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Estinzione del processo: rinuncia e carenza di interesse

Un contribuente impugna diverse cartelle di pagamento. Durante il giudizio in Cassazione, aderisce a una definizione agevolata e rinuncia al ricorso. La Suprema Corte dichiara l’estinzione del processo per sopravvenuta carenza di interesse, specificando che la rinuncia unilaterale non necessita di accettazione e che non si applica il raddoppio del contributo unificato.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Estinzione del Processo: Quando la Rinuncia in Cassazione Ferma il Giudizio Tributario

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 26160/2024 offre un’importante chiave di lettura sull’estinzione del processo tributario in seguito alla rinuncia del ricorrente. Il caso analizza come l’adesione a una definizione agevolata, unita a una chiara dichiarazione di non voler proseguire il giudizio, porti alla chiusura del contenzioso per sopravvenuta carenza di interesse, con precise conseguenze sulle spese legali e sul contributo unificato.

I Fatti del Caso: Dall’Impugnazione dell’Estratto di Ruolo alla Cassazione

La controversia nasce dall’impugnazione da parte di un contribuente di un estratto di ruolo relativo a diverse cartelle di pagamento. Il ricorrente sosteneva di non aver mai ricevuto la notifica di tali cartelle e ne eccepiva la prescrizione e la decadenza del potere di riscossione dell’amministrazione finanziaria.

La Commissione Tributaria Regionale, tuttavia, aveva respinto l’appello del contribuente. I giudici di secondo grado avevano ritenuto tardiva l’impugnazione e infondata l’eccezione di prescrizione, poiché al contribuente erano state notificate due intimazioni di pagamento successive alle cartelle e, inoltre, lo stesso aveva presentato una richiesta di definizione agevolata dei carichi, atto che presupponeva la piena conoscenza del debito. Di fronte a questa decisione, il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione.

La Svolta: Adesione alla Definizione Agevolata e Rinuncia al Giudizio

Durante il giudizio di legittimità, si è verificato un fatto nuovo e decisivo. Il ricorrente ha depositato una memoria con cui informava la Corte di aver aderito alla definizione agevolata dei debiti prevista dalla Legge n. 197 del 2022, allegando la documentazione relativa alla domanda e ai pagamenti effettuati.

In conseguenza di ciò, il contribuente ha dichiarato di non avere più interesse alla prosecuzione del giudizio e ha manifestato la volontà di rinunciare, chiedendo alla Corte di dichiarare l’estinzione del processo e di compensare le spese di lite tra le parti.

Le motivazioni della Corte sull’estinzione del processo

La Suprema Corte, nell’analizzare la memoria del ricorrente, ha innanzitutto osservato una non perfetta coincidenza tra le cartelle oggetto del giudizio e quelle indicate nella domanda di definizione agevolata. Ciononostante, ha ritenuto che si potesse comunque giungere a una pronuncia di chiusura del procedimento.

Il punto centrale della decisione risiede nel concetto di sopravvenuta carenza di interesse. La Corte ha stabilito che la dichiarazione esplicita del ricorrente di rinunciare alla decisione nel merito, contenuta nella memoria, costituisce un atto unilaterale che non necessita di accettazione da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Questa rinuncia fa venire meno l’interesse del ricorrente a ottenere una sentenza, rendendo di fatto inutile la prosecuzione del contenzioso.

Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’estinzione del processo, esimendosi dall’esaminare i motivi di ricorso originariamente proposti. Per quanto riguarda le spese legali, in considerazione delle ragioni della decisione (la chiusura del caso per un fatto sopravvenuto), ha disposto la loro integrale compensazione tra le parti.

Un ultimo, ma significativo, aspetto toccato dalla Corte riguarda il cosiddetto “raddoppio del contributo unificato”. L’ordinanza chiarisce che la declaratoria di estinzione esclude l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002. Tale norma, che impone al ricorrente soccombente il pagamento di un ulteriore importo pari al contributo unificato versato, si applica solo in caso di decisioni di infondatezza nel merito, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, e non in caso di estinzione.

Le conclusioni

Questa pronuncia fornisce indicazioni pratiche di grande rilevanza per i contribuenti e i loro difensori. Dimostra che, anche in pendenza di un giudizio in Cassazione, l’adesione a strumenti di definizione agevolata, se accompagnata da una formale e inequivocabile rinuncia al ricorso, può condurre a una rapida estinzione del processo. Tale esito non solo chiude la controversia, ma evita anche il rischio di condanna alle spese e l’applicazione del raddoppio del contributo unificato, rappresentando una via d’uscita efficiente e vantaggiosa dal contenzioso tributario.

Se un contribuente aderisce a una definizione agevolata durante un ricorso in Cassazione, il processo si estingue automaticamente?
Non automaticamente. Secondo l’ordinanza, l’estinzione del processo deriva dalla dichiarazione esplicita del ricorrente di rinunciare al giudizio per sopravvenuta carenza di interesse. È questa manifestazione di volontà, e non la semplice adesione alla sanatoria, a essere decisiva.

È necessario che la controparte accetti la rinuncia al ricorso perché il processo si estingua?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la rinuncia unilaterale del ricorrente alla decisione nel merito non richiede l’accettazione della controparte per determinare la chiusura del giudizio per carenza di interesse e, di conseguenza, l’estinzione del processo.

In caso di estinzione del processo in Cassazione, il ricorrente deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La pronuncia specifica che la declaratoria di estinzione del processo esclude l’applicazione della sanzione del pagamento di un ulteriore importo pari al contributo unificato. Tale obbligo scatta solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità nel merito dell’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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