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Estinzione giudizio per rinuncia: il caso in Cassazione

Una società alberghiera ha rinunciato al proprio ricorso in Cassazione contro un ente comunale. La Corte Suprema ha dichiarato l’estinzione del giudizio per rinuncia, stabilendo che le spese legali restino a carico delle parti che le hanno anticipate, in applicazione dell’art. 391 del codice di procedura civile.

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Pubblicato il 25 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Estinzione del Giudizio per Rinuncia: Cosa Succede alle Spese Legali?

Quando una parte decide di non proseguire con un ricorso davanti alla Corte di Cassazione, il processo si interrompe. Questo atto, noto come rinuncia, porta all’estinzione del giudizio per rinuncia. Un recente decreto della Sezione Tributaria della Cassazione chiarisce un aspetto fondamentale di questa procedura: la ripartizione delle spese legali. Analizziamo insieme la vicenda e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore alberghiero aveva impugnato una sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, portando la controversia con un ente comunale davanti alla Corte di Cassazione. Il caso riguardava una questione di natura tributaria. Tuttavia, prima che la Corte potesse esaminare il merito del ricorso, la stessa società ricorrente ha depositato un atto formale di rinuncia, manifestando la volontà di non voler più proseguire con il giudizio.

La Rinuncia al Ricorso e l’Estinzione del Giudizio

La rinuncia è un atto processuale con cui la parte che ha promosso il giudizio manifesta la volontà di abbandonarlo. Nel giudizio di Cassazione, questa procedura è disciplinata dall’articolo 391 del codice di procedura civile. La presentazione di un atto di rinuncia, come avvenuto in questo caso, obbliga la Corte a prendere atto della volontà della parte e a dichiarare formalmente l’estinzione del giudizio per rinuncia. Di conseguenza, il processo si chiude senza una decisione sul contenuto della disputa, e la sentenza impugnata diventa definitiva.

La Decisione della Corte sulle Spese Legali

L’aspetto più interessante del decreto riguarda la regolamentazione delle spese legali. In molti casi, la parte che rinuncia viene condannata a pagare le spese della controparte. In questa specifica situazione, invece, la Corte di Cassazione ha disposto che ‘le spese restino a carico delle parti che le hanno anticipate’. Ciò significa che ogni parte coinvolta nel processo (la società ricorrente e l’ente comunale controricorrente) deve farsi carico dei costi del proprio avvocato. Questa decisione si basa sul presupposto che, in assenza di un accordo diverso tra le parti, la rinuncia semplice comporta la cosiddetta ‘compensazione’ delle spese.

Le Motivazioni

La motivazione del decreto presidenziale è concisa e strettamente ancorata alla procedura. La Corte ha semplicemente preso atto di due elementi fattuali e giuridici:
1. L’atto di rinuncia: la società ricorrente ha formalmente depositato la propria rinuncia al ricorso, un atto che non lascia spazio a interpretazioni.
2. L’applicazione della norma: in base all’art. 391 del codice di procedura civile, la Corte non può fare altro che dichiarare l’estinzione del processo. Per quanto riguarda le spese, la prassi consolidata in caso di rinuncia non accettata dalla controparte (o accettata senza un accordo specifico sulle spese) prevede che ciascuno sopporti i propri costi.
Il decreto, inoltre, offre una garanzia procedurale, comunicando la decisione ai difensori e concedendo loro un termine di dieci giorni per richiedere la fissazione di un’udienza, nel caso in cui volessero contestare la declaratoria di estinzione o la decisione sulle spese.

Le Conclusioni

Il provvedimento analizzato offre due importanti lezioni pratiche:
– La rinuncia al ricorso è uno strumento definitivo che porta alla chiusura del giudizio di legittimità, rendendo la sentenza precedente inappellabile.
– Salvo diversi accordi tra le parti, chi rinuncia al ricorso in Cassazione non viene automaticamente condannato a pagare le spese legali della controparte. La regola generale applicata dalla Corte è che ogni parte sostiene i propri costi. Questa è un’informazione cruciale per chiunque stia valutando di abbandonare un contenzioso, poiché permette di calcolare con maggiore precisione le conseguenze economiche della propria scelta.

Cosa succede se una parte rinuncia al proprio ricorso davanti alla Corte di Cassazione?
La Corte dichiara l’estinzione del giudizio. Questo significa che il processo si chiude definitivamente a quel livello e la sentenza impugnata diventa definitiva, senza che la Corte entri nel merito della questione.

Chi paga le spese legali in caso di estinzione del giudizio per rinuncia?
Secondo il decreto in esame, la Corte ha stabilito che le spese legali restano a carico delle parti che le hanno anticipate. In pratica, ogni parte paga il proprio avvocato, senza che la parte rinunciante debba rimborsare i costi della controparte.

È possibile contestare un decreto che dichiara l’estinzione del giudizio?
Sì, il decreto prevede che, una volta comunicato ai difensori delle parti, questi abbiano un termine di dieci giorni per chiedere che venga fissata un’udienza, presumibilmente per discutere la decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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