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Estinzione per rinuncia: il caso in Cassazione

Un contenzioso tributario riguardante avvisi di iscrizione ipotecaria giunge in Cassazione. L’ente riscossore, dopo aver annullato le cartelle di pagamento, presenta un atto di rinuncia al ricorso, accettato dai contribuenti. La Corte Suprema, prendendo atto dell’accordo, dichiara l’estinzione per rinuncia del giudizio, compensando le spese processuali tra le parti.

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Pubblicato il 4 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Estinzione per Rinuncia: Quando il Processo si Ferma in Cassazione

L’estinzione per rinuncia è un meccanismo processuale che consente di chiudere un contenzioso quando la parte che lo ha avviato decide di fare un passo indietro. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un esempio pratico di come questo istituto funzioni nel giudizio tributario, dimostrando che a volte la soluzione più efficace è porre fine alla lite prima che sia il giudice a farlo.

I Fatti del Contenzioso Tributario

La vicenda ha origine dall’impugnazione di alcuni avvisi di iscrizione ipotecaria emessi dall’agente della riscossione nei confronti di un contribuente per tributi relativi all’anno 2005. Il contribuente otteneva una prima vittoria davanti alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP), che accoglieva il suo ricorso.

L’ente riscossore proponeva appello, ma la Commissione Tributaria Regionale (CTR) respingeva l’impugnazione principale, confermando che, in assenza di una sentenza passata in giudicato, il termine di prescrizione applicabile era quello breve di cinque anni e non quello decennale. La CTR accoglieva invece un appello incidentale del contribuente, correggendo un errore materiale della sentenza di primo grado.

Non soddisfatto della decisione, l’agente della riscossione decideva di portare la questione fino all’ultimo grado di giudizio, proponendo ricorso per cassazione.

La Svolta: L’Estinzione per Rinuncia nel Giudizio

Il colpo di scena avviene durante il procedimento in Cassazione. Con un atto depositato il 7 febbraio 2024, l’agente della riscossione comunica di voler rinunciare al ricorso. La ragione è semplice e risolutiva: nel frattempo, aveva proceduto all’annullamento delle cartelle di pagamento che erano all’origine dell’intera controversia. Di fatto, la materia del contendere era venuta meno.

Questo atto di rinuncia viene accompagnato dalla contestuale accettazione da parte degli eredi del contribuente, nel frattempo deceduto. Le parti, con una nota congiunta, chiedono alla Corte di prendere semplicemente atto della loro volontà di concludere la causa.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, non entra nel merito dei motivi del ricorso originario. L’esito del giudizio, infatti, è già segnato dalla volontà delle parti.

La Corte si limita a svolgere le seguenti considerazioni:

1. Presa d’Atto della Rinuncia: Il primo passo è accertare l’esistenza di una rinuncia al ricorso, sottoscritta dall’ente ricorrente e formalmente accettata dalla parte controricorrente.
2. Tempestività della Rinuncia: La Corte sottolinea che, ai sensi dell’art. 390 del codice di procedura civile, il ricorrente può rinunciare al ricorso fino alla data dell’adunanza camerale. Nel caso specifico, essendo l’udienza fissata per il 15 maggio 2025, la rinuncia presentata nel febbraio 2024 è pienamente tempestiva. A supporto, viene citata una sentenza delle Sezioni Unite (n. 28182/2020) che consolida questo principio.
3. Dichiarazione di Estinzione: Sulla base di questi presupposti, l’unica conseguenza possibile è dichiarare l’estinzione per rinuncia del giudizio. Questo significa che il processo si chiude definitivamente senza una decisione sul bene o il male delle pretese originarie.
4. Spese Processuali: In linea con l’accordo tra le parti, la Corte dispone la compensazione delle spese processuali. Ciascuna parte, quindi, si fa carico delle proprie spese legali.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza evidenzia l’importanza e l’utilità dell’istituto della rinuncia agli atti come strumento di economia processuale. Quando le ragioni del contendere vengono meno – in questo caso, per l’annullamento in autotutela degli atti impositivi – è superfluo e antieconomico proseguire un giudizio. La rinuncia, accettata dalla controparte, rappresenta la via più rapida ed efficiente per porre fine alla controversia, evitando ulteriori costi e dispendio di tempo per le parti e per il sistema giudiziario. La decisione di compensare le spese è la naturale conseguenza di una chiusura del processo concordata, che sancisce la fine della lite senza vincitori né vinti sul piano processuale.

È possibile rinunciare a un ricorso in Cassazione?
Sì, ai sensi dell’art. 390 del codice di procedura civile, il ricorrente può rinunciare al ricorso fino alla data fissata per l’udienza in camera di consiglio. La rinuncia, se accettata dalla controparte, determina l’estinzione del giudizio.

Cosa accade al processo in caso di rinuncia al ricorso?
Se la rinuncia viene formalizzata e accettata dalla controparte, la Corte dichiara l’estinzione del giudizio. Questo significa che il processo si conclude senza una decisione nel merito della questione dibattuta.

Chi paga le spese legali in caso di estinzione per rinuncia?
Nel caso specifico esaminato, la Corte ha disposto la compensazione delle spese processuali. Questo significa che ogni parte ha sostenuto i propri costi legali, una soluzione comune quando la chiusura del processo avviene su accordo delle parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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