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Estinzione del giudizio: rinuncia e contributo unificato

La Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del giudizio a seguito della rinuncia al ricorso da parte del curatore fallimentare di una società. La rinuncia è motivata dall’adesione a una definizione agevolata del debito tributario. La Corte chiarisce che, in questo caso, non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, poiché la chiusura del processo dipende da eventi sopravvenuti e non da una decisione di merito sul ricorso.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Estinzione del Giudizio: Quando la Rinuncia Evita il Raddoppio del Contributo Unificato

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 8490 del 2024 offre un importante chiarimento sui casi di estinzione del giudizio tributario. Nello specifico, analizza le conseguenze della rinuncia al ricorso da parte di una società, successivamente fallita, che ha aderito a una definizione agevolata per sanare il proprio debito con il Fisco. La decisione è cruciale perché stabilisce che, in tali circostanze, non scatta l’obbligo del versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da un avviso di accertamento notificato dall’Amministrazione Finanziaria a una società S.r.l., con cui veniva contestata una maggiore imposta per l’anno 2010. L’Agenzia aveva disconosciuto la deducibilità di sopravvenienze passive relative a partecipazioni societarie.

La società aveva impugnato l’atto, ma il suo ricorso era stato respinto sia dalla Commissione Tributaria Provinciale (CTP) che, in appello, dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR). Di conseguenza, la contribuente aveva proposto ricorso per cassazione.

Durante il giudizio dinanzi alla Suprema Corte, sono intervenuti due eventi determinanti:
1. Il fallimento della società ricorrente.
2. L’adesione della società, prima del fallimento, a una definizione agevolata, con conseguente pagamento di quanto dovuto all’erario.

A seguito di questi eventi, il curatore fallimentare, autorizzato dal giudice delegato, si è costituito in giudizio depositando un atto di rinuncia al ricorso, dichiarando il venir meno di ogni interesse alla prosecuzione della causa.

L’Estinzione del Giudizio e le Conseguenze sul Contributo Unificato

Preso atto della formale rinuncia, sottoscritta da un procuratore munito di appositi poteri e autorizzata dagli organi della procedura fallimentare, la Corte di Cassazione ha proceduto a dichiarare l’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 391 del codice di procedura civile.

Il punto più interessante della decisione riguarda le spese e, soprattutto, il contributo unificato. L’Agenzia fiscale, infatti, non si era costituita nel giudizio di cassazione, rimanendo intimata. Per questo motivo, la Corte non ha disposto alcuna condanna alle spese.

Il vero nodo da sciogliere era l’applicabilità dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 115/2002, che prevede il raddoppio del contributo unificato a carico della parte il cui ricorso sia stato respinto integralmente o dichiarato inammissibile o improcedibile.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha stabilito che i presupposti per il raddoppio del contributo unificato non sussistevano. Il ragionamento dei giudici si fonda su una distinzione cruciale: la definizione del processo non è avvenuta a causa di una valutazione di infondatezza o inammissibilità del ricorso originario, ma per il verificarsi di un evento sopravvenuto.

Nello specifico, la rinuncia al ricorso è stata una conseguenza diretta dell’adesione alla legislazione “condonistica” (la definizione agevolata), che ha risolto la controversia a monte. L’estinzione del giudizio, pertanto, non deriva da un esito sfavorevole nel merito per il ricorrente, ma dalla volontaria scelta di porre fine alla lite dopo aver sanato la propria posizione fiscale.

Citando un proprio precedente (Cass. n. 14782/2018), la Corte ribadisce che il presupposto per l’obbligo di versamento del doppio contributo è legato a una valutazione negativa del ricorso da parte del giudice, cosa che in questo caso non è avvenuta. La causa si è semplicemente chiusa per cessata materia del contendere, formalizzata attraverso l’atto di rinuncia.

Conclusioni

L’ordinanza in esame fissa un principio di notevole importanza pratica per contribuenti e professionisti. L’estinzione del giudizio di cassazione, quando determinata dalla rinuncia al ricorso a seguito di adesione a una sanatoria fiscale, non fa scattare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato. Questa interpretazione favorisce la deflazione del contenzioso, incentivando i contribuenti ad avvalersi degli strumenti di definizione agevolata senza temere l’ulteriore onere economico del raddoppio del contributo in caso di rinuncia al giudizio pendente.

Cosa succede a un processo in Cassazione se la parte ricorrente rinuncia all’impugnazione?
La Corte dichiara l’estinzione del giudizio, ovvero la sua chiusura formale senza una decisione nel merito della questione.

Se una parte rinuncia al ricorso, deve pagare le spese legali alla controparte?
Non necessariamente. Nel caso specifico, la Corte non ha disposto nulla sulle spese perché la controparte (l’Agenzia delle Entrate) non si era costituita nel giudizio di Cassazione.

L’estinzione del giudizio per rinuncia dopo una sanatoria fiscale comporta il raddoppio del contributo unificato?
No. La Corte ha chiarito che il raddoppio del contributo unificato non è dovuto, perché la chiusura del processo dipende da un evento sopravvenuto (l’adesione alla sanatoria) e non da una decisione di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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