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Estinzione giudizio Cassazione: il caso del silenzio

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione di un giudizio tributario a seguito della mancata risposta del ricorrente alla proposta di definizione formulata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. Tale silenzio, protrattosi oltre il termine di quaranta giorni, è stato equiparato a una rinuncia al ricorso. La Corte ha quindi disposto l’estinzione del giudizio di Cassazione e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali a favore dell’Agenzia delle Entrate.

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Pubblicato il 27 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Estinzione del Giudizio di Cassazione: Quando il Silenzio Costa Caro

Nel processo civile, e in particolare nel giudizio di legittimità, i termini procedurali non sono semplici formalità, ma pilastri che garantiscono la certezza del diritto e l’efficienza della giustizia. Una recente decisione della Corte di Cassazione illustra perfettamente le gravi conseguenze che possono derivare dall’inattività di una parte, portando all’estinzione del giudizio di Cassazione. Questo caso specifico riguarda un contribuente che, dopo aver ricevuto una proposta di definizione del giudizio, non ha fornito alcuna risposta, un silenzio che la legge interpreta come una vera e propria rinuncia.

Il Contesto del Ricorso e la Proposta di Definizione

La vicenda trae origine da un ricorso presentato da un contribuente avverso una sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia. Una volta che il caso è approdato in Corte di Cassazione, è stata formulata una proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’articolo 380-bis del codice di procedura civile. Questo strumento mira a deflazionare il carico di lavoro della Suprema Corte, offrendo una potenziale risoluzione rapida della controversia quando l’esito del ricorso appare scontato. La proposta è stata regolarmente comunicata a entrambe le parti: il contribuente ricorrente e l’Agenzia delle Entrate, costituitasi come controricorrente.

La Mancata Risposta e l’Estinzione del Giudizio di Cassazione

Il fulcro della decisione risiede in ciò che è accaduto (o meglio, non è accaduto) dopo la comunicazione della proposta. La legge stabilisce un termine perentorio di quaranta giorni entro il quale la parte ricorrente, se non condivide la proposta, deve presentare un’istanza per richiedere la decisione sul ricorso. Nel caso di specie, questo termine è trascorso senza che il ricorrente manifestasse alcuna volontà di proseguire il giudizio. Questo silenzio non è neutro per l’ordinamento: la normativa lo qualifica come un comportamento concludente, equiparandolo a una rinuncia implicita al ricorso stesso. Di conseguenza, il meccanismo che si attiva è quello che porta all’estinzione del giudizio di Cassazione.

Le Motivazioni della Corte

Il decreto della Suprema Corte si fonda su una precisa base normativa. In primo luogo, l’articolo 380-bis, secondo comma, del codice di procedura civile, stabilisce che se la parte non richiede la decisione entro il termine stabilito, il ricorso si intende rinunciato. Questo automatismo legale non lascia spazio a interpretazioni discrezionali.

In secondo luogo, la Corte applica l’articolo 391 del codice di procedura civile, che disciplina le conseguenze della rinuncia e dell’estinzione del processo. In particolare, il secondo comma di tale articolo impone al giudice di provvedere anche sulle spese processuali. Anche se il giudizio si chiude senza una decisione nel merito, è necessario regolare i costi sostenuti dalle parti. La Corte ha quindi condannato la parte ricorrente, la cui inattività ha causato l’estinzione, a rimborsare le spese legali sostenute dalla parte controricorrente (l’Agenzia delle Entrate), liquidandole in Euro 3.000,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa decisione ribadisce un principio fondamentale per chiunque affronti un contenzioso legale: la diligenza processuale è essenziale. Il silenzio o l’inerzia possono avere conseguenze definitive e costose. Per il contribuente, l’estinzione del giudizio significa non solo la fine della possibilità di vedere riesaminata la propria posizione in Cassazione, ma anche l’obbligo di farsi carico delle spese legali della controparte. La sentenza della Commissione Tributaria Regionale diventa così definitiva. Per gli avvocati e i loro assistiti, questo caso funge da monito sull’importanza di monitorare attentamente le comunicazioni della cancelleria e di rispettare scrupolosamente ogni scadenza processuale, specialmente quelle che, come in questo caso, possono determinare l’esito del giudizio.

Cosa succede se un ricorrente non risponde alla proposta di definizione del giudizio in Cassazione entro i termini?
Il ricorso si intende rinunciato e la Corte dichiara l’estinzione del giudizio di Cassazione.

Chi è tenuto a pagare le spese legali in caso di estinzione del giudizio per questo motivo?
La parte ricorrente, la cui inattività ha causato l’estinzione, è condannata a pagare le spese processuali in favore della parte controricorrente.

Qual è il termine previsto dalla legge per chiedere la decisione del ricorso dopo aver ricevuto la proposta di definizione?
Il termine è di quaranta giorni dalla comunicazione della proposta di definizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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