘ una semplice
dichiarazione unilaterale proveniente da soggetto interessato ‘ non idonea a provare l’effettiva coltivazione dei terreni;
3.3. va osservato, quindi, che il principio di non contestazione opera anche nel processo tributario, nell’ambito del quale, tuttavia, deve essere coordinato con quello, correlato alla specialità del contenzioso, secondo cui la mancata specifica presa di posizione dell’Ufficio sui motivi di opposizione alla pretesa impositiva svolti dal contribuente in via subordinata non equivale ad ammissione dei fatti posti a fondamento di essi, né determina il restringimento del ” thema decidendum ” ai soli motivi contestati, posto che la richiesta di rigetto dell’intera domanda del contribuente consente all’Ente impositore, qualora le questioni da questo dedotte in via principale siano state rigettate, di scegliere, nel prosieguo del giudizio, tra tutte le possibili argomentazioni difensive rispetto ai motivi di opposizione. (Sez. 5 – , Sentenza n. 7127 del 13/03/2019, Rv. 653319 – 01), sicchè in questa sede non può, comunque, essere utilmente invocato il principio di non contestazione in quanto l’ ente impositore ha sempre contestato, come è dato desumere anche dal tenore della sentenza di appello – la spettanza della esenzione in esame;
3.4. deve, quindi, rilevarsi che in tema di ricorso per cassazione, la deduzione di travisamento della prova ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., in relazione alla violazione dell’art. 115 c.p.c., postula che: a) l’errore del giudice di merito cada non sulla valutazione della prova, ma sulla ricognizione del contenuto oggettivo della medesima, con conseguente e assoluta impossibilità logica di ricavare, dagli elementi acquisiti al giudizio, i contenuti informativi che da essi il giudice di merito ha ritenuto di poter trarre; b) tale contenuto abbia formato oggetto di discussione nel giudizio; c) l’errore sia decisivo e, cioè, che la motivazione sarebbe stata necessariamente diversa se fosse stata correttamente fondata sui contenuti informativi oggettivamente risultanti dal materiale probatorio e inequivocabilmente difformi da quelli erroneamente
desunti dal giudice di merito; d) il giudizio sulla diversità della decisione sia espresso non già in termini di mera probabilità, ma di assoluta certezza. (Sez. 3 – , Sentenza n. 37382 del 21/12/2022, Rv. 666679 – 07) con la conseguenza che non appare ammissibile la censura di parte ricorrente volta a far valere la violazione de ll’ artt. 115 cod. proc. civ. che finisce per riguardare, unicamente, la ritenuta erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito;
3.5. tanto premesso, appaiono opportune alcune precisazioni quanto alla dedotta rilevanza ed asserita ‘decisività’ del c.d. fascicolo aziendale, le cui risultanze -è bene precisare -risultano essere state, comunque, vagliate dai giudici di merito i quali ne hanno escluso la piena valenza probatoria in relazione al profilo dedotto; 3.6. i ricorrenti, nel richiamare le norme in materia di fascicolo aziendale hanno, in particolare, rilevato come l’ a rt. 25, comma 2, del d.l. 5/12 recante ‘ Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di RAGIONE_SOCIALE ‘ stabilisce che’ I dati relativi alla azienda agricola contenuti nel fascicolo aziendale elettronico di cui all’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, e all’articolo 13, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, fanno fede nei confronti delle pubbliche amministrazioni per i rapporti che il titolare della azienda agricola instaura ed intrattiene con esse (anche per il tramite dei centri autorizzati di assistenza agricola di cui all’articolo 3-bis del decreto legislativo 27 maggio 1999, n.165, e successive modificazioni, che ne curano la tenuta e l’aggiornamento );
3.7. tuttavia va osservato che il primo comma del citato art. 25 fa riferimento alle
3.7. che il detto fascicolo, in sé considerato, non possa fare piena prova anche nei rapporti di tipo tributario è anche desumibile dagli Atti Parlamentari, Camera dei deputati n. 4940 ove, in sede di conversione del suindicato decreto legge, si richiamano le ‘ complicazioni burocratiche ‘ in Italia quali prime cause dello svantaggio competitivo dell’Italia nel contesto europeo e nell’intera area dell’RAGIONE_SOCIALE, precisandosi come la ratio delle legge era quello di predisporre un piano di intervento adeguato per riportare il Paese a livelli di competitività accettabile di fronte alla crisi internazionale, in quanto ‘ i costi della burocrazia ‘ risultavano sempre più gravosi per le imprese, e viene espressamente citato l’ art. 25 del menzionato d.l. quale norma di ‘ semplificazioni delle operazioni relative all’erogazione di aiuti e di contributi dell’Unione europea per le imprese del settore agricolo ‘ al fine di assicurare ‘ economie e minori oneri per le aziende interessate ‘;
3.8 pure il citato D.M. 162/2015 -il quale nel regolamentare la formazione e la tenuta del fascicolo aziendale, ribadisce che lo stesso fa fede nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni come previsto dall’articolo 25, comma 2, del citato decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, evidenziando che lo stesso ‘ è elemento essenziale del processo di semplificazione amministrativa per i procedimenti previsti dalla normativa dell’Unione europea, nazionale e regionale ‘ appare riferirsi, quanto alla rilevanza dei dati di detto fascicolo, ai procedimenti amministrativi veri e propri riguardanti, principalmente, la concessioni di aiuti e contributi e non anche alla materia tributaria, specie ove oggetto di contenzioso;
3.8. deve, quindi, ritenersi che il c.d. fascicolo aziendale, di cui all’ art. 9 d.P.R. 503/1999, contiene dati certamente utilizzabili nell’ambito dei rapporti con la P.A. e, quindi anche con l’ Erario e gli enti impositori, ma altra questione è, ovviamente, quella afferente alla verifica della sufficienza, adeguatezza, completezza e rilevanza delle informazioni ivi riportate al fine di provare nell’ambito di un giudizio contenzioso il possesso, in capo al comproprietario, dei requisiti per beneficiare del regime agevolativo previsto per l’utilizzo agricolo di un terreno edificabile, già alla data cui si riferiscono gli avvisi di rettifica impugnati (vedi, in tal senso, Cass. 10306/2019), dati, peraltro, complessivamente vagliati dal giudice di appello il quale ne ha escluso la decisività;
3.9. giova, invero, ricordare che in tema di ICI, l’art. 2, comma 1, lett. b) del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, consente di considerare agricolo un terreno, pur suscettibile di utilizzazione edificatoria, solo a condizione che lo stesso sia posseduto e condotto dai soggetti indicati nel comma 1 dell’art. 9 (coltivatori diretti od imprenditori agricoli) e che persista l’utilizzazione agrosilvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all’allevamento di animali, e quindi una situazione avente carattere oggettivo incompatibile con la possibilità dello sfruttamento edilizio dell’area, incombendo i relativi onere probatori, come detto, a carico di parte contribuente;
3.10. i ricorrenti non indicano, del resto, da quali dati specifici del fascicolo aziendale emergerebbe la prova univoca della coltivazione del terreno in questione in relazione agli anni in contestazione, apparendo il motivo, quindi, in ogni caso carente sotto il profilo dell’ autosufficienza;
3.11. in conclusione il motivo in questione va rigettato, dovendosi affermare il seguente principio di diritto: « in tema di ICI, per considerare agricolo un terreno, pur suscettibile di utilizzazione edificatoria, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. b) del d.lgs. 30
dicembre 1992, n. 504, il fascicolo aziendale, di cui all’ art. 9 d.P.R. 503/1999, contiene dati utilizzabili ma, al fine di provare nell’ambito di un giudizio contenzioso il possesso in capo al proprietario del requisito della diretta conduzione del fondo e, in generale, dei requisiti per beneficiare del regime agevolativo, occorre una verifica da parte del giudice di merito della sufficienza, adeguatezza, completezza e rilevanza delle informazioni ivi riportate, tenuto conto degli oneri probatori incombenti sul contribuente »;
dal rigetto del primo motivo discende l’ infondatezza del secondo motivo, apparendo dirimente l’ accertamento in fatto dei giudici di merito circa la carenza dei presupposti per beneficiare dell’ agevolazione de qua ;
4.1. va, comunque, precisato che non è ravvisabile alcuna violazione delle norme richiamate, atteso che l’ordine di trattazione delle questioni, imposto dall’art. 276, comma 2, c.p.c., lascia libero il giudice di scegliere, tra varie questioni di merito, quella che ritiene “più liquida”, mentre gli impone, per contro, di esaminare per prime le questioni pregiudiziali di rito rispetto a quelle di merito. E solo la violazione di tale regola costituisce una causa di nullità del procedimento (vedi Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 30745 del 2019). Nel caso in questione il criterio della ‘ ragione più liquida ‘ ben poteva essere adottato nell’ambito delle questioni di merito concorrenti, e non risulta che nella specie esso sia stato invece erroneamente adottato tra questioni di merito e questioni di rito aventi natura pregiudiziale o preliminare;
4.2. risulta di tutta evidenza, infine, che di nessun pregio è il dedotto vizio per avere i giudici di appello omesso di esaminare la specifica censura, avverso la sentenza di primo grado, secondo cui per l’ anno 2012 i contribuenti non erano incorsi in alcuna decadenza, profilo del tutto irrilevante ai fini che occupano, in quanto assorbito;
stante l’infondatezza dei motivi dedotti, dunque, il ricorso deve essere rigettato;
5.1. le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo;
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese giudiziali in favore del Comune controricorrente, liquidandole nella misura di euro 2.400,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge se dovuti; ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria in data