Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26438 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26438 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/09/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 38262-2019, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE P_IVA, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO –
Ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE , cf CODICE_FISCALE, in persona del Direttore p.t. domiciliata in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’Avvocatura RAGIONE_SOCIALEe dello Stato, che la rappresenta e difende –
Controricorrente
Avverso la sentenza n. 2345/23/2019 della Commissione tributaria provinciale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, depositata il 27 maggio 2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29 aprile 2025 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Iva -Società interposte e meccanismi di evasione iva mediante false lettere d’intento – Prova
A seguito di controlli eseguiti da militari della GdF , l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE emise due avvisi d’accertamento nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, relativi alle dichiarazioni Iva per gli anni d’imposta 20 10/2011. Con essi contestò l’infedele fatturazione e registrazione di operazioni imponibili, trattate come operazioni esenti sulla base di false lettere d’intento, rilasciate ex art. 8, d.P.R. 26 ottobre 1972 da società cessionarie ritenute cartiere e comunque non esportatori abituali. Conseguentemente determinò una maggiore imposta, rispettivamente pari ad € 703.008,00 (2010) e ad € 25093,00 (2011), irrogando sanzioni.
Avverso gli atti la società, in liquidazione, propose ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Brescia, che con sentenza n. 268/03/2017, accogliendone le ragioni, annullò gli avvisi di accertamento.
L’appello erariale fu invece accolto dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, con sentenza n. 2345/23/2019, ora al vaglio di questa Corte.
Il giudice regionale ha ritenuto che gli elementi indiziari allegati dall’RAGIONE_SOCIALE , a sostegno della condotta fraudolenta o comunque illegittima della società, fossero gravi precisi e concordanti, e pertanto idonei a supportare la prova presuntiva a carico dell’erario . A tal fine ha valorizzato la valutazione di affidabilità concessa ad una (la RAGIONE_SOCIALE) RAGIONE_SOCIALE tre società, cessionarie dei beni acquistati dalla RAGIONE_SOCIALE (materiale plastico trasformato in ‘film’ per la protezione di altra merce), rilasciata da una società internazionale di primario rilievo, quantificata ‘in qualche decina di migliaia di euro’, a fronte di una esposizione debitoria nei confronti della rico rrente, pari ad oltre 800.000,00 €; ha valorizzato la relazione del Curatore del fallimento della medesima società, che aveva messo in dubbio la effettività RAGIONE_SOCIALE operazioni di cessione, evidenziando tra l’altro l’ anomalia di una società RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, che aveva acquisito lo status di esportatore abituale. Da questi indicatori il giudice regionale aveva desunto l’assenza RAGIONE_SOCIALE precauzioni che la ricorrente avrebbe dovuto invece assumere prima della fatturazione in regime di esenzione RAGIONE_SOCIALE operazioni di cessione di merce alle cessionarie, traendone il riscontro della colpevole condotta con cui la cedente aveva operato.
Il giudice d’appello, sempre valorizzando la relazione del Curatore del fallimento della cessionaria, aveva anche evidenziato l’anomalia della
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cessione, in 34 giorni, di 534 tonnellate di ‘film plastico’ , corrispondenti a circa 2.127 km di lunghezza della materia ceduta ( con fatturazione di € 848.406,01), nonché ulteriori osservazioni esplicate in quella consulenza. Dal complesso degli elementi allegati dall’ufficio e valorizzati in sede processuale, la Commissione regionale ha evinto una connivenza della RAGIONE_SOCIALE in un disegno criminoso attuato da terzi.
La società ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a sei motivi, ulteriormente illustrati con memoria, cui ha resistito l ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
All’esito dell’adunanza camerale del 29 aprile 2025, la causa è stata riservata e decisa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente ha denunciato:
con il primo motivo la violazione e falsa applicazione de ll’art. 36 d.lgs. n. 546/1992, dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti. Nella sentenza si affermerebbe erroneamente che la contribuente non avrebbe opposto prove contrarie alle presunzioni allegate dall’RAGIONE_SOCIALE, soffermandosi solo su dettagli RAGIONE_SOCIALE proprie operazioni, laddove le difese della RAGIONE_SOCIALE avrebbero invece descritto tutta l’attivit à posta in essere dalla contribuente nelle operazioni commerciali poste in essere con le proprie clienti.
con il secondo m otivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti . La sentenza avrebbe concentrato l’attenzione esclusivamente sulla cessionaria RAGIONE_SOCIALE, laddove le operazioni di cessione denunciate riguardavano altre due società.
con il terzo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti. Le motivazioni esposte in sentenza, oltre che inesistenti rispetto alle altre due società, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, erano in fatto errate anche nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, enunciando fatti non veri.
con il quarto motivo la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 d.l. 746/1983 , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti. La sentenza avrebbe violato la disciplina invocata, per la quale l’obbligo del fornitore/cedente era quello di trasmettere, entro il giorno 16 del mese successivo alla ricezione della dichiarazione d’intento della cessionaria, il medesimo documento per via telematica all’RAGIONE_SOCIALE.
con il quinto motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti. La sentenza avrebbe apprezzato un passaggio della relazione del curatore del fallimento della RAGIONE_SOCIALE, che aveva rilevato l’anomalia di una società RAGIONE_SOCIALE, che aveva acquisito lo status di esportatore abituale, laddove il medesimo curatore aveva anche dichiarato, tuttavia, che quella società, che inizialmente svolgeva attività di RAGIONE_SOCIALE, successivamente aveva effettuato anche il commercio di materiale per imballaggi.
con il sesto motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti. La sentenza avrebbe apprezzato altri passi della relazione del curatore, dai quali si evincevano le ragioni per le quali la RAGIONE_SOCIALE avrebbe avuto interesse al compimento di operazioni di rilievo con le società coinvolte in fatturazioni irregolari finalizzate alla evasione dell’iva, e da ciò il giudice regionale avrebbe erroneamente tratto uno quadro dei rapporti, caratterizzato da un complesso di operazioni inesistenti sul piano oggettivo, così travisando le contestazioni della stessa amministrazione finanziaria, che aveva invece contestato operazioni soggettivamente inesistenti.
I motivi, che come chiaramente emerge, sono tutti indirizzati a censurare il quadro valutativo dei fatti e dei riscontri su cui il giudice regionale ha fondato la sua decisione, vanno trattati unitariamente, perché connessi.
Essi sono tutti infondati quando non inammissibili.
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Va p remesso che la vicenda intorno a cui fa perno l’attività accertativa dell’erario, le contestazioni elevate, e le pretese fiscali avanzate nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, afferisce alla fornitura di merce (film plastici da imballaggio) fatturata in esenzione da iva ex art. 8, comma 1, lett. c), d.P.R. n. 633 del 1972, perché eseguita in favore di cessionari, dichiaratisi esportatori abituali e con rilascio di dichiarazioni d’intento false ; va ancora premesso che tali rapporti si sviluppano in un contesto nel quale le società a monte, fornitrici della odierna contribuente, e quelle a valle, cui la contribuente stessa fornisce il prodotto lavorato, si muovono, in un gioco di passaggi di beni per i quali operazioni assoggettate ad iva si avvicendano ad operazioni non imponibili, per essere formalmente destinate all’esportazione, con il comune obiettivo di evadere l’imposta . In tale gioco, che nelle indagini penali non vede attinta la odierna ricorrente, l’RAGIONE_SOCIALE attribuisce invece alla RAGIONE_SOCIALE un ruolo di corresponsabile, consapevole o anche colposamente inconsapevole, per la scarsa diligenza con cui non avrebbe valutato lo spessore RAGIONE_SOCIALE società cessionarie e l’effettività dell’intento di esportazione della merce, mediante dichiarazioni d’intenti solo formalmente corrette.
Ciò chiarito, rispetto alla motivazione della sentenza del giudice d’appello, che, in riforma RAGIONE_SOCIALE statuizioni del giudice di primo grado, riconosce la responsabilità della ricorrente, secondo le ragioni sintetizzate e sopra riportate, tutti i motivi articolati dalla difesa della contribuente sono finalizzati a proporre una diversa ricostruzione RAGIONE_SOCIALE vicende che attingono la società ricorrente.
Con essi, tuttavia, mirando principalmente a ricostruire, e più precisamente ad interpretare diversamente i fatti, non risultano scalfite in alcun modo le ragioni sottese alla decisione assunta dal giudice regionale. Così, è manifestamente inutile riportare dettagliatamente le operazioni poste in essere dalla società al momento della ricezione di un ordine di acquisto RAGIONE_SOCIALE cessionarie (ricezione RAGIONE_SOCIALE lettere d’intento, visure camerali, identificazione del trasportatore e fotografia della targa del mezzo di trasporto, acquisizione di notizie presso la banca dati RAGIONE_SOCIALE), perché per un verso si tratta di verifiche formali, del tutto inutili rispetto alle concrete contestazioni, per altro verso, e soprattutto, esse si rivelano addirittura controproducenti, laddove la sentenza mette in evidenza la
superficialità o contraddittorietà di quei controlli, quando espone che proprio per l’acquisizione di valutazione di affidabilità della cessionaria RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dichiarata per poche decine di migliaia di euro dalla banca dati RAGIONE_SOCIALE, era incomprensibile accettare commissioni e cedere merce in esenzione iva per oltre 800.000,00 €. Né la circostanza che l’attenzione del giudice regionale si sia concentrata solo su una RAGIONE_SOCIALE tre società cessionarie assume rilievo, trattandosi, RAGIONE_SOCIALE tre società, di quella con il più imponente rapporto commerciale. Senza considerare la singolare anomalia della cessione in soli trentaquattro giorni di oltre 500 tonnellate di film plastico da imballaggio, estensibile in bobine lunghe oltre 2.127 Km, o, ancora, la capacità di una società RAGIONE_SOCIALE che nasce per l’esercizio di operazioni di RAGIONE_SOCIALE, e che diventa società commerciale per l’acquisto del suddetto materiale, acquisendo anche lo status di esportatore abituale.
In tale contesto privo di pregio è il tentativo (quinto motivo) di equivocare sul contenuto RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni complete del curatore fallimentare, denunciato come non veritiero, tanto da evocare implicitamente un travisamento degli elementi portati all’at tenzione del collegio regionale. Evidenziare come anomala la circostanza che una società di RAGIONE_SOCIALE estenda la sua attività al commercio di film plastici e ne diventi esportatore abituale non contrasta infatti con la circostanza che il medesimo curatore abbia dichiarato che quella società di RAGIONE_SOCIALE aveva successivamente effettuato commercio di materiale per imballaggio.
È evidente che il complesso degli elementi, apprezzati in modo chiaro dal giudice d’appello, sono quelli cui in sentenza si è ritenuto di attribuire maggiore rilevanza nel contesto RAGIONE_SOCIALE allegazioni complessivamente prodotte dalle parti.
Né le pur lunghe difese illustrate nella memoria depositata ex art. 380 bis.1 c.p.c. aggiungono elementi significativi alle argomentazioni già esplicate con il ricorso. Si tratta infatti di elementi e considerazioni fattuali che attingono il merito, infatti sistematicamente richiamando, nell’epigrafe di ogni richiamo ai motivi di ricorso, il vizio di motivazione, certamente non valutabile in sede di legittimità nei termini prospettati dalla società. Ma, soprattutto, si tratta di elementi e considerazioni che non si confrontano efficacemente con le contestazioni di cui la ricorrente risponde, ossia l’infedele fatturazione e registrazione di operazioni imponibili, trattate come
operazioni esenti sulla base di false lettere d’intento, rilasciate ex art. 8, d.P.R. 26 ottobre 1972 da società cessionarie cartiere, e ‘comunque non esportatrici abituali ‘.
D’altronde, è appena il caso di ribadire che compito del giudice è quello di esprimere una valutazione esaustiva in ordine alla fondatezza o meno RAGIONE_SOCIALE ragioni, fattuali e giuridiche, addotte dalla parte nel processo, senza necessariamente rispondere a ciascuna RAGIONE_SOCIALE censure o argomentazioni sollevate. La giurisprudenza di legittimità sul punto ha chiarito che nella redazione della motivazione della sentenza il giudice non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione RAGIONE_SOCIALE parti, essendo necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., che esponga in maniera concisa gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con il percorso argomentativo seguito (Cass., 20 novembre 2009, n. 24542; 2 dicembre 2014, n. 25509; 9 febbraio 2021, n. 3126, le ultime due con riguardo agli obblighi di motivazione del giudice d’appello). Ancora, il principio risulta ulteriormente esplicitato quando si afferma che ai fini dell’adeguata motivazione della sentenza, secondo le indicazioni desumibili dal combinato disposto degli artt. 132, secondo comma, n. 4, 115 e 116 c.p.c., è necessario che il raggiunto convincimento del giudice risulti da un esame logico e coerente di quelle che, tra le prospettazioni RAGIONE_SOCIALE parti e le emergenze istruttorie, siano state ritenute di per sé sole idonee e sufficienti a giustificarlo, mentre non si deve dar conto dell’esito dell’esame di tutte le prove prospettate o comunque acquisite (Cass., 4 marzo 2011, n. 5241).
Peraltro, in tema di vizio di motivazione, qui più volte invocato dalla società, si è anche valorizzato che l’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della
contro
versia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., 20 giugno 2024, n. 17005; 29 ottobre 2018, n. 27415).
E ancora, sempre in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., va escluso che l’ omesso esame possa riguardare l’argomentazione della parte la quale, svolgendo le proprie tesi difensive, non fa che manifestare il proprio pensiero sulle conseguenze di un certo fatto o di una determinata situazione giuridica (Cass., 6 febbraio 2025, n. 2961).
La Commissione regionale si è attenuta a tali principi, valorizzando gli elementi che, secondo una ponderazione logica della pregnanza valoriale di essi, ha ritenuto sufficienti a dimostrare che la condotta tenuta dalla odierna ricorrente, quando non coinvolta né consapevole della effettiva natura RAGIONE_SOCIALE cessionarie, della falsità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni d’intento rilasciate, della finalità evasive RAGIONE_SOCIALE operazioni poste in atto donde l’insussistenza di ogni contraddizione tra la decisione del giudice tributario ed il mancato coinvolgimento della RAGIONE_SOCIALE nei processi penali che hanno invece attinto le altre società, poste a monte e a valle della ricorrente- fosse correttamente denunciabile per la colpevole inconsapevolezza della illiceità e soggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE altrui operazioni finalizzate all’evasione dell’iva.
Viene meno allora anche la denunciata violazione degli artt. 1 e 2 d.l. 746/1983, articolata nel quarto motivo, perché nel caso di specie non si faceva questione di violazione degli obblighi del fornitore/cedente di trasm issione all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della dichiarazione d’intento della cessionaria, ma della totale assenza di controllo sulla inesistenza soggettiva RAGIONE_SOCIALE operazioni medesime, e della affidabilità RAGIONE_SOCIALE cessionarie ai fini della fatturazione senza imponibilità all’iva di operazioni di cess ione, a chi quelle lettere d’intento non poteva rilasciarle.
Così perde anche rilievo, per non scalfire il nucleo della motivazione della sentenza, la circostanza, denunciata con il sesto motivo, che il giudice d’appello abbia inteso interpretare le finalità del coinvolgimento della RAGIONE_SOCIALE (precostituirsi u n credito d’imposta nei confronti dell’erario, insinuandosi in un passivo fallimentare della RAGIONE_SOCIALE artificiosamente
gonfiato). Si tratta infatti della supposizione di quelle che sarebbero state, secondo il giudice d’appello, le ragioni interiori del coinvolgimento soggettivo della società, che, errate o meno, non assumono alcuna rilevanza rispetto agli altri elementi obiettivi evidenziati nel resto della motivazione.
In definitiva il ricorso va rigettato. All’esito del giudizio le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di causa, che si liquidano in € 5.900,00 per competenze, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del medesimo articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il giorno 29 aprile 2025.
La Presidente NOME COGNOME