Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18031 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18031 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
Oggetto: Riscossione coattiva -Cartella di pagamento – Prescrizione tra la notifica della cartella di pagamento e la notifica dell’intimazione di pagamento -Estratto di ruolo dell’intimazione di pagamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14934/2020 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato e allegato al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
e
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-resistente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, n. 2532/04/2019, depositata in data 20 settembre 2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’ RAGIONE_SOCIALE notificava a NOME COGNOME 4 cartelle di pagamento (nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA), relative ad IRPEF, IVA, IRAP e Imposta di registro per gli anni d’imposta 1996, 1998 e 1999.
Il contribuente impugnava le cartelle innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Bari deducendo l ‘intervenuta prescrizione dei crediti ivi riportati ; l’agente della riscossione non si costituiva.
La CTP accoglieva il ricorso, statuendo l’intervenuta prescrizione dei carichi portati dalle cartelle esattoriali, anche in assenza di prova dell’esistenza di atti interruttivi della prescrizione .
L’Agenzia delle Entrate Riscossione di Bari, subentrata ad Equitalia, spiegava appello innanzi alla Commissione tributaria regionale della Puglia, deducendo il mancato decorso del termine di prescrizione decennale, in presenza di atti interruttivi; depositava, all’uopo, gli estratti di ruolo e le relative relate di notifica.
La CTR accoglieva parzialmente il gravame, evidenziando che in relazione ad una cartella (n. NUMERO_CARTA notificata il 20.5.2003) non era maturata alcuna prescrizione, atteso che l’intimazione di pagamento era stata ritualmente notificata il 7.8.2012.
Con riguardo alla cartella n. NUMERO_CARTA, invece, la CTR dichiarava cessata la materia del contendere per la definizione agevolata ex art. 1 d.l. n. 148/2017.
In relazione alle altre due cartelle, infine, veniva confermata la statuizione dei primi giudici.
Per la cassazione della citata sentenza il contribuente ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo. L’ ADER ha depositato atto con cui ha chiesto di partecipare all’ eventuale udienza di discussione.
Il ricorso è stato, quindi, fissato per l ‘adunanza camerale del 20/06/2025.
Considerato che:
Con il primo (ed unico) motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., il contribuente deduce la «falsa applicazione di norme di diritto – consistente nella violazione dell’art. 2697 co. 2 c.c., art. 2718 c.c. -la non assimilabilità ‘dell’estratto di ruolo’ dell’intimazione di pagamento all’estratto di ruolo d ella cartella esattoriale». Lamenta, in particolare, che la CTR avrebbe errato nel l’attribuire valenza probatoria alla stampa di interrogazione del sistema di elaborazione dati del Concessionario della riscossione (relativa all’avviso di intimazione); sostiene, di contro, che l’estratto di ruolo dell’intimazione di pagamento non può avere la medesima efficacia probatoria dell’estratto di ruolo della cartella esattoriale .
Il motivo è inammissibile.
1.1. Sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, la complessiva esposizione mira, in realtà, ad una rivalutazione del materiale probatorio e dei fatti operata dal giudice di merito ed è, pertanto, inammissibile (Cass., Sez. Un., n. 34476 del 2019). La doglianza, invero, non evidenzia alcuna violazione dell’art. 2697 cod. civ. che si configura soltanto quando il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare e non invece laddove oggetto della censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass., n. 26769 del 2018; Cass., n. 13395 del 2018).
Inoltre, la violazione dell’art. 2718 cod. civ. rimane confinata nella intitolazione del motivo, senza specificazione alcuna nella parte espositiva della doglianza.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.
Nulla va disposto in ordine alle spese, non avendo l’Ufficio svolto attività difensiva.
Sussistono, infine, i presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte
del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto della sussistenza dei presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 giugno 2025.