Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20624 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20624 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
Ricorso per cassazioneErronea indicazione sentenza impugnataAmmissibilità Estratto ruolo
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17272/2022 R.G. proposto da: o in
COGNOME con l’avv. NOME COGNOME da cui è difes forza di procura allegata al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis ;
-controricorrente – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 4782/2021 depositata in data 29/12/2021, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/06/2025 dal relatore consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava, per mezzo dell’estratto di ruolo rilasciato dall’Agenzia delle Entrate Riscossione, la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA deducendo la nullità della notifica.
La Commissione tributaria provinciale di Milano rigettava il ricorso sul presupposto della valida notifica della cartella.
La decisione veniva impugnata dal contribuente dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, la quale respingeva l’appello confermando la regolarità della procedura notificatoria presso il domicilio fiscale.
Avverso la sentenza di secondo grado propone ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandosi ad un unico motivo.
L’Agenzia delle Entrate -Riscossione, alla quale il ricorso è stato notificato a mezzo p.e.c., resiste con controricorso.
Il consigliere delegato ha emesso proposta di definizione anticipata, cui ha fatto seguito istanza di decisione della causa, tempestivamente depositata dal ricorrente, previo rilascio di nuova procura alle liti.
Il ricorso è stato fissato per l’adunanza del 20/06/2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico strumento impugnatorio si deduce in ordine alla «q uaestio iuris afferente alla violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.» e si deduce la nullità della sentenza per la violazione e falsa applicazione degli artt. 26, primo comma, prima parte, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602; 140, 148, 149 c.p.c.; 48 disp. att. c.p.c.; 58 e 60, primo comma, lett. e, da leggersi coerentemente con gli artt. 5, 7, 8, 9, 14 e 15 della legge n. 890 del 1982.
Deve preliminarmente evidenziarsi l ‘ errata indicazione degli estremi della sentenza impugnata nell ‘ epigrafe e nelle conclusioni del ricorso (sentenza n. 5318/03/2021 anziché sentenza n. 4782/03/2021). Ciò non ne inficia tuttavia l’ammissibilità.
Si rileva, al riguardo, che l’inammissibilità del ricorso per cassazione, comminata dall ‘ art. 366 n. 2 c.p.c., trovando la sua giustificazione nella necessità che la parte cui il ricorso è diretto abbia elementi per individuare senza possibilità di equivoci la sentenza sottoposta ad impugnazione, va dichiarata solo quando l’indicazione della sentenza impugnata manchi del tutto ovvero sia così incerta da rendere, in concreto, impossibile la identificazione della sentenza stessa (Cass. 15/12/1981 n. 6635; Cass. 8/01/2016, n.138).
L ‘ erronea indicazione del numero della sentenza impugnata, pertanto, non è causa di inammissibilità del ricorso per cassazione, ove la parte cui il ricorso è diretto abbia elementi sufficienti per individuare senza possibilità di equivoci la sentenza impugnata (Cass. 24/03/2009 n. 7053; Cass., Sez. U., 10/12/2001 n. 15603).
Nella specie, l’erronea indicazione, nella prima pagina del ricorso e nelle conclusioni, del numero della sentenza impugnata, non compromette la possibilità di identificazione della decisione gravata, consentita dall’intero contesto del ricorso (ove è parzialmente riprodotta la sentenza n. 4782/03/2021).
Alla sentenza n. 4782/03/2021 e alle vicende processuali in essa esitate fanno univoco riferimento, del resto, le difese dell’amministrazione e l’istanza di decisione del ricorrente a seguito del deposito di proposta di definizione anticipata.
Il ricorso, il controricorso e la sentenza individuano l’oggetto della lite nella impugnativa di cartella di cui si è avuta conoscenza con estratto ruolo.
Su tale tema, come è noto, è intervenuto il legislatore, il quale, con l’art. 3bis del d.l. n. 146 del 2021, inserito in sede di conversione dalla l. n. 215 del 2021, novellando l’art. 12 del d.P.R. n. 602 del 1973, intitolato alla «Formazione e contenuto dei ruoli», in cui ha inserito il comma 4bis , successivamente modificato dall’art. 12, comma 1, d.lgs. 29/07/2024, n. 110, a decorrere dall’8 agosto 2024, ai sensi di quanto disposto dall’art. 19, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 110/2024, ha stabilito non soltanto che «L’estratto di ruolo non è impugnabile», ma anche che «Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio: a) per effetto di quanto previsto dal codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36; b) per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, anche per effetto delle verifiche di cui all’articolo 48-bis del presente decreto; c) per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione; d) nell’ambito delle procedure previste dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14; e) in relazione ad operazioni di finanziamento da parte di soggetti autorizzati; f) nell’ambito della cessione dell’azienda, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 14 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472».
Questa Corte (Cass., Sez. U., 06/09/2022, n. 26283) ha recentemente affermato, ex art. 363 c.p.c., i seguenti principi di diritto:
in tema di riscossione a mezzo ruolo, l’art. 3bis del d.l. 21/10/2021, n. 146, inserito in sede di conversione dalla l. 17/12/2021, n. 215, col quale, novellando l’art. 12 del d.P.R. 29/09/1973, n. 602, è stato inserito il comma 4bis , si applica ai
processi pendenti, poiché specifica, concretizzandolo, l’interesse alla tutela immediata a fronte del ruolo e della cartella non notificata o invalidamente notificata; sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della norma, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 104, 113, 117 Cost., quest’ultimo con riguardo all’art. 6 della CEDU e all’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione;
– in tema di impugnazione dell’estratto di ruolo, l’art. 12, comma 4bis , del d.P.R. n. 602 del 1973 (introdotto dall’art. 3bis del d.l. n. 146 del 2021, come convertito dalla l. n. 215 del 2021), selezionando specifici casi in cui l’invalida notificazione della cartella ingenera di per sé il bisogno di tutela giurisdizionale, ha plasmato l’interesse ad agire, condizione dell’azione avente natura dinamica che, come tale, può assumere una diversa configurazione, anche per norma sopravvenuta, fino al momento della decisione; la citata disposizione, dunque, incide sulla pronuncia della sentenza e si applica anche nei processi pendenti, nei quali lo specifico interesse ad agire deve essere dimostrato, nelle fasi di merito, attraverso il tempestivo ricorso alla rimessione nei termini (istituto applicabile anche al processo tributario), nel grado di legittimità, mediante deposito di documentazione ex art. 372 c.p.c. o fino all’udienza di discussione (prima dell’inizio della relazione) o fino all’adunanza camerale oppure, qualora occorrano accertamenti di fatto, nel giudizio di rinvio.
A tale arresto hanno fatto seguito tra le tante: Cass. 3/02/2023, nn. 3400 e 3425; Cass. 23/03/2023, nn. 8330, 8374 e 8377; Cass. 12/04/2023, n. 9765.
Inoltre, Corte Cost. n. 190 del 2023 ha ritenuto inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate sull’art. 12, comma 4 -bis , del d.P.R. n. 602 del 1973, come modificato dall’art. 3 -bis del d.l. n. 146 del 2021, come convertito.
3.1. Nel caso di specie la ricorrenza di uno degli elementi specificativi dell’interesse ad agire non risulta dagli atti né alcunché ha dedotto il ricorrente sul punto.
3.2. Deve infine escludersi l’esistenza di un giudicato interno sulla sussistenza dell’interesse ad agire, che precluda l’applicazione dei suddetti principi.
Nell ‘ istanza di decisione il ricorrente ha infatti evidenziato la formazione di un giudicato interno su tale questione, derivante dalla mancata proposizione di appello incidentale da parte dell’ufficio contro la sentenza di primo grado che aveva ritenuto ammissibile la domanda in punto di impug nabilità dell’estratto ruolo. A tal fine riproduce le controdeduzioni formulate in appello da ll’agente della riscossione e la sentenza di primo grado.
Sul punto, questa Corte, di recente, ha affermato che «il giudicato interno preclude la rilevabilità d’ufficio delle relative questioni solo se espresso, cioè formatosi su rapporti tra “questioni di merito” dedotte in giudizio e, dunque, tra le plurime domande od eccezioni di merito, e non quando implicito, cioè formatosi sui rapporti tra “questioni di merito” e “questioni pregiudiziali” o “preliminari di rito o merito” sulle quali il giudice non abbia pronunziato esplicitamente, sussistendo tra esse una mera presupposizione logico-giuridica» (Cass. 1/07/2024, n. 18001; Cass. 14/02/2023, n. 4448; Cass. 26/10/2023, n. 29729, Cass. 11/05/2025, n. 12454; Cass. 12/03/2025, n. 6588; Cass. 6/03/2025, n. 6236), proprio con riferimento a fattispecie analoghe a quella in esame di impugnazione di estratti di ruolo.
Detto principio è stato applicato dalle Sezioni Unite di questa Corte, in tema di legittimazione attiva, che hanno affermato che «La decisione della causa nel merito non comporta la formazione del giudicato implicito sulla legittimazione ad agire ove tale ” quaestio iuris “, pur avendo costituito la premessa logica della statuizione di merito, non sia
stata sollevata dalle parti, posto che una questione può ritenersi decisa dal giudice di merito soltanto ove abbia formato oggetto di discussione in contraddittorio» (Cass., Sez. U., 20/03/2019, n. 7925) e, successivamente, questa Corte ha ritenuto che lo stesso principio vale e deve applicarsi con riferimento all’interesse ad agire richiesto dall’art. 100 c.p.c., con la conseguenza che deve escludersi che in relazione ad esso possa formarsi e, quindi, opporsi, il giudicato implicito, potendosi discutere soltanto di giudicato esplicito (Cass. 1/07/2024, n. 18001; Cass. 26/10/2023, n. 29729).
Il precedente richiamato dalla ricorrente nell’istanza di decisione, cioè Cass. 22/10/2024, n. 27326, è pienamente confermativo di tali principi, in quanto dalla lettura integrale dell’ordinanza emerge inequivocabilmente che in quella vicenda processuale la pronuncia sull’ammissibilità della impugnazione dell’estratto ruolo da parte del giudice di primo grado era stata esplicita.
Nel caso di specie, nella sentenza di primo grado non è riportata alcuna statuizione circa la sussistenza dell’interesse ad agire e del resto è la stessa ricorrente a evidenziare che si tratti di un giudicato implicito, il che quindi non preclude l’applicazione dei superiori principi .
Concludendo, la sentenza impugnata va cassata e, pronunciando sul ricorso, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per l’originaria carenza d’interesse .
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché la presente decisione è conforme alla proposta di definizione accelerata del giudizio ex art. 380bis c.p.c. va applicata la giurisprudenza di questa Corte (si vedano in termini le pronunce Cass. Sez. U., 13/10/2023, n. 28540; Cass. Sez. U., n 22/09/2023, n. 27195; Cass. del 15/11/2023, n. 31839) secondo la quale in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3,
c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. e codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente.
Debbono quindi liquidarsi, ex art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c., gli importi di cui al dispositivo.
P.Q.M.
cassa senza rinvio la sentenza impugnata e pronunciando sul ricorso introduttivo lo dichiara inammissibile;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 1.400,00, oltre alle spese prenotate a debito, oltre ad euro 700,00 ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c.;
condanna la ricorrente al pagamento di euro 500,00 , ai sensi dell’art. 96, quarto comma, c.p.c., in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 giugno 2025.