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Estinzione giudizio tributario: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14044/2024, ha dichiarato l’estinzione del giudizio tributario a seguito dell’adesione di una società alla definizione agevolata delle controversie pendenti. La decisione chiarisce che, in tali casi, le spese legali restano a carico di chi le ha anticipate e non si applica il raddoppio del contributo unificato a carico della parte ricorrente.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Estinzione del Giudizio Tributario: Cosa Succede con la Definizione Agevolata?

La definizione agevolata delle liti pendenti, spesso definita ‘pace fiscale’, rappresenta uno strumento cruciale per contribuenti e amministrazione finanziaria. Ma quali sono le conseguenze procedurali quando si aderisce a questa opzione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sull’estinzione del giudizio tributario e sulle regole relative alle spese legali, fornendo chiarimenti importanti per cittadini e imprese.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore edile aveva ricevuto un avviso di accertamento per l’IVA relativa all’anno 2009. La società aveva impugnato l’atto, ottenendo una decisione favorevole in primo grado. L’Agenzia Fiscale, non soddisfatta della sentenza, aveva proposto appello presso la Commissione Tributaria Regionale, ma anche in questo caso il suo ricorso era stato respinto.

Determinata a far valere le proprie ragioni, l’Agenzia Fiscale ha portato la questione dinanzi alla Corte di Cassazione. Mentre il giudizio era pendente, la società edile, nel frattempo incorporata da un’altra azienda, ha deciso di avvalersi della definizione agevolata delle controversie tributarie prevista dalla Legge n. 197/2022.

La Procedura di Definizione e la Richiesta di Estinzione

La società ha diligentemente seguito l’iter previsto dalla legge: ha versato la somma dovuta per la sanatoria, pari a poco più di 9.000 euro, e ha presentato la domanda telematica di definizione agevolata. Successivamente, ha depositato un’istanza formale presso la Corte di Cassazione, chiedendo che venisse dichiarata l’estinzione del giudizio tributario in corso.

Questa richiesta si fondava sull’articolo 1, comma 198, della Legge n. 197/2022, che stabilisce esplicitamente che il versamento degli importi dovuti per la definizione agevolata comporta l’estinzione del processo.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto la richiesta della società, dichiarando l’estinzione del giudizio. Le motivazioni della decisione sono lineari e si basano su due principi cardine stabiliti dalla normativa sulla definizione agevolata.

In primo luogo, la Corte ha confermato che il pagamento della somma dovuta e la presentazione della relativa domanda sono presupposti sufficienti per estinguere il processo. Non è necessaria un’ulteriore valutazione nel merito della controversia, poiché la volontà del legislatore è quella di chiudere definitivamente le liti pendenti.

In secondo luogo, e questo è un punto di grande interesse pratico, la Corte ha chiarito il regime delle spese legali. La stessa norma (art. 1, comma 198) prevede che, in caso di estinzione per definizione agevolata, le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate. In altre parole, non c’è una condanna al pagamento delle spese a favore della parte ‘virtualmente’ vittoriosa; ciascuna parte sopporta i propri costi.

Infine, l’ordinanza ha specificato che la declaratoria di estinzione esclude l’applicazione dell’articolo 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002. Questa norma prevede che la parte che ha proposto un ricorso poi respinto o dichiarato inammissibile debba versare un ulteriore importo pari al contributo unificato già pagato. Poiché il giudizio si è estinto e non concluso con una decisione di rigetto, l’Agenzia Fiscale (parte ricorrente) non è tenuta a questo ulteriore pagamento.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione ribadisce la forza dello strumento della definizione agevolata come meccanismo di chiusura definitiva delle liti fiscali. Per i contribuenti, rappresenta una via per ottenere certezza giuridica e chiudere contenziosi lunghi e costosi. Per l’amministrazione, consente di ridurre il carico di lavoro degli uffici giudiziari e di incassare somme in tempi rapidi. L’ordinanza chiarisce in modo inequivocabile le conseguenze procedurali: con l’adesione alla sanatoria, il processo si estingue, le spese vengono ‘compensate’ di fatto tra le parti e non scattano sanzioni processuali come il raddoppio del contributo unificato. Una lezione di pragmatismo giuridico che incentiva la risoluzione alternativa delle controversie.

Cosa succede a un processo tributario se il contribuente aderisce alla definizione agevolata?
Il processo viene dichiarato estinto, ovvero si chiude definitivamente senza una sentenza che decida chi ha ragione o torto nel merito della questione.

Chi paga le spese legali in caso di estinzione del giudizio per definizione agevolata?
Ciascuna parte paga le proprie spese legali. La legge stabilisce che le spese del giudizio estinto rimangono a carico di chi le ha anticipate, senza alcuna condanna per la controparte.

Se l’Agenzia Fiscale ricorre in Cassazione e il giudizio si estingue per la sanatoria, deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte ha chiarito che la declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’obbligo per la parte ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto solo in caso di rigetto o inammissibilità dell’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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