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Estinzione processo tributario: il D.L. 119/2018

La Corte di Cassazione dichiara l’estinzione di un processo tributario a seguito dell’adesione di una società contribuente alla definizione agevolata delle controversie prevista dal D.L. 119/2018. Poiché nessuna delle parti ha presentato istanza di trattazione entro il termine del 31 dicembre 2020, il procedimento si è estinto per legge, con spese a carico della parte che le ha anticipate.

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Pubblicato il 30 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Estinzione Processo Tributario: Analisi del Decreto sul D.L. 119/2018

L’estinzione del processo tributario rappresenta una delle possibili conclusioni di una controversia tra contribuente e Amministrazione Finanziaria. Un recente decreto della Corte di Cassazione ha chiarito un’importante applicazione di questo istituto, legata alle procedure di definizione agevolata, meglio note come “pace fiscale”. Analizziamo come l’inerzia delle parti dopo l’adesione a una sanatoria possa determinare la fine automatica del giudizio, con specifiche conseguenze sulle spese legali.

I Fatti del Caso

Una società cooperativa aveva impugnato un atto impositivo emesso dall’Agenzia delle Entrate, portando la controversia fino al giudizio di legittimità dinanzi alla Corte di Cassazione. Durante lo svolgimento del processo, la società ha deciso di avvalersi della facoltà di definizione agevolata delle liti pendenti, introdotta dall’art. 6 del Decreto Legge n. 119 del 2018. A tal fine, ha depositato la documentazione necessaria per attestare la propria volontà di chiudere la controversia in via agevolata.

La Definizione Agevolata e l’Estinzione del Processo Tributario

La normativa sulla definizione agevolata (D.L. 119/2018) prevedeva un meccanismo specifico per i processi pendenti. Una volta presentata la domanda di definizione, il processo veniva sospeso. La legge stabiliva un termine ultimo, fissato al 31 dicembre 2020, entro il quale una delle parti avrebbe dovuto presentare un’istanza di trattazione per riattivare il giudizio. Questa istanza avrebbe avuto senso solo in caso di diniego della definizione da parte dell’Amministrazione Finanziaria e successiva impugnazione di tale diniego.

Nel caso in esame, nessuna delle parti – né la società contribuente né l’Agenzia delle Entrate – ha depositato tale istanza entro la data prescritta. Di conseguenza, si è attivato l’effetto previsto dalla legge.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione, nel suo decreto, ha agito come un mero notaio della situazione processuale. I giudici hanno rilevato due elementi fattuali decisivi:

1. Adesione alla definizione agevolata: la parte contribuente ha formalmente manifestato l’intenzione di chiudere la lite avvalendosi della normativa speciale.
2. Mancata istanza di trattazione: nessuna delle parti ha richiesto la prosecuzione del giudizio entro il termine perentorio del 31 dicembre 2020.

Sulla base di questi presupposti, la Corte ha applicato direttamente il comma 13 dell’art. 6 del D.L. n. 119/2018. Tale norma sancisce che, in assenza di un’istanza di trattazione entro il termine indicato, il processo si estingue di diritto. La Corte ha inoltre specificato che un’eventuale richiesta di trattazione finalizzata unicamente a ottenere una declaratoria di estinzione non sarebbe stata considerata valida ai fini della prosecuzione. L’estinzione, quindi, è una conseguenza automatica del decorso del tempo in assenza di un impulso di parte volto a continuare la disputa nel merito.

Per quanto riguarda le spese processuali, il decreto ha richiamato l’ultimo periodo dello stesso comma 13, il quale stabilisce che nel caso di estinzione del processo tributario per questa specifica causa, le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate. Non vi è, quindi, una condanna alle spese a carico della parte soccombente, ma una semplice compensazione di fatto.

Conclusioni

La decisione offre un importante chiarimento pratico per i contribuenti e i professionisti che si avvalgono degli strumenti di definizione agevolata. L’adesione a una sanatoria non è solo un atto sostanziale per chiudere una pendenza fiscale, ma ha anche precise conseguenze procedurali. L’estinzione del processo tributario diventa automatica se le parti, dopo aver manifestato l’intenzione di accordarsi, non mostrano più interesse a proseguire la causa entro i termini stabiliti dalla legge. Questo meccanismo mira a deflazionare il contenzioso, evitando che i processi rimangano “congelati” a tempo indeterminato. Infine, la regola sulla ripartizione delle spese legali incentiva ulteriormente la chiusura tombale della controversia, evitando ulteriori strascichi economici tra le parti.

Cosa accade a un processo tributario se il contribuente aderisce alla definizione agevolata prevista dal D.L. 119/2018?
Il processo viene sospeso. Se entro il termine del 31 dicembre 2020 nessuna delle parti deposita un’istanza per riprendere la trattazione del giudizio, il processo si estingue automaticamente per legge.

Chi paga le spese legali in caso di estinzione del processo per mancata istanza di trattazione dopo la definizione agevolata?
Le spese del processo estinto restano a carico della parte che le ha anticipate. La legge prevede che non ci sia una condanna al pagamento delle spese della controparte, ma ciascuno sopporta i propri costi.

Era possibile per le parti proseguire il giudizio anche dopo l’adesione alla definizione agevolata?
Sì, ma solo presentando una formale istanza di trattazione entro il 31 dicembre 2020. Tale istanza avrebbe avuto lo scopo di proseguire il giudizio nel merito, ad esempio nel caso in cui la definizione non fosse andata a buon fine e il contribuente avesse impugnato il diniego.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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