Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5997 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5997 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME e NOME , quali ex soci e la prima anche ex liquidatore della RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi, giusta procura speciale stesa a margine del ricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME del Foro di Padova e NOME COGNOME che hanno indicato recapito PEC, avendo i contribuenti dichiarato di eleggere domicilio presso lo studio del secondo difensore, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrenti –
contro
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 545, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale del Veneto il 30.1.2017 e pubblicata l’8.5.2017 ; ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Oggetto: Irpeg 2003 -Imposizione redditi societari – Non dichiarati – Estinzione della società – Assoluzione in sede penale – Conciliazione Estinzione del giudizio.
la Corte osserva:
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate notificava alla RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento n. R73030100078/2005 e la cartella di pagamento n. 099 2006 0003342086, atti entrambi aventi ad oggetto il maggior reddito percepito nell’anno 2003, ai fini Irpeg, Iva ed Irap (cfr. controric., p. 4).
Come già rilevato nel presente giudizio da questa Corte di legittimità con pronuncia n. 959 del 2016, l’Ente impositore aveva riscontrato nell’esercizio 2003 l’anomala registrazione contabile dell’importo di ben cinque milioni di euro con la causale “cassa a finanziamento soci”. Detto cospicuo ammontare era stato classificato tra le passività come finanziamento dei soci. I verificatori, invece, ritenevano che si trattasse di ricavi non dichiarati. I consequenziali atti del fisco per il recupero di Iva, Irpeg ed Irap, erano contestati dalla contribuente che sosteneva la tesi della fittizia contabilizzazione delle somme tra le passività, indicate quali finanziamenti dei soci ma in realtà destinate a coprire il costo di forniture ricevute negli anni fiscali precedenti ma coperti da condono, come emergente pure dalla consulenza tecnica di parte prodotta.
La società impugnava pertanto gli atti tributari innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Rovigo, che riteneva fondate le sue difese ed annullava le pretese fiscali.
Avverso la decisione sfavorevole conseguita dai giudici di primo grado spiegava appello l’Ente impositore, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, che confermava la decisione assunta dalla CTP.
L’Amministrazione finanziaria proponeva ricorso per cassazione avverso la pronuncia del giudice del gravame. Nelle more del giudizio di legittimità la società cessava la propria attività ed era cancellata dal registro delle imprese il 13.12.2013 (cfr. la
ricordata Cass. sez. V, 20.1.2016, n. 959). La Corte di legittimità accoglieva il ricorso, cassando con rinvio la decisione della CTR.
L’Agenzia delle Entrate riassumeva allora il giudizio innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto che, questa volta, accoglieva il ricorso, riaffermando la validità ed efficacia degli atti impugnati.
Avverso la decisione sfavorevole assunta dai giudici dell’appello hanno proposto ricorso per cassazione NOME e NOME NOME, quali ex soci e la prima anche ex liquidatore della RAGIONE_SOCIALE, frattanto estinta e cancellata dal registro delle imprese, affidandosi a due strumenti di impugnazione. Resiste mediante controricorso l’Agenzia delle Entrate. La società ha pure depositato memoria domandando, tra l’altro, l’estinzione del giudizio in conseguenza della conciliazione stipulata con l’Amministrazione finanziaria.
6.1. Ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte il P.M., nella persona del s.Procuratore Generale NOME COGNOME ed ha domandato acquisirsi i fascicoli di merito per verificare la natura della sentenza penale invocata dai contribuenti, ed in subordine dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso.
Motivi della decisione
1 . Con il loro primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., i contribuenti contestano che la sentenza impugnata ‘è nulla per violazione/falsa applicazione dell’art. 2495 cod. civ., dell’art. 100 c.p.c., nonché del combinato disposto dagli artt. 2727 e 2729 cod. civ.; in aggiunta, ex art. 360 co. 1 nr. 4 c.p.c.: nullità della sentenza per violazione dell’art. 63, co. IV D.LGS. 546/1992’ (ric., p. 9) perché, a seguito dell’estinzione della società, nulla essendo stato distribuito ai soci, questi ultimi non possono essere chiamati a rispondere dei pretesi debiti sociali.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., i ricorrenti censurano ancora che ‘la sentenza è nulla’ per violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ., perché, fermo restando la riconosciuta fittizietà dell’appostazione contabile di finanziamento dei soci nel 2003, l’Amministrazione finanziaria non ha assicurato alcuna prova che le somme per cui è causa corrispondano a ricavi non contabilizzati relativi all’anno di accertamento, neppure potendo trascurarsi che il legale rappresentante della società è stato assolto con formula perché il fatto non sussiste ‘per gli stessi fatti di che trattasi nel presente giudizio’ (ric., p. 39).
Non sussistono le condizioni perché siano esaminati nel merito i motivi di ricorso proposti dai contribuenti. Questi ultimi, infatti, hanno depositato memoria con allegata documentazione, prospettando di avere stipulato atto di conciliazione con l’Amministrazione finanziaria, ai sensi dell’art. 48 del D.Lgs. n. 546 del 1992, e domandando in conseguenza dichiararsi l’estinzione del giudizio a seguito della cessazione della materia del contendere. Il patto conciliativo, prot. n. 00057835 del 2/12/2018, risulta allegato in atti.
3.1. L’Avvocatura dello Stato, quale difensore ex lege dell’Agenzia delle Entrate, ha quindi depositato nota (Ct. 48168/2017, Avv. Stato NOME COGNOME), con la quale ha dichiarato di aderire alla ‘richiesta di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, con compensazione delle spese di lite’.
Deve pertanto dichiararsi l’estinzione del giudizio e la cessazione della materia del contendere. La richiesta congiunta delle parti, di voler dichiarare la compensazione delle spese di lite dei gradi di merito così come del giudizio di cassazione, può essere accolta.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
in ordine al ricorso proposto da NOME e NOME , dichiara l’estinzione del giudizio e la cessazione della materia del contendere.
Compensa tra le parti le spese processuali dei gradi di merito e del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma il 20 febbraio 2025.