Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13792 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 13792 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 23/05/2025
Comune di Fucecchio;
-intimato – avverso la sentenza n. 1014/2/17, depositata il 18 aprile 2017, della Commissione tributaria regionale della Toscana;
Udita la relazione della causa, svolta nella pubblica udienza del 12 marzo 2025, dal Consigliere dott. NOME COGNOME
ICI IMU Accertamento
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 24758/2017 R.G. proposto da COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, anche quale erede di NOME COGNOME, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio del prof. avvocato NOME COGNOME (EMAIL che lo rappresenta e difende;
-ricorrente – contro
udit o l’avvocato NOME COGNOME per delega del prof. avvocato NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.ssa NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che la Corte respinga i primi tre motivi del ricorso ed accolga il quarto, con assorbimento del quinto motivo.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 1014/2/17, depositata il 18 aprile 2017, la Commissione tributaria regionale della Toscana ha accolto l’appello principale del Comune di Fucecchio, ed ha disatteso quello spiegato in via incidentale da COGNOME NOME, così pronunciando in integrale riforma della decisione di prime cure che, riuniti i due ricorsi separatamente proposti dal COGNOME, aveva accolto le impugnazioni di avvisi di accertamento emessi per il recupero a tassazione dell’ICI dovuta dal ricorrente -in proprio e quale erede di NOME COGNOMEper gli anni dal 2007 al 2010, ed in relazione al possesso di due unità immobiliari;
1.1 -il giudice del gravame ha considerato che:
-dalla tardiva costituzione dell’Ente impositore nel primo grado di giudizio non poteva conseguire l’inammissibilità delle mere difese articolate negli scritti difensivi, solo rimanendo preclusa l’articolazione di eccezioni in senso proprio nonché la produzione di documenti (che, peraltro, dovevano ritenersi legittimamente utilizzabili nel secondo grado di giudizio);
gli avvisi di accertamento risultavano compiutamente motivati in quanto esponevano le disposizioni normative di riferimento e recavano, in allegato, prospetti recanti l’accertamento del tributo dovuto in relazione a «dichiarazioni ICI presentate …versame nti eseguiti …risultanze catastali» ; e, per di più, il contribuente aveva svolto ogni utile difesa già in sede di istanza di annullamento in autotutela, istanza che l’Ente aveva motivatamente disatteso;
le unità immobiliari in questione risultavano censite (solo) nel catasto dei terreni, non erano mai state classate nelle pertinenti categorie catastali rurali (A/6 e D/10) e (anche) a seguito della dichiarazione di variazione docfa presentata dal contribuente erano state ascritte alle categorie A/3 e C/6; diversamente nemmeno rilevava -secondo dicta della giurisprudenza di legittimità -la destinazione urbanistica dei terreni né v’era prova sulla base della documentazione pensionistica prodotta dal contribuente -dello svolgimento, da parte della de cuius , dell’attività di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo e dei conseguenti versamenti contributivi;
-andava, da ultimo, disatteso l’appello incidentale del Marchi in quanto -così come pianamente emergeva dagli stessi atti impositivi impugnati -alcuna sanzione era stata nei suoi confronti applicata in relazione al tributo dovuto a titolo ereditario; e, per le ragioni (sin qui) espresse , rimaneva assorbito l’esame delle ulteriori «argomentazioni svolte dal Marchi in sede di appello incidentale».
–COGNOME NOME ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di cinque motivi, ed ha depositato memoria.
Il Comune di Fucecchio non ha svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., espone la denuncia di «vizi di motivazione» della gravata sentenza nonché di violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 23 e 32, commi 1 e 2, assumendo, in sintesi, il ricorrente che illegittimamente la gravata sentenza aveva escluso ogni nullità in ragione della tardiva costituzione, nel primo grado di giudizio, dell’Ente impositore, tardività cui doveva, pertanto, correlarsi l’inammissibilità della stessa costituzione.
1.1 -Il motivo è manifestamente destituito di fondamento.
La Corte, difatti, ha ripetutamente statuito che se la tardiva costituzione in giudizio della parte resistente determina la decadenza dalla facoltà di proporre eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio e di fare istanza per la chiamata di terzi, ciò non di meno, qualora tali difese non siano state concretamente esercitate, nessuna altra conseguenza sfavorevole può derivarne al resistente, sicché deve escludersi qualsiasi sanzione di inammissibilità per il solo fatto della tardiva costituzione della parte resistente, cui deve riconoscersi il diritto, garantito dall’art. 24 della Costituzione, di difendersi, negando i fatti costitutivi della pretesa attrice, l’applicabilità delle norme di diritto invocate dal ricorrente o contestando l’ammissibilità delle domande (v., ex plurimis , Cass., 27 dicembre 2022, n. 37843; Cass., 30 gennaio 2019, n. 2585; Cass., 2 aprile 2015, n. 6734; Cass., 28 settembre 2005, n. 18962; Cass., 13 maggio 2003, n. 7329).
Per di più, va soggiunto come correttamente rilevato dal giudice del gravame, la tardiva costituzione nel primo grado di giudizio non precludeva, nella fattispecie, nemmeno l’utilizzabilità, nel grado di appello, della documentazione (pur) tardivamente prodotta, essendosi affermato che detta documentazione deve ritenersi comunque prodotta in grado di appello, in quanto già acquisita al fascicolo di ufficio, entro il termine perentorio previsto dal d.lgs. n. 546 del 1992, art. 32, comma 1, applicabile al giudizio di appello (Cass., 29 marzo 2023, n. 8859; Cass., 17 novembre 2020, n. 26115; Cass., 7 marzo 2018, n. 5429; Cass., 24 febbraio 2015, n. 3661).
-Il secondo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., espone la denuncia di «vizi di motivazione» della gravata sentenza nonché di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alla l. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, ed alla l. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, commi 161 e 162,
sull’assunto che illegittimamente il giudice del gravame aveva escluso il difetto di motivazione degli atti impositivi impugnati operando riferimento alle difese da esso esponente svolte con l’istanza di annullamento, in autotutela, degli atti in questione, e atteso che la motivazione deve sussistere quale requisito proprio dell’atto impositivo né può rimanere integrata ( ex post ) da successive determinazioni dell’Ente impositore (nella fattispecie il rigetto di detta istanza di autotutela).
2.1 -Nemmeno questo motivo -che pur prospetta profili di inammissibilità -può trovare accoglimento.
2.1.1 – Innanzitutto, va rimarcato, la motivazione della gravata sentenza dà pienamente conto del rilievo secondo il quale il giudice del gravame ha, dapprima, esaminato, e dato conto, del contenuto ex se degli atti -che, come anticipato, esponevano le disposizioni normative di riferimento e recavano, in allegato, prospetti recanti l’accertamento del tributo dovuto in relazione a «dichiarazioni ICI presentate …versamenti eseguiti …risultanze catastali» – per poi (ulteriormente) rilevare -secondo una postura utilizzata a riscontro del primo rilievo -che il contribuente aveva svolto ogni utile difesa già in sede di istanza di annullamento in autotutela, istanza che l’Ente aveva motivatamente disatteso.
Non è, dunque, questo secondo rilievo che risolve la ratio decidendi che, innanzitutto, si attesta sulla compiutezza motivazionale degli atti in quanto l’eccezione di parte risultava «smentita per tabulas solo che si legga gli atti in questione».
2.1.2 Quanto, poi, all’accertamento (così) condotto dal giudice del gravame, la censura in esame si risolve in una (mera) riproposizione di deduzioni difensive articolate in punto di motivazione degli avvisi di accertamento nella più completa anomia di riferimenti al relativo contenuto, deduzioni che non danno alcun conto dell’effettivo
contenuto motivazionale oggetto di contestazione e che, pertanto, nemmeno mettono la Corte nella condizione di poter verificare il denunciato deficit di motivazione; come, difatti, la Corte ha ripetutamente rimarcato, la censura involgente la congruità della motivazione dell’avviso di accertamento necessariamente richiede che il ricorso per cassazione riporti i passi della motivazione dell’atto che, per l’appunto, si assumano erroneamente interpretati o pretermessi (v. Cass., 13 agosto 2004, n. 15867 cui adde , ex plurimis , Cass., 19 novembre 2019, n. 29992; Cass., 28 giugno 2017, n. 16147; Cass., 19 aprile 2013, n. 9536; Cass., 4 aprile 2013, n. 8312; Cass., 29 maggio 2006, n. 12786).
-Col terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione delle disposizioni di legge, in tema di ICI/IMU e di fabbricati rurali, nonché , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n n. 4 e 5, cod. proc. civ., «Error in iudicando ed in procedendo … su un punto decisivo della controversia», deducendo che:
il giudice del gravame aveva omesso di considerare che i trattamenti pensionistici percepiti dalla de cuius (con sigle SR e IR) presupponevano il versamento di contribuzione a titolo di coltivatore diretto;
-l’una unità immobiliare era destinata ad abitazione della de cuius , l’altra ad ovile;
si trattava di unità immobiliari censite al catasto terreni quali fabbricati rurali;
seppur non censite nelle pertinenti categorie rurali (A/6 e D/10), dette unità immobiliari andavano considerate come rurali in quanto sussistenti i requisiti di cui al d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, conv. in l. 26 febbraio 1994, n. 133.
3.1 -Anche questo motivo è destituito di fondamento.
3.1.1 – In relazione alla disposizione di favore dettata dal d.l. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1bis , conv. in l. 27 febbraio 2009, n. 14, alla cui stregua «… l’articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, deve intendersi nel senso che non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui all’articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni.», – e secondo un consolidato orientamento interpretativo, la Corte ha statuito che l’identificazione della ruralità dei fabbricati esclusi dall’imposizione ICI si co rrela al dato oggettivo delle emergenze catastali, essendosi rilevato che l’immobile già iscritto nel catasto dei fabbricati come rurale, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal d.l. n. 557 del 1993, art. 9, cit., non è soggetto all’imposta, ai sensi del d.lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a ), cit.; e si è soggiunto che, qualora l’immobile risulti iscritto in una diversa categoria catastale, sarà onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento, restando, altrimenti, il fabbricato medesimo assoggettato ad ICI, così come, e inversamente, sarà il Comune a dover impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta (così Cass. Sez. U., 21 agosto 2009, n. 18565 cui adde , ex plurimis , Cass., 9 marzo 2018, n. 5769; Cass., 31 ottobre 2017, n. 25936; Cass., 11 maggio 2017, n. 11588; Cass., 20 aprile 2016, n. 7930; Cass., 12 agosto 2015, n. 16737).
La rilevanza regolativa del criterio identificativo in discorso – e, dunque, la sua esclusiva attinenza al dato catastale – è stata, poi, ribadita dalla Corte (anche) a riguardo dello jus superveniens in tema
di emersione catastale dei fabbricati rurali, e con riferimento, quindi all’art. 7, c omma 2bis , del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, conv. in l. 12 luglio 2011, n. 106, all’art. 13, c omma 14bis , del d.l. n. 201 del 2011, cit. (ed al relativo d.m. 26 luglio 2012 di attuazione), a ll’art. 2, c omma 5ter , del d.l. 31 agosto 2013, n. 102, conv. in l. 28 ottobre 2013, n. 124.
Disposizioni, queste, rispetto alle quali si è, difatti, osservato che «rafforzano l’orientamento esegetico già adottato dalle SSUU nel 2009, in quanto disciplinano le modalità (di variazione-annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione Ici, sulla base di una procedura ad hoc che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme.» (così, ex plurimis , Cass., 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., 23 giugno 2020, n. 12303; Cass., 9 marzo 2018, n. 5769; Cass., 30 giugno 2017, 16280; Cass., 20 aprile 2016, n. 7930).
E, in particolare, si è rimarcato che – ai fini della variazione catastale dei fabbricati disciplinata dal d.l. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2bis , cit., e dal d.l. n. 201 del 2011, art. 13, comma 14bis , cit., con gli effetti retroattivi di cui al d.l. n. 102 del 2013, all’art. 2, comma 5ter , cit., – la relativa domanda di variazione, presentata dall’interessato, con la prevista autocertificazione, non determina ex se il riconoscimento della ruralità, a tal fine essendo necessaria l’annotazione in atti d ella sussistenza dei requisiti di ruralità qual prevista dall’art. 1, c omma 2, del d.m. 26 luglio 2012, cit. (cfr., da ultimo, Cass., 5 agosto 2024, n. 22009 che, per l’appunto, ha escluso la necessità di una variazione del classamento catastale).
3.1.2 -Mentre, allora, rimangono (del tutto) inconferenti le deduzioni svolte con riferimento ai trattamenti pensionistici percepiti dalla de cuius , al fondo della infondatezza del motivo di ricorso risiede il rilievo secondo il quale i fabbricati in questione non sono mati stati censiti nel catasto dei fabbricati (quale evoluzione del NCEU; v. già il d.l. 27 aprile 1990, n. 90, art. 1, comma 5, conv. in l. 26 giugno 1990, n. 165; il d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, comma 1, cit.; la l. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 156; il d.P.R. 23 marzo 1998, n. 139); e che, quando lo sono stati (sulla base della sequenza normativa costituita dall’art. 7, commi 2 -bis , 2ter e 2quater , del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, conv. in l. 12 luglio 2011, n. 106, dall’art. 13, commi 14 e 14bis , del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214, dal d.m. 26 luglio 2012 e dal d.l. 31 agosto 2013, n. 102, art. 2, comma 5ter , conv. in l. 28 ottobre 2013, n. 124), come ben rilevato dal giudice del gravame, la stessa dichiarazione di parte (docfa) li ha ascritti a categorie non rurali (A/3 e C/6).
4. -Col quarto motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., avendo il giudice del gravame omesso di pronunciare sui motivi di ricorso -riproposti quali motivi di appello incidentale -che involgevano l’insussistenza dell’obbligo dichiarativo (a decorrere dal 18 dicembre 2007) -con conseguente maturata «prescrizione» quinquennale (d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, art. 14) quanto all’annualità 2007 per la quale l’atto impositivo era stato notificato nel 2013 (a fronte del perfezionamento di detto termine quinquennale al 31 dicembre 2012) -e, rispettivamente, il diritto all’esenzione (a decorrere dall’anno 2008) per l’abitazione principale e relativa pertinenza.
Il quinto motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., reca censura sulla liquidazione delle spese processuali
operata dalla gravata sentenza, capo di pronuncia, questo, che, si assume, andrà riformato in ragione della fondatezza dei proposti motivi.
4.1 -Il quarto motivo dal cui esame consegue l’assorbimento del quinto motivo di ricorso – è fondato, e va accolto.
4.2 -Come risulta, innanzitutto, dal diretto esame degli atti processuali, i sopra esposti motivi di impugnazione erano stati articolati tanto col ricorso introduttivo del giudizio (iscritto davanti alla Commissione tributaria provinciale al nr. di RG 2040/13) quanto nel secondo grado di giudizio (lì riproposti con appello incidentale); e, in disparte le (pur reiterate) improprietà dei riferimenti normativi (quanto, in specie, all’eccepita prescrizione) , involgevano questioni che -riconducibili alla insussistenza di un obbligo dichiarativo (d.l. 4 luglio 2006, n. 223, art. 37, comma 53, conv. in l. 4 agosto 2006, n. 248), con conseguente ricaduta in punto di tempestivo esercizio del potere impositivo (l. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 161), ed alla ricorrenza del diritto all’esenzione per l’abitazione principale ( d.l. 27 maggio 2008, n. 93, art. 1, conv. in l. legge 24 luglio 2008 n. 126) -non avrebbero potuto ritenersi assorbite in ragione dell’esame dell’appello principale (relativamente alla compiutezza motivazionale degli atti impositivi ed alla insussistenza del requisito di ruralità delle unità immobiliari), e del motivo di appello incidentale (per il profilo che evidenziava l’insussistenza di sanzioni applicate nei confronti dell’erede) , atteso che venivano in rilievo questioni che – in quanto fondate su elementi di fattispecie diversi, ed ulteriori, rispetto a quelli oggetto di esame -andavano espressamente esaminate e non potevano ritenersi implicitamente disattese.
Come la Corte ha in più occasioni statuito, l’assorbimento di una domanda in senso proprio ricorre quando la decisione sulla domanda assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della
parte che, con la pronuncia sulla domanda assorbente, ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno, mentre quello in senso improprio è ravvisabile quando la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande; ne consegue, pertanto, che l’assorbimento erroneamente dichiarato si traduce in una omessa pronunzia (Cass., 22 giugno 2020, n. 12193; Cass., 3 febbraio 2020, n. 2334: Cass., 19 dicembre 2019, n. 33764; Cass., 12 novembre 2018, n. 28995; Cass., 27 dicembre 2013, n. 28663).
-L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata in relazione al motivo di ricorso accolto con rinvio della causa, anche per la disciplina delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana che, in diversa composizione, procederà al riesame della controversia con riferimento alle questioni erroneamente dichiarate assorbite.
P.Q.M.
La Corte
-accoglie il quarto motivo di ricorso, assorbito il quinto, e rigetta il primo, il secondo ed il terzo motivo;
-cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 marzo 2025.