Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14780 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14780 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 27/05/2024
ICI – FABBRICATO RURALE –
sul ricorso iscritto al n. 4692/2020 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede in Roma, alla INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale e nomina poste a margine del ricorso, dall’AVV_NOTAIO (codice fiscale CODICE_FISCALE), domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
– RICORRENTE –
CONTRO
il COMUNE DI SANTE MARIE (AQ) (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede alla INDIRIZZO, in persona del Sindaco pro tempore, NOME COGNOME, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale e nomina poste in calce al controricorso, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) e
NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), con studio in Roma, alla INDIRIZZO .
– CONTRORICORRENTE – per la cassazione della sentenza n. 721/2/2019 della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, depositata il 30 luglio 2019, non notificata;
UDITA la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME all’udienza camerale del 10 gennaio 2024.
RILEVATO CHE:
oggetto di controversia è la pretesa di cui all’avviso di accertamento ICI n. 810, con cui il RAGIONE_SOCIALE di Sante Marie (AQ) liquidava la somma di 1.499,00 € per l’omessa dichiarazione e versamento del tributo per l’anno 2013 in relazione ad un fabbricato adibito a ricovero di attrezzi agricoli e di animali di proprietà dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (da ora solo OSI);
la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo accoglieva l’appello proposto dal RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE Marie avverso la sentenza n. 395/3/2018 della Commissione tributaria provinciale de L’Aquila, assumendo che:
« il fabbricato potrà beneficiare RAGIONE_SOCIALE agevolazioni Imu solo se la ruralità è stata riconosciuta dal Catasto, mediante l’attribuzione della corrispondente categoria catastale (D/10 o A/6) o mediante l’inserimento della specifica annotazione (DL 70/2011) attestante la sussistenza dei requisiti di ruralità, a nulla rilevando la circostanza che il fabbricato rispetti comunque i requisiti di ruralità previsti dalla normativa di riferimento (articolo 9, commi 3 e 3-bis del D.L. 557/1993)» (v. pagina n. 6 della sentenza);
« soltanto l’inserimento dell’annotazione di ruralità negli atti catastali» consente di attestare la sussistenza dei requisiti « a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione
della domanda», se prodotta entro il 30 settembre 2012 » (v. pagina n. 5 della sentenza impugnata);
-« nel caso in esame sia pacifico che l’immobile di cui si discute non abbia la specifica annotazione in catasto, dichiarativa della ruralità ai fini fiscali, atteso che nell’annualità 2013, oggetto dell’odierno giudizio, il predetto fabbricato risultava in catasto in categoria C/02»;
-«Né appare condivisibile l’assunto della ricorrente secondo cui la presentazione in data 2/03/2015 dell’autocertificazione prevista dal Decreto Ministero dell’Economia e RAGIONE_SOCIALE Finanze 14 settembre 2011, aveva comportato la avvenuta annotazione di ruralità con efficacia retroattiva quinquennale, atteso che la stessa doveva essere presentata entro il termine del 30 settembre 2012» (v. pagina n. 7 della sentenza in esame);
-«In altri termini la presentazione della dichiarazione di variazione, pur nei termini, cui non è conseguito l’inserimento negli atti catastali dell’annotazione, non produce alcun effetto ai fini Imu, non essendo, peraltro, ipotizzabile neanche un meccanismo di silenzio assenso. In questo caso, data la vincolatività del dato catastale, è onere del contribuente impugnare il silenzio dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, ipotesi, questa, che la appellata non ha privilegiato » ;
non era condivisibile la tesi della contribuente volta sostenere la sussistenza del requisito della ruralità strumentale, « perché la normativa prevede che tale requisito è accertabile solamente dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, Organo amministrativo incaricato di tale controllo» (v. pagina n. 8 della sentenza);
-non era fondata l’eccezione di giudicato esterno per effetto della sentenza n. 6538/2018 favorevole alla contribuente per l’anno d’imposta 2012, in quanto «la sentenza richiamata riguarda l’Ici e non l’Imu, imposta indubbiamente con caratteristiche diverse» (v. pagina n. 9 della sentenza in rassegna);
la società contribuente proponeva ricorso per cassazione avverso detta pronuncia con ricorso notificato tramite raccomandata postale in data 27/30 gennaio 2020, formulando quattro motivi di impugnazione, successivamente depositando, in data 26 dicembre 2023, memoria ex art. 380bis 1. cod. proc. civ.;
il RAGIONE_SOCIALE di Sante Marie (AQ) resisteva con controricorso notificato il 29 febbraio 2020;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo di impugnazione la ricorrente ha lamentato, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 9, comma 8, d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, ponendo in evidenza, sul piano fattuale, che il fabbricato in questione, ubicato in un RAGIONE_SOCIALE classificato come montano, era stato iscritto in catasto dal 16 giugno 1975 come fabbricato rurale, riaccatastato dall’Ufficio in data 17 gennaio 2012 in categoria C/2, poi fatto oggetto di dichiarazione di ruralità il 2 marzo 2015 ed infine, il 19 ottobre 2017, di variazione catastale da categoria C/2 a categoria D/10, precisando sul punto che « la variazione di catastale del 2017 rappresenta la correzione di un errore commesso dall’Amministrazione nel 2012 che aveva ‘accatastato di ufficio’ l’immobile nella categoria generica C/2 (ossia non specifica per i fabbricato agricoli), anziché nella categoria specifica D/10» (v. pagina n. 8 del ricorso), per cui essa doveva retroagire al 16 giugno 1975;
con la seconda censura l’istante ha dedotto, con riferimento al parametro di cui all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 9 d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, ricordando che il bene era stato oggetto, in termini non contestati dal RAGIONE_SOCIALE, di dichiarazione di ruralità del 2 marzo 2015, in quanto fabbricato strumentale all’attività di silvicoltura e destinato all’attività di allevamento e ricovero di animali, sostenendo che il carattere rurale del bene non poteva essere disconosciuto, tenuto del suo carattere strumentale all’attività agricola, richiamando sul
punto la pronuncia di questa Corte del 3 agosto 2012, n. 14013, nonchè la circolare del Ministero dell’Economia e Finanze 3/DF del 18 maggio 2012, la risposta ad interpello dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Entrate n. 326 del 10 settembre 2019 e l’art. 53 Cost.;
con la terza doglianza la contribuente ha eccepito, con riguardo all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ., ritenendo che la sentenza n. 659/2015 della Commissione tributaria provinciale de L’Aquila, passata in giudicato, sortisse tale effetto nella fattispecie in oggetto, avendo il predetto Giudice tributario affermato che « L’accatastamento rurale C2, trasformato nell’attuale D10, non può essere disconosciuto » (v. pagine nn. 11 e 12 del ricorso);
con la quarta ed ultima ragione di contestazione la società ha denunciato, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 13, comma 1, 6 dicembre 2011, n. 201, 9, comma 3bis , d.l.gs. 14 marzo 2011, n. 23 e 2909 cod. civ., reputando erronea la statuizione del Giudice dell’appello nella parte in cui aveva ritenuto la diversità dell’imposta, rappresentando -di contro -che la disciplina IMU ha avuto anticipata applicazione, in via sperimentale, dall’anno 2012;
il ricorso va rigettato per le seguenti ragioni;
occorre preliminarmente rammentare sul piano dei principi che costituisce principio consolidato nella riflessione di questa Corte ritenere che, ai fini del riconoscimento della non assoggettabilità ad ICI di un immobile rurale, sia decisiva la classificazione catastale dello stesso, qualora il relativo procedimento si sia regolarmente concluso con la relativa annotazione in atti e che, ove l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, sarà onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento, restando, altrimenti, il fabbricato medesimo assoggettato ad ICI, così come, il RAGIONE_SOCIALE dovrà impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale, al fine di
poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta»;
6.1. anche da ultimo, è stato, difatti, ulteriormente ribadito che:
«Questa Corte (Sez. Un. n. 18565/2009, n. 18570/2009) ha ritenuto che la classificazione catastale costituisce elemento determinante per verificare l’esistenza del carattere di ruralità del fabbricato, e dunque per escludere o affermare l’assoggettabilità ad ICI, affermando il seguente principio: “In tema di ICI, l’immobile che sia stato iscritto nel catasto dei fabbricati come “rurale”, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall’art. 9 del d.l. 557 del 1993, conv. in legge n. 133 del 1994, non è soggetto all’imposta, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. a ), del d.lgs. n. 504 del 1992, come interpretato dall’art. 23, comma 1bis del d.l. n. 207 del 2008, aggiunto dalla legge di conversione n. 14 del 2009. Qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, sarà onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento, restando, altrimenti, il fabbricato medesimo assoggettato ad ICI. Allo stesso modo, il RAGIONE_SOCIALE dovrà impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta”»;
«Al fine di risolvere le incertezze interpretative emerse per il riconoscimento della ruralità degli immobili, è successivamente intervenuta la L. n. 106/2011, art. 7 comma 2bis , che ha attribuito ai contribuenti la facoltà di presentare domanda di variazione della categoria catastale (da A/6 a D/10) sulla base di autocertificazione attestante la presenza dei requisiti richiesti (di cui all’art. 9 dl. 557/1993); variazioni della categoria catastale cui la giurisprudenza di questa Corte ha riconosciuto valore retroattivo, dal quinquennio antecedente alla presentazione della domanda, in virtù della norma d’interpretazione autentica di cui all’art. 2, comma 5ter , del d.l n.102 del 2013, convertito in legge n. 124 del 2013 (Cass. n. 24020
del 2015; n. 24366 del 2016; n. 3226 del 2021, n. 16252 del 2021)»;
«In seguito, l’art. 13, comma 14-bis, del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 dicembre 2011 n. 214 ha stabilito che le domande di variazione di cui al predetto D.L. 13 maggio 2011 n. 70, convertito, con modificazioni, dalla Legge 12 luglio 2011 n. 106, producessero «gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralit à fermo restando il classamento originario degli immobili ad uso abitativo»;
-«Ancora, l’art. 1 del D.M. 26 luglio 2012 ha disposto che: ‘Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attivit à agricola è attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una RAGIONE_SOCIALE categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione. Ai fini dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralit à in capo ai fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censibili nella categoria D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole), è apposta una specifica annotazione. Per il riconoscimento del requisito di ruralità, si applicano le disposizioni richiamate all’art. 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133’»;
– «L’art. 2, comma 5ter , del D.L. 31 agosto 2013 n. 102, convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 ottobre 2013 n. 124, ha stabilito che: ‘Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 3, comma 14 bis, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell’articolo 7, comma 2bis, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione negli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralità di cui all’articolo 9 del decreto legge 30 dicembre n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26
febbraio 1994 n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda’»;
«Si tratta di disposizioni che disciplinano le modalità (di variazione-annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione da ICI, sulla base di una procedura ad hoc , che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme (Cass., Sez. 5″, 30 dicembre 2020, n. 29864; Cass., Sez. 5^, 21 ottobre 2021, n. 29283)» (così Cass., Sez. T., 18 maggio 2023, n. 13710 e Cass., Sez. T, 17 maggio 2023, n. 13619; nello stesso senso, tra le altre, Cass., Sez. T. 18 ottobre 2023, n. 28896; Cass., Sez. T. 18 ottobre 2023, n. 28851; Cass., Sez. T. 30 giugno 2023, n. 18566; Cass. Sez. T. 8 giugno 2022, n. 18553 e le tante ivi citate);
tanto chiarito, occorre subito precisare che il Giudice regionale si attenuto a tali principi, mentre va ritenuta l’inammissibilità del primo motivo di impugnazione, volto a sostenere che la variazione catastale in categoria D/10 del 19 ottobre 2017 abbia costituito una correzione dell’erronea attribuzione della precedente categoria C/2, attribuita di ufficio in data 17 gennaio 2012;
7.1. con detta censura, difatti, la ricorrente ha sottoposto alla Corte una questione di merito, di cui peraltro non vi è traccia nel contenuto della sentenza e che non risulta dal ricorso essere stata sostenuta nei gradi merito, il che disvela il carattere nuovo del dedotto tema (vale a dire della correzione di un’errata attribuzione catastale) -come eccepito dalla difesa del RAGIONE_SOCIALE -per giunta di natura fattuale, come tale doppiamente inammissibile, appunto perché integrante una nuova questione di merito, il cui scrutinio non è esigibile dalla Corte, utilizzando, per tale via, impropriamente il paradigma censorio di cui all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.;
8. anche il secondo motivo risulta inammissibile, ove si consideri che il suo apparato argomentativo, diretto a rappresentare le (asseritamente non contestate) caratteristiche di ruralità del bene, come emergenti dalla dichiarazione di ruralità del 2 marzo 2015, non si confronta a tacer d’altro con la valutazione del Giudice regionale, il quale ha negato ogni rilevanza (retroattiva) a tale dichiarazione, in quanto tardiva, siccome presentata ben oltre il termine del 30 settembre 2012;
9. la terza censura non ha pregio;
9.1. con tale doglianza l’istante ha rimproverato al Giudice regionale di aver violato il giudicato esterno derivante dalla sentenza n. 659/2015 della Commissione tributaria provinciale de L’Aquila, resa tra le stesse parti (indicata dal Giudice regionale con il n. 6539 del 18 novembre 2015) e relativa all’ICI del precedente anno di imposta (2012), ricordando che detta pronuncia aveva affermato che «L’accatastamento rurale C2, trasformato nell’attuale D10, non può essere disconosciuto » (così alle pagine nn. 11 e 12 del ricorso);
9.2. sul tema del giudicato è stato chiarito che:
-« in base ai principi enunciati da questa Corte sull’interpretazione del giudicato e sul controllo che su di esso può esercitare il giudice di legittimità, il giudicato viene assimilato agli elementi normativi, dal che se ne trae che la sua interpretazione debba essere effettuata «alla stregua dell’esegesi RAGIONE_SOCIALE norme e non già degli atti e dei negozi giuridici, essendo sindacabili sotto il profilo della violazione di legge gli eventuali errori interpretativi» e che «il giudice di legittimità può direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato esterno con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito» (Sez. U, 28/11/2007, n. 24664) » ;
«Per tale interpretazione, gioca un ruolo determinante il rapporto tra il controllo sull’esistenza e la portata del giudicato e l’accertamento di merito che ha determinato il giudicato stesso, in quanto la forza degli effetti stabiliti dall’art. 2909 cod. civ. – che rende immutabili le statuizioni ivi adottate – opera soltanto rispetto alle questioni su cui il provvedimento giurisdizionale si sia soffermato»;
«Tale rapporto è stato stigmatizzato dalla sentenza RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite n. 24646 del 2 dicembre 2016, non massimata, secondo cui: «Non può dubitarsi che il giudicato può formarsi su di una questione, quando su questa il provvedimento giurisdizionale si sia soffermato, soppesando – benché non necessariamente in modo approfondito, ma pur sempre mostrando di averli presi in considerazione – gli argomenti che le parti hanno sottoposto al giudicante e dando preferenza agli uni piuttosto che agli altri, così appunto dirimendo la questione stessa e fissando, da controversi che erano, i punti di fatto e di diritto che devono ritenersi oramai immutabili tra le parti con la peculiare forza icasticamente descritta dall’art. 2909 cod. civ.; in mancanza di qualsiasi motivazione e nel caso in cui l’asserzione resti del tutto apodittica o priva di ogni giustificazione, la statuizione non può operare al di là dell’ambito della singola fattispecie decisa, nella quale l’acquiescenza RAGIONE_SOCIALE parti ha reso non più modificabile il comando finale impartito» (v. punto 15 della motivazione)»;
«Solo in caso di statuizioni meramente apodittiche, dunque, la forza del giudicato descritta dall’art. 2909 cod. civ. non produce alcun effetto se non nell’ambito della singola fattispecie decisa» (cfr. Cass. Sez. V., 7 dicembre 2021, n. 38767);
9.3. va poi ricordato l’orientamento, più volte espresso da questa Corte, secondo cui il giudicato può formarsi ed essere invocato solo sulle circostanze che hanno costituito oggetto di apprezzamenti di fatto e non anche su questioni giuridiche, giacchè l’attività interpretativa RAGIONE_SOCIALE norme giuridiche compiuta da un
giudice, in quanto consustanziale allo stesso esercizio della funzione giurisdizionale, non può mai costituire limite all’attività esegetica esercitata da un altro giudice, con la conseguenza che l’interpretazione e l’individuazione della norma giuridica posta a fondamento della pronuncia sulla domanda/eccezione non limita il giudice dell’impugnazione nell’esercizio del suo potere di individuare ed interpretare la disposizione applicabile al caso controverso e non sono, quindi, suscettibili di passare in giudicato autonomamente dalla domanda o dal capo di essa cui si riferiscono, assolvendo ad una funzione meramente strumentale rispetto alla decisione (cfr. Cass. Sez. V, 7 aprile 2022, n. 11331, che richiama Cass. I sez. 29 aprile 1976 n 1531; Cass., Sez. L., 23 dicembre 2003, n. 19679; Cass. Sez. III, 20 ottobre 2010, n, 216561; Cass., Sez. V, 21 ottobre 2013, n. 23723; nello stesso senso, Cass., Sez. T., 1° giugno 2021, n. 15215 e Cass. Sez. T. 23 marzo 2023, n. 8417);
9.4. dal resoconto contenuto nel ricorso risulta che la predetta decisione si è basata sulla perentoria ed apodittica affermazione secondo cui (giova ripetersi) «L’accatastamento rurale C2, trasformato nell’attuale D10, non può essere disconosciuto », motivazione questa che -per come riportata – non permette di cogliere le ragioni della decisione, non essendo stato spiegato in che termini abbia ritenuto di applicare la citata «attuale » categoria all’immobile in esame con efficacia per l’anno di imposta 2012, per cui alla luce del predetto principio di diritto, sia pure per una ragione diversa da quella fornita dal Giudice regionale (consentita dalla previsione dell’art. 384, quarto comma, cod. proc. civ.), il motivo di ricorso va respinto, non potendosi riconoscersi alcuna forza di giudicato alla suindicata pronuncia;
9.5. la soluzione non muta esaminando il (più ampio) contenuto della citata pronuncia (prodotta in atti), secondo cui il successivo accatastamento nella categoria D10, non poteva essere disconosciuto , tenuto conto dell’ abuso effettuato da terzi, restando pertanto le caratteristiche e la destinazione riconosciute dalla normativa di riferimento, con gli effetti previsti dall’art. 2, comma 5 –
ter , d.l. 31 agosto 2013 n. 102, trattandosi di motivazione non solo poco decifrabile (con riferimento all’epoca dell’ abuso ed alle caratteristiche dei beni), ma comunque contrastante con i principi sopra illustrati ed in particolare con quello dell’efficacia retroattiva della variazione catastale ai sensi della richiamata disciplina solo se tempestivamente presentata entro il termine prorogato del 30 settembre 2012, circostanza questa esclusa dal Giudice regionale;
la valutazione del quarto motivo di ricorso, con cui è stata censurata la sentenza impugnata sempre sul tema del giudicato, resta assorbita nelle riflessioni che precedono;
alla stregua di quanto precede, il ricorso va complessivamente rigettato;
le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza;
va, infine, dato atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente grado di giudizio, che liquida a favore del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE Marie nella misura di 800,00 € per competenze, oltre accessori, nonché nell’importo di 200,00 € per spese vive.
Dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 gennaio 2024.