Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4706 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 4706  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 190/2017 R.G. proposto da
COGNOME  NOME,  elettivamente  domiciliato  in  Roma  al  INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro  tempore , domiciliata  in  Roma  alla  INDIRIZZO  presso  gli  uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente- nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, incorporante RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  legale  rappresentante pro  tempore , rappresentata  e  difesa  dagli  AVV_NOTAIOti  COGNOME  NOME  (domicilio digitale: EMAIL) e COGNOME NOME (domicilio digitale:
EMAIL)
-controricorrente- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE DELL’EMILIA -ROMAGNA n. 1331/2016 depositata il 23 maggio 2016
Udita  la  relazione  svolta  nell’adunanza  camerale  del  21  gennaio 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Ravenna la cartella esattoriale n. 093 2011 00018197 06 notificatagli dall’agente della riscossione RAGIONE_SOCIALE, recante l’intimazione di pagamento RAGIONE_SOCIALE somme iscritte a ruolo sulla base di un avviso di accertamento ai fini dell’IRPEF emesso Ravenna dell’RAGIONE_SOCIALE per l’anno 1998, divenuto definitivo per effetto dell’estinzione del relativo giudizio di impugnazione, non riassunto nel termine di legge a sèguito del rinvio della causa al primo giudice disposto d’ufficio da questa Corte a norma degli artt.
nei suoi confronti dalla Direzione Provinciale di 383, comma 3, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992. L’adìta  Commissione,  nel  contraddittorio  dell’ente  impositore  e dell’agente  della  riscossione,  ritenuta  la  fondatezza  RAGIONE_SOCIALE  ragioni addotte  dal contribuente, annullava  l’atto  esattivo  impugnato, dichiarando prescritta la pretesa tributaria in conseguenza dell’intervenuta estinzione del giudizio di impugnazione del sottostante avviso di accertamento.
La pronuncia veniva, però, successivamente riformata dalla Commissione  Tributaria  Regionale  dell’Emilia -Romagna,  la  quale, con sentenza n. 1331/2016 del 23 maggio 2016, in accoglimento dell’appello  erariale  e  nella  contumacia  di  RAGIONE_SOCIALE, rigettava l’originario ricorso della parte privata.
A fondamento del «decisum» i giudici regionali osservavano che: -la mancata riassunzione aveva provocato l’estinzione del giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento, verificatasi il 16
settembre 2010, ma non anche quella dell’atto impositivo, che da quella  stessa  data  era  divenuto  definitivo; -la  notificazione  della cartella era stata eseguita l’11 marzo 2011, nel rispetto del termine stabilito a pena di decadenza dall’art. 25, comma 1, lettera c), del D.P.R.  n.  602  del  1973; -la  procedura  di  riscossione  risultava, quindi, tempestivamente attivata.
Avverso tale sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE  ed  RAGIONE_SOCIALE, incorporante RAGIONE_SOCIALE, hanno resistito con autonomi controricorsi.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., è denunciato l’omesso esame di fatti decisivi per giudizio che hanno formato oggetto di discussione fra le parti,  .
1.1 Viene ascritto alla CTR di aver trascurato di valutare una serie di circostanze prospettate dal contribuente, la cui disamina avrebbe potuto condurla a una diversa decisione della controversia.
1.2 In particolare, si assume che nella motivazione della sentenza il collegio di secondo grado non avrebbe speso alcuna parola sulle seguenti questioni: (a)inammissibilità dell’appello erariale per difetto di specificità dei motivi; (b)giudicato interno formatosi sulla statuizione di annullamento della cartella esattoriale in conseguenza della mancata impugnazione della sentenza di primo grado da parte di RAGIONE_SOCIALE, unico soggetto legittimato a resistere all’opposizione riguardante tale atto; (c)nullità del ruolo e della susseguente cartella di pagamento per omessa pronuncia del decreto dichiarativo dell’estinzione del giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento presupposto; (d)decadenza di RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE dal  per  intervenuto  decorso  del  termine  fissato  dall’art. 25, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 602 del 1973, non soggetto alle  cause  di  interruzione  previste  per  la  prescrizione,  giusta  il disposto dell’art. 2964 c.c.; (e)inesistenza della notificazione della cartella di pagamento, in quanto eseguita direttamente dall’agente della riscossione a mezzo del servizio postale; (f)inesistenza della detta cartella per mancanza di sottoscrizione.
1.3 La censura deve essere correttamente inquadrata nel paradigma  di  cui  al  numero  4)  dell’art.  360,  comma  1,  c.p.c., avendo il ricorrente denunciato non già la mancata disamina di fatti decisivi e controversi, nei termini esplicitati dalle Sezioni Unite con l’arresto  n.  8053/2014,  bensì  l’omessa  pronuncia  da  parte  della CTR in ordine ad alcune questioni sottoposte al suo vaglio, e quindi un «error in procedendo» asseritamente consistito nella violazione dell’art. 112 c.p.c..
1.4 Tanto premesso, il motivo è privo di fondamento.
1.5 Per consolidata giurisprudenza di questa Corte regolatrice, non ricorre  il  vizio  di  omessa  pronuncia  quando,  pur  in  mancanza  di un’espressa statuizione sul punto, la decisione adottata dal giudice comporta l’implicito rigetto degli argomenti non trattati, presupponendo come suo necessario antecedente logico -giuridico il riconoscimento  della  loro  irrilevanza  o  infondatezza  (cfr.  Cass.  n. 12476/2024, Cass. n. 12131/2023, Cass. n. 24667/2021, Cass. n. 7662/2020).
1.6 È inoltre costante l’insegnamento di legittimità secondo cui, in base a una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., ispirata ai princìpi di economia e di ragionevole durata del processo sanciti dall’art.  111 della Carta fondamentale, una volta verificata l’omessa  statuizione  su  un  motivo  di  appello -e  il  principio  è estensibile  alle  eccezioni  sollevate  e  alle  questioni  riproposte  in secondo grado dalla parte appellata -,  questa  Corte  può  evitare  la
cassazione  con  rinvio  della  sentenza  impugnata  e  decidere  la controversia nel merito, allorquando la questione di diritto prospettata risulti  priva  di  fondamento,  di  modo  che  la  pronuncia da  rendere  venga  a  confermare  il  dispositivo  della  sentenza, determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito; e ciò  sempre  che  non  siano  richiesti  ulteriori  accertamenti  di  fatto (cfr. Cass. n. 31149/2023, Cass. n. 12995/2022, Cass. n. 4400/2020, Cass. n. 13185/2019).
1.7 Tanto premesso, va osservato che il rigetto della sollevata eccezione di mancanza di specificità dei motivi di appello formulati dall’RAGIONE_SOCIALE deve ritenersi implicito nella decisione assunta dalla CTR, la quale, accogliendo nel merito il gravame proposto dalla parte pubblica, ha necessariamente escluso che le censure articolate dalla difesa erariale fossero prive del requisito di cui all’art. 53, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992 (cfr., in tal senso, Cass. n. 20051/2024, Cass. n. 2151/2021, Cass. n. 13649/2005).
Peraltro, la lagnanza in scrutinio difetta «in parte  qua» di autosufficienza, non avendo il COGNOME riportato in ricorso i motivi di cui  si  discetta,  in  tal  modo  impedendo  alla  Corte  di  verificarne l’asserita genericità (cfr., sull’argomento, Cass. n. 4688/2024, Cass. n. 32705/2023, Cass. n. 29495/2020).
1.8 Anche l’eccezione di giudicato interno è da aversi per implicitamente disattesa dal collegio di secondo grado, il quale ha integralmente respinto  l’originario ricorso del contribuente, adottando una decisione di merito che presuppone la valutazione dell’infondatezza della predetta eccezione.
1.9  Riguardo,  poi,  all’asserita  incidenza  della  norma  di  cui  all’art. 2964 c.c. sul corso del termine di decadenza stabilito dall’art. 25, comma  1,  lettera  c),  del  D.P.R.  n.  602  del  1973,  la  soluzione accolta dalla CTR è logicamente e giuridicamente incompatibile con la tesi sostenuta dal COGNOME,  onde  anche  in  questo  caso  si  è  in
presenza di un rigetto implicito, e non di un’omessa pronuncia.
1.10 Per quanto, invece, attiene alle questioni indicate nel sottoparagrafo  1.2  sotto  le  lettere  c),  e),  f),  va  osservato  che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità:
-l’estinzione di un processo per inattività RAGIONE_SOCIALE parti può essere accertata «incidenter tantum» nell’àmbito di un diverso giudizio (cfr. Cass. n. 2000/1989, Cass. Sez. Un. n. 17576/2007); per quanto qui particolarmente interessa, è stato evidenziato che un’implicita richiesta di accertamento incidentale dell’intervenuta estinzione del precedente giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento deve ritenersi contenuta nell’opposizione alla cartella esattoriale, allorquando il contribuente fondi le sue difese sul presupposto che tale estinzione si sia verificata (nella specie, per dimostrare che il credito azionato dall’ente impositore si era prescritto e che il termine decadenziale per la notificazione della cartella di pagamento era decorso: cfr., sull’argomento, Cass. n. 22548/2012, in motivazione);
-la notifica della cartella di pagamento per la riscossione RAGIONE_SOCIALE imposte può avvenire anche mediante invio diretto da parte del concessionario (ora agente della riscossione) a mezzo di raccomandata con avviso ricevimento (cfr. Cass. n. 17141/2024, Cass. n. 3827/2024, Cass. n. 28684/2018); in proposito, è stato precisato che: (a)la seconda parte del comma 1 dell’art. 26 del D.P.R. n. 602 del 1973 ammette una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario e all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella prevista dalla prima parte della stessa disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati; (b)in tal caso, la notificazione si perfeziona alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente, senza necessità di redigere un’apposita relata, giacchè l’avvenuta effettuazione della notifica, su istanza del soggetto legittimato, e il rapporto esistente fra la persona cui è stato consegnato l’atto e il
destinatario  della  medesima  costituiscono  oggetto  di  attestazione dell’agente  postale  assistita  dall’efficacia  probatoria  di  cui  all’art. 2700 c.c., trovando applicazione le norme del regolamento postale relative  agli  invii  raccomandati  e  non  quelle  contenute  nella  L.  n. 890  del  1982  (cfr.,  ex  multis,  Cass.  n.  29710/2018,  Cass.  n. 29022/2017, Cass. n. 23511/2016);
-l’omessa sottoscrizione da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità della cartella di pagamento, la cui esistenza non dipende dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una firma leggibile, bensì dal fatto che tale elemento sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emettere l’atto; tanto più che, a norma dell’art. 25, comma 2, del D.P.R. n. 602 del 1973, la cartella deve essere redatta in conformità al modello approvato con decreto del Ministero RAGIONE_SOCIALE Finanze (ora dell’Economia e RAGIONE_SOCIALE Finanze), il quale non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione e l’indicazione della causale tramite apposito numero di codice (cfr. Cass. n. 8688/2021, Cass. n. 32458/2022, Cass. n. 16428/2024, Cass. n. 19327/2024).
1.11  Essendosi,  quindi,  al  cospetto  di  questioni  di  diritto  prive  di fondamento  e  non  richiedenti  ulteriori  accertamenti  di  fatto,  la Corte  può  procedere,  alla  stregua  dell’orientamento  di  legittimità dianzi richiamato, all’integrazione della motivazione della sentenza gravata, senza disporre il rinvio della causa al giudice «a quo» .
Con il secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360, coma 1, n. 4) c.p.c., è lamentata la nullità dell’impugnata decisione e/o del procedimento.
2.1  Si  sostiene  che  il  collegio  regionale  non  avrebbe  potuto,  in accoglimento del gravame esperito dalla sola RAGIONE_SOCIALE, respingere integralmente l’originario ricorso del contribuente, poiché  l’unica  parte  legittimata  a  impugnare  le  statuizioni  della sentenza di primo grado riguardanti  la  cartella  di  pagamento era
RAGIONE_SOCIALE, rimasta contumace nel giudizio di appello.
2.2  I  giudici «a quibus» avrebbero,  pertanto,  deciso  in  violazione del giudicato interno formatosi sul punto.
2.3 Il motivo non merita accoglimento.
2.4  Lo  stesso  COGNOME,  pur  non  avendo  riportato,  nel  corpo  del ricorso per cassazione, il contenuto della sentenza della CTP -il che espone la doglianza a un preliminare rilievo di inammissibilità per difetto di autosufficienza (sull’argomento cfr., ex plurimis , Cass. n. 29495/2020, a proposito della necessaria specifica indicazione degli atti  anche  in  caso  di  denuncia  di  ) -ha dedotto di aver riproposto in appello  (pag. 5).
2.5 Da tanto inequivocabilmente si ricava che tale sentenza si era limitata ad accertare la prescrizione della pretesa tributaria in conseguenza dell’intervenuta estinzione del giudizio ad essa inerente, come è confermato dal seguente passaggio conclusivo della motivazione, trascritto da RAGIONE_SOCIALE nel proprio controricorso (pagg. 3 -5), e in particolare dal seguente passaggio conclusivo della motivazione: «La mancata riassunzione nell’anno…, avendo determinato l’estinzione del processo, con esclusione dell’effetto permanente dell’interruzione, conduce alla declaratoria di inesigibilità della pretesa impositiva per intervenuta prescrizione del diritto. Gli ulteriori profili restano assorbiti» .
2.6 Nel descritto contesto, è del tutto evidente come la sola parte interessata ad impugnare la decisione di prime cure fosse l’RAGIONE_SOCIALE,  ente  impositore  titolare  del  credito  iscritto  a  ruolo, atteso che la pronuncia resa dai giudici provinciali ineriva soltanto a tale punto della controversia.
2.7 Oltretutto, la doglianza del contribuente muove da un’erronea premessa giuridica, e cioè che solamente l’agente della riscossione
sarebbe  legittimato a resistere all’opposizione alla cartella di pagamento e ad impugnare la relativa decisione giudiziale, anche quando queste non siano fondate, rispettivamente, sull’allegazione o sull’accertamento di vizi propri dell’atto.
2.8 Un simile asserto contrasta, tuttavia, con lo stabile indirizzo di legittimità secondo cui, in tema di contenzioso tributario, qualora il contribuente impugni una cartella esattoriale per motivi attinenti all’invalidità degli atti impositivi presupposti, la legittimazione passiva spetta sia all’ente impositore sia all’agente della riscossione; con la precisazione che, ove sia stato evocato in causa il solo agente della riscossione, quest’ultimo è tenuto a chiamare in giudizio l’ente creditore interessato, ai sensi dell’art. 39 del D. Lgs. n. 112 del 1999, se non vuole rispondere RAGIONE_SOCIALE eventuali conseguenze negative della lite (cfr. Cass. n. 17763/2021, Cass. n. 2480/2020).
2.9 È stato, inoltre, puntualizzato che la tardività della notificazione della cartella non  costituisce  vizio proprio  di  questa,  tale  da legittimare  in  via  esclusiva  il  concessionario  a  contraddire  nel relativo  giudizio  (cfr.  Cass.  n.  10019/2018,  Cass.  n.  10477/2014, Cass. n. 10646/2013, Cass. n. 16990/2012).
2.10 Alla luce RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, deve escludersi la configurabilità del dedotto  .
Con il terzo mezzo, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3)  c.p.c.,  sono  prospettate  la  violazione  e  la  falsa  applicazione dell’art.  25,  comma  1,  lettera  c),  del  D.P.R.  n.  602  del  1973, dell’art. 63 del D. Lgs. n. 546 del 1992 e degli artt. 2943 e 2945 c.c..
3.1 Si rimprovera alla CTR di aver tralasciato di considerare che, ai sensi dell’art. 2945, comma 3, c.c., l’estinzione del giudizio fa venir meno l’effetto interruttivo permanente della prescrizione determinato dalla pendenza di un giudizio, lasciando fermo soltanto l’effetto interruttivo istantaneo ricollegato alla notificazione dell’atto
introduttivo.
3.2 In applicazione della citata norma, i giudici regionali avrebbero, quindi,  dovuto  dichiarare  estinta  la  pretesa  tributaria,  essendo  la notificazione  della  cartella  di  pagamento  avvenuta  a  distanza  di oltre  dieci  anni  dalla  data  in  cui  erano  stati  introdotti  i  giudizi  di impugnazione degli avvisi di accertamento presupposti.
3.3 Il motivo è destituito di fondamento.
3.4 Come  ripetutamente  affermato  da  questo  Supremo  Collegio, l’estinzione del giudizio determinata dalla sua mancata riassunzione a sèguito di pronuncia di cassazione con rinvio comporta, ai sensi degli artt. 393 c.p.c. e 63, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, il venir meno dell’intero processo e, in forza dei princìpi in materia di impugnazione dell’atto tributario, rende definitivo l’avviso di accertamento.
3.5 Pertanto, poiché i termini di decadenza indicati dall’art. 25 del D.P.R. n. 602 del 1973 in tema di riscossione RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi cominciano a decorrere da quando la pretesa tributaria è divenuta definitiva, ove la definitività dell’accertamento fiscale consegua alla mancata riassunzione del giudizio ad opera RAGIONE_SOCIALE parti, detta decorrenza va fissata con riguardo al momento in cui il giudizio si è estinto per esaurimento del tempo utile per l’adempimento dell’incombente, rimanendo a tal fine irrilevante il potere dell’Amministrazione Finanziaria di iscrivere a ruolo parte della pretesa tributaria a titolo provvisorio, e così pure la disciplina RAGIONE_SOCIALE cause di sospensione e interruzione, proprie non della decadenza ma della prescrizione (cfr. Cass. n. 4574/2015, Cass. n. 7444/2022, Cass. n. 35907/2023).
3.6  Giova,  in  proposito,  rammentare  che,  in  base  a  un  diffuso orientamento  nomofilattico  al  quale  si  intende  dare  continuità, l’estinzione del giudizio tributario per mancata riassunzione non è equiparabile al giudicato formatosi sulla pretesa impositiva, sicchè non  può  ritenersi  applicabile  il  termine  decennale  di  prescrizione
dell’ «actio iudicati» (art. 2953 c.c.) nell’ipotesi in cui la definitività dell’accertamento derivi dalla declaratoria di estinzione del processo tributario per inattività RAGIONE_SOCIALE parti.
3.7  Difatti,  in  conseguenza  dell’estinzione  del  giudizio  tributario, restano travolte  tutte  le  sentenze  in  esso  pronunciate,  sulle  quali non si forma alcun giudicato (cfr. Cass. Sez. Un. n. 25790/2009).
3.8 Qualora, dunque, la pretesa dell’Amministrazione Finanziaria si fondi (o continui a fondarsi) non già su un sopravvenuto e intangibile provvedimento giurisdizionale che acclari l’effettiva sussistenza e la legittimità di tutti i presupposti dell’imposizione, bensì sull’originario avviso di accertamento, ancorchè consolidatosi per una ragione di ordine processuale, opera esclusivamente il regime previsto dall’art. 25, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 602 del 1973, in virtù del quale la cartella di pagamento deve essere notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento compiuto dall’Ufficio è divenuto definitivo (cfr. Cass. n. 4574/2015, Cass. n. 27265/2016, Cass. n. 23922/2016, Cass. n. 9521/2017, Cass. n. 3458/2023, Cass. n. 35907/2023, Cass. n. 24997/2024).
3.9 Alla stregua RAGIONE_SOCIALE suenunciate «regulae iuris» , la decisione assunta dalla CTR appare immune da censure, avendo essa correttamente ritenuto applicabile al caso in esame il termine decadenziale anzidetto, la cui decorrenza è stata individuata nel giorno dell’acquisita definitività dell’avviso di accertamento, coincidente con quello nel quale si era verificata l’estinzione dei relativo giudizio tributario non riassunto (16 settembre 2010); da qui la conclusione che tale termine era ancora in corso alla data di notifica della cartella di pagamento (14 marzo 2011).
Conclusivamente, il ricorso deve essere respinto.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Stante  l’esito  dell’impugnazione,  viene  resa  nei  confronti  del
ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater , del  D.P.R.  n.  115  del  2002  (Testo  Unico  RAGIONE_SOCIALE  spese  di  giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere alle controricorrenti RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE  le  spese  del  giudizio  di  legittimità,  liquidate  in favore  della  prima  in  complessivi  1.500  euro,  oltre  ad  eventuali oneri  prenotati  a  debito,  e  in  favore  della  seconda  in  complessivi 1.700  euro  (di  cui  200  per  esborsi),  oltre  al  rimborso  forfettario nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Ai  sensi  dell’art.  13,  comma  1 -quater,  del  D.P.R.  n.  115  del  2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un  ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo  unificato  pari  a  quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  della  Sezione