Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 767 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 767 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30176/2018 R.G. proposto da COGNOME, rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME COGNOME (domicilio digitale: EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO n. 1583/1/18 depositata il 9 marzo 2018
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 19 dicembre 2024 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
Sulla scorta delle risultanze delle indagini finanziarie svolte sui conti correnti bancari e postali intestati o cointestati al soggetto in verifica, la Direzione Provinciale di Latina dell’Agenzia delle Entrate notificava a NOME COGNOME un avviso di accertamento con il quale recuperava a tassazione, ai fini dell’IRPEF, maggiori redditi per un
importo complessivo di 56.057 euro, costituiti in parte da canoni di locazione percepiti dal contribuente nell’anno 2007.
NOME COGNOME impugnava l’avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Latina, la quale, in parziale accoglimento del suo ricorso, stabiliva che: (a)sui canoni di locazione non dichiarati andava operata la riduzione prevista dall’art. 37, comma 4 -bis , del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR); (b)gli importi relativi alle movimentazioni rilevate sui conti correnti cointestati dovevano essere recuperati a tassazione nella misura del 50%.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, la quale, con sentenza n. 1583/1/18 del 9 marzo 2018, rigettava l’appello della parte privata.
Contro questa sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi formulati ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., così rubricati:
(1)falsa applicazione dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002;
(2)violazione dell’art. 156 c.p.c.;
(3)falsa applicazione dell’art. 32, comma 1, n. 2) del D.P.R. n. 600 del 1973.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
In prossimità dell’adunanza camerale, il contribuente ha depositato istanza per la per intervenuta .
A sostegno dell’avanzata richiesta ha documentato di avere, entro il previsto termine del 31 maggio 2019:
(a)presentato la domanda di adesione alla procedura di definizione agevolata di cui all’art. 6, comma 8, del D.L. n. 119 del 2018,
convertito in L. n. 136 del 2018, con riferimento alla presente controversia tributaria;
(b)provveduto al perfezionamento della definizione mediante il pagamento della prima rata, ai sensi del comma 6, primo periodo, del predetto articolo.
Alla luce di ciò, poiché entro il 31 luglio 2020 l’Agenzia delle Entrate non ha notificato l’eventuale diniego della definizione e nel successivo termine del 31 dicembre del medesimo anno non è stata chiesta la trattazione del ricorso ad opera della parte interessata, il processo va dichiarato estinto ai sensi del comma 13, primo periodo, del citato articolo.
Giusta quanto stabilito dall’ultimo periodo del comma 13 innanzi richiamato, le spese processuali restano a carico di chi le ha anticipate.
Non deve farsi luogo all’attestazione di cui all’art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), in quanto la formula definitoria del giudizio non corrisponde ad alcuna di quelle previste dalla citata norma (inammissibilità, improcedibilità o rigetto integrale dell’impugnazione).
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il processo, ai sensi dell’art. 6, comma 13, del D.L. n. 119 del 2018, convertito in L. n. 136 del 2018.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione