Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2708 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2708 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
ha emesso la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 22911/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dalla AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO, come da procura speciale in calce al ricorso per cassazione.
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO.
– controricorrente –
avverso la sentenza della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE regionale della CAMPANIA, n. 9419/2019, depositata in data 17 dicembre 2019, non notificata; udita la relazione della causa udita svolta nella pubblica udienza del 6 dicembre 2023, dal Consigliere NOME COGNOME; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore RAGIONE_SOCIALE, AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito, per la parte ricorrente, l’AVV_NOTAIO, per delega dell’AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso per cassazione; NOME COGNOME, che ha udito per la parte controricorrente, l’AVV_NOTAIO. chiesto il rigetto del ricorso per cassazione;
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Napoli, con sentenza n. 6183/10/18, depositata in data 12 giugno 2018, aveva rigettato il ricorso proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di pagamento prot. NUMERO_DOCUMENTO, notificato in data 6 ottobre 2017, avente ad oggetto l’omesso versamento di accise per gli anni dal 2005 al 2007, in relazione ai quantitativi di gasolio denaturato per uso agricolo assoggettato ad accise ridotta, destinato fraudolentemente ad uso autotrazione, indicati nel p.v.c. redatto dalla Guardia di finanza n. 47947 del 14 dicembre 2010.
La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE regionale ha rigettato l’appello proposto dalla società contribuente sulla base RAGIONE_SOCIALE seguenti considerazioni:
-) era inammissibile il motivo di appello relativo alla violazione dell’obbligo di contraddittorio preventivo, ex art. 11 del decreto legislativo n. 374 del 1990, come modificato dal decreto legge n. 1 del 2012, vizio non rilevabile d’ufficio, stante la no vità della censura proposta per la prima volta in appello;
-) il motivo era, comunque, infondato, in quanto l’avviso di pagamento impugnato era stato preceduto dalla notifica del verbale di constatazione della Guardia di Finanza e dall’instaurazione di un processo penale avente ad oggetto gli stessi fatti; inoltre, il contribuente non aveva assolto l’onere di indicare, in concreto ed in modo specifico, le questioni che avrebbe potuto dedurre in sede di contraddittorio preventivo e che se accolte avrebbero potuto determinare un esito diverso RAGIONE_SOCIALE stesso;
-) non sussisteva il difetto di motivazione in quanto l’atto impugnato era motivato non solo per relationem ad altro atto già comunicato, ma anche da una compiuta ed esaustiva indicazione degli elementi ricostruttivi in fatto e in diritto su cui era fondato l’accertamento, desunti chiaramente dal processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia RAGIONE_SOCIALE Finanza;
-) l’attività accertativa si fondava su di quadro probatorio articolato, emerso dall’incrocio dei dati provenienti dalle intercettazioni telefoniche, dalle registrazioni monitorate con i dispositivi GPS montati sugli automezzi confrontate con i transiti Telepass, dalla verifica della contabilità RAGIONE_SOCIALE aziende coinvolte e dall’esame dei documenti di trasporto, analiticamente riportati nel p.v.c., la cui congruità ed attendibilità aveva superato anche il vaglio del giudice penale, portando ad una condanna penale di primo grado per i reati fondati sugli stessi fatti;
-) tutti questi dati, complessivamente valutati, fornivano elementi presuntivi sufficienti per ritenere accertato il coinvolgimento di COGNOME NOME, sia in proprio, sia quale amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, sia quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, in tutte le transazioni e quindi per tutti i quantitativi di gasolio per i quali era stata accertata l’evasione;
-) il necessario coinvolgimento nelle operazioni fraudolente del gestore del deposito commerciale derivava dal fatto che era questi che
provvedeva ad evadere gli ordini RAGIONE_SOCIALE aziende conniventi e a consegnare il gasolio denaturato agli autotrasportatori coinvolti nella truffa;
-) era logicamente insostenibile che il COGNOME fosse uno degli artefici del meccanismo elusivo nella qualità di amministratore della ditta di RAGIONE_SOCIALE e che, nello stesso tempo, ne fosse ignaro quale legale rappresentante del deposito, in quanto la identità soggettiva unica portava inevitabilmente ad escludere la buona fede;
-) era sussistenti i presupposti per l’esigibilità dell’accise, poiché in tema di fraudolenta evasione dell’imposta di fabbricazione sugli oli minerali e loro derivati doveva ritenersi assoggettato al tributo, oltre che alle sanzioni penali, non solo il fabbricante o produttore, ma chiunque sottraesse o concorresse a sottrarre i prodotti petroliferi all’accertamento e al pagamento dell’imposta, con la conseguenza che l’Ufficio poteva intimare il pagamento del tributo a qualunque autore della frode fiscale quale soggetto passivo del rapporto tributario, senza che occorreva il previo accertamento della responsabilità penale;
-) la costituzione della società solo nel maggio del 2005 non inficiava la correttezza dell’accertamento in quanto dal p.v.c. non risultavano contestazioni fondate su documenti o intercettazioni antecedenti il maggio 2005, mentre ai fini dell’evasione RAGIONE_SOCIALE, data l’autonomia dei due accertamenti, era irrilevante sia l’avvenuta prescrizione del reato, soggetta a termini e presupposti diversi, sia l’assoluzione per alcuni degli episodi contestati;
-) in tema di recupero RAGIONE_SOCIALE accise sugli olii minerali non operava nessun termine di decadenza, ma solo la prescrizione quinquennale di cui all’art. 15, comma primo, del decreto legislativo n. 504 del 1995, che, nella specie, era stata interrotta dall’esercizio dell’azione penale per gli stessi fatti, per cui, come già rilevato dai giudici di primo grado, il relativo termine, a fronte di una sentenza penale emessa in data 23
dicembre 2015, non risultava decorso all’atto dell’accertamento notificato il 26 settembre 2017.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a undici motivi.
RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo mezzo deduce la nullità della sentenza per travisamento della prova e la violazione dell’art. 115 cod. proc civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. La RAGIONE_SOCIALE regionale nel ricostruire la fattispecie sottoposta al suo esame aveva tratto una irragionevole ed insostenibile interpretazione del dato probatorio esistente dalle risultanze processuali. La società RAGIONE_SOCIALE aveva provato che sin da maggio 2005 aveva svolto l’attività di deposito e commercializzazione di gasolio per autotrazione bianco e non quella di gestore del deposito commerciale di gasolio verde agricolo, né la stessa società era stata individuata nel p.v.c. o in altri atti prodromici, né nella sentenza del Tribunale penale come il soggetto che aveva detenuto/movimentato il gasolio verde, per la successiva consegna alle aziende. La società aveva esposto nei propri scritti difensivi che i depositi commerciali da cui partiva il gasolio verde sottoposto ad accisa agevolata erano i depositi fiscali autorizzati, indicati nel p.v.c., ovvero la RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE. La società ricorrente aveva depositato, in primo grado, la visura camerale della società allegata al ricorso per comprovare l’oggetto sociale e le copie RAGIONE_SOCIALE pagine del p.v.c. dal quale emergeva che non era stata mai individuata nell’indagine come soggetto detentore del gasolio verde, né possessore degli automezzi/autobotti monitorati con i GPS e/o individuati nei presunti mancati rilevamenti dei telepass. Inoltre, contrariamente a quanto affermato nella sentenza di secondo grado, nell’avviso impugnato
erano presenti molte contestazioni fondate su documenti o intercettazioni antecedenti a maggio 2005 ed era stato depositato in giudizio un elenco contenente il conteggio dei litri contestati in base ai rilievi telepass nel periodo in cui la RAGIONE_SOCIALE non esisteva (dall’1 gennaio 2005 al 30 maggio 2005) per un quantitativo di litri 671.383 e per valore di oltre 275.000,00, determinati attraverso i rilievi telepass che la Guardia di finanza aveva allegato al p.v.c., in particolare quelli eseguiti dal 2003 fino alla data di costituzione della società. La società ricorrente aveva anche dedotto che le matrici di assegni individuati, ad es. presso la ditta RAGIONE_SOCIALE, con l’indicazione «NOME gasolio», erano relativi alle annualità 2004, oltre che 2005 e 2006.
1.1 La censura, oltre che inammissibile perché censura un accertamento in fatto, si appalesa aspecifica, poiché non si confronta con il contenuto del provvedimento impugnato come di qui a poco si dirà.
1.2 Ed invero, la giurisprudenza prevalente di questa Corte, è nel senso che, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento di fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che lo scrutinio dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione che ne ha fatto il giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento, e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., 26 ottobre 2021, n. 30042; Cass., 7 aprile 2017, n. 9097; Cass., 7 marzo 2018, n. 5355).
1.3 In questa sede non è, dunque, ammissibile introdurre una nuova valutazione dei fatti oggetto del giudizio di merito, come sembra richiedere la società, che si duole, in particolare, che i giudici di secondo grado, con una « irragionevole ed insostenibile interpretazione del dato probatorio esistente dalle risultanze processuali », avevano ritenuto che la società RAGIONE_SOCIALE fosse stata il gestore del deposito commerciale che provvedeva ad evadere gli ordini RAGIONE_SOCIALE aziende e a consegnare il gasolio denaturato agli autotrasportatori coinvolti nella truffa, mentre la società aveva prima eccepito e poi provato di avere svolto sin dal maggio 2005 l’attività di deposito e commercializzazione di gasolio per autotrazione bianco e non quella di gestore del deposito commerciale di gasolio verde agricolo e che la stessa non era tra i soggetti «detentori» del gasolio verde immesso in consumo in modo irregolare, né aveva detenuto/movimentato il gasolio verde, per la successiva consegna alle aziende.
1.4 Ed invero, i giudici di secondo grado, lungi dal non considerare le argomentazioni difensive della società appellante, le hanno, invece, esaminate specificamente, affermando che: 1) l’attività accertativa si fondava su di quadro probatorio articolato, emerso dall’incrocio dei dati provenienti dalle intercettazioni telefoniche, dalle registrazioni monitorate con i dispositivi GPS montati sugli automezzi confrontate con i transiti Telepass, dalla verifica della contabilità RAGIONE_SOCIALE aziende coinvolte e dall’esame dei documenti di trasporto, analiticamente riportati nel p.v.c.; 2) tutti questi dati, complessivamente valutati, fornivano elementi presuntivi sufficienti per ritenere accertato il coinvolgimento di COGNOME NOME, sia in proprio, sia quale amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, sia quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, in tutte le transazioni e quindi per tutti i quantitativi di gasolio per i quali era stata accertata l’evasione; 3) il necessario coinvolgimento nelle operazioni fraudolente del gestore del deposito commerciale derivava dal fatto
che era questi che provvedeva ad evadere gli ordini RAGIONE_SOCIALE aziende conniventi e a consegnare il gasolio denaturato agli autotrasportatori coinvolti nella truffa; 4) era logicamente insostenibile che il COGNOME fosse uno degli artefici del meccanismo elusivo nella qualità di amministratore della ditta di RAGIONE_SOCIALE e che, nello stesso tempo, ne fosse ignaro quale legale rappresentante del deposito, in quanto la identità soggettiva unica portava inevitabilmente ad escludere la buona fede; 5) la costituzione della società solo nel maggio del 2005 non inficiava la correttezza dell’accertamento, in quanto dal p.v.c. non risultavano contestazioni fondate su documenti o intercettazioni antecedenti il maggio 2005, mentre ai fini dell’evasione RAGIONE_SOCIALE, data l’autonomia dei due accertamenti, era irrilevante sia l’avvenuta prescrizione del reato, soggetta a termini e presupposti diversi, sia l’assoluzione per alcuni degli episodi contestati.
1.5 La sentenza impugnata ha, dunque, motivato secondo il prudente apprezzamento RAGIONE_SOCIALE concrete circostanze acquisite al processo e nell’esercizio del potere giurisdizionale tipicamente attribuito al giudice del merito, che, come già detto, non è suscettibile di valutazione in sede di legittimità. I giudici di secondo grado hanno affermato la legittimità dell’accertamento operato nei confronti della società appellante, ritenendo che sussistessero i presupposti per l’esigibilità dell’accise, poiché in tema di fraudolenta evasione dell’imposta di fabbricazione sugli oli minerali e loro derivati doveva ritenersi assoggettato al tributo e alle sanzioni penali, non solo il fabbricante o produttore, ma chiunque sottraesse o concorresse a sottrarre i prodotti petroliferi all’accertamento e al pagamento dell’imposta, con la conseguenza che l’Ufficio poteva intimare il pagamento del tributo a qualunque autore della frode fiscale quale soggetto passivo del rapporto tributario, senza che occorreva il previo accertamento della responsabilità penale.
1.6 Ciò conformemente alla consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui « In tema di fraudolenta evasione dell’imposta di fabbricazione sugli oli minerali e loro derivati deve ritenersi assoggettato al tributo, oltre che alle sanzioni penali, non solo il fabbricante o produttore, ma chiunque sottragga o concorra a sottrarre i prodotti petroliferi all’accertamento e al pagamento dell’imposta. Ne consegue che l’amministrazione può intimare il pagamento del tributo a qualunque autore della frode fiscale quale soggetto passivo del rapporto tributario senza che occorra il previo accertamento della responsabilità penale » (Cass., 10 giugno 2009, n, 13328; Cass., 15 maggio 2006, n. 11145, richiamata anche dalla difesa erariale; Cass., 24 giugno 2005, n. 12694; Cass., 27 gennaio 2003, n. 1191).
1.7 Resta, dunque, inammissibilmente invocato l’art. 115 cod. proc. civ., la cui violazione postula che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, ossia abbia giudicato o contraddicendo espressamente la regola, dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa fuori dai casi consentiti dalla legge (Cass., 28 febbraio 2018, n. 4699; Cass., 26 ottobre 2021, n. 30173).
1.8 Mette conto rilevare, peraltro, che, nel giudizio di cassazione, la facoltà della parte di denunciare, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 115 cod. proc civ., per avere il giudice di merito deciso la causa sulla base di prove inesistenti, perché riferite a fonti mai dedotte in giudizio oppure a informazioni probatorie prive di alcuna possibile o immaginabile connessione con le fonti appartenenti al processo (evenienza questa che, per quanto rilevato, non è accaduta nella vicenda in esame) , è esercitabile ove venga prospettata non solo l’assoluta impossibilità logica di ricavare, dagli elementi probatori, i contenuti informativi tratti dal giudice, ma anche il carattere sicuramente decisivo di tale errore, nel senso che, in
assenza di esso, la decisione sarebbe stata diversa, in termini non di mera probabilità ma di assoluta certezza (Cass., 3 maggio 2022, n. 13918), principio questo che fonda un ulteriore profilo di inammissibilità della censura formulata.
2. Il secondo mezzo deduce la nullità della sentenza per omesso esame di un fatto decisivo della controversia in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. In dipendenza del primo motivo, nel decisum della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE regionale si ravvisava anche il vizio di omesso esame di un fatto controverso e decisivo per la controversia, che riguardava il fatto principale della mancata individuazione, o allegazione all’atto impugnato, della RAGIONE_SOCIALE tra i soggetti «detentori» del gasolio verde immesso in consumo in modo irregolare nell’ipotizzata frode che assumeva la natura anche di fatto secondario controverso e decisivo, ovvero che si sarebbe dovuto dedurre in funzione di prova del fatto principale. La società aveva eccepito, in primo grado, che: le risultanze RAGIONE_SOCIALE indagini avevano riguardato anche periodi d’imposta antecedenti alla stessa esistenza della RAGIONE_SOCIALE (costituita a maggio del 2005) e che i principali elementi indiziari raccolti in sede di indagine non potevano ritenersi riferibili alla RAGIONE_SOCIALE, come ad es., le intercettazioni telefoniche e le registrazioni monitorate dal sistema GPS installato su alcuni automezzi non di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, o assegni bancari intestati a «NOME COGNOME» emessi nel 2004 e nel 2005 prima della costituzione della RAGIONE_SOCIALE e, comunque, senza che l’Ufficio avesse proceduto ad effettuare alcun riscontro di siffatti assegni nei conti correnti della RAGIONE_SOCIALE sRAGIONE_SOCIALE.l.; il mancato rilevamento del passaggio in uscita dal telepass degli automezzi, non di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, constatati dalla GDF dal 2004 al 2007 e, quindi, anche prima della costituzione della s.RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE. (maggio 2005), in ogni caso non avrebbero potuto dimostrare, con sufficiente probabilità, la consegna del gasolio
a soggetti diversi dai destinatari dei DAS; il debole valore indiziario RAGIONE_SOCIALE intercettazioni telefoniche con errate quantificazioni del gasolio e riportate nel p.v.c. «per sunto» e non per esteso, con ovvio impedimento della comprensibilità RAGIONE_SOCIALE telefonate; il debole valore indiziario dei mancati passaggi in entrata/uscita degli automezzi, atteso che il mancato passaggio dell’automezzo al telepass non avrebbe potuto impedire di ipotizzare con analogo grado di probabilità che siffatti automezzi avrebbero potuto effettuare altri percorsi, e/o adoperato altri caselli di entrata e di uscita, che la consegna fosse avvenuta frazionando le consegne a diversi destinatari (e non al destinatario ipotizzato come quello collocato nelle prossimità di uscita dei telepass) e/o cumulando le forniture in un’unica consegna di quantitativi riconducibili a diversi DAS.. La società contribuente, poi, in sede di appello aveva ribadito l’errore commesso dall’Ufficio nel «prendere atto» della sentenza del Tribunale di Napoli dove il fatto che la RAGIONE_SOCIALE non fosse legittimata passiva non veniva trattata, ma assorbita nell’ipotesi (penalmente rilevante) della ipotetica associazione a delinquere ex art. 416 cod. pen. del COGNOME in proprio, ma vi era confusione tra la sua colpevolezza quale amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE. Se i giudici di secondo grado avessero considerato il fatto che non era stato allegato all’atto impugnato alcun dato identificativo e confermativo del coinvolgimento della RAGIONE_SOCIALE nella frode contestata ai fini dell’accisa pretesa, né esibito in giudizio, nemmeno in grado di appello, alcun dato confermativo del fatto della legittimazione o solidarietà della RAGIONE_SOCIALE, ed avesse considerato anche tutti i fatti non contestati (ex art. 115 cod. proc. civ.) indicati a dimostrazione dell’erronea indicazione della RAGIONE_SOCIALE tra i soggetti responsabili della contestata frode, avrebbe dovuto annullare l’atto impugnato.
2.1 Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 348 ter cod. proc. civ., vertendosi in fattispecie nella quale la società ricorrente è risultata soccombente in entrambi i giudizi di merito, sulla base di statuizioni fondate sui medesimi rilievi in fatto, che hanno disatteso i diversi argomenti, sostanziali e probatori, dalla stessa proposti.
2.2 La previsione d’inammissibilità del ricorso per cassazione, di cui all’art. 348 ter , quinto comma, cod. proc. civ., che esclude che possa essere impugnata ex art. 360, primo grado, n. 5, cod. proc. civ. la sentenza di appello «che conferma la decisione di primo grado», si applica, agli effetti dell’art. 54, comma 2, del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, per i giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dopo l’11 settembre 2012 (Cass., 18 dicembre 2014, n. 26860; Cass., 11 maggio 2018, n. 11439), così nella fattispecie in esame dove l’appello, come risulta dalla pag. 1 della sentenza impugnata, è stato depositato in data 7 febbraio 2019 (Cass., 18 dicembre 2014, n. 26860; Cass., 11 maggio 2018, n. 11439) .
Il terzo mezzo deduce la nullità della sentenza e la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2729 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., dell’art. 2697 cod. civ., nonché dell’art. 270 cod. proc. pen., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. La sentenza nel recepire il decisum della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e, quindi, nel recepire anch’essa acriticamente la sentenza del Tribunale di Napoli aveva omesso di valutare, anzi neppure ne menzionava una, tutte le prove fornite dalla difesa. Il che inficiava il giudizio presuntivo fondato sull’art. 2729 cod. civ., rimesso senz’altro alla discrezionalità del giudice del merito, purché motivato e complessivo, che restava evidentemente viziato dalla mancata considerazione RAGIONE_SOCIALE prove (tutte) fornite dal contribuente che, singolarmente o unitariamente, avrebbero potuto condurre a conclusioni diverse. La società
contribuente aveva censurato la sentenza di primo grado che se avesse valutato autonomamente le risultanze istruttorie emerse nell’indagine penale, avrebbe dovuto quanto meno espungere dalla pretesa i carichi di accise, interessi ed indennità non dovuti dal COGNOME e dai presunti solidali sui quali non vi è stato il «non luogo a procedere», da ritenersi indebiti in capo alla solidale RAGIONE_SOCIALE, oltre che espungere i carichi di accise, interessi ed indennità non dovuti dal COGNOME NOME, «perché il fatto non sussiste» di cui alle imputazioni ascrittegli ai capi 12a), 12b), 17a), 17b) 19a) 19b) 43a), 43b) 44a), 44b) 45a), 45 b) 46a) e 46b) secondo lo stesso decisum della sentenza del Tribunale n. 14710/2015, sulla base della quale l’Ufficio aveva formato l’avviso impugnato », citando, come caso emblematico quello del Sig. NOME COGNOME, indicato nell’avviso di pagamento (pag. 6 e 11), quale presunto debitore solidale con la RAGIONE_SOCIALE per aver « distratto i seguenti quantitativi di gasolio denaturato per uso agricolo anno 2005, lt. 28.200; 2006, lt. 18.000 e 2007, fino a marzo lt. 18.000 per una Accisa sottratta al pagamento di € 11.646,60 per il 2005; 7.434,00 per il 2006 e 7.488,00 per il 2007 », la cui posizione era stata archiviata in sede penale e l’avviso di pagamento era stato annullato in autotutela in data 18 gennaio 2018.
3.1 il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, nella parte in cui lamenta la mancanza di una autonoma valutazione RAGIONE_SOCIALE «risultanze istruttorie emerse nell’indagine penale » da parte dei giudici di merito, di primo e di secondo grado, avuto riguardo ai reati per i quali vi era stato il «non luogo a procedere» e ai reati per i quali COGNOME NOME era stato assolto perché il fatto non sussiste (capi 12a), 12b), 17a), 17b) 19a) 19b) 43a), 43b) 44a), 44b) 45a), 45 b) 46a) e 46b) con sentenza del Tribunale n. 14710/2015, limitandosi a citare, come caso emblematico « dell’illegittimità dell’atto impugnato » l’avviso di accertamento notificato a COGNOME NOME, posizione peraltro, annullata dall’Ufficio in via di autotutela in data 18 gennaio 2018.
3.2 In proposito, vanno richiamati i principi statuiti da questa Corte secondo cui « Qualora il ricorrente, in sede di legittimità, denunci l’omessa valutazione di prove documentali, per il principio di autosufficienza ha l’onere non solo di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione » (Cass., 21 maggio 2019, n. 13625) e secondo cui « In tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza RAGIONE_SOCIALE svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità » (Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34469; Cass., 1 luglio 2021, n. 18695).
3.3 Ciò anche in conformità al principio statuito, di recente, dalle Sezioni Unite della Corte secondo cui « Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. -quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. RAGIONE_SOCIALE del 28 ottobre 2021 – non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può, tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione
degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno RAGIONE_SOCIALE censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito » (Cass., Sez. U., 18 marzo 2022, n. 8950).
3.4 Il motivo è pure inammissibile, laddove censura la sentenza impugnata per la violazione degli artt. 2729 e 2697 cod. civ., in quanto la valutazione RAGIONE_SOCIALE prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito (Cass., 19 luglio 2021, n. 20553).
3.5 In sede di legittimità, poi, è possibile censurare la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. solo allorché ricorra il cd. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso (Cass., 13 febbraio 2020, n. 3541), evenienza che, nel caso in esame, non è stata dedotta dalla società ricorrente.
3.6 Il motivo è pure inammissibile, avendo la parte ricorrente prospettato la violazione del disposto di cui all’art. 2697 cod. civ., ancorché il giudice di appello non abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata, secondo le regole di scomposizione della fattispecie, peraltro, richiamando, a pag. 9 della sentenza impugnata, i principi statuiti da questa Corte in tema di prova per presunzioni.
3.7 Né sussiste la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., richiamato nella censura, che, per quanto rilevato, non può essere dedotta come vizio di legittimità in riferimento all’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie operato dal giudice di merito (Cass., 26 ottobre 2021, n. 30173; Cass., 28 febbraio 2018, n. 4699; Cass., 11 ottobre 2016, n. 20382).
4. Il quarto mezzo deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Cost., comma 6, 132 cod. proc. civ., 36, comma 2, n. 4, del decreto legislativo n. 546 del 1992, 156 cod. proc. civ., nonché dell’art. 24 della Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Motivazione apparente in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE regionale si era uniformata alla decisione di primo grado, che, a sua volta, si era basata unicamente su quanto aveva «riferito la GDF e riportato nel pvc» ed al vaglio «del giudice penale», senza tener conto RAGIONE_SOCIALE allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello per cui aveva confermato la legittimità dell’atto impugnato, senza procedere ad una disamina logico-giuridica dei motivi di appello e tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito nella decisione. La RAGIONE_SOCIALE non aveva rispettato nel decisum sulle presunzioni poste a base dell’avviso di pagamento l’obbligo di indicare i passaggi logici che avrebbero convinto il Giudice a passare dal fatto noto a quello ignorato nel rigettare l’appello della società contribuente. La società contribuente aveva eccepito e fornito in atti la prova contraria ai dati indiziari offerti dall’Ufficio c on ampia documentazione prodotta all’Ufficio nel ricorso (con allegati e nota documenti del 21 maggio 2018) ed in grado di appello (con allegati e memoria di replica) (visura camerale; targhe automezzi, fogli 18 e 24 del pvc, DAS, elenco quantitativi di gasolio corrispondenti ai periodi antecedenti al 30 maggio 2005, ecc.), già richiamati nel terzo motivo, ma la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE regionale non aveva indicato alcuna RAGIONE_SOCIALE prove fornite dalla parte nei suoi scritti difensivi, sottraendosi all’obbligo di rispondere alla numerose incongruenze evidenziate in sede di appello, uniformandosi alla sentenza di primo grado, che, a sua volta, si era basata su quanto riferito dalla Guardia di Finanza e riportato nel p.v.c..
4.1 Il motivo è ancora una volta inammissibile per difetto di autosufficienza.
4.2 Ed invero, la società ricorrente ha affermato che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE regionale si era uniformata alla decisione di primo grado, che, a sua volta, si era basata unicamente su quanto aveva «riferito la GDF e riportato nel pvc» ed al vaglio «del giudice penale», senza tener conto RAGIONE_SOCIALE allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello, ma non ha specificato (né trascritto) il contenuto RAGIONE_SOCIALE allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello; ancora la società contribuente ha dedotto di avere fornito la prova contraria ai dati indiziari offerti dall’Ufficio con ampia documentazione prodotta all’Ufficio nel ricorso (con allegati e nota documenti del 21 maggio 2018) ed in grado di appello (con allegati e memoria di replica) e ha richiamato, la « visura camerale; targhe automezzi, fogli 18 e 24 del pvc, DAS, elenco quantitativi di gasolio corrispondenti ai periodi antecedenti al 30 maggio 2005, ecc. », ancora una volta senza specificarne (o trascriverne) il contenuto; in ultimo, ha menzionato gli elementi richiamati nel terzo motivo, in relazione al quale questo Collegio ha già rilevato il difetto di autosufficienza.
4.3 Non può non rilevarsi come la mancata trascrizione, nell’odierno ricorso, RAGIONE_SOCIALE specifico contenuto di tali atti impedisca la necessaria verifica dell’astratta idoneità del motivo di ricorso ad incrinare il fondamento logico giuridico RAGIONE_SOCIALE argomentazioni che sorreggono la decisione impugnata (come sopra riportata).
4.4 Ed invero è giurisprudenza di questa Corte che, in tema di ricorso per cassazione, qualora venga dedotta l’incongruità o illogicità della motivazione della sentenza impugnata per l’asserita mancata valutazione di risultanze processuali è necessario, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività della risultanza non valutata (o insufficientemente valutata), che il ricorrente precisi mediante integrale trascrizione della medesima nel ricorso – la risultanza che egli asserisce decisiva e non valutata o insufficientemente valutata, dato che solo tale specificazione consente
alla Corte di cassazione, alla quale è precluso l’esame diretto degli atti di causa, di delibare la decisività della risultanza stessa (Cass., Sez. U., 13 gennaio 1997, n. 265; Cass., 4 marzo 2014, n. 4980; Cass., 8 marzo 2019, n. 6735).
5. Il quinto mezzo deduce la nullità/illegittimità della sentenza per violazione degli artt. 3 della legge n. 241/90 e 7 della legge n. 212/2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Cost., comma 6, 132 cod. proc. civ., 36, comma 2, n. 4, del decreto legislativo n. 546 del 1992, 156 cod. proc. civ., nonché dell’art. 24 della Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Motivazione apparente in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE regionale non aveva applicato alla fattispecie in causa l’art. 7 della legge n. 212/2000 come interpretato in sede di legittimità per il quale il requisito della motivazione degli atti tributari era richiesto, a pena di nullità, per cui avrebbe dovuto accogliere il motivo di appello ed annullare l’avviso di accertamento che si fondava «acriticamente» sui rilievi del p.v.c. ed era privo dell’indicazione dei luoghi specifici dell’atto richiamato in cui erano rinvenibili le parti del discorso che avevano portato alla decisione finale dell’Ufficio. La RAGIONE_SOCIALE era incorsa nel vizio di motivazione, laddove aveva richiamato un orientamento consolidato di legittimità della Corte di Cassazione (Cass., 20 dicembre 2018, n. 32957 e Cass., 20 dicembre 2017, n. 30560) in modo generico, apodittico ed inconferente rispetto al motivo di appello tanto da non potersi comprendere l’oggetto della decisione e le ragioni su cui si basava il dispositivo.
5.1 In disparte anche qui un difetto di autosufficienza della censura, nella parte in cui non riporta il contenuto dell’avviso di accertamento censurato per vizio di motivazione (cfr. Cass., 28 giugno 2023, n.1 8418), il motivo è infondato.
5.2 L’art. 7, comma 1, legge n. 212/2000, prevede che gli atti dell’amministrazione finanziaria devono essere motivati con la specifica indicazione dei presupposti di fatto e RAGIONE_SOCIALE ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, e contiene la precisazione che, se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama. Sicché, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem , ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione, però, che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente, ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento (Cass., 25 marzo 2011, n. 6914), o, ancora, che gli atti richiamati siano già conosciuti dal contribuente per effetto di precedente notificazione (Cass., 25 luglio 2012, n. 13110).
5.3 In particolare, deve ritenersi che anche lo Statuto del contribuente, nell’art. 7, comma 1, (così come espressamente previsto dal d.P.R. citato, art. 42), nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento da esso richiamato in motivazione, si riferisca esclusivamente agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza (Cass., 4 luglio 2014, n. 15327; Cass., 29 settembre 2020, n. 20579).
5.4 Con riferimento, poi, all’asserito «appiattimento» dell’avviso di accertamento sulle conclusioni raggiunte dalla Guardia RAGIONE_SOCIALE Finanza si osserva che la motivazione dell’atto impositivo che rinvia per relationem alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia
di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia RAGIONE_SOCIALE non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (così, Cass., 16 giugno 2021, n. 16951; Cass. 20 dicembre 2018, n. 32957; Cass. 20 dicembre 2017, n. 30560, queste ultime richiamate anche dai giudici di secondo grado a pag. 6 della sentenza impugnata).
5.6 La sentenza impugnata, è conforme ai principi esposti. La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE regionale ha, infatti, affermato, a pag. 6 della sentenza impugnata, che non sussisteva il difetto di motivazione in quanto l’atto impugnato era motivato non solo per relationem ad altro atto già comunicato, ma anche perché conteneva una compiuta ed esaustiva indicazione degli elementi ricostruttivi in fatto e in diritto su cui era fondato l’accertamento, desunti chiaramente dal processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza. I giudici di secondo grado hanno, dunque, evidenziato che, nel caso concreto, la società ricorrente aveva avuto piena contezza del processo verbale di constatazione, su cui si fondava l’atto impositivo, nel quale erano stati indicati i rilievi mossi dai verificatori e, quindi, degli elementi identificativi da cui era poi scaturita la pretesa fiscale di cui si discute in questa sede e che l’onere di motivazione era stato assolto. Ma tale valutazione sulla sufficienza motivazionale dell’avviso di accertamento non è stato oggetto di specifica contestazione da parte della ricorrente, che nemmeno ha riprodotto il contenuto dell’atto impositivo .
5.7 Risulta, altresì, evidente che la decisione impugnata assolve in misura adeguata al requisito di contenuto richiesto dalle disposizioni di legge di cui il ricorso lamenta la violazione, attesa l’esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto della decisione, sufficiente ad evidenziare il
percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione.
Il sesto mezzo deduce la nullità/illegittimità della sentenza per violazione dell’art. 7 del decreto legislativo n. 546/92, dell’art. 20 del decreto legislativo n. 74/2000, nonché dell’art. 270 cod. proc. pen., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Cost., comma 6, 132 cod. proc civ., 36, comma 2, n. 4, del decreto legislativo n. 546 del 1992, 156 cod. proc. civ., nonché dell’art. 24 della Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Motivazione apparente in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE regionale aveva fondato la decisione di rigetto dei motivi esposti basandosi sugli elementi di prova raccolti in sede penale recependone acriticamente le conclusioni senza valutare le prove raccolte autonomamente secondo il prudente apprezzamento, in assenza di una pregiudiziale RAGIONE_SOCIALE e di un’automatica efficacia di queste prove sul versante del processo tributario. Il Giudice si era riportato in modo generico ed apodittico alla sentenza del giudice penale richiamando le conclusioni, con motivazione approssimativa e insufficiente che non aveva tenuto conto dei numerosi passaggi in cui taluni capi d’imputazione erano stati espunti proprio per la prescrizione del reato o per l’assoluzione per alcuni degli episodi contestati che la parte aveva eccepito e provato in atti. La sentenza impugnata, dunque, aveva violato l’art. 7 del decreto legislativo n. 546/92 e l’art. 20 del decreto legislativo n. 74/2000. Proprio in ragione del citato art. 20, il giudice tributario era tenuto a considerare le limitazioni probatorie vigenti in sede RAGIONE_SOCIALE e, nel caso in esame, RAGIONE_SOCIALE intercettazioni telefoniche e/o RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni di terzi in assenza di contraddittorio ex art. 270 cod. proc. pen., che ostavano a riconoscere in via automatica tale efficacia extrapenale.
6.1 Il motivo è infondato, poiché la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE regionale ha fatto corretta applicazione del principio consolidato nella
giurisprudenza di legittimità, del resto pure affermato nella sentenza impugnata, che nel processo tributario, la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario non spiega automaticamente efficacia di giudicato, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in tema di prova posti dall’art. 7, comma 4, del decreto legislativo n. 546 del 1992, e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sé inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna; il giudice tributario, inoltre, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta RAGIONE_SOCIALE parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 cod. proc. civ.), può procedere ad un suo apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli elementi di prova acquisiti al giudizio e a verificarne la rilevanza (Cass., 22 aprile 2022, n. 12854; Cass., 27 giugno 2019, n. 17258).
6.2 Come è stato precisato da questa Corte, in materia di contenzioso tributario, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorché i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l’accertamento degli Uffici finanziari, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in tema di prova posti dall’art. 7, comma 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sé inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna. Ne consegue che l’imputato assolto in sede penale, anche con formula piena, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste, può essere ritenuto responsabile fiscalmente qualora l’atto impositivo risulti fondato su validi indizi, insufficienti per un giudizio di responsabilità penale, ma adeguati, fino a prova contraria, nel giudizio tributario (cfr. Cass., 24 novembre 2017, n. 28174; Cass., 28 giugno 2017, n. 16262).
6.3 Ciò posto, nella vicenda in esame, la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE regionale ha fondato la propria decisione, come espressamente affermato, a pag. 7 della sentenza impugnata, su un quadro probatorio articolato emerso dall’incrocio dei dati provenienti dalle intercettazioni telefoniche, dalle registrazioni monitorate con i dispositivi GPS montati sugli automezzi confrontate con i transiti Telepass, dalla verifica della contabilità RAGIONE_SOCIALE aziende coinvolte e dall’esame dei documenti di trasporto, analiticamente riportati nel p.v.c., pure specificando che la congruità e l’attendibilità di tale materiale probatorio aveva superato anche il vaglio del giudice penale, portando ad una condanna penale di primo grado per i reati fondati sugli stessi fatti e, ritenendo, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta RAGIONE_SOCIALE parti e del materiale probatorio acquisito agli atti, che tutti questi dati, complessivamente valutati, avevano fornito elementi presuntivi sufficienti per ritenere accertato il coinvolgimento di COGNOME NOME, sia in proprio, sia quale amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, sia quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, in tutte le transazioni e quindi per tutti i quantitativi di gasolio per i quali era stata accertata l’evasione. Inoltre, ha precisato, richiamando i principi affermati da questa Corte, che la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato RAGIONE_SOCIALE, emessa con la formula «perchè il fatto non sussiste», pure se poteva essere assunta come fonte di prova dal giudice tributario, nel caso di specie, tuttavia, alla luce della complessa attività di indagine posta in essere agli accertatori, non assumeva specifico rilievo, così facendo corretta applicazione RAGIONE_SOCIALE norme in materia di oneri probatori e di valutazione della legittimità dell’atto impositivo.
6.5 Non sussiste, pertanto, il dedotto vizio di motivazione, una volta che dalla sentenza impugnata traspare il percorso argomentativo seguito per la formazione del proprio convincimento, laddove ha ritenuto la legittimità dell’avviso di accertamento sulla base dei
numerosi elementi indiziari specificati. La censura della società ricorrente si traduce, in realtà, nella richiesta di una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, inammissibile in questa sede (Cass., 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., 4 marzo 2021, n. 5987).
Il settimo mezzo deduce la nullità della sentenza o del procedimento; la violazione degli artt. 7 e 32 del decreto legislativo n. 546 del 1992 e dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE regionale aveva basato la decisione su un documento (sentenza del Tribunale di Napoli n. 14710/2015) tardivamente depositato sia nel giudizio di primo grado, che nel giudizio di secondo grado in giudizio. Ed infatti, l’udienza si era tenuta, in primo grado, in data 11 giugno 2018, per cui l’Ufficio avrebbe potuto depositare documenti al più nel termine dei 20 giorni liberi prima dell’udienza e, quindi, al più tardi entro il 21 maggio 2018. Anche in grado di appello, l’RAGIONE_SOCIALE si era costituita con proprie controdeduzioni in via telematica in data 8 marzo 2019 e aveva depositato una nota documenti in data 28 agosto 2019 (e, quindi, del pari tardivamente, rispetto ai termini di legge rispetto alla data dell’udienza 18 settembre 2019).
7.1 Il motivo è infondato, poiché la decisione della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE regionale non si è basata sulla sentenza del Tribunale di Napoli n. 14710/2015 del 14 ottobre 2015, ma piuttosto, per come già rilevato, su una complessa attività di indagine posta in essere dagli accertatori e su un quadro probatorio articolato, fondati su diversi e molteplici elementi di indagine, da cui poi è scaturito l’avviso di accertamento notificato in data 6 ottobre 2017.
7.2 In ogni caso, la società ricorrente non ha provato di avere formulato nel giudizio di secondo grado la censura sulla tardività del deposito della sentenza penale nel giudizio di primo grado, il che rende la doglianza inammissibile per la novità della questione dedotta, che
non risulta dal provvedimento impugnato (Cass., 13 giugno 2018, n. 15430). E, peraltro, in tema di contenzioso tributario, la produzione di nuovi documenti in appello (sia pure consentita ex art. 58 del decreto legislativo n. 546 del 1992, ai sensi dell’art. 32 RAGIONE_SOCIALE stesso decreto, entro venti giorni liberi antecedenti l’udienza) è sanata, nonostante l’inosservanza di detto termine, ove il documento sia stato già depositato, benché irritualmente, nel giudizio di primo grado, poiché nel processo tributario i fascicoli di parte restano inseriti in modo definitivo nel fascicolo d’ufficio sino al passaggio in giudicato della sentenza, senza che le parti abbiano la possibilità di ritirarli, con la conseguenza che la documentazione ivi prodotta è acquisita automaticamente e «ritualmente» nel giudizio di impugnazione (Cass., 7 marzo 2018, n. 5429).
8. L’ottavo mezzo deduce la violazione della regola di riparto dell’onere della prova di cui all’art. 2697 cod. civ., nonché degli artt. 2, commi 2, 3 e 4 e 40, comma 1, lett. b) e c) del TUA, dell’art. 20 del decreto legislativo n. 74/2000, nonché dell’art. 1298 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Cost., comma 6, 132 cod. proc. civ., 36, comma 2, n. 4, del decreto legislativo n. 546 del 1992, 156 cod. proc. civ., nonché dell’art. 24 della Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Motivazione apparente in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La RAGIONE_SOCIALE travisando la prova in atti (come eccepito con il primo motivo) non aveva applicato le indicate norme alla fattispecie in causa che l’avrebbero dovuta portare ad escludere il configurarsi del presupposto d’imponibilità di cui all’art. 2, commi 2, 3 e 4 e 40 del TUA nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE e, per di più, con riferimento a contestazioni riferibili al periodo 2003 – 2007 antecedenti alla data della sua costituzione, ex art. 40, lett. b) e c) del TUA, nonché aveva pronunciato in violazione dell’art. 1298 cod. civ.. La RAGIONE_SOCIALE
aveva comunque omesso di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’ iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove avesse fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni era pervenuta alla propria determinazione impedendo di verificare se avesse effettivamente giudicato iuxta alligata et probata. L’Ufficio non aveva contestato né in primo, né in secondo grado la mancata detenzione del gasolio denaturato da parte della società RAGIONE_SOCIALE, con la conseguenza che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE regionale avrebbe dovuto escludere il configurarsi del presupposto di esigibilità dell’accisa di cui all’art. 2, comma 2, del TUA indicato come «fonte» giuridica dell’avviso di pagamento. In nessun caso la società RAGIONE_SOCIALE si sarebbe potuta ritenere obbligata al pagamento dell’accisa contestata nel p.v.c. non essendo essa titolare del deposito fiscale dal quale sarebbe avvenuto l’immissione (irregolare) in consumo del gasolio denaturato (verde), né si era resa «garante» del pagamento del gasolio in sospensione che era fattispecie che poteva ricorrere solo quanto il gasolio era soggetto ad un regime sospensivo, mentre nel caso in esame il gasolio denaturato verde era stato regolarmente assoggettato ad accisa aliquota ridotta all’atto del prelievo dai distributori autorizzati. La sentenza impugnata era erronea da un lato non avendo accolto il motivo di appello fondato sul vizio di motivazione dell’atto privo della fonte della solidarietà (di cui al quinto motivo) e, dall’altro, avendo rigettato il motivo di appello fondato sulla mancanza di «prova» da parte dell’Ufficio della legittimazione passiva della società RAGIONE_SOCIALE ad essere inclusa tra i soggetti passivi di un’obbligazione che non si sarebbe potuta ritenere propria , in quanto soggetto estraneo ai fatti contestati e, soprattutto, all’esigibilità dell’accisa (immissione al consumo) perché NOME indicata come soggetto «detentore» del gasolio verde immesso in
consumo in maniera irregolare; ed in ogni caso nemmeno «collegata» ad eventuali altri soggetti passivi solidali (gli altri soggetti indicati nell’avviso) di cui nell’avviso non era indicata la loro relazione con il presupposto dell’accisa dell’immissione al consumo, giacché gli stessi non erano stati chiamati «in proprio» al pagamento dell’eventuale debito, ma «insieme» alla società RAGIONE_SOCIALE e, quindi, in via solidale, senza la specificazione della norma in base alla quale questa fattispecie di solidarietà sarebbe ad essi imputabile all’allora appellante. I giudici di secondo grado, inoltre, avevano affermato che l’amministrazione poteva intimare il pagamento del tributo a qualunque autore della frode fiscale quale soggetto passivo del rapporto tributario, senza che occorresse il previo accertamento della responsabilità penale, ma, nel caso in esame, dagli atti processuali non emergeva alcun dato certo o presuntivo (semplice) da cui desumere il ruolo della RAGIONE_SOCIALE di «autore» della frode.
8.1 Il motivo, che sostanzialmente ribadisce i profili di censura già esaminati con i precedenti motivi, è infondato per le motivazioni già spiegate.
Il nono mezzo deduce la nullità della sentenza per omessa pronuncia del giudice di appello su questioni sollevate nei gradi di merito in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La RAGIONE_SOCIALE non si era pronunciata sul motivo di nullità dell’avviso di accertamento per vizio di motivazione sul quantum contestato in termini di interessi doganali, interessi di mora ed altri interessi maturandi; né sugli errori di calcolo del quantum di litri riportati nell’avviso e, quindi, dei carichi pretesi. La società aveva eccepito che, diversamente da quanto statuito, l’Ufficio non aveva affatto specificato «i quantitativi analiticamente immessi in consumo in maniera fraudolenta» dalla società RAGIONE_SOCIALE e aveva esposto la serie di dati ed elementi indicati nello stesso p.v.c. che dimostravano gli errori commessi (Specificamente: la costituzione della PA.GI
RAGIONE_SOCIALE a maggio del 2005 per cui in nessun modo i presunti quantitativi riportati nell’avviso con riferimento ad epoche precedenti al maggio del 2005 sarebbero potuti essere quantificati a carico della stessa per l’ingente ammontare di 671.583 lt. e valore di oltre 275.000,00 euro. La telefonata intercettata tra i Sig. COGNOME ed il Sig. COGNOME di cui ai capi 3A e 3B della rubrica di cui alla sentenza penale per ribadire che in detta telefonata sull’utenza di COGNOME e del COGNOME si evinceva che il COGNOME (imprenditore agricolo) desiderava ottenere 7000 lt. di gasolio per il giorno successivo (25 gennaio 2006) contrattando anche il prezzo di 0,70 centesimi a litro; la guardia di finanza si era recata la mattina del 29 gennaio 2006 (dopo 3 gg) a verificare la quantità di litri di gasolio presso il COGNOME per verificare se avesse ricevuto la fornitura di 7000 lt e ne aveva rinvenuti solo 2.000 lt, ma avevano riportato nel pvc come presunti quantitativi di gasolio venduto a nero dal COGNOME tutti e 7000 lt. e non i 5.000 lt. e avevano valorizzato nel pvc e, quindi, nell’avviso di pagamento, il prezzo e, quindi, le presunte accise non assolte (in misura piena) ad euro 0,80 centesimi a litro, sebbene le parti lo avevano concordato nella telefonata ad euro 0,70. Le telefonate tra il COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE in cui l’accusa era di una presunta vendita a nero di gasolio denaturato di 71.000 lt, la Guardia di finanza aveva indicato che il gasolio ordinato e ricevuto era imprecisato e nel prospetto riportato come allegato al pvc era stato indicato che il carico e scarico del gasolio sarebbe stato di 10.000 lt e il conteggio dei presunti lt. di gasolio venduto a nero era stato fatto per n. 7 carichi/scarichi (per 70.000, lt. e non per 71.000 (8.000+53.000), sebbene una sola telefonata riguardava il COGNOME mentre le altre telefonate intercettate riguardino altri soggetti. L’errata indicazione RAGIONE_SOCIALE accise pretese nella misura RAGIONE_SOCIALE 0,00413 o 0,00416 a lt. con evidente errato calcolo RAGIONE_SOCIALE somme intimate. Il calcolo errata dell’accisa in rapporto alla contestazione riferita al Sig. NOME COGNOME calcolata su lt. 28.200 di gasolio per l’anno 2005, di lt. 18.000 per l’anno 2006, di lt. 18.000 per l’anno 2007, con una presunta accisa sottratta per il totale di euro 31.294,72, sebbene la pretesa fosse stata definitivamente annullata in autotutela dallo stesso Ufficio per l’avvenuta archiviazione del procedimento a carico del COGNOME).
9.1 Il motivo è infondato.
9.2 Deve richiamarsi, in proposito, l’orientamento di questa Corte secondo cui il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e il pronunciato ex art. 112 cod. proc. civ., si ha quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda,
intendendosi per capo di domanda ogni richiesta RAGIONE_SOCIALE parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto (Cass., 26 gennaio 2021, n. 1616; Cass., 27 novembre 2017, n. 28308).
9.3 Inoltre, secondo costante giurisprudenza « ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia » (Cass., 4 ottobre 2011, n. 20311; Cass., 10 maggio 2007, n. 10696; Cass., 26 novembre 2013, n. 26397; Cass., 18 giugno 2018, n. 15936).
9.4 Ciò posto, nella vicenda in esame, non si ravvisa alcuna violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in quanto la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE regionale, per quanto già rilevato, ha rigettato l’eccezione del difetto di motivazione dell’avviso di accertamento (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata), con ciò implicitamente rigettando anche lo specifico profilo del difetto di motivazione in relazione al quantum contestato in termini di accise ed anche di interessi doganali, interessi di mora ed altri interessi maturandi.
10. Il decimo motivo deduce la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE regionale considerato che l’RAGIONE_SOCIALE non aveva contestato né in primo, né in secondo grado, i fatti eccepiti e documentati nel giudizio come infra rappresentati e che, in
particolare, non aveva contestato di aver computato i presunti litri di gasolio anche con riferimento a documenti di epoche antecedenti la costituzione della società RAGIONE_SOCIALE; che sia in sede di accesso, che nel prosieguo dell’indagine, la società RAGIONE_SOCIALE non era stata individuata come soggetto detentore del gasolio verde denaturato.
10.1 Il motivo, che sostanzialmente ribadisce i profili di censura già esaminati con i precedenti motivi, è infondato per le argomentazioni già illustrate.
11. L’undicesimo motivo deduce la v iolazione dell’art. 11 del decreto legislativo n. 374 del 1990, degli artt. 7 e 12, comma 7, della legge n. 212/2000 relativi all’obbligo di contraddittorio endoprocedimentale in materia di accise a pena di nullità (virtuale), in relazione all’art. 360, primo comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Motivazione apparente di rigetto del motivo in relazione all’art. 360, primo comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. La RAGIONE_SOCIALE aveva rigettato il motivo di nullità virtuale/invalidità del procedimento in relazione alla violazione di principi fondamentali di rilevanza costituzionale contemplati dai principi generali tributari di cui alla legge n. 212/2000 che la parte aveva esposto, riportandosi a precedenti della Corte di Cassazione. La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE regionale aveva valutato il motivo ma non aveva tenuto conto degli «ulteriori dati ed elementi» esposti nei motivi ed allegazioni della parte ed aveva anzi escluso che la parte li avesse rappresentati nell’appello per cui la decisione appariva censurabile in diritto e per motivazione apparente del rigetto del motivo esposto. La società ricorrente aveva eccepito che l’Ufficio, prima di emanare l’avviso di pagamento a danno della RAGIONE_SOCIALE, non si era premurato di chiamare la parte in contraddittorio diretto e specifico ex cit. art. 11 del decreto legislativo n. 374/90 e che, ove fosse stata invitata al contraddittorio prima di subire la notifica dell’avviso di pagamento, avrebbe potuto esercitare più efficacemente il suo diritto di difesa, offrendo all’Ufficio
ulteriori elementi e documenti idonei ad incidere sulla decisione finale adottata, rappresentati al terzo motivo dell’appello ( « Illegittimità della sentenza per violazione della regola di riparto dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c. -Assoluta mancanza di prova certa o presuntiva della legittimazione passiva e della solidarietà “esclusiva” della RAGIONE_SOCIALE nella fattispecie delittuosa in causa -Violazione degli artt. 2, commi 3, 4 e 40, comma 1, lett. b) e c) del TUA da parte dell’RAGIONE_SOCIALE » e al quarto motivo dell’appello (« Illegittimità della sentenza in ordine alla errata quantificazione dei litri di gasolio riportati nell’avviso di pagamento e, per l’effetto, per l’errato calcolo della presunta accisa evasa »). La RAGIONE_SOCIALE non aveva tenuto conto di siffatti «ulteriori dati ed elementi» esposti nei motivi ed allegazioni della parte ed aveva anzi escluso che la parte li avesse rappresentati nell’appello, per cui la decisione era censurabile in diritto e per motivazione apparente del rigetto del motivo esposto.
11.1 Il motivo è inammissibile, in quanto trascura di censurare il primo iter argomentativo della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE regionale, laddove ha ritenuto inammissibile il motivo relativo alla violazione dell’obbligo del contraddittorio preventivo ex art. 11 del decreto legislativo n. 374 del 1990, stante la novità della censura proposta per la prima volta in appello (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata).
11.2 E’ utile ricordare che questa Corte ha statuito che nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una decisione che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinché si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione del provvedimento, per tutte le ragioni che autonomamente lo sorreggano (Cass., 12 ottobre 2007, n. 21431; Cass., Sez. U., 8 agosto 2005, n. 16602).
11.3 Ne consegue che è sufficiente che anche una sola RAGIONE_SOCIALE dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, che pur essendo
stata impugnata, sia stata rigettata, perché il ricorso debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base del provvedimento impugnato» (Cass., Sez. U., 8 agosto 2005, n. 16602).
12. In conclusione, il ricorso va rigettato e la società ricorrente va condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, sostenute dall ‘RAGIONE_SOCIALE controricorrente e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento, in favore dell ‘RAGIONE_SOCIALE c ontroricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 14.000,00, per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2023.