Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7670 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7670 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Oggetto: Tributi estratto di ruolo
–
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 1520 del ruolo generale dell’anno 2024, proposto
Da
Avv.to NOME COGNOME rappresentato e difeso da se medesimo ai sensi dell’art. 86 c.p.c., elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO (PEC EMAIL;
– ricorrente –
Contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore e Agenzia delle entrate- Riscossione, in persona del Presidente pro tempore ,
domiciliate in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che le rappresenta e difende;
-controricorrenti – per la cassazione della sentenza della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Calabria n. 1534/04/2023, depositata in data 29 maggio 2023, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28 febbraio 2025 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Calabria aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore e dell’Agenzia delle entrate – Riscossione, in persona del Presidente pro tempore , avverso la sentenza n. 470/2020 della Commissione Tributaria Provinciale di Vibo Valentia che aveva accolto parzialmente il ricorso proposto dal suddetto contribuente avverso l’estratto di ruolo relativo a cartella di pagamento .
In punto di diritto, il giudice di appello- a fronte della sentenza di primo grado che aveva rideterminato le sanzioni ed interessi, rigettando per il resto il ricorsoha dichiarato inammissibile il gravame stante la non impugnabilità dell’estratto di ruolo (è richiamata Cass. SU n. 26283 del 2022).
Resistono, con controricorso, l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle entrate -Riscossione.
4.Con proposta ex art. 380bis, comma 1, cod. proc. civ., depositata il 19.03.2024 e comunicata il successivo 21.03.2024, il Consigliere delegato ha proposto la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. stante l’inammissibilità dell’originario ricorso per difetto di interesse ad agire.
5.Il contribuente ha tempestivamente presentato istanza di fissazione dell’udienza per la decisione del ricorso ex art. 380 -bis, comma 2, cod. proc. civ. 6. Il contribuente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione delle norme sul giudicato (interno) per avere la CGT di secondo grado dichiarato inammissibile l’appello per non impugnabilità dell’estratto di ruolo sebbene il giudice di primo grado avesse, in ossequio a Cass. SU n. 19704/2015, dichiarato ammissibile il ricorso proposto dal contribuente avverso l’estratto di ruolo e quella statuizione non fosse stata oggetto di impugnazione principale né di appello incidentale.
1.1.Il motivo è infondato.
1.2.Nella sentenza impugnata, la CGT di II grado, nel dichiarare inammissibile l’appello del contribuente stante la non impugnabilità dell’estratto di ruolo ha escluso (implicitamente) la formazione nella sentenza di primo grado di un giudicato interno sull’amm issibilità di tale impugnativa.
1.3.Premesso che il giudicato interno può formarsi solo su capi di sentenza autonomi, che cioè risolvano una questione controversa avente una propria individualità ed autonomia, così da integrare astrattamente una decisione del tutto indipendente, mentre sono privi del carattere dell’autonomia i meri passaggi motivazionali, ossia le premesse logico-giuridiche della statuizione adottata, come pure le valutazioni di meri presupposti di fatto che, unitamente ad altri, concorrono a formare un capo unico della decisione (Cass. 04/10/2018, n. 24358; Cass. 31/01/2018, n. 2379; Cass. 18/09/2017, n. 21566), nella specie, avuto riguardo alla sentenza di primo grado (n. 470/2020) allegata al ricorso, si evince che la CTP non ha statuito sull’ammissibilità dell’impugnativa dell’estratto di ruolo avendo ritenuto che il thema decidendum concernesse non già l’impugnativa dell’estratto di ruolo ma della cartella che si assumeva ‘ invalidamente notificata e conosciuta attraverso l’estratto di ruolo ‘ (‘ in via
preliminare ritiene questa Commissione di conformarsi al principio espresso dalla Cassazione a sezioni unite con la sentenza n. 197042015 che, nell’evidenziare la carenza di interesse del contribuente ad impugnare l’estratto di ruolo in quanto atto interno formato dal concessionario della riscossione e quindi inidoneo a contenere una qualsivoglia pretesa impositiva.. ha ritenuto ammissibile l’impugnazione avverso la cartella invalidamente notificata e conosciuta attraverso l’estratto di ruolo …’) e valutand o la tempestività del ricorso avverso la cartella (‘ precisato in questi termini il thema decidendum deve ritenersi ammissibile l’opposizione nonostante l’agenzia delle entrate -riscossione abbia dimostrato la notifica della cartella in data 8.8.2019 atteso che il ricorso era stato notificato il 28.10.2019 nel rispetto del termine di sessanta giorni previsto per la sua proposizione dall’art. 21 del d.lgs. n. 546/92 ‘). Pertanto, correttamente la CTR ha (implicitamente) escluso la sussistenza di un giudicato interno che si assume formatosi nella sentenza di primo grado sulla ammissibilità dell’impugnativa dell’estratto di ruolo.
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione de ll’art. 12 comma 4 bis D.Lgs. 546/92 per avere il giudice di appello erroneamente applicato la sentenza, a sezioni unite, n. 26283/2022 in base alla quale, da un lato, la novella non aveva valore retroattivo e, dall’altro, si applicava ai giudizi pendenti previa concessione di un termine – nella specie non assegnato – al fine di consentire la prova della sussistenza delle ipotesi di cui all’art. 3 -bis del d.l. n. 146 del 2021. In ogni caso, il contribuente non avrebbe proposto il ricorso avverso l’estratto di ruolo in sé, atteso che l’oggetto del giudizio di merito era stata la cartella di pagamento per il tramite dell’estratto di ruolo.
Il motivo si profila, in parte, inammissibile e, in parte, infondato.
3.1.Questa Corte, a sezioni unite, nella sentenza n. 26283/2022 ha statuito che ‘ in tema di impugnazione dell’estratto di ruolo, l’art. 12, comma 4 bis, del d.P.R. n. 602 del 1973 (introdotto dall’art. 3 bis del d.l. n. 146 del 2021, come convertito dalla l. n. 215 del 2021), selezionando specifici casi in cui l’invalida
notificazione della cartella ingenera di per sé il bisogno di tutela giurisdizionale, ha plasmato l’interesse ad agire, condizione dell’azione avente natura “dinamica” che, come tale, può assumere una diversa configurazione, anche per norma sopravvenuta, fino al momento della decisione; la citata disposizione, dunque, incide sulla pronuncia della sentenza e si applica anche nei processi pendenti, nei quali lo specifico interesse ad agire deve essere dimostrato, nelle fasi di merito attraverso il tempestivo ricorso alla rimessione nei termini (istituto applicabile anche al processo tributario), nel grado di legittimità mediante deposito di documentazione ex art. 372 c.p.c. o fino all’udienza di discussione (prima dell’inizio della relazione) o fino all’adunanza camerale oppure, qualora occorrano accertamenti di fatto, nel giudizio di rinvio ‘.
3.2. L’estratto di ruolo non è, difatti, impugnabile se non nei casi elencati dall’art. 3-bis d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, ove il ricorrente dimostri la sussistenza di un pregiudizio per la partecipazione ad una procedura di appalto, ovvero per la riscossione di somme allo stesso dovute da parte della pubblica amministrazione ovvero, infine, per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione, casi insussistenti nel caso in esame.
3.3.La suddetta norma è applicabile ai giudizi in corso come affermato dal diritto vivente (Cass., Sez. U., 26283/2022; Cass., Sez. U., n. 12459/2024), sicché il contribuente ha interesse a impugnare l’estratto nei soli casi delineati dalla suddetta disciplina, benché sopravvenuta. La Corte costituzionale si è espressa sulla legittimità del citato art. 3-bis d.l. cit. ribadendo che, eventuali modifiche al sistema in esso previsto, spetterebbero ad un intervento del Legislatore e che, pertanto, le questioni di incostituzionalità relative alla non impugnabilità diretta dell’estratto di ruolo al di fuori delle ipotesi da essa previste, sono inammissibili (Corte Cost. n. 190/2023; conf. Corte cost. n. 81/2024).
3.4.Si è, inoltre, affermato che, in caso di difetto di legittimazione ad causam , la gravità del difetto processuale comporta che ove la generale controversia sul punto sia rimasta «viva», impugnandosi la causa nel merito o per altre questioni, è impedita la formazione del giudicato implicito sulla legittimazione ad causam ,
anche quando la specifica eccezione sia prospettata per la prima volta in sede di giudizio di legittimità, atteso che si tratta di questione che attiene alla stessa finalità della funzione giurisdizionale (Cass., Sez. Lav., 13 ottobre 2009, n. 21703; conf. Cass., Sez. III, 14 febbraio 2012, n. 2087; Cass., Sez. VI, 22 febbraio 2012, n. 2672; Cass., Sez. VI, 15 aprile 2013, n. 9095; Cass., Sez. Lav., 14 febbraio 2014, n. 3491; Cass., Sez. VI, 5 agosto 2016, nn. 16388, 16389).
3.5.Diversamente, come già sopra evidenziato, solo la formazione di un giudicato interno espresso- nella specie non configurabile – sulla questione del difetto di legittimazione ad causam preclude la riproposizione della questione, ovvero il rilievo di ufficio della stessa (Cass., Sez. V, 31 ottobre 2017, n. 25906; Cass. sez. 6-5, n. 33384 del 2022; v. anche, Sez. U, Sentenza n. 26019 del 30/10/2008 e Sez. U, n. 07940 del 21/03/2019 ), principio questo di cui si è fatta applicazione anche nel caso di decadenza del contribuente dal diritto di agire in giudizio (Cass., Sez. V, 12 dicembre 2019, n. 32637; Cass., Sez. V, 13 settembre 2013, n. 20978; Cass. sez. 5, n. 26633 del 2024).
3.6. Nella sentenza impugnata -premessa la chiara individuazione da parte del giudice di appello del thema decidedum concernente l’impugnativa di un ‘estratto di ruolo e tramite di esso della cartella di pagamento’ – ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi avendo individuato la insussistenza dell’interesse ad agire (in base ai casi elencati dall’art. 3 -bis d.l. 21 ottobre 2021, n. 146), quale nozione ‘dinamica’, al momento della decisione. Né sotto questo profilo il contribuente ha dedotto in sede di legittimità (ricorso, istanza di decisione e successiva memoria) la sussistenza, nella specie, di alcuna delle specifiche ipotesi di cui all’art. 3 -bis del d.l. n. 146 del 2021.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
6.Considerato che la trattazione del ricorso è stata chiesta ai sensi dell’art. 380bis c.p.c. a seguito di proposta di inammissibilità la Corte, avendo definito il giudizio sostanzialmente in conformità della proposta, deve applicare l’art. 96, commi 3 e 4, c.p.c., come previsto dal citato art. 380-bis c.p.c.
La novità normativa introdotta dall’art. 3, comma 28, lett. g), d.lgs. 149/2022 contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore, della sussistenza dei presupposti per la condanna ad una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96, terzo comma, c.p.c.) e di una ulteriore somma non inferiore ad euro 500,00 e non superiore a euro 5.000,00 a favore della Cassa delle ammende (art. 96, quarto comma, c.p.c.). In tal modo, risulta codificata una ipotesi di abuso del processo , peraltro da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale (v. Cass., sez. 5, Ord. n. 27414 del 2024; sez . 1, Ordinanza n. 26385 del 2024; Cass. S.U. n. 27195 del 2023 anche per quanto riguarda la disciplina intertemporale).
7.Pertanto, la Corte fissa in euro 1.000,00 la sanzione ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., ed in euro 500,00 quella ai sensi del comma 4 della medesima disposizione.
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 2.000,00, per compensi oltre spese prenotate a debito;
condanna il ricorrente a pagare l’ulteriore importo di euro 1.000,00 in favore della controricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.;
condanna il ricorrente a pagare l’ulteriore importo di euro 500,00 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente
di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 28 febbraio 2025