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Evasione fiscale: differenza con l’abuso del diritto

La Corte di Cassazione chiarisce la distinzione tra abuso del diritto ed evasione fiscale. Nel caso esaminato, una società creava società satellite fittizie per dedurre costi inesistenti. La Corte ha riqualificato il fatto come evasione fiscale, escludendo l’obbligo del contraddittorio preventivo specifico per l’abuso del diritto, ma verificando il rispetto delle garanzie generali del contribuente.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Evasione fiscale o abuso del diritto? La Cassazione traccia il confine

Nel complesso mondo del diritto tributario, la linea di demarcazione tra comportamenti elusivi e vera e propria evasione fiscale è spesso sottile ma cruciale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questa distinzione, analizzando un caso di creazione di società ‘satellite’ per generare costi fittizi. La decisione è fondamentale perché la qualificazione del comportamento ha dirette conseguenze sulle garanzie procedurali a tutela del contribuente.

I Fatti del Caso: La Creazione di Società “Satellite”

Una società operante nel settore dell’information technology aveva messo in piedi un complesso schema. Aveva costituito diverse società ad hoc (o newco), alle quali venivano formalmente trasferiti i propri dipendenti. Queste società ‘satellite’ provvedevano poi a fatturare alla società madre ingenti prestazioni di servizi, che di fatto erano svolte dal personale originario. Lo scopo era triplice:
1. Ai fini IRES: Dedurre costi fittiziamente maggiorati.
2. Ai fini IRAP: Dedurre integralmente il costo del personale, altrimenti non deducibile.
3. Ai fini IVA: Detrarre indebitamente l’imposta sulle fatture ricevute.

L’Amministrazione Finanziaria aveva inizialmente qualificato questa operazione come un caso di ‘abuso del diritto’, contestando alla società un uso distorto degli strumenti giuridici per ottenere un risparmio d’imposta altrimenti non consentito.

Il Percorso Giudiziario e la Questione del Contraddittorio

In primo grado, i giudici avevano dato ragione al contribuente, annullando l’avviso di accertamento. Il motivo? La violazione dell’obbligo di contraddittorio preventivo, una garanzia specifica prevista dalla legge (art. 37-bis, d.P.R. 600/1973) per i casi di abuso del diritto. L’Agenzia delle Entrate, secondo i primi giudici, avrebbe dovuto avviare un dialogo con la società prima di emettere l’atto, cosa che non era avvenuta. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva ribaltato la decisione, ritenendo che tale garanzia potesse essere superata.

La Riqualificazione della Cassazione: da Abuso a Evasione Fiscale

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha adottato un approccio diverso, procedendo a una riqualificazione giuridica dei fatti. Secondo i giudici supremi, il comportamento della società non configurava un abuso del diritto, bensì una chiara ipotesi di evasione fiscale.

La distinzione è sostanziale: l’abuso del diritto si ha quando il contribuente sfrutta in modo anomalo e distorto norme e strumenti legali in sé leciti per ottenere un vantaggio fiscale che il legislatore non voleva concedere. L’evasione fiscale, invece, è una violazione diretta e frontale della legge tributaria, realizzata tramite l’occultamento di materia imponibile o la creazione di elementi passivi fittizi.

Nel caso di specie, la creazione di società fittizie e la fatturazione di prestazioni rese da personale proprio non rappresentano un uso distorto della legge, ma un artificio contabile volto a simulare costi inesistenti. Si tratta di uno schema fraudolento riconducibile direttamente al fenomeno dell’evasione.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che la condotta della contribuente non era un ‘utilizzo improprio’ di strumenti negoziali, ma una ‘artificiosa moltiplicazione di costi’. Le prestazioni erano state effettivamente realizzate, ma da soggetti diversi da quelli che risultavano dalle fatture. Le società satellite erano mere ‘cartiere’, create al solo scopo di emettere fatture e abbattere il carico fiscale della società madre. Questa costruzione rientra pienamente nello schema dell’evasione e non in quello dell’elusione/abuso del diritto.

Di conseguenza, la specifica garanzia del contraddittorio preventivo prevista per l’abuso del diritto (art. 37-bis) non era applicabile al caso. La Corte ha comunque verificato il rispetto di un’altra importante garanzia, quella prevista dallo Statuto del Contribuente (art. 12, L. 212/2000), che impone un termine dilatorio di 60 giorni tra la conclusione della verifica fiscale e l’emissione dell’avviso di accertamento. Termine che, nel caso in esame, era stato rispettato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre due importanti spunti di riflessione. In primo luogo, ribadisce la netta differenza tra abuso del diritto ed evasione fiscale: il primo è un aggiramento ‘sofisticato’ della norma, la seconda una sua violazione diretta. In secondo luogo, chiarisce che le garanzie procedurali a favore del contribuente sono strettamente legate alla natura della contestazione. La riqualificazione operata dalla Cassazione ha avuto l’effetto di ‘neutralizzare’ il principale motivo di ricorso della società, confermando la legittimità dell’operato dell’Amministrazione Finanziaria. Per le imprese, la lezione è chiara: gli schemi artificiosi volti a creare costi fittizi saranno qualificati come evasione, con conseguenze più dirette e con un minor novero di garanzie procedurali specifiche su cui fare leva in sede di contenzioso.

Qual è la differenza fondamentale tra abuso del diritto ed evasione fiscale secondo questa ordinanza?
L’abuso del diritto consiste nell’uso distorto di strumenti legali legittimi per ottenere un vantaggio fiscale indebito. L’evasione fiscale, invece, è una violazione diretta della legge tributaria, come la creazione di costi fittizi attraverso società di comodo per ridurre l’imponibile.

Perché in questo caso non era necessario il contraddittorio preventivo previsto per l’abuso del diritto?
Perché la Corte di Cassazione ha riqualificato la condotta da abuso del diritto a evasione fiscale. La garanzia del contraddittorio preventivo rafforzato, prevista dall’art. 37-bis del d.P.R. n. 600/1973, si applica specificamente alle contestazioni di elusione/abuso del diritto e non ai casi di evasione.

Un giudice può cambiare la qualificazione giuridica di un fatto da abuso del diritto a evasione?
Sì, la Corte di Cassazione ha il potere di riqualificare giuridicamente i fatti, purché i fatti materiali posti a base dell’accertamento rimangano invariati. In questo caso, la Corte ha ritenuto che lo schema fraudolento descritto fosse più correttamente inquadrabile come evasione, e questa riqualificazione non ha leso il diritto di difesa del contribuente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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