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Evasione fiscale e abuso del diritto: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 580/2025, chiarisce la linea di demarcazione tra abuso del diritto ed evasione fiscale. Nel caso esaminato, una società IT aveva creato delle società satellite fittizie per moltiplicare artificialmente i costi e ridurre il carico fiscale. La Corte ha riqualificato la condotta da abuso del diritto a evasione fiscale, affermando che la creazione di operazioni fittizie integra un’ipotesi di evasione e non di elusione. Di conseguenza, ha rigettato il ricorso del contribuente basato sulla presunta violazione delle garanzie procedurali previste per l’abuso del diritto.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Evasione fiscale vs. Abuso del diritto: quando la forma non salva dalla sostanza

La distinzione tra evasione fiscale e abuso del diritto è una delle questioni più dibattute nel diritto tributario. Mentre l’abuso del diritto si muove in una zona grigia, sfruttando le pieghe della normativa, l’evasione rappresenta una violazione diretta e palese. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un’importante chiarificazione su questo confine, stabilendo che la creazione di strutture societarie fittizie per moltiplicare artificialmente i costi non è un’abile elusione, ma una vera e propria evasione.

I fatti del caso: una complessa operazione societaria

Il caso riguardava una società operante nel settore dell’information technology che aveva messo in piedi un elaborato schema per ridurre il proprio carico fiscale. L’azienda aveva costituito diverse società satellite, cosiddette newco, alle quali venivano formalmente trasferite risorse umane, in parte provenienti dalla stessa società controllante.

Queste società satellite, di fatto prive di una reale autonomia operativa, fatturavano alla società madre ingenti prestazioni di servizi. In realtà, il personale continuava a lavorare per la società principale. Lo schema consentiva di ottenere un triplice vantaggio fiscale:
1. Ai fini IRES: Deducibilità di costi maggiori, rappresentati dalle fatture delle società satellite.
2. Ai fini IRAP: Deduzione integrale del costo del personale, mascherato da costo per servizi esterni.
3. Ai fini IVA: Detrazione dell’imposta sulle fatture ricevute.

L’Amministrazione Finanziaria aveva inizialmente qualificato questa operazione come un caso di abuso del diritto, ma la questione è stata successivamente riesaminata dai giudici.

La riqualificazione da abuso del diritto a evasione fiscale

Il punto cruciale della decisione della Corte di Cassazione è stata la riqualificazione giuridica della condotta. I giudici di legittimità hanno ritenuto che l’operazione non costituisse un uso distorto di strumenti negoziali leciti (proprio dell’abuso del diritto), bensì una vera e propria simulazione finalizzata a occultare la realtà economica.

L’artificiosa moltiplicazione dei costi attraverso società fittizie, che agivano come semplici “cartiere”, è stata considerata un elemento tipico dell’evasione fiscale. Non si trattava di scegliere un percorso giuridico fiscalmente più vantaggioso tra diverse opzioni legittime, ma di creare una documentazione contabile falsa per rappresentare una realtà inesistente. Questa distinzione è fondamentale, poiché le garanzie procedurali previste per contrastare l’abuso del diritto sono diverse da quelle applicabili in caso di evasione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha rigettato il ricorso del contribuente, basato principalmente sulla violazione del contraddittorio preventivo previsto dall’art. 37-bis del d.P.R. 600/1973 per i casi di elusione. Le motivazioni si fondano su due pilastri principali.

In primo luogo, la Corte ha stabilito che la riconduzione della fattispecie all’evasione fiscale rende inapplicabile la procedura di garanzia specifica per l’abuso del diritto. Poiché i fatti contestati erano chiari e consistevano in una frode, non era necessario attivare il contraddittorio rafforzato volto a comprendere le ragioni economiche di un’operazione legittima ma fiscalmente vantaggiosa.

In secondo luogo, i giudici hanno verificato il rispetto del contraddittorio generale, previsto dall’art. 12 dello Statuto del Contribuente. Tale norma impone un termine dilatorio di 60 giorni tra la consegna del processo verbale di constatazione e l’emissione dell’avviso di accertamento. Nel caso di specie, tale termine era stato ampiamente rispettato, garantendo al contribuente il tempo necessario per presentare le proprie difese. La riqualificazione da abuso a evasione, quindi, non ha comportato alcuna lesione del diritto di difesa, poiché i fatti alla base dell’accertamento sono rimasti invariati.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa pronuncia rafforza un principio fondamentale: le operazioni prive di sostanza economica, create al solo scopo di ottenere vantaggi fiscali attraverso l’apparenza, configurano un’evasione fiscale e non un mero abuso del diritto. La decisione chiarisce che l’utilizzo di società “cartiere” per moltiplicare i costi non rientra nell’ambito dell’elusione, ma in quello della frode. Per le imprese, il messaggio è chiaro: le strutture societarie devono corrispondere a reali esigenze economiche e operative. Qualsiasi costruzione artificiosa, anche se formalmente corretta, verrà ricondotta alla sua reale natura fraudolenta, con conseguenze ben più gravi rispetto alla contestazione di un semplice abuso del diritto.

Qual è la differenza fondamentale tra abuso del diritto ed evasione fiscale secondo la Corte?
L’abuso del diritto consiste nell’uso distorto di strumenti giuridici legittimi per ottenere un vantaggio fiscale indebito. L’evasione fiscale, come nel caso di specie, implica la creazione di operazioni artificiali e fittizie, come l’uso di società cartiere per fatturare costi inesistenti, al fine di occultare o ridurre la base imponibile.

Perché la Corte ha ritenuto che il diritto al contraddittorio del contribuente non sia stato violato?
La Corte ha distinto due garanzie. Quella specifica per l’abuso del diritto (art. 37-bis) non era applicabile, poiché i fatti sono stati riqualificati come evasione. Quella generale prevista dallo Statuto del Contribuente (art. 12, L. 212/2000), che prevede un termine di 60 giorni tra la fine della verifica e l’accertamento, è stata invece pienamente rispettata.

Un giudice può riqualificare una contestazione da abuso del diritto a evasione fiscale?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che è possibile operare una riqualificazione giuridica dei fatti, a condizione che gli elementi fattuali alla base dell’accertamento rimangano gli stessi. In questo modo, non si verifica alcuna lesione del diritto di difesa del contribuente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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