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Estinzione processo tributario: il caso della sanatoria

L’ordinanza analizza un caso di estinzione del processo tributario a seguito della domanda di definizione agevolata presentata da una contribuente. La Corte di Cassazione, preso atto del pagamento e della mancata notifica del diniego da parte dell’Agenzia delle Entrate entro i termini di legge, ha dichiarato l’estinzione del giudizio pendente, sorto da un accertamento IRPEF per presunti utili non dichiarati.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Estinzione del Processo Tributario: Come la Definizione Agevolata Chiude le Controversie

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come l’istituto della definizione agevolata, comunemente nota come ‘pace fiscale’ o ‘sanatoria’, possa portare all’estinzione del processo tributario, risolvendo definitivamente una lite tra Fisco e contribuente. Analizziamo come l’adesione a questa procedura abbia determinato la chiusura del contenzioso davanti alla Corte di Cassazione, fornendo preziose indicazioni pratiche.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento IRPEF per l’anno d’imposta 2007, notificato a una socia di una società a responsabilità limitata a ristretta base societaria. L’Agenzia delle Entrate, a seguito di un accertamento che aveva rilevato maggiori ricavi per la società, presumeva che i conseguenti maggiori utili fossero stati distribuiti alla socia, tassandoli di conseguenza.

La contribuente impugnava l’atto, ma il suo ricorso veniva rigettato in primo grado dalla Commissione Tributaria Provinciale. Tuttavia, in appello, la Commissione Tributaria Regionale accoglieva le ragioni della contribuente, annullando l’avviso di accertamento. L’Agenzia delle Entrate, non accettando la decisione di secondo grado, proponeva ricorso per cassazione, mentre la contribuente si difendeva con controricorso, presentando anche un ricorso incidentale condizionato.

La Svolta: l’Adesione alla Sanatoria e le sue Conseguenze

Durante la pendenza del giudizio in Cassazione, la contribuente ha colto l’opportunità offerta dall’art. 6 del D.L. n. 119 del 2018, presentando domanda di definizione agevolata della controversia. Ha quindi depositato in giudizio la copia della domanda, la ricevuta di presentazione e la quietanza di pagamento della prima rata, come previsto dalla normativa.

Questo atto ha innescato una precisa sequenza procedurale. La legge stabilisce termini perentori entro cui l’Agenzia delle Entrate può notificare un eventuale diniego alla domanda di definizione. Nel caso specifico, non risultava che l’Agenzia avesse notificato alcun diniego entro il termine del 31 luglio 2020, né che fosse stata presentata un’istanza di trattazione della causa entro il 31 dicembre 2020.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, nell’udienza camerale, non è entrata nel merito dei motivi del ricorso principale o di quello incidentale. Il suo ruolo è stato quello di prendere atto di una circostanza processuale sopravvenuta e decisiva: il perfezionamento della procedura di definizione agevolata. La normativa (art. 6, comma 13, D.L. n. 119/2018) è chiara: in assenza di un diniego notificato nei termini, il processo si estingue.

La Corte ha quindi verificato la sussistenza delle condizioni richieste dalla legge:
1. La presentazione della domanda di definizione da parte della contribuente.
2. Il pagamento degli importi dovuti (o almeno della prima rata).
3. La mancata notifica del diniego da parte dell’Amministrazione Finanziaria entro il termine previsto.

Poiché tutte queste condizioni erano soddisfatte, la conseguenza giuridica non poteva che essere una: la declaratoria di estinzione del processo tributario. Inoltre, la Corte ha specificato che le spese del giudizio restano a carico delle parti che le hanno anticipate, come previsto dalla norma sulla sanatoria.

Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce la forza dell’istituto della definizione agevolata come strumento di chiusura definitiva delle liti fiscali. Per il contribuente, rappresenta una via d’uscita certa da contenziosi lunghi e onerosi. Per l’Amministrazione Finanziaria, funge da monito sull’importanza di rispettare scrupolosamente i termini procedurali; un’inerzia o un ritardo nella notifica del diniego possono comportare l’automatica estinzione della pretesa tributaria in giudizio. Infine, la decisione chiarisce che, in caso di estinzione per sanatoria, non si applica la sanzione del ‘doppio contributo unificato’, poiché questa è prevista solo per i casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, e non può essere estesa per analogia a ipotesi diverse come quella dell’estinzione del giudizio.

Cosa succede a un processo tributario se il contribuente aderisce alla definizione agevolata (sanatoria)?
Il processo si estingue automaticamente, a condizione che il contribuente presenti la domanda, effettui il pagamento richiesto e l’Agenzia delle Entrate non notifichi un provvedimento di diniego entro i termini stabiliti dalla legge.

Qual è l’obbligo dell’Agenzia delle Entrate per evitare l’estinzione del processo a seguito di una domanda di sanatoria?
L’Agenzia delle Entrate ha l’obbligo di notificare al contribuente un provvedimento di diniego della definizione agevolata entro un termine perentorio (nel caso specifico, il 31 luglio 2020). Se non lo fa, la procedura di sanatoria si considera perfezionata e il processo si estingue.

In caso di estinzione del processo per definizione agevolata, il contribuente deve pagare il ‘doppio contributo unificato’?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il pagamento del doppio contributo unificato è una sanzione applicabile solo nei casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso. Non può essere applicato in caso di estinzione del processo, poiché si tratta di una fattispecie diversa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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