Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4829 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4829 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/02/2025
ORDINANZA
sui seguenti ricorsi riuniti:
– ricorso iscritto al n. 22635/2012 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende -ricorrente e controricorrente all’incidentale –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente
e ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA-MILANO n. 89/2012 depositata il 24/04/2012;
– ricorso iscritto al n. 12080/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso DECRETO di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 27511 del 17-30 ottobre 2018.
Udite le relazioni svolte, in entrambe le cause di cui ai ricorsi riuniti, nella camera di consiglio del 04/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Il 20 novembre 2008 l’Ufficio di Milano 4 dell’Agenzia delle entrate ha notificato a RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento e contestuale atto di irrogazione di sanzioni n. R1S031400904/2008 per IRPEG e IRAP per il periodo d’imposta 1° luglio 2003 -30 giugno 2004, con il quale ha formulato, a carico della società, due distinti rilievi.
Con il primo rilievo relativo all’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti relativamente al contratto n. NUMERO_DOCUMENTO, ha contestato l’integrale indeducibilità dall’imponibile IRPEG ed IRAP, ai sensi dell’art. 109 del TUIR, del costo sostenuto dalla società per l’acquisto di un’imbarcazione concessa in locazione finanziaria a Priu NOME per l’importo di Euro 2.742.139,00.
Con il secondo rilievo, ha ripreso a tassazione ‘per carenza dei requisiti di cui agli artt. 101, comma 5 e 109, comma 4, TUIR., l’importo di € 18.710,37 quale elemento negativo di reddito non deducibile, in quanto la società ha imputato la perdita relativa al credito vantato nei confronti di RAGIONE_SOCIALE al conto ‘Perdite su crediti locazione automezzi’, quando già la procedura concorsuale di RAGIONE_SOCIALE risultava chiusa, mentre avrebbe dovuto riferirla al periodo d’imposta 1° luglio 1999 -30 giugno 2000, nel quale tale perdita era divenuta certa.
Sempre il 20 novembre 2008, il medesimo Ufficio ha notificato alla società l’avviso di accertamento e contestuale atto di irrogazione di sanzioni n. R1S061400891/2008 per IVA relativa al periodo d’imposta 2003 con il quale ha formulato due (a termini di ricorso principale), ‘recte’ tre (a termini di ricorso incidentale), rilievi.
Con il primo rilievo, ha riqualificato i contratti di leasing nautico stipulati nel 2003 in cessioni per abuso del diritto.
Con il secondo rilievo, ha contestato l’assoggettamento al regime IVA agevolato previsto per i canoni di locazione finanziaria relativamente ad alcuni di tali contratti.
Con il terzo rilievo, ha riproposto, ai fini IVA, il rilievo già formulato nel precedente avviso avente ad oggetto il contratto n. 30071128.
Spirato infruttuosamente il termine per la procedura di adesione, la società ha presentato due distinti ricorsi dinanzi la
Commissione Tributaria Provinciale di Milano, la quale, con sentenza n. 216/09/10 pronunciata il 15 marzo 2010 e depositata il 12 luglio 2010, li ha accolti, per l’effetto annullando entrambi gli avvisi.
4. La DRE Lombardia ha proposto appello, parzialmente accolto dalla CTR Lombardia, giusta sentenza n. 89/24/2012, pronunciata il 28 febbraio 2012 e depositata il 24 aprile 2012, in relazione ai motivi concernenti l’indebita deduzione del costo di acquisto dell’imbarcazione poi concessa in leasing alla Priu e l’indebita detrazione della relativa IVA.
4.1. La CTR così motivava:
L’appello è solo in parte fondato.
Sicuramente deve essere accolto il motivo d’appello relativo al contratto n. 30071128 .
Non possono trovare accoglimento, invece, gli altri motivi di appello.
Non convince la prospettazione dell’abuso del diritto nel caso dei contratti di leasing dei natanti perché la percentuale di finanziamento che residua dopo l’anticipato pagamento della maxirata, pari solo al 43% del prezzo globale, non è tale da evidenziare con sicurezza una artificiosa e non congrua sussistenza della causa del contratto di finanziamento.
Del pari non sembra a questo collegio indicativa, nel verso dell’abuso del diritto, la semplice presunzione che consegue alla valenza dell’assicurazione limitata al solo territorio europeo ovvero il calcolo dell’IVA forfettaria in assenza di un comprovato utilizzo extraeuropeo.
Non è fondato neanche il motivo di appello che postula che è errato ritenere che si possa imputare le perdite su crediti ad un periodo diverso e successivo, rispetto a quello in cui sia stato dichiarato il fallimento del debitore. L’amministrazione ricorrente pone a base della sua tesi il disposto dell’art. 66, comma terzo d.P.R. n. 917/1986, a norma del quale le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi, e in ogni caso se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali. È più giusto, tuttavia, ritenere, in linea con la giurisprudenza della Corte Suprema (sentenza n. 12831 del 2002; sentenza n.16330 del 2005) che la norma posta dall’art. 66 comma terzo d.P.R. n. 917/1986 cit. non costituisca una deroga al principio più generale dettato dall’art. 75 d.P.R. n. 917/1986, e non abbia il significato di attribuire per legge i connotati della certezza e della integrità della perdita sul credito in dipendenza della
apertura di una qualsiasi procedura concorsuale, ma abbia il più limitato valore di introdurre una presunzione semplice, la cui applicabilità deve essere valutata nel caso concreto, senza trascurare il valore di presumibile realizzazione del credito. È nella realtà dei fatti e pertanto doveroso riconoscere che i vari tipi di procedure concorsuali consentono, in tutto o in parte, il recupero del credito in dipendenza di molteplici variabili; e che non v’è ragione di escludere aprioristicamente la possibilità che l’apprezzamento di tali elementi consenta di individuare i requisiti di certezza e di determinabilità della perdita, con riguardo ad un esercizio diverso da quello nel quale la procedura concorsuale si è aperta. Ne consegue che non costituisce violazione delle citate disposizioni di legge l’affermazione, contenuta nell’impugnata sentenza, che la perdita su crediti non deve essere contabilizzata necessariamente e per intero nel periodo di esercizio in cui la procedura concorsuale si è aperta.
La predetta sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione – nell’ambito del giudizio n. 22635 del 2012 r.g. -dalla società, giusta ricorso affidato a cinque motivi; si è costituita l’Agenzia delle entrate, giusta controricorso, spiegando altresì ricorso incidentale affidato a tre motivi. La società, a sua volta, ha resistito al ricorso incidentale con controricorso.
In data 21 marzo 2018, la società ha depositato, nel suddetto giudizio, un” istanza di definizione del giudizio per definizione agevolata ex art. 11 del d.l. n. 50 del 2017 ‘ avente il seguente tenore: ‘ si deposita istanza di estinzione del giudizio di cassazione per definizione agevolata ex art. 11 del D.L. n. 50 del 2017, come risultante dai documenti allegati (all. n. 1) notificata a controparte per la proposta di compensazione delle spese di giudizio (all. n. 2) ‘.
6.1. Con decreto n. 27511 pronunciato il 17 ottobre 2018 e depositato il 30 ottobre 2018, il Presidente della Sez. 5 Civ. della Corte di cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio.
In particolare, il decreto recita:
Il Presidente titolare della Sezione:
Vista l’istanza depositata in data 13 aprile 2018, con la quale parte ricorrente chiede la declaratoria di cessazione della materia del
contendere a seguito dell’avvenuta presentazione della domanda di definizione della lite fiscale pendente ai sensi dell’art. 11, D.L. n. 50 del 2017, con pagamento integrale di quanto dovuto, come da documentazione allegata;
Vista l’avvenuta notifica della suddetta istanza alla controricorrente, in data 23 marzo 2018;
Visto che parte controricorrente non ha fatto pervenire alcuna comunicazione ostativa all’accoglimento dell’istanza;
Visto l’art. 391 c.p.c.;
Ritenuto che sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Dichiara estinto il processo. Compensa le spese.
Nel giudizio n. 22635 del 2012 r.g. , in data 28 giugno 2024, l’Agenzia delle entrate ha depositato telematicamente ‘ istanza di fissazione d’udienza a seguito di decreto di estinzione parziale del giudizio ai sensi dell’art. 11 del d.l. n. 50/2017 ‘, rappresentando quanto segue:
Il decreto deve intendersi pronunciato in relazione alla estinzione solo parziale dell’obbligazione tributaria.
La società RAGIONE_SOCIALE non ha, infatti, definito la controversia in esame ai sensi dell’art. 11, D.L. 50/2017, come indicato nell’istanza di estinzione del giudizio datata 21 marzo 2018 e depositata presso la Suprema Corte.
La società ha, invece, aderito alla Definizione Agevolata dei Carichi Affidati agli Agenti della Riscossione di cui al D.L. 193/2016, c.d. ‘Rottamazione cartelle’, così come confermato dall’ADER.
Per quel che in questa sede interessa, la cartella di pagamento ‘rottamata’ è la n. NUMERO_CARTA recante l’iscrizione a ruolo delle sole maggiori imposte (oltre interessi e sanzioni) confermate dalla CTR di Milano che, con la sentenza n. 89/24/2012, depositata il 24 aprile 2012, aveva parzialmente riconosciuto la legittimità e fondatezza degli avvisi di accertamento n. R1S031400904/2008 (Irpeg-Irap anno 2003) e R1S061400891/2008 (Iva 2003).
Infatti, il ricorso RG 22635/2012 per la cassazione della suddetta sentenza di appello (nel quale si è inserito il Decreto oggetto della odierna impugnazione) era stato proposto sia con atto principale della controparte sia con ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate, finalizzato,
quest’ultimo, ad ottenere la conferma del recupero della maggiore IVA di € 4.591.608,00 (oltre interessi e sanzioni), accertata con atto n. R1S061400891/2008 ed annullato dalla CTR con la sentenza impugnata.
È evidente, quindi il decreto si debba intendere volto alla parziale estinzione del giudizio in relazione alle sole domande contenute nel ricorso principale.
In data 20 novembre 2024, l’Agenzia delle entrate ha altresì depositato telematicamente una memoria, intitolata ‘ Memoria nel ricorso per revocazione ex art. 391-bis c.p.c. ( causa RG 22635/2012) ‘.
Fermo quanto detto sin qui, avverso il decreto presidenziale di cui innanzi, l’Agenzia delle entrate ha presentato ricorso per revocazione, così radicando il giudizio n. 12080 del 2019 r.g. , affidato ad un unico motivo, cui ha resistito la società con controricorso, altresì depositando ampia memoria telematica.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Deve darsi atto della riunione del giudizio n. 12080 del 2019 r.g. al giudizio n. 22635 del 2012 r.g.
1.1. La trattazione del giudizio n. 12080 del 2019 r.g. assume all’evidenza priorità, essendo pregiudiziale la decisione in ordine alle sorti del decreto di estinzione rispetto al giudizio n. 22635 del 2012 r.g. cui detto decreto si riferisce.
Con l’unico motivo del ricorso per revocazione, l’Agenzia delle entrate denuncia: ‘ Errore di fatto ai sensi degli artt. 391-bis e 395, comma 1, n. 4 c.p.c. ‘.
2.1. Preliminarmente il motivo si intrattiene ‘ sulla pacifica revocabilità per errore di percezione anche dei decreti di estinzione per condono ‘, richiamando ‘ la sentenza n. 25534/2011 della V Sezione tributaria ‘. Ad avviso dell’Agenzia ricorrente, ‘ il decreto impugnato è frutto di un errore di percezione da parte di codesta Suprema Corte, erroneamente ritenendo che dalla documentazione depositata da controparte potesse derivare la ‘cessazione della materia del contendere a seguito dell’avvenuta presentazione della
domanda di definizione della lite fiscale pendente ai sensi dell’art. 11, D.L. n. 50 del 2017, con pagamento integrale di quanto dovuto’. Codesta On. Corte si è infatti pronunciata in presenza di una estinzione solo parziale dell’obbligazione tributaria. La società RAGIONE_SOCIALE non ha, infatti, definito la controversia in esame ai sensi dell’art. 11. DL 50/2017, come indicato nell’istanza di estinzione del giudizio datata 21 marzo 2018 e depositata presso la Suprema Corte. La società ha, invece, aderito alla definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione di cui al D.L. 193/2016, c.d. ‘Rottamazione cartelle’, così come confermato dall’ADER. Per quel che in questa sede interessa, la cartella di pagamento ‘rottamata’ è la n. NUMERO_CARTA recante l’iscrizione a ruolo delle sole maggiori imposte (oltre interessi e sanzioni) confermate dalla CTR di Milano che, con la sentenza n. 89/24/2012, depositata il 24 aprile 2012, aveva parzialmente riconosciuto la legittimità e fondatezza degli avvisi di accertamento n. R1 8031400904/2008 (Irpeg-Irap anno 2003) e R1S061400891/2008 (Iva 2003). Si riporta per autosufficienza la nota di Equitalia 16.11.2017 allegata alla istanza di estinzione, dalla quale emerge chiaramente che trattavasi di definizione ai sensi del D.L. 193/2016 (e non anche del D.L. 50/2017): ‘. Il motivo poi riprende: ‘ È evidente, quindi l’errore di percezione alla base dell’emissione del decreto con il quale, in accoglimento della domanda di controparte, si è disposta l’estinzione dell’intero giudizio (invece che più propriamente soltanto di parte di esso in relazione alle sole domande contenute nel ricorso principale). Che la definizione operata da controparte fosse parziale e riferita solo alla ‘rottamazione’ della cartella n. NUMERO_DOCUMENTO recante l’iscrizione a ruolo delle sole maggiori imposte (oltre interessi e sanzioni) confermate dalla CTR di Milano, risultava altresì (senza la necessità di alcuna contestazione da parte dell’Agenzia) dal tenore della nota prot.
NUMERO_CARTA di Equitalia allegata all’istanza di controparte nella quale si legge: ‘. ‘ Com’è noto, il ricorso RG 22635/2012 per la cassazione della suddetta sentenza di appello (nel quale si è inserito il decreto oggetto della odierna impugnazione) era stato proposto sia con atto principale della controparte sia con ricorso incidentale dell’Agenzia delle entrate, finalizzato, quest’ultimo, ad ottenere la conferma del recupero della maggiore IVA di € 4.591.608,00 (oltre interessi e sanzioni), accertata con atto n. R1S061400891/2008 ed annullato dalla CTR con la sentenza impugnata. La Corte avrebbe pertanto dovuto, limitarsi ad una declaratoria di parziale cessazione della materia del contendere, senza estinguere l’intero giudizio, ma pronunciandosi, comunque, sul ricorso incidentale dell’Agenzia delle entrate ‘. ‘ È evidente, quindi, la necessità di procedere alla revocazione del decreto impugnato ai sensi dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., atteso che tale fattispecie riguarda la falsa percezione da parte del giudice della realtà processuale, consistente in una svista obiettivamente ed immediatamente rilevabile che abbia portato ad affermare la esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti e documenti di causa ‘.
2.2. Il motivo è inammissibile.
Il decreto presidenziale è stato dichiaratamente emesso ai sensi dell’art. 391 cod. proc. civ.
Ora, con riguardo al decreto di estinzione ex art. 391 cod. proc. civ., costituisce giurisprudenza costante che esso ‘ non può formare oggetto di revocazione o di correzione di errore materiale, essendo detti rimedi previsti per le sentenze e le ordinanze pronunciate dalla Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 375, comma 1, numeri 4) e 5), c.p.c., come previsto dall’art. 319 bis c.p.c. ‘ (così, per tutte, Sez. 6 -L, n. 6607 del 06/04/2016, Rv. 639299 -01).
Invero, come già ritenuto dal Massimo Consesso nomofilattico, ‘ il decreto di cui all’art. 391, primo comma, cod. proc. civ. ha la
medesima funzione (di pronuncia sulla fattispecie estintiva) e il medesimo effetto (di attestazione che il processo di cassazione deve chiudersi perché si è verificato un fenomeno estintivo) che l’ordinamento processuale riconosce alla sentenza o all’ordinanza, con la differenza che, mentre nei confronti dei suddetti provvedimenti è ammessa solo la revocazione ex art. 391 bis cod. proc. civ., avverso il decreto presidenziale l’art. 391, terzo comma, cod. proc. civ., individua, quale rimedio, il deposito di un’istanza di sollecitazione alla fissazione dell’udienza (collegiale) per la trattazione del ricorso. Tale istanza -che, non avendo carattere impugnatorio, non deve essere motivata -va depositata nel termine, da ritenersi perentorio (salva la generale possibilità di rimessione in termini prevista dall’art. 153, secondo comma, cod. proc. civ., aggiunto dall’art. 45, comma 19, della legge 18 giugno 2009, n. 69), di dieci giorni dalla comunicazione del decreto, indipendentemente dal fatto che quest’ultimo rechi o meno una pronuncia sulle spese ‘ (Sez. U, n. 19980 del 23/09/2014, Rv. 632162 -01).
L’insegnamento delle Sezioni Unite ha trovato applicazione in ambito tributario – ad opera di Sez. 5, n. 16625 del 07/08/2015, Rv. 636311 -01 – con riferimento a decreto di estinzione emesso in conseguenza di definizione della lite ai sensi dell’art. 39 comma 12 d.l. n. 98 del 2011, impugnato per revocazione sulla base dell’assunto della ricorrenza di un errore revocatorio per essere stata ritenuta la definizione totale, ancorché l’istanza di definizione fosse stata proposta dai soci e non anche dalla società, parimenti parte del giudizio. Nel precedente di cui si va riferendo, la SRAGIONE_SOCIALE., enunciato, in pedissequa adesione alle Sezioni Unite, il principio secondo cui ‘ il decreto di cui all’art. 391, comma 1, c.p.c. ha la medesima funzione ed il medesimo effetto (di attestazione della conclusione del processo di cassazione per la verificazione di un fenomeno estintivo) che l’ordinamento riconosce alla sentenza (o
all’ordinanza) da adottare ove l’evento estintivo non coinvolga la controversia nella sua interezza, con la differenza che, mentre nei riguardi di detti provvedimenti è ammessa la revocazione ex art. 391 bis c.p.c., avverso il decreto presidenziale l’art. 391, comma 3, c.p.c. prevede solo un’istanza di fissazione di udienza collegiale per la trattazione del ricorso, da depositarsi nel termine -da ritenersi perentorio, salva la generale possibilità di rimessione in termini -di dieci giorni dalla comunicazione del decreto, indipendentemente dal fatto che quest’ultimo rechi o meno una pronuncia sulle spese ‘, soggiunge, in motivazione, che neppure pare possibile far luogo all’applicazione del criterio della cd. “overruling”. A prescindere dal rilievo che a tale criterio non ha ritenuto di doversi ispirare nemmeno Cass., ss.uu., 19980/14 (il cui dictum viene qui applicato), deve, invero, osservarsi che il principio affermato dalla citata pronunzia non costituisce imprevedibile mutamento interpretativo di norma processuale (p. 9).
Applicando i superiori principi al caso oggetto di giudizio, il ricorso per revocazione da cui origina il giudizio n. 12080 del 2019 r.g. è inammissibile, giacché, dinanzi al decreto presidenziale di estinzione del giudizio rubricato al n. 22635 del 2012 r.g. , avrebbe potuto e dovuto essere presentata – per riprendere le parole delle Sezioni Unite -‘ un’istanza di sollecitazione alla fissazione dell’udienza (collegiale) per la trattazione del ricorso ‘, ‘ nel termine, da ritenersi perentorio (salva la generale possibilità di rimessione in termini prevista dall’art. 153, secondo comma, cod. proc. civ., aggiunto dall’art. 45, comma 19, della legge 18 giugno 2009, n. 69), di dieci giorni dalla comunicazione del decreto ‘.
Valga tuzioristicamente aggiungere che, nella specie, comunicato il decreto lo stesso giorno del deposito (30 ottobre 2018 ad ore 12.09.46), giusta verifiche di cancelleria attraverso il sistema informativo della Corte di cassazione, il ricorso per revocazione, di per sé datato 9 aprile 2019 ed avviato alla notifica il
10, non può neppure tener luogo dell’istanza di fissazione d’udienza, in quanto tardivo.
In punto di spese del giudizio n. 12080 del 2019 r.g. , ritiene il Collegio che, valutate le opposte ragioni delle parti in relazione ai fatti sottostanti, le stesse possano essere compensate. Nulla è a statuirsi a i sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, posto che ricorrente è la parte pubblica.
Sul piano processuale, l’inammissibilità del ricorso per revocazione nel giudizio n. 12080 del 2019 r.g. comporta la perdurante validità ed efficacia del decreto di estinzione emesso nel giudizio n. 22635 del 2012 r.g.
A questo punto, rispetto a tale decreto, nel contesto di quest’ultimo giudizio (ripetesi: n. 22635 del 2012 r.g. ), deve verificarsene la portata, che l’Agenzia delle entrate, nell” istanza di fissazione d’udienza ‘ depositata il 28 giugno 2024 (proprio nel giudizio n. 22635 del 2012 r.g. ), sostiene essere solo parziale .
4.1. Riguardo a tale questione, assume rilievo il tenore letterale del decreto, la cui motivazione, nella parte rilevante, richiama, come visto, ‘ l’istanza depositata in data 13 aprile 2018, con la quale parte ricorrente chiede la declaratoria di cessazione della materia del contendere a seguito dell’avvenuta presentazione della domanda di definizione della lite fiscale pendente ai sensi dell’art. 11, D.L. n. 50 del 2017, con pagamento integrale di quanto dovuto, come da documentazione allegata ‘, ed il cui dispositivo, come pure visto, ‘ dichiara estinto il processo ‘.
4.2. Opina il Collegio che -vertendosi in ipotesi di causa oggettivamente complessa, caratterizzata dalla confluenza nel ‘thema disputandum’ di plurimi rilievi, o, meglio, dall’impugnazione di plurimi rilievi, cumulativi e scindibili -l’esplicito riferimento del decreto al ‘ pagamento integrale di quanto dovuto, come da documentazione allegata ‘ -documentazione attestante bensì il pagamento integrale, in rapporto tuttavia alla
procedura di cd. ‘rottamazione’ della cartella ‘medio tempore’ emessa, ai sensi (non del d.l. n. 50 del 2017, ma) del d.l. n. 193 del 2016 (ciò che risulta anche dal controricorso al ricorso per revocazione, ove, alle pp. 10 e 11, si legge: ‘ Con la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA notificata il 26 febbraio 2013, RAGIONE_SOCIALE ha intimato, a seguito della sentenza della CTR di Milano n. 89/24/2012 del 24 aprile 2012 che ha accolto l’appello dell’Ufficio e per l’effetto ha confermato l’avviso di accertamento n. R1S031400904 per IRPEG ed IRAP relative al periodo d’imposta 2003-2004, limitatamente al rilievo di indebita deduzione del costo di acquisto dell’imbarcazione poi concessa in locazione finanziaria alla Sig.ra NOME COGNOME il pagamento dell’intero ammontare delle somme dovute sulla base del predetto avviso di accertamento e, segnatamente, dell’importo di Euro 938.689,00 a titolo di maggiore IRPEG accertata, Euro 142.938,00 a titolo di maggiore IRAP accertata, Euro 260.996,12 ed Euro 39.742,64 a titolo di interessi da ritardata iscrizione a ruolo, Euro 1.081.627,00 a titolo di sanzione amministrativa unica, oltre agli aggi di riscossione . Con la medesima cartella di pagamento del 26 febbraio 2013, RAGIONE_SOCIALE ha intimato, a seguito della predetta sentenza della CTR di Milano n. 89/24/2012 del 24 aprile 2012 che ha confermato l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO per IVA relativa al periodo d’imposta 2003 limitatamente al rilievo relativo all’indebita detrazione dell’IVA afferente l’acquisto di un’imbarcazione concessa in locazione finanziaria alla Sig.ra COGNOME NOME il pagamento degli importi dovuti sulla base di tale unico rilievo e, segnatamente, l’importo di Euro 548.428,00 a titolo di maggiore IVA accertata, Euro 156.493,55 a titolo di interessi da ritardata iscrizione a ruolo, Euro 1.096.855,00 a titolo di sanzione amministrativa unica, oltre agli aggi di riscossione . RAGIONE_SOCIALE ha deciso di avvalersi della procedura di definizione agevolata dei carichi tributari posti in esecuzione a suo
carico, ai sensi dell’art. 6 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni dalla legge 10 dicembre 2016, n. 225 in relazione ad una serie di cartelle di pagamento fra le quali era ricompresa la suaccennata cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA) -limiti la portata oggettiva del decreto stesso a quella frazione del ‘thema disputandum’ effettivamente afferente alla rottamazione della cartella.
4.3. Ora -come già rilevato da Sez. 5, n. 29794 del 29/09/2023, in motiv., par. 7.4, p. 7, giunta a conclusioni identiche a quelle testé attinte in una fattispecie di causa (nondimeno) soggettivamente complessa,
logico corollario di tale impostazione è l’irrilevanza del fatto che l’istanza di trattazione del giudizio sia stata depositata tardivamente dall’amministrazione finanziaria . Il giudizio, infatti, è stato rimesso in udienza per il suo prosieguo in ragione del fatto che il decreto di estinzione non aveva prodotto effetti nei confronti della contribuente , della quale permaneva l’interesse alla statuizione sulla pretesa erariale; non era necessario, in altri termini, che la fissazione dell’udienza fosse sollecitata dall’istanza di una delle parti interessate.
Identicamente, nel caso che ne occupa, il giudizio è stato rimesso in udienza per il suo prosieguo in ragione del fatto che il decreto di estinzione non ha prodotto effetti in relazione ai rilievi diversi di quelli confluiti nella (ovvero coperti dalla) cartella rottamata, i.e. ai rilievi oggetto del ricorso incidentale dell’Agenzia.
4.4. In relazione alle considerazioni che precedono, può essere formulato il seguente principio di diritto:
In presenza di giudizio di legittimità oggettivamente complesso, a fronte di una declaratoria di estinzione per condono con decreto presidenziale ex art. 391 cod. proc. civ., si deve indagare l’effettiva portata del provvedimento, alla luce, non solo del dispositivo, ma anche della motivazione. Laddove il decreto di estinzione richiami espressamente una pratica di condono versata in atti, la quale risulti
univocamente riferita ad una frazione soltanto del ‘thema disputandum’, si deve ritenere che, per la natura scindibile della controversia, il decreto che dichiara l’estinzione sia limitato solo a detta frazione e non produca effetti estintivi dell’ulteriore (o delle ulteriori) questione (o questioni) estranea (o estranee) alla sanatoria. Ne deriva che il rilievo dell’effettiva portata del decreto non è sottoposto a istanza di trattazione nel termine di dieci giorni dalla sua pronuncia (art. 391, comma terzo, cod. proc. civ.), poiché, per la limitazione oggettiva dell’estinzione medesima, il giudizio di legittimità va comunque rimesso in udienza, d’ufficio o su richiesta degli interessati, per il prosieguo e la definizione della frazione non ancora sanata.
A mente di quanto precede, può procedersi alla disamina del ricorso incidentale dell’Agenzia, unico ricorso superstite -sia consentito di precisare a scanso di equivoci – per effetto del venir meno del ricorso principale in conseguenza della ‘rottamazione’ della cartella n. NUMERO_DOCUMENTO e, quindi, del decreto n. 27511 del 2018, di cui innanzi s’è ampiamente discusso, avente efficacia estintiva del giudizio nei soli limiti della ‘rottamazione’ stessa.
6. Con il primo motivo di ricorso, rubricato: ” Contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 5 c.p.c. “, l’Agenzia delle entrate denuncia, in estrema sintesi, ‘ la illogicità e la contraddittorietà della sentenza impugnata quando ritiene che, ai fini fiscali, possa ancora parlarsi di leasing finanziario laddove la maggior parte della somma ‘finanziata’ è restituita subito dal soggetto che gode del finanziamento e quindi la causa contrattuale, consistente proprio nel finanziamento, ‘evapora’ nelle concrete
clausole contrattuali fino al punto da far apparire tale contratto finalizzato all’applicazione dell’aliquota IVA ridotta ‘.
6.1. Il motivo è inammissibile e comunque infondato.
V’è da premettere che, ‘ratione temporis’, legittimamente il motivo è formulato, ed è scrutinabile, in relazione al paradigma censorio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. nella formulazione anteriore alla sostituzione operata dall’art. 54, comma 1, lett. b), d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con modif, in l. 7 agosto 2012, n. 134.
Ciò nondimeno, il motivo è inammissibile perché soffre di un difetto originario di precisione e di autosufficienza, reso evidente dalla sua stessa formulazione letterale, che si passa, per sommi capi, ad illustrare.
Onde contestare l’individuazione, da parte della CTR, della percentuale del 43%, il motivo, che di per sé non riproduce il rilievo (o i rilievi) di interesse, afferma che, ‘ come si legge a pag. 102 del processo verbale di constatazione sembrerebbe che il così detto anticipo corrispondesse a ben più della metà del prezzo complessivo del bene ‘. Indi riproduce uno stralcio del PVC ove si fa riferimento ad un contratto di leasing perfezionato da un non meglio identificato ‘ utilizzatore ‘ in cui il ‘ maxicanone fatturato ‘ è ‘ pari al 58,57% del prezzo dell’imbarcazione ‘. Poco oltre si produce nell’affermazione già riportata -secondo cui ‘ è palese la illogicità e la contraddittorietà della sentenza impugnata quando ritiene che possa ancora parlarsi di leasing finanziario laddove la maggior parte della somma ‘finanziata’ è restituita subito dal soggetto che gode del finanziamento ‘, chiosando sul punto: ‘ Ciò si evidenzia proprio dall’analisi dei contratti oggetto di verifica, che si caratterizzano tutti per l’ammontare elevato del maxicanone iniziale (tra il 48% e il 58% del prezzo complessivo delle imbarcazioni). Tale circostanza costituisce di per sé una forte anomalia dei contratti considerati. Proprio aderendo alla
ricostruzione del contratto di leasing finanziario in termini di contratto atipico definibile a posteriori sulla base dell’osservazione della prassi commerciale, non è possibile ricorrere alla mera autonomia contrattuale delle parti per spiegare uno scostamento così rilevante della percentuale media del maxicanone rispetto al prezzo del bene che si attesta ad oggi sul mercato tra l 7% ed il 28% ‘. A seguito, poi, di un’amplissima disamina giurisprudenziale sull’abuso del diritto, riprende: ‘ Nel caso di specie la conclusione di un contratto di leasing in luogo di una cessione ha comportato un’imposizione considerevolmente inferiore, a fronte di una mancata corrispondenza, come vedremo analizzando i singoli contratti, tra la realtà fattuale e la forma giuridica prescelta dalle parti. Tale circostanza è ancora più rilevante se si considera la struttura dell’Iva . Con specifico riferimento ai contratti oggetto di contestazione, l’applicazione della norma in discussione ha comportato un’applicazione dell’Iva in misura sensibilmente ridotta rispetto all’aliquota ordinaria del 20% (si va dal 6% all’8%. Cfr. fogli nn. 10-29-96-108 del PVC nei quali si esaminano i singoli contratti) ‘.
Ora, a fronte di una pacifica pluralità di contratti oggetto di contestazione, i medesimi non sono minimamente individuati né trascritti o comunque descritti nei loro elementi essenziali. Anche nella parte del PVC riprodotto non emerge quale sia il contratto oggetto di disamina, ad ogni buon conto non trascritto. Inoltre, allorquando, in progresso dell’illustrazione del motivo, si accenna ai ‘ singoli contratti ‘, rimandandone al prosieguo l’analisi ( ‘ come vedremo analizzando i singoli contratti ‘), essi seguitano ad essere meramente menzionati, senza mai essere effettivamente ‘ analizzati ‘, neppure con riguardo alla ridotta (rispetto all’aliquota ordinaria) quantificazione dell’IVA, rimandandosi ad alcuni fogli del PVC non affatto riprodotti e comunque riassunti.
Emerge evidente il difetto, anzitutto, di precisione.
Non indicati, oltreché i rilievi, i contratti, non se ne specificano ‘singulatim’ le previsioni, onde potersi evincere, con un minimo di ragguaglio al sostrato documentale versato in atti, l’allegazione dell” ammontare elevato ‘ -ma comunque diversificato caso per caso -‘ del maxicanone iniziale (tra il 48% e il 58% del prezzo complessivo delle imbarcazioni) ‘.
Al difetto di precisione si aggiunge, come detto, altresì il difetto di autosufficienza, perché, neppure localizzate le produzioni documentali agli atti dei fascicoli di merito, con riferimento, al di là del PVC, al testo dei ‘ singoli contratti ‘, non consta adeguatamente riprodotto neppure lo stesso PVC, stante l’insufficienza dello stralcio di cui si è riferito in ordine ad un solo anonimo contratto, né soprattutto constano riprodotti i contratti in quanto tali, quantomeno nelle clausole essenziali. Profilo, questo secondo, che appare tanto più degno di nota, atteso che, denunciata dal motivo l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione con cui la CTR ha ritenuto l’inidoneità degli elementi valutativi addotti dall’Ufficio per la riqualificazione dei contratti da leasing a cessioni, la riproduzione delle relative clausole, diverse da contratto a contratto, era indispensabile per ricostruire, alla stregua degli artt. 1362 ss. cod. civ., la sostanza economica effettivamente avuta di mira dalle parti ed in tesi non colta dalla CTR: ciò -valga ulteriormente osservare -senza che per vero sia stata formulata alcuna denuncia sotto il profilo della violazione dei predetti artt. 1362 ss. cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., talché finanche l’evocazione del paradigma censorio nella rubrica del motivo si rivela decentrato e comunque inadeguato.
Fermo quanto innanzi, neppure può sostenersi, come invece denunciato nel motivo sotto il paradigma della ‘contraddittoria motivazione’, che la sentenza impugnata esibisca, in sé e per sé, una motivazione ‘illogica e contraddittoria’.
Talché il motivo si palesa comunque infondato.
La sentenza impugnata, identificata ‘ la percentuale di finanziamento che residua dopo l’anticipato pagamento della maxirata’ nel ‘43% ‘ (sicché gli addebiti di scarsa chiarezza sul punto formulati nel motivo cadono nel vuoto), afferma che tale percentuale ‘ non è tale ‘, di per sé sola, ‘ da evidenziare con sicurezza una artificiosa e non congrua sussistenza della causa del contratto di finanziamento ‘, con la piana conseguenza che ‘ non convince la prospettazione dell’abuso del diritto ‘ patrocinata dall’Ufficio. Trattasi di una motivazione (condivisibile o meno, ma sicuramente di per sé) scevra da illogicità e da contraddizioni.
Con il secondo motivo di ricorso, rubricato: ” Violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 4, lett. f) del d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c. e contraddittoria e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360, 1° comma n. 5 c.p.c. “, l’Agenzia delle entrate denuncia, in estrema sintesi, che la sentenza impugnata non spiega perché, in relazione al disconoscimento della disciplina IVA forfettaria, non sarebbe rilevante ‘ la limitazione dell’assicurazione al solo territorio europeo ‘. Quanto, poi, all’onere della prova ex art. 2697 cod. civ., ‘ visto il tenore della normativa in materia, ed atteso che il requisito della territorialità si esclude solo in assenza di un utilizzo dell’imbarcazione in acque UE, spetta al contribuente provare la correttezza del proprio operato ‘.
7.1. Il motivo è inammissibile.
È cumulativo, senza che dalla pedissequa illustrazione sia possibile evincere alcuna partizione delle censure, presupponendo dunque un non consentito intervento ortopedico di questa Suprema Corte.
Inoltre, condivide con il precedente i difetti di precisione ed autosufficienza.
A fronte, nuovamente, di una pacifica pluralità di contratti, il motivo, senza minimamente riprodurre il rilievo (o i rilievi), per ciò solo non attingibile (o attingibili), si limita a richiamare ‘ pag. 142 del PCV ‘ in un (peraltro brevissimo stralcio) ove si dice che ‘ in data 08/08/2003 la società ha stipulato la polizza di assicurazione con la RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto la copertura da responsabilità civile dell’imbarcazione oggetto del contratto di leasing ‘: non si specifica di quale società, imbarcazione e contratto si tratti. Degli altri contratti nulla è detto, salvo che, ‘ con il rilievo in esame ‘, non circostanziato, ‘ l’amministrazione finanziaria ha ripreso a tassazione i canoni di locazione afferenti determinati contratti (vd. fogli nn. 132-142146 del PVC ) per i quali al momento della fatturazione non erano sussistenti i requisiti richiesti al fine di ritenere l’operazione non imponibile per difetto dell’elemento della territorialità ‘.
Patenti, dunque, i rilevati difetti.
Aggiungasi che il motivo non rappresenta, neppure graficamente, gli estremi della rubricata violazione degli artt. 7, comma 4, lett. f), DPR n. 633 del 1972 e 2697 cod. civ., invocando, invece, di nuovo, una figura di abuso: ragion per cui si presenta ‘in parte qua’ decentrato.
Né -donde comunque l’infondatezza del motivo coglie nel segno la denuncia di contraddittorietà e/o insufficienza motivazionale, avendo la CTR affermato -correttamente o meno, ma non già contraddittoriamente od insufficientemente -che le presunzioni semplici sottese alla limitazione territoriale dell’assicurazione o al calcolo forfettario dell’IVA non valgono, ‘ in assenza di un comprovato utilizzo extraeuropeo ‘, a sostenere l’ipotesi di ‘ abuso del diritto ‘: né la correttezza o meno di siffatto asserto risulta scrutinabile, attesa la mancata esplicitazione nel motivo dei presupposti in sé dell’abuso (‘recte’: dei singoli abusi in funzione delle singole posizioni contestate).
8. Con il terzo motivo di ricorso, rubricato: ” Violazione o falsa applicazione degli artt. 101, comma 5 e 109, comma 4 del TU1R circa il costo contabilizzato al conto ‘perdite su crediti locazione automezzi’ in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c. “, l’Agenzia delle entrate denuncia la violazione del principio di competenza in quanto ‘ la ricorrente deduceva, per il periodo di imposta 01/07/2003-30/06/2004, la somma di euro 18.710,37 relativa ad un credito vantato nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in quanto quest’ultima risultava essere stata sottoposta a procedura concorsuale. Dall’esame della documentazione fornita, i verbalizzanti appuravano che la suddetta procedura concorsuale era iniziata con sentenza dichiarativa di fallimento del11/05/2000 e si era conclusa in data 28/11/2002 ‘.
8.1. Il motivo è fondato.
Questa S.C. insegna che ‘ i n tema di redditi d’impresa, nel regime anteriore al d.lgs. n. 147 del 2015, le perdite su crediti, nell’ipotesi di sottoposizione del debitore a procedure concorsuali, sono deducibili soltanto nell’esercizio coincidente con il momento di apertura della procedura, in quanto è in tale fase che si concretizzano gli elementi certi e precisi di inesigibilità del credito maturato dall’impresa, non essendo possibile frazionare la perdita nei successivi esercizi, lasciandosi altrimenti al contribuente la possibilità di scegliere il periodo di imposta nel quale è più conveniente operare la deduzione, in violazione del principio inderogabile di competenza di cui all’art 75 del d.P.R. n. 917 del 1986 ‘ (Sez. 5, n. 775 del 15/01/2019, Rv. 652189 -01).
Fermo quanto precede, nella specie, anche a voler, in via di mera ipotesi, evolutamente interpretare il ‘ regime anteriore al d.lgs. n. 147 del 2015 ‘ alla luce giust’appunto dell’intervento novativo (l’applicazione del quale ultimo tuttavia di per sé esula ‘ratione temporis’), in guisa da sostenere che ‘ ove il debitore sia assoggettato a procedure concorsuali (per esempio, ove ne sia
stato dichiarato il fallimento), la deduzione della perdita su crediti è ammessa, ai sensi dell’art. 101, comma 5, d.P.R. n. 917 del 1986 -da interpretare alla luce del successivo comma 5 bis, introdotto dall’art. 13, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 147 del 2015 (c.d. Decreto internazionalizzazione) -e del comma 3, dell’art. 13, cit., in tema di svalutazione contabile dei crediti, anche con riferimento agli esercizi anteriori al 2015, nel periodo di imputazione a bilancio, entro la ‘finestra temporale’ che va dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento al periodo d’imposta in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si deve procedere alla cancellazione del credito dal bilancio ‘ ( Sez. 5, n. 15218 del 01/06/2021, Rv. 661562 -01), comunque la contribuente, ancora dinanzi a questa S.C., omette di allegare e comprovare (‘rectius’, di aver allegato e comprovato già nei gradi di merito) gli indici dai quali desumere la corretta applicazione dei principi contabili.
In definitiva:
-deve dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per revocazione proposto dall’Agenzia nel giudizio n. 12080 del 2019 r.g. , con compensazione delle spese;
-deve accogliersi il terzo motivo del ricorso incidentale proposto dall’Agenzia nel giudizio n. 22635 del 2012 r.g. , rigettati il primo ed il secondo, conseguentemente cassandosi in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del presente grado di legittimità (mentre nulla è a statuirsi, neppure a i sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, in riferimento al ricorso principale in detto giudizio , essendo ‘ in parte qua’ questo estinto per effetto del decreto n. 27511 del 2018).
P.Q.M.
Dato atto della riunione del giudizio n. 12080 del 2019 r.g. al giudizio n. 22635 del 2012 r.g.,
-dichiara inammissibile il ricorso per revocazione nel giudizio n. 12080 del 2019 r.g. , compensando le spese;
a ccoglie il terzo motivo del ricorso incidentale dell’Agenzia delle entrate nel giudizio n. 22635 del 2012 r.g. , rigettati il primo ed il secondo, cassando in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del presente grado di legittimità.
Così deciso a Roma, lì 4 dicembre 2024.