Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18803 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18803 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10888/2020 R.G., proposto
DA
Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni del presente procedimento: EMAIL );
RICORRENTE
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE , con sede in Roma, in persona dell’amministratore delegato pro tempore , in qualità di incorporante la ‘ RAGIONE_SOCIALE (già ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘) , in liquidazione, rappresentata e difesa dall ‘Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni del presente procedimento: EMAIL, giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE
IMPOSTA DI REGISTRO RIMBORSO SILENZIO-RIFIUTO SENTENZA DI PRIMO GRADO CASSAZIONE CON RINVIO DI SENTENZA DI SECONDO GRADO
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per il Lazio il 2 ottobre 2019, n. 5577/15/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14 maggio 2025 dal Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
1. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per il Lazio il 2 ottobre 2019, n. 5577/15/2019, che, in controversia su impugnazione di silenzio -rifiuto su istanza presentata dalla ‘ RAGIONE_SOCIALE in qualità di incorporante la ‘ RAGIONE_SOCIALE (già ‘ RAGIONE_SOCIALE), in liquidazione, per il rimborso dell a somma di € 29.639,47, a titolo di imposta di registro versata in dipendenza della sentenza non definitiva depositata dal Tribunale di Roma il 19 luglio 1999, n. 13267, che aveva condannato in solido la ‘ RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, e NOME NOME al pagamento della somma di £ 4.692.803.054 in favore della ‘ RAGIONE_SOCIALE , in relazione ad un contratto di appalto del 24 luglio 1991 per la costruzione di un edificio, dopo che la sentenza depositata dalla Corte di Appello di Roma il 24 ottobre 2003, n. 4139, la quale -in riforma della suddetta sentenza non definitiva del Tribunale di Roma -aveva dichiarato l’estinzione del procedimento civile, su ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, dopo l’ ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con l’ordinanza interlocutoria depositata dalla Corte Suprema di Cassazione il 21 agosto 2007, n. 17768, era stata cassata con rinvio dalla sentenza depositata dalla Corte Suprema di Cassazione l’11 settembre 2008, n. 23403, senza che il
procedimento civile fosse riassunto per il prosieguo dinanzi alla Corte di Appello di Roma, ha revocato, in fase rescindente, la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per il Lazio il 21 novembre 2017, n. 6764/14/2017 – la quale aveva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Roma col n. 9413/62/2016 -, ed ha rigettato, in fase rescissoria, il predetto appello con compensazione delle spese giudiziali.
Il giudice della revocazione ha confermato la decisione di prime cure -che aveva accolto il ricorso originario della contribuente – sul rilievo che la dichiarazione di estinzione del procedimento civile (per mancata riassunzione in sede di rinvio disposto dal giudice di legittimità) avrebbe travolto anche la sentenza non definitiva soggetta a registrazione.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, chiedend o la condanna dell’Agenzia delle Entrate al risarcimento dei danni per lite temeraria.
La controricorrente ha, altresì, depositato memoria illustrativa, con la quale ha chiesto la dichiarazione di cessazione della materia del contendere sul presupposto che, a seguito della cassazione con rinvio della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per il Lazio il 21 novembre 2017, n. 6764/14/2017, da parte dell’ordinanza resa dalla Suprema Corte di Cassazione il 10 gennaio 2020, n. 309, dopo la riassunzione del procedimento tributario, la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per il Lazio il 24 marzo 2022, n. 1429/13/2022 (passata in giudicato, secondo l’attestazione apposta in calce dalla Segreteria della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio il 21 aprile 2023), aveva definitivamente rigettato l’appello proposto
dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Roma col n. 9413/62/2016, aggiungendo che l’Agenzia delle Entrate aveva rimborsato la somma incassata a titolo di imposta di registro.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato ad un unico motivo, col quale si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 37 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, 310 e 395 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice della revocazione, in fase rescissoria, che la sentenza non definitiva del Tribunale fosse stata caducata dalla dichiarazione di estinzione del relativo procedimento per mancata riassunzione dopo la cassazione con rinvio della sentenza della Corte di Appello , che l’aveva riformata, facendo venir meno il titolo per la riscossione dell’imposta di registro.
Preliminarmente, sulla scorta della documentazione prodotta dalla controricorrente, il collegio deve prendere atto che la sentenza revocata con la sentenza impugnata in questa sede è stata oggetto di cassazione con rinvio e che il giudice del rinvio ha deciso nel merito (in senso sfavorevole all’amministrazione finanziaria e favorevole alla contribuente) con sentenza ormai passata in giudicato. Peraltro, la controricorrente ha dichiarato di aver percepito il rimborso della somma indebitamente riscossa da ll’amministrazione finanziaria.
Non sussiste, pertanto, alcun interesse alla prosecuzione dell’odierno giudizio, essendo già stata cassata la decisione oggetto dell ‘ istanza revocatoria e deve essere dichiarata
l’inammissibilità del ricorso per carenza sopravvenuta di interesse (in termini: Cass., Sez. 1^, 14 aprile 2025, n. 9774). 4. Da ultima, va respinta la domanda di condanna al risarcimento dei danni per lite temeraria (art. 96 cod. proc. civ.) per insussistenza dei presupposti codificati, tenendo conto delle erronee argomentazioni della sentenza impugnata sulla rimborsabilità dell’imposta di registro (con particolare riguardo alla inapplicabilità dell’imposta di registro sugl i atti dichiarativi dell’estinzione del processo).
Difatti, la mancata riassunzione del giudizio di rinvio determina, ai sensi dell’art. 393 cod. proc. civ., l’estinzione dell’intero processo, con conseguente caducazione di tutte le sentenze emesse nel corso dello stesso, eccettuate quelle già passate in giudicato in quanto non impugnate, non essendo applicabile al giudizio di rinvio l’art. 338 cod. proc. civ., che regola gli effetti dell’estinzione del procedimento di impugnazione (Cass., Sez. 3^, 7 febbraio 2012, n. 1680; Cass., Sez. 5^, 22 dicembre 2017, n. 22144; Cass., Sez. 5^, 31 gennaio 2019, n. 2895; Cass., Sez. 5^, 25 settembre 2020, n. 20198; Cass., Sez. 5^, 17 giugno 2021, n. 17251; Cass., Sez. Trib., 19 ottobre 2022, n. 30806; Cass., Sez. 3^, 21 settembre 2023, n. 26970; Cass., Sez. 3^, 2 settembre 2024, n. 23487). Dunque, l’omessa o tardiva riassunzione, nel termine di legge, del giudizio di rinvio a seguito di pronuncia della Corte di Cassazione determina l’estinzione dell’intero processo, con conseguente caducazione di tutte le attività espletate, salva la sola efficacia del principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione (Cass., Sez. 3^, 18 marzo 2014, n. 6188; Cass., Sez. 3^, 13 maggio 2020, n. 8891; Cass., Sez. 3^, 21 settembre 2023, n. 26970).
Tale principio è stato specificamente ribadito da questa Corte in relazione ai riflessi sulla registrazione degli atti giudiziari, affermandosi che: « Per ragioni di completezza va precisato che nella fattispecie non è applicabile la disposizione di cui all’art. 338 c.p.c.. La norma stabilisce che l’estinzione del processo di impugnazione determina il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, pertanto, anche se i termini non sono ancora scaduti, non è più possibile proporre l’impugnazione. La previsione della norma è limitata alla estinzione del procedimento di appello e di revocazione per i motivi di cui ai nn.4 e 5 dell’art. 395: la dichiarazione di estinzione di uno di questi procedimenti, con il conseguente passaggio in giudicato della sentenza impugnata, rende non più proponibili i mezzi di impugnazione previsti dall’art. 324, che sono incompatibili con il passaggio in giudicato stesso, anche se non sono ancora scaduti i relativi termini. Infatti, se l’impugnaizone ha ad oggetto una sentenza passata in giudicato l’estinzione determina semplicemente la consumazione del potere di impugnazione. A differenza dell’art. 338 c.p.c. che fa derivare dall’estinzione del procedimento di appello o di revocazione (nei casi previsti) il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, il successivo art. 393 c.p.c. stabilisce che, in caso di estinzione del giudizio di rinvio, l’intero processo si estingue: verificandosi l’estinzione del giudizio di rinvio, quindi non vi è possibilità alcuna che la 9 R.G.N. 15519-12 sentenza di primo grado passi in giudicato, attesa l’assoluta prevalenza della disciplina dettata dall’art. 393 rispetto a quella espressa dall’art. 338 c.p.c. La norma dell’art. 393 c.p.c., considerando il giudizio di rinvio proprio come prosecuzione e non come impugnazione del giudizio precedente sancisce l’estinzione dell’intero processo per effetto della estinzione del giudizio di
rinvio. La sentenza di merito è definitivamente caducata come statuizione sul caso controverso e non può più rivivere » (vedasi, in motivazione: Cass., Sez. 5^, 1 luglio 2020, n. 13372).
Da qui la conclusione (replicabile nel caso di specie) che: « In tema di imposta di registro su atti giudiziari, costituisce presupposto del tributo, ai sensi dell’art. 37 del d.P.R. n. 131 del 1986, l’esistenza di un titolo giudiziale soggetto a registrazione (Cass. n. 30826 del 2019) che ai sensi dell’art. 393 c.p.c. nella fattispecie, è venuto meno » (vedasi, in motivazione: Cass., Sez. 5^, 1 luglio 2020, n. 13372).
Le spese giudiziali seguono la soccombenza (anche se soltanto ‘ virtuale ‘, in base alle precedenti considerazioni sull’esito della controversia ) e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
Infine, si rammenta che il meccanismo sanzionatorio del raddoppio del contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, è applicabile solo ove il procedimento per cassazione si concluda con integrale conferma della statuizione impugnata, ovvero con la ‘ ordinaria ‘ dichiarazione di inammissibilità del ricorso, non anche nell’ipotesi di declaratoria di inammissibilità sopravvenuta di quest’ultimo per cessazione della materia del contendere, poiché essa determina la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di giudizio e non passate in cosa giudicata, rendendo irrilevante la successiva valutazione della virtuale fondatezza, o meno, del ricorso in quanto avente esclusivo rilievo in merito alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità (tra le tante: Cass., Sez. 3^, 10 febbraio 2017, n. 3542; Cass., Sez. 5^, 20 giugno 2019, n.
16562; Cass., Sez. 5^, 21 febbraio 2020, n. 4663; Cass., Sez. 3^, 20 luglio 2021, n. 20697; Cass., Sez. 5^, 5 novembre 2021, nn. 31871, 31923, 31924 e 31937; Cass., Sez. Trib., 13 dicembre 2022, n. 36334; Cass., Sez. Trib., 7 marzo 2023, n. 6851; Cass., Sez. Trib., 23 giugno 2023, n. 18072; Cass., Sez. Trib., 9 dicembre 2024, n. 31630; Cass., Trib., 29 aprile 2025, n. 11303).
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse; rigetta la domanda di condanna al risarcimento dei danni per lite temeraria; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi e di € 5.000,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 14 maggio