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Estinzione del giudizio: rinuncia e definizione

Una società impugnava un avviso di accertamento per maggiori ricavi. Durante il processo in Cassazione, la società ha aderito a una definizione agevolata dei carichi tributari e ha rinunciato al ricorso. La Corte Suprema, preso atto della rinuncia accettata dall’Agenzia delle Entrate, ha dichiarato l’estinzione del giudizio. Di conseguenza, non ha disposto la condanna alle spese e ha escluso l’obbligo di pagamento del doppio contributo unificato, poiché l’estinzione non equivale a una soccombenza.

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Pubblicato il 1 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Estinzione del Giudizio Tributario: Gli Effetti della Rinuncia al Ricorso

L’adesione a una sanatoria fiscale, come la definizione agevolata, può avere un impatto decisivo sui processi tributari in corso. Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze procedurali di tale scelta, confermando che essa può portare all’estinzione del giudizio con importanti vantaggi per il contribuente in termini di costi. Il caso analizzato riguarda una società che, dopo aver impugnato un avviso di accertamento fino al terzo grado di giudizio, ha deciso di rinunciare al ricorso per avvalersi delle norme sulla rottamazione dei carichi tributari.

I Fatti di Causa: Dall’Accertamento al Ricorso in Cassazione

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato a una società a responsabilità limitata. L’Agenzia delle Entrate contestava maggiori ricavi non dichiarati ai fini IRES, IVA e IRAP per oltre 500.000 euro, derivanti da un disallineamento tra le scritture contabili e le rimanenze di magazzino. La società si era difesa sostenendo che la discrepanza fosse dovuta a un mero errore scritturale, ma i giudici di merito avevano dato ragione al Fisco, ritenendo le prove fornite dal contribuente insufficienti.

La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali:
1. Difetto di motivazione dell’avviso di accertamento.
2. Omesso esame di un fatto decisivo, ovvero la mancata considerazione dei costi di acquisto della merce che avrebbero dovuto essere dedotti dai maggiori ricavi contestati.
3. Violazione di legge per il mancato riconoscimento dei costi di produzione.

La Svolta Processuale: La Rinuncia e l’Estinzione del Giudizio

Mentre il processo era pendente in Cassazione, è intervenuta una svolta decisiva. La società ricorrente ha depositato un’istanza con cui dichiarava di rinunciare al ricorso, avendo aderito alla definizione agevolata dei carichi affidati all’agente di riscossione, prevista dal D.L. n. 193/2016. In udienza, l’Avvocatura dello Stato, in rappresentanza dell’Agenzia delle Entrate, ha accettato la rinuncia.

Di fronte a questa concorde volontà delle parti, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che prendere atto della situazione e agire di conseguenza.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha fondato la sua decisione su un principio procedurale chiaro: la rinuncia al ricorso, se accettata dalla controparte, determina l’estinzione del giudizio. I giudici non entrano nel merito delle questioni sollevate (la validità dell’accertamento, il riconoscimento dei costi, etc.), perché il processo si conclude prima di arrivare a una sentenza che decida sulla fondatezza o meno delle pretese.

La decisione della Corte si concentra quindi sulle conseguenze giuridiche di questa estinzione, delineando due punti fondamentali che derivano direttamente dalla legge e da consolidati orientamenti giurisprudenziali.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche dell’Estinzione

Le implicazioni pratiche dell’ordinanza sono di grande interesse per contribuenti e professionisti. La Corte ha stabilito che dall’estinzione del giudizio derivano due conseguenze principali:

1. Nessuna Condanna alle Spese: Ai sensi dell’art. 391, ultimo comma, del codice di procedura civile, quando il giudizio si estingue, la Corte non pronuncia condanna alle spese legali. Ciascuna parte, in sostanza, si fa carico delle proprie.

2. Esclusione del Doppio Contributo Unificato: Viene meno l’obbligo per il ricorrente di versare un ulteriore importo pari al contributo unificato già pagato. Questa sanzione, prevista dall’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115/2002, si applica solo quando l’impugnazione è respinta, dichiarata inammissibile o improcedibile, ovvero nei casi di soccombenza. La Corte, citando un proprio precedente (Cass. n. 25485/2018), ha ribadito che la declaratoria di estinzione del giudizio non equivale a una sconfitta processuale e, pertanto, non fa scattare l’obbligo di pagamento del doppio contributo. Questa pronuncia offre un importante chiarimento, rendendo la via della definizione agevolata e della conseguente rinuncia al ricorso ancora più vantaggiosa dal punto di vista economico.

Cosa succede a un processo in Cassazione se il contribuente aderisce a una definizione agevolata?
Il processo viene dichiarato estinto se il contribuente presenta una formale rinuncia al ricorso e questa viene accettata dall’Agenzia delle Entrate.In caso di estinzione del giudizio per rinuncia, chi paga le spese legali?
Secondo l’ordinanza, che applica l’art. 391 del codice di procedura civile, la Corte non emette una condanna alle spese. Ciascuna parte sostiene i propri costi legali.

La parte che rinuncia al ricorso in seguito a una definizione agevolata deve pagare il doppio contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la declaratoria di estinzione del giudizio non costituisce una soccombenza (sconfitta) e quindi non sussiste l’obbligo di pagare la sanzione del doppio contributo unificato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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