Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 542 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 542 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
ha pronunciato la seguente sul ricorso n. 5697/2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, (già RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, anche disgiuntamente fra loro, giusta procura in calce al ricorso per cassazione, dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio eletto presso il loro studio, sito in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato,
presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale de ll’EMILIA ROMAGNA, n. 958/04/2021, depositata in data 13 luglio 2021, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18 ottobre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La società RAGIONE_SOCIALE aveva impugnato l’ avviso di pagamento A/8337 del 24 giugno 2015, per il recupero dell’accisa quantificata in euro 14.248,33, in quanto la società, obbligato d’imposta per l’accisa sull’energia elettrica in relazione alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, nelle dichiarazioni annuali di consumo, aveva ritenuto esente dall’accisa l’energia elettrica prodotta e rivenduta, avvalendosi della qualifica di autoproduttore secondo la definizione stabilita dal decreto legislativo n. 79 del 1999
La Commissione tributaria provinciale aveva rigettato il ricorso della società contribuente e la sentenza della Commissione tributaria regionale aveva accolto l’appello proposto dalla società, riconoscendo l’esenzione dall’accisa sull’energia elettrica .
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 18858 dell’11 settembre 2020, aveva accolto il ricorso dell’Agenzia delle Dogane e dichiarato inammissibile il ricorso incidentale della società contribuente ed aveva annullato con rinvio la sentenza di appello, affermando che « non corretta è la tesi difensiva di parte controricorrente secondo cui la qualifica di autoproduttore di cui all’art. 52, T.U. Accise, andrebbe riferita non solo all’ipotesi in cui il consorzio consumi per sé l’energia
autoprodotta, ma anche a quella in cui l’energia sia consumata dai propri consorziati; va, infatti, osservato, differentemente da quanto sostenuto dalla controricorrente, che l’esenzione prevista dall’art. 52 T. U. Accise, comma 3, lett. b), con riferimento all’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, è limitata all’utilizzazione che fa dell’energia medesima il soggetto autoproduttore ed è di stretta interpretazione: deve, pertanto, riconoscersi l’esenzione unicamente alla società consortile che produce l’energia, nei limiti del consumo dalla stessa praticato, e non già per l’ipotesi in cui la società consortile ceda l’energia elettrica a distinti soggetti giuridici quali sono i consorziati (nello stesso senso, sebbene con riferimento alle addizionali locali sull’energia elettrica, vd. Cass. civ., 9 aprile 2014, n. 8293; Cass. civ., 12 settembre 2008, n. 23529), pena facili ed intuibili elusioni della disposizione agevolativa ».
4. La Commissione tributaria regionale, in sede di rinvio, ha ritenuto fondato il ricorso in riassunzione e dichiarato dovuto il tributo, ritenendo che la questione devoluta alla Corte di cassazione e rimessa in giudizio era unicamente quella afferente la natura di autoproduttore riconoscibile al Consorzio e che la società non poteva giovarsi (alla luce delle norme di cui agli artt. 10 e 11 della legge n. 212/2000) dell’affidamento circa differenti prassi interpretative e valutative delle Agenzie delle Dogane; era, pertanto, irrilevante l’esistenza di una eventuale situazione di legittimo affidamento in capo al contribuente in ordine al sorgere dell’obbligazione tributaria, che tutt’al più inibiva gli aspetti sanzionatori, risarcitori ed accessori legati al mancato tributo, come peraltro chiaramente desumibile dallo stesso avviso di accertamento, ma nessun effetto decadenziale può avere sul tributo in sé; ad analoghe conclusioni doveva, peraltro, giungersi anche con riferimento alla supposta violazione dell’art. 11 della legge n. 212/2000, essendo in questo senso mutuabili anche con riguardo a tale norma le considerazioni sopra espresse, quanto alla violazione dell’art.
10; quanto alla ritenuta inapplicabilità in chiave retroattiva della interpretazione dell’Ufficio in ordine alla qualifica di autoproduttore, valeva quanto affermato nella decisione di primo grado..
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a sei motivi.
L’Agenzia delle Dogane resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Il primo mezzo deduce la nullità della sentenza per avere considerato già passate in giudicato le questioni per le quali la Corte di Cassazione aveva disposto il rinvio alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ..
Il secondo mezzo deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 56 e 63 del decreto legislativo n. 546/92, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., in quanto era errato considerare passate in giudicato le eccezioni risultate assorbite nel giudizio di appello e per il cui esame la Corte di Cassazione aveva rinviato al giudice di appello.
Il terzo mezzo deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10 della legge n. 212/2000 e dei principi comunitari in tema di tutela del legittimo affidamento, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. I giudici di secondo grado avevano errato nel limitare l’effetto dell’affidamento alla sola disapplicazione delle sanzioni in un caso come questo, in cui il Consorzio era stato indotto ad applicare l’agevolazione da numerose ed esplicite determinazioni amministrative rilasciate dall’Agenzia delle dogane con provvedimenti specificamente riferiti al contribuente, in esito a richieste di quest’ultimo e ad una valutazione consapevole delle sue attività e struttura.
Il quarto mezzo deduce la nullità della sentenza impugnata per omessa motivazione, in violazione degli artt. 36, comma 2, n. 4, del decreto legislativo n. 546/1992, 132, comma 2 n. 4, e 118 cod. proc.
civ., nonché 111, comma 6, della Costituzione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La pronuncia impugnata risultava gravemente viziata in ordine all’accertamento (e alla motivazione) della ricorrenza di quelle circostanze di fatto che avrebbero impedito un nuovo e diverso esercizio, in malam partem , dell’attività accertativa.
Il quinto motivo deduce l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.. La pronuncia impugnata risultava gravemente lacunosa per non aver compiutamente esaminato, ai fini della valutazione della possibile violazione del principio del legittimo affidamento emergente dall’Ordinamento comunitario, tutti i fatti che avevano indotto la società a fare affidamento sulla qualifica di autoproduttore.
Il sesto mezzo deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 della legge n. 212/2000 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. La sentenza violava l’art. 11 della legge n. 212/2000 nella parte in cui non aveva riconosciuto la nullità della pretesa fiscale, pur in presenza di numerose determinazioni amministrative (equiparabili ad una formale risposta ad un’istanza di interpello) nelle quali era stata concretamente e specificamente riconosciuta a RAGIONE_SOCIALE.pRAGIONE_SOCIALEaRAGIONE_SOCIALE l’esenzione (e, quindi, la non debenza proprio di quell’imposta contestata).
In via preliminare va osservato che la società ricorrente ha depositato, con modalità telematiche, giusta ricevuta del 16 maggio 2023, in atti, istanza con la quale ha rappresentato di non avere più interesse alla prosecuzione del giudizio, specificando che il Tribunale di Forlì in data 21 novembre 2022 aveva trasmesso per la pubblicazione il deposito del decreto di omologazione dell’accor do di ristrutturazione dei debiti, che prevedeva la chiusura delle liti e l’abbandono del contenzioso fiscale in ogni grado del giudizio, il tutto a spese compensate ed ha allegato il decreto del Tribunale di Forlì, datato 10
novembre 2022, di omologa degli accordi di ristrutturazione dei debiti conclusi ai sensi degli artt. 182 bis legge fall. con i creditori e ai sensi dell’art. 183 ter legge fall. con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
7.1 L’Agenzia delle Dogane ha depositato memoria con la quale ha chiesto dichiararsi la cessazione della materia del contendere, con compensazione delle spese di lite.
7.2 Va, dunque, dichiarata l’estinzione del processo per la cessazione della materia del contendere.
7.3 Sussistono i presupposti per la compensazione delle spese processuali, attesa l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione da parte della società ricorrente (Cass., 4 maggio 2023, n. 11761);
7.4 La declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, relativo all’obbligo della parte impugnante non vittoriosa di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione (Cass., 12 ottobre 2018, n. 25485).
P. Q. M.
La Corte dichiara estinto il processo.
Compensa interamente fra le parti le spese processuali. Così deciso in Roma, in data 18 ottobre 2023.